Nel bosco d'agosto

Girovagando di primo mattino nei dintorni del paese...












Nella notte il temporale ha percorso e ripercorso la valle lampeggiando tra una nube e l'altra e rischiarando con i suoi bagliori ricorrenti le pendici e le cime dei monti. All'alba le nuvole si sono dissolte e sulla valle è ritornato il sereno.
Ora nel bosco i raggi radenti del sole d'agosto bucano le fronde degli abeti ancora fradice di pioggia proiettando isole di magica luce sui cespugli, sui muschi e sulle erbe bagnate del sottobosco.







La primavera con i suoi delicati colori pastello è ormai solo un ricordo e l'autunno è ancora lontano con la sua tavolozza di caldi e decisi colori ad olio. 
In estate solo la luce intensa di un sole ancora alto e luminoso può rianimare il verde del fogliame accendendo il colore compatto ed omogeneo del bosco. Solo i raggi che filtrano dopo la pioggia tra le chiome degli alberi possono vivacizzare l'ambiente creando magici giochi di luce, abbaglianti umidi chiarori nella profondità ombrosa della selva.








Brillano in controluce le felci grondanti di pioggia, vibrano i colori delle foglie dei noccioli, delle betulle, dei pioppi, dei salici, dei sorbi, dei frassini, scintillano gli aghi degli abeti... risplendono le goccioline d'acqua sui muschi, sull'acetosella, sugli ultimi fiori che l'estate ci offre... sulle nocciole, sugli ultimi lamponi, sulle bacche di mirtillo rosso e sui funghi bagnati che il bosco inizia a donarci...














Poi, a poco a poco, il sole si fa più forte, si alza sempre più nel cielo limpido, riscalda e asciuga il bosco. Mossi dalla brezza mattutina si levano leggeri fumi di vapore dai rami degli abeti, dei larici, dalle foglie dei noccioli... la luce si fa più intensa, i raggi del sole quasi verticali dissecano il fogliame, le erbe, i muschi, la lettiera... e il bosco riacquista il monotono aspetto di sempre, l'aspetto di un giorno estivo qualsiasi...  


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Il "Bosco del Selvat" in Val Piana - Olio su masonite

Ai piedi del Sasso Rosso: malghe Sadron e Selva Nera



Inaspettatamente bella la verde vallecola e suggestivo il minuscolo pianoro dove sorgono intorno ai 1500 m di altitudine Malga Sadron e Malga Selva Nera. Sono spazi aperti, pascoli quasi pianeggianti a monte di ripide selve e ai piedi di impervie pareti... ai piedi delle rocce verticali della Cima Nana e del Sasso Rosso alle estreme propaggini settentrionali del gruppo dolomitico di Brenta che delimita la media e bassa Val di Sole.
Se non si conosce bene la zona è opportuno raggiungere le due malghe seguendo la comoda strada forestale, chiusa al traffico veicolare, che si imbocca alla base del versante boscoso nei pressi della discarica comprensoriale e della grande cava di ghiaia e sabbia nella zona di Monclassico e di Carciato (naturalmente esistono mulattiere e sentieri alternative alla strada, percorsi più diretti ma la segnaletica lungo questi tracciati lascia molto a desiderare...). La strada è lunga ma è agevole e sale con pendenza costante e non eccessiva attraversando alte e fitte fustaie di abete rosso, abete bianco e faggio...
...e dopo aver percorso un lungo e noioso tratto di questa strada nella selva impenetrabile alla vista, all'improvviso dalle punte degli abeti emergono la cresta e le cime della catena montuosa del Brenta. Ai suoi piedi, poco più avanti, il bosco si dirada e cede spazio ai pascoli. Anche l'edificio di Malga Sadron inizia a poco a poco ad apparire ed è evidente che ormai è raggiungibile in tempi brevissimi...
Siamo finalmente arrivati alla prima delle due malghe...
La malga è aperta, monticata, ricca di acque e attorniata da prati ben curati e bei boschi di abete rosso. Ampio il panorama che si gode sul versante soleggiato della media Val di Sole e sui monti che si elevano dalla Val di Rabbi. Imponenti i dirupi rocciosi del Brenta che si innalzano scoscesi dai pascoli e dalle ultime boscaglie che delimitano la piccola vallecola della malga...
...ma la strada prosegue nei prati e subito si infila nel bosco fitto... sale a tratti ripida e sconnessa e raggiunge in breve Malga Selva Nera di Carciato, la seconda malga. Qui la vista si apre verso la Val Rendena, verso Campo Carlo Magno... e proprio dirimpetto, sul versante opposto della Val Meledrio, appare l'architettonicamente e urbanisticamente balordo insediamento turistico di Folgarida, nato dal nulla poche decine dianni fa con i suoi brutti condomini, gli impianti a fune e le piste da sci a sfregiare i bei boschi dei monti Vigo e Spolverino.
Malga Selva Nera non è monticata ma comunque, nell'insieme, è ben conservata, con l'abitazione dei pastori di fattura abbastanza recente e, seppure chiusa, apparentemente in ottimo stato. Un piccolo locale dell'edificio è destinato a bivacco aperto a tutti... Minuscolo bivacco con due letti a castello, cucina a legna, tavolino, sedie e divanetto, acqua fresca all'esterno, alla fontana...
Qui nei pressi dei fabbricati e accanto alla fontana, pascolano le robuste bovine della vicina Malga Sadron... ma brucano anche nei prati a valle della malga che confinano con l'abisso... con la parete rocciosa verticale che precipita nella Val Meledrio poco a monte di Dimaro.
Da Malga Selva Nera si potrebbe scendere a valle per la stradina che porta a Carciato ma poiché l'automobile è parcheggiata in tutt'altra zona è preferibile ritornare sui propri passi percorrendo la stessa via della salita. Si ha così l'opportunità di ammirare nuovamente nella luce intensa del primo pomeriggio il bel pascolo di Malga Sardon con le mucche che scese dai pascoli alti si avvicinano ora agli edifici per abbeverarsi alla grande fontana.
Prima di riprendere tranquillamente il cammino verso valle ci si può intrattenere con il cordiale conduttore della malga che, nonostante la stagione turistica sia ormai avanzata, è sorprendentemente l'unica presenza umana in questa località... peccato, perchè Malga Sadron è una località davvero suggestiva e meriterebbe una ben maggiore frequentazione...


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Alla "Malga del Doss"






Da Ossana salendo per il “senter dela lec” mi porto al capitello di S.Antonio dove si apre la Val Piana. Qui imbocco la strada forestale per il Doss che però abbandono immediatamente preferendo proseguire per la mulattiera (la vecchia strada del Doss) che si inerpica tranquilla nel bosco di conifere fino al Volton (tornante) dove si innesta sulla stradina che proviene dalla di Malga Val Piana.



Su questa proseguo fino ad inserirmi nuovamente (sono ormai nei pressi della Selva) sulla strada forestale che avevo imboccato all'inizio e vado avanti e ancora avanti... costeggiando dense formazioni di conifere ed evitando la tentazione di scegliere qualche scorciatoia raggiungo infine il tornante della Val dei Bui.





Ancora una salita e finalmente mi trovo sui “grasi” della malga, sul pascolo che le manze hanno ormai calpestato per bene e brucato intensamente. In alto, a monte del pascolo, appare lo “stalon” della malga sullo sfondo delle vette che sovrastano il Lago di Barco.






Superato il bosco si apre un ampio panorama... panorama sulla bassa Val di Sole  ma laggiù, in controluce, appaiono, lontanissimi, anche gli sfocati contorni delle dolomiti altoatesine...






...e poi i “miei” monti, dal Redival al Boai con le valli Verniana e Saviana...





 ...e lo scenario delle cime ancora innevate del Taviela, Vioz e Cevedale a chiudere la “Valeta”, la Val di Pejo, con i suoi paesi e poi sulla destra, appena individuabile, il Rifugio Larcher sovrastato della Cime Nera e Marmotta e dal Passo Vedretta Alta, regno del camoscio.





Più prossima la Vegaia a dominare i pascoli delle Pozze e della val Cadinel con il passo che immette in Val Cercen in quel di Rabbi...
...e sulla sinistra, quasi a monte della malga, a stento emergenti dalla fustaia di larice e abete, le cime del Lago di Barco.





Stupendo panorama dal Doss, panorama quasi a 360 gradi...
Ma ho ormai raggiunto la Malga del Doss che mi appare rinata e al primo impatto molto diversa  dalla vecchia malga dei miei ricordi. E' stata ristrutturata e pur mantenendo complessivamente la stessa sagoma è tutta nuova e “tirata a lucido”.







La grande stalla non ha subito interventi radicali e nulla è stato cambiato del disegno originario.







Il vecchio e ormai cadente rivestimento del tetto in scandole è stato rifatto in lamiera e si sono rinnovati gli infissi ma l'interno dello stallone non è stato modificato.






La casera, la casa dei pastori, e stata invece completamente ristrutturata pur mantenendo la vecchia struttura muraria portante.







Una parte dell'edificio è chiusa e quindi non è visitabile. Deve essere questa la zona destinata a chi gestisce la malga...





Una seconda porzione è invece aperta a tutti, quasi fosse un moderno e confortevolissimo bivacco, un bivacco raggiungibile sì a piedi (solamente un'ora e mezza di comodo cammino da Val Piana) ma pure in automobile naturalmente per chi è provvisto delle indispensabile autorizzazione di transito sulla strada forestale.






Un bivacco quindi per certi versi anomalo, dove nulla manca, dai servizi igienici, ai fornelli a gas e a legna, dalla corrente elettrica all'acqua corrente ma dove mancano le brandine per trascorrervi la notte pur essendoci un'ampia mansarda destinata a camerata.




Quindi più che un tradizionale bivacco questa parte dell'edificio si può ritenere un punto di sosta, un luogo adibito al riposo e al ristoro del cacciatore diretto sulla “Colem del Doss”, dell'escursionista diretto al Lago di Barco, del fungaiolo stanco di girovagare nel bosco.... Si può anche considerare la meta finale del turista e del valligiano in cerca di località ben attrezzate per il picnic di fine settimana o della allegra compagnia di festaioli notturni...






Malga comunque ben ristrutturata, con locali ben arredati, completi di tutto e curati nei minimi particolari per rendere confortevole soprattutto il breve soggiorno diurno.





Ridiscendo a valle soddisfatto, scegliendo un percorso più lungo. Poco sotto la malga, raggiunta la fontana dei “Bui”, fontana scavata in un tronco di larice, imbocco la stradina sulla sinistra che subito si innesta sulla forestale che scende verso Vermiglio a cavallo del Rio Barco.




La seguo per un lunghissimo tratto imboccando solo verso il fondovalle un erto sentiero che raggiunge, in prossimità del ponte sul torrente Vermigliana a valle di Cortina di Vermiglio, la stradina che conduce al “Fil”. Dal “Fil” o “Spiaz dei Spini” proseguo fino alla centrale idroelettrica in prossimità dell'abitato di Fucine per raggiungere poi Ossana sulla mulattiera del “Sant” che taglia il versante destro della valle poco a monte del torrente.




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La "Malga del Doss" nei miei ricordi...

Bella la “nuova malga”, molto bella... si è pensato proprio a tutto, non manca nulla... non manca l'acqua, non manca la luce elettrica, il gas, il calore del la cucina a legna, ci sono pentole e stoviglie, detersivi e scope, all'esterno c'è pure la tettoia per il barbecue e il paiolo della polenta e finalmente ci sono i servizi igienici, moderni e puliti ... tutto molto comodo e funzionale, veramente tutto molto bello... Ma... ma arrivato quassù, ispezionati gli ambiente tirati a nuovo, dopo alcuni Oh! Oh! di meraviglia, dopo esserti mentalmente complimentato con chi ha provveduto a questo ottimo lavoro di ristrutturazione... dopo.. ma solo dopo... riemergono i ricordi e ti accorgi che qui manca qualcosa... ma cosa? Cosa manca?


Manca qualcosa che nella nuova, lucida malga non esiste, qualcosa che si è perso per sempre... ma certo... sicuro... è la poesia che manca... è la poesia dei tempi andati che non potrai più riavere... E' il fascino della notte trascorsa nella malga antica, vegliando con gli amici attorno al fuoco scoppiettante sul primitivo focolare di grosse e rozze pietre. E' l'odore acre del fumo che ti avvolge... mentre la cena sfrigola sulle braci... E' la suggestione della notte insonne trascorsa sulla "zaga", il rustico tavolaccio di legno...  E' l'incanto della notte al lume di candela, la suggestione della notte passata al buio, alla flebile luce della luna che penetra debole tra le inferiate della piccola finestrella a rischiarare appena appena le antiche pareti annerite dalla fuliggine. Sono le stelle cadenti d'agosto sopra le cime innevate, desiderate, attese e applaudite sulla soglia della casera nell'oscurità totale...
Certo... ormai si è perso per sempre il profumo antico impregnato nei muri scrostati, si è persa l'atmosfera, la rustica atmosfera dei tempi andati. Senti che tutto questo ti manca veramente e pensi che quassù, nella nuova, moderna e accogliente malga Doss, non sarà più possibile rivivere le suggestive sensazioni, le magiche emozioni del tempo passato...











Da Velon all'Alpe Presena

… sulle ormai labili tracce della Grande Guerra.


Lunga ma comoda scarpinata tra storia e natura, tra turismo e agricoltura di montagna, lungo i sentieri e le strade ex militari sul fronte del Tonale.

“Da Velon all'Alpe Presena” è uno degli itinerari in Val Vermiglio che Daniele Bertolini nel suo libro “La prima guerra mondiale sui monti del Tonale” offre agli escursionisti interessati a riscoprire i resti delle opere che il grande conflitto aveva disseminato su quelle che furono terre e cime contese sul fronte dei passi Tonale e Montozzo.




Seguendo le indicazioni del libro, la mia lunga passeggiata, in compagnia dell'amico di sempre, ha inizio poco oltre il solitario albergo “Al Foss” che si incontra salendo lungo la statale del Tonale. In uno slargo della S. S. n. 42 parcheggiamo quindi l'automobile e discendiamo a piedi per poche centinaia di metri sulla provinciale per Velon-Stavel fino ad imboccare sulla destra la pianeggiante stradina ex militare che conduce a Forte Velon...





...ai ruderi del minuscolo Forte Velon. Fortino diroccato, soffocato dal bosco fitto ma ancora leggibile nei suoi tratti essenziali... ed è riconoscibile anche il tratto iniziale della poterna o capponiera, la lunga scala blindata in calcestruzzo di collegamento con il sovrastante ForteStrino.






Superato il forte proseguiamo in discesa nel bosco per sentieri e viottoli di campagna fino a raggiungere sul fondovalle la ex strada militare che porta all'alta Val Presena e al Tonale.





Siamo circondati da una densa vegetazione arborea ed arbustiva che a tratti si apre consentendoci di ammirare un paesaggio alpestre di grande bellezza con la cima Presanella innevata che si eleva solitaria dalle infinita successione di verdi conifere che copre interamente i versanti sottostanti.






I raggi del sole nascente filtrano tra le fronde degli abeti e rischiarano le orchidee maculate nell'ombra scura e umida del bosco... e illuminano qua e là una fioritura multicolore, illuminano fiori stranamente appena sbocciati nella stagione ormai avanzata.





Ma eccoci tra i prati del fondovalle e percorse poche centinaia di metri raggiungiamo due caverne blindate che si affacciano sul bordo destro della strada: ricovero dei pezzi di artiglieria campale di grosso calibro destinati a colpire le postazioni italiane arroccate sulla cresta del Castellaccio-Lagoscuro. Da qui venne centrato anche il forte italiano Corno d'Aola con un grosso mortaio da 305.






Proseguiamo in leggera salita lungo la strada che ora si addentra nell'abetaia fino a raggiungere i pascoli di Malga Pecé.





La malga durante il conflitto mondiale era sede del sottocomando del “Rayon II Tonale” attinente il fronte sul versante orografico destro di Val Vermiglio. Da qui passavano i rifornimenti e le truppe destinate all'Alta Val Presena chiusa tra i Monticelli e la Busazza passando per le cime del Castellaccio, Lagoscuro e Presena.




Ma nulla rimane a ricordo di quel triste periodo. Oggi la Malga Pecé è stata ristrutturata, sostanzialmente ricostruita, ed è “condotta” da una famiglia di allevatori del posto che durante la bella stagione vi monticano bovini e capre da latte. Qui i turisti possono assistere alla “caserada” dimostrativa (caseificazione del latte caprino) ed acquistare salumi caserecci e prodotti della lavorazione del latte.





La Malga è posta a monte del pascolo proprio dove il versante sinistro della valle abbandona la sua lieve pendenza ed inizia a farsi erto e selvaggio. Da quassù si gode un magnifico panorama che va dal bosco di fondovalle fino alle rocce e ai ghiacci delle cime sovrastanti.





La strada prosegue ora nel bosco sempre in leggera salita e con una serie di tornanti risale le pendici nord est dei Monticelli. E qui incontriamo le capre di Malga Pecé, nel folto del ripido bosco, distese a ruminare e riposare all'ombra delle conifere.





La Busazza si fa sempre più vicina e il bosco che si fa sempre più rado. Gli abeti rossi lasciano gradualmente il posto ai larici, al ginepro e agli ontani verdi. Qua e là spiccano tra il verde intenso delle felci le infiorescenza intensamente blu delle piante ormai altissime di “radicchio dell'orso”.




Il fondo stradale del tracciato ex militare che sale verso il passo del Tonale è stato recentemente livellato e consolidato e oggi è scelto dai turisti per le loro passeggiate ma soprattutto dai numerosi amanti della mountain bike (è questo infatti il percorso scelto per il prolungamento della ciclabile della Val di Sole). In alto, in corrispondenza ad un tornante, la strada si biforca e noi proseguiamo sulla sinistra dirigendoci verso l'ultima meta, l'Alpe Presena.




La vista si apre in basso sull'alta Val di Sole e in alto sul Monte Tonale Orientale con le sue verdi propaggini che discendono fino a sfiorare i ruderi di Forte Zaccarana... Lassù, sulle creste che degradano ripide verso la Val di Strino era posizionata la prima linea austroungarica...





Raggiungiamo ben presto una fontana scavata in un tronco. Nei dintorni sono visibili delle caverne, alcune incompiute, scolpite nella roccia. Appena a valle della strada notiamo i resti dei muri a secco che sostenevano un terrapieno. Probabilmente qui era localizzata la stazione di arrivo di una teleferica.






E in pochi minuti arriviamo al pascolo dell'Alpe Presena... un prato circondato dal bosco di larici e dominato frontalmente dal bastione della Busazza e lateralmente dalla Cima Presena e da un minuscolo tratto dell'omonimo ghiacciaio.





Riposiamo e ci ristoriamo ai margini del pascolo in un'area di soste ben attrezzata. La zona, pulita e curata, è sicuramente molto frequentata dai turisti che la possono raggiunger in tempi molto brevi partendo dalla strada statale del Passo del Tonale (imboccando la strada militare nei pressi del depuratore).





Avanziamo ancora esplorando i dintorni... avanziamo lungo una stradina e poi lungo un sentiero che attraversano un bel bosco di conifere... avanziamo nel sottobosco di ginepro e tra gli alti cespugli di mirtillo nero fino a raggiungere il Torrente Presena...





… torrente che ora scende sinuoso e tranquillo nel fitto ontaneto di alta montagna tra sabbie, sfasciumi e massi dopo essere precipitato tra le rocce verticali dalla conca dell' “Alveo del Lago Presena” ( detta del “Cantiere”) più su, quasi ai piedi della Busazza...





Procediamo e arriviamo così al “Bait delle Raseghe” piccolissima costruzione addossata ad un grande masso, semplice riparo di emergenza per l'escursionista colto dal temporale o per il cacciatore in attesa delle prime luci dell'alba.




Paesaggisticamente e floristicamente interessanti i dintorni del minuscolo bivacco... zona selvaggia ma facilmente penetrabile attraverso il sentiero ben tenuto, zona ricca di acque di vegetazione varia e intricata, conca dalla quale lo sguardo si eleva quasi verticale sulle creste strapiombanti della Busazza e sugli ormai minuscoli resti dei suoi ghiacciai.





Al ritorno, lasciata la strada ex militare poco prima di incontrare il torrente Vermigliana che scende ripido dalle torbiere del Tonale, seguiamo il sentiero diretto al Ponte degli Alpini e al Forte Pozzi Alti. Lo seguiamo ma solo fino a raggiungere il fondovalle.






Qui in una radura nel bosco di conifere rinveniamo i muri a secco a sostegno dei terrapieni che ospitavano le baracche in legno del villaggio militare destinato all'acquartieramento dei reparti in avvicendamento sul fronte del Presena.





Questa è l'ultima labile traccia, l'ultimo dei residui del Conflitto Mondiale che la nostra lunga scarpinata ci ha consentito di ritrovare e osservare... una delle poche impronte ancora riconoscibili della terribile Grande Guerra che cento anni fa imperversò anche sui nostri monti, i monti del Tonale.



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