Il “Giro dei masi” a Vermiglio



Piacevole passeggiata nel verde fondovalle del torrente Vermigliana tra l’agglomerato di rustici edifici di Volpia e quello altrettanto pittoresco di Stavel, con una breve digressione lungo la Val Stavel ai piedi dell’imponente massiccio della Presanella.

Questa mio breve giro ad anello (2 orette circa) ha preso spunto dalla consultazione di alcuni siti scovati nel web. Ogni sito proponeva il “Giro dei masi” in modo diverso, presentando tragitti solo parzialmente sovrapponibili per cui mi sono sentito libero di interpretarlo e portarlo a termine e a modo mio. Il punto di partenza (e di arrivo) di questa mia camminata, non solitaria ma come spesso accade, accompagnata dell’amico di sempre, non sono stati i laghetti di San Leonardo come proposto dai tracciati canonici pubblicati in internet, bensì la località di Volpaia, situata poco oltre i Laghetti, sulla provinciale per Velon.

A Volpaia si trovano i primi rustici masi del “Giro”. Sono vecchi edifici in gran parte ristrutturati ad agriturismo e a seconda abitazione. A Volpaia ho parcheggiato l’auto e a Volpaia ho imboccato la stradina che porta a Stavel. E’ una stradina sterrata che scorre sulla linea di confine tra il ripido versante boscoso e il pianeggiante fondovalle prativo, a breve distanza dal torrente Vermigliana. Conduce in leggera salita al maso Poia e quindi discende verso il Rio Presanella, affluente del Vermigliana. La seguo, accanto all’amico, in questo suo non lunghissimo tracciato e, oltrepassato il Rio, ormai vicinissimo ai masi di Stavel, devio per una pista sterrata che risale la valle seguendo la sponda idrografica sinistra del torrentello. Avanzo solo per poche centinaia di metri fino a raggiungere un ponte in legno che porta nuovamente sulla destra del Rio.
E’ questa una zona paesaggisticamente molto attraente, sicuramente la più panoramica dell’intero percorso. Siamo infatti ai piedi delle pendici settentrionali della Presanella e dei suoi ghiacciai che un tempo non lontanissimo erano veramente imponenti, spettacolari. Ora quei ghiacciai si sono ridotti, hanno subito e più che mai stanno subendo un rapido ritiro dovuto al riscaldamento globale, pur costituendo per chi li osserva, anche dal basso e da lontano, un spettacolo ancora grandioso (ma chissà fino a quando).
Ritorno a Stavel percorrendo a ritroso, tra folte macchie di epilobio e massi rivestiti di rossi licheni, la stessa pista dell’andata. Poi supero, procedendo sulla provinciale Vermiglio-Velon, il ponte che scavalca il Vermigliana e subito mi immetto, sulla destra, su uno stretto sentiero che si inoltra nei prati accanto al Torrente. Un sentiero che percorro fino a Volpaia.

Lo percorro piano, accanto al compagno di tante “avventure” e la “dolcezza” del facile cammino è un invito alla conversazione, alla chiacchiera continua. Ma di cosa si parla, di cosa si discute? Gli argomenti non mancano, si accavallano, si intrecciano, si dispiegano... e si disperdono. Lontani ricordi, imprese e amicizie del tempo che fu, acciacchi della terza età, ma anche covid, cambiamento climatico, turismo, politica… a ruota libera. Un po’ di tutto... si parla e ancora si para, cosa che durante le nostre, ormai sempre più rare escursioni, non è possibile fare: troppo occupati in salite e discese al limite delle nostre possibilità che richiedono concentrazione e un attento dosaggio delle poche energie che ancora ci restano. Durante questo cammino invece si può tranquillamente colloquiare e non manca certamente il tempo per farlo. Si osserva, ci si guarda attorno e... si disquisisce. Siamo attorniati dalla “bellezza”, la bellezza di un ambiente antico, curato, integro, un ambiente che dovrebbe essere valorizzato rendendolo più attrattivo di quanto già lo è nell’ottica di un turismo rispettoso della montagna, di un turismo che sia veramente sostenibile. Di questo si parla a lungo e da questo tema al tema di chi dovrebbe incentivare un “turismo diverso” (almeno parzialmente diverso) e quindi al tema delle prossime elezioni amministrative nei piccoli comuni della valle il passo è breve… Composizione delle liste elettorali in via di formazione, competizione tra programmi e liste di diverso orientamento e... totale assenza di competizione dove sarà presentata un’unica lista e un unico candidato sindaco (il che ci fa auspicare che in questa situazione meglio sarebbe se non si raggiungesse il necessario quorum di voti utili per l’elezione del nuovo consiglio comunale: l’assenza di confronto tra maggioranza e opposizione, la mancanza di controllo non fanno mai il bene del Comune amministrato): di questo si discute a lungo... e di altro ancora. Argomento dopo argomento ci si avvicina sempre più a Volpaia. Ma prima di arrivarci ci attende una piacevole sorpresa, un biotopo protetto di cui ne io ne il mio amico conoscevamo l’esistenza. E’ la Riserva Naturale di Corredolo, una delle pochissime zone umide ancora presenti nella nostra valle. Di fronte alla biodiversità di questo minuscolo gioiello riprendono, inevitabilmente, le “dissertazioni”, mie e dell’amico, sulla necessità di una maggiore salvaguardia del prezioso territorio della valle, dei beni comuni, della necessità di proteggere maggiormente l’ambiente di montagna evitando interventi invasivi all’insegna di un male interpretato sviluppo turistico, interventi che magari potrebbero anche tendere a favorire interessi che ben poco hanno a che fare con l'interesse della comunità intera.







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Le Caserme di Strino, Forte Mero e molto altro sulla antica via del Tonale

 

No, non l’ho percorso tutta l’antica strada che da Vermiglio sale all’Ospizio di San Bartolomeo, ne ho percorso solo l’ultimo tratto che ho intercettato salendo per la strada militare che staccandosi dalla statale porta nella Valle di Strino raggiungendo, più avanti, l’austroungarico Forte Zaccarana. All’ inizio della Valle di Strino la strada militare e la vecchia strada del Tonale si sovrappongono, sembrano proseguire accomunate (così almeno mi è parso) per un lungo tratto in direzione del Zaccarana. Solo all’altezza di un ampio tornante, nei pressi delle Caserme di Strino, i due tracciati si separano, si ridividono prendendo direzioni diverse: la via per il Tonale prosegue più pianeggiante sulla sinistra, raggiunge subito forte Mero e prosegue poi, tra boschi e pascoli, fino al suddetto Ospizio di San Bartolomeo poco a monte del Passo.

Le fotografie raccontano meglio delle parole la mia escursione, escursione relativamente breve (una mattinata intera) ma coinvolgente per i panorami sulla Val di Strino e sulle cime del gruppo Adamello-Presanella. Escursione soprattutto curiosa alla vista dei i ruderi (Caserme di Strino e Forte Mero) risalenti alla grande guerra ma anche meditabonda e preoccupata davanti alla natura “snaturata” da un turismo troppo invadente al Passo del Tonale e nei suoi dintorni.

Questo il racconto della la mia escursione… con le immancabili mie “riflessioni”.
Lasciati alle spalle i pascoli della Val di Strino, dopo una breve ma ripida salita raggiungo quello che dopo un secolo resta del “Villaggio militare delle Caserme di Strino”.
Ciò che resta è un insieme di ruderi, è solo il relitto di quella che, durante la grande guerra, fu una importante base di appoggio dei vicini forti Mero e Zaccarana e delle postazioni fortificate sulla linea del fuoco. Qui, al riparo dai tiri dell’artiglieria “regnicola”, erano acquartierati i reparti che si avvicendavano al fronte e qui venivano pure curati i feriti e i congelati. A guerra finita i “recuperanti” asportarono dal villaggio tutto ciò che poteva essere utile nella ricostruzione del paese di Vermiglio distrutto dai bombardamenti e dagli incendi decretando così l’inizio del disfacimento dei tre edifici militari. Poi, con il trascorrere dei decenni, le intemperie e l’avanzare del bosco completarono l’opera di distruzione delle caserme… infine subentrò l’ oblio, i larici e gli abeti recuperarono il terreno perduto colonizzando e nascondendo le macerie. Solo recentemente (trascorsi 100 anni dalla terribile guerra) le rovine delle caserme sono state recuperate. Il degrado è stato arrestato, i ruderi consolidati e il sito, nel suo insieme, reso nuovamente leggibile, nonostante tutto… e lo si può constatare visionando le numerose fotografie che ho postato in Google Foto.
Sulla vecchia strada del Tonale, poco oltre le Caserme di Strino, si trova Forte Mero. Con il suo intonaco mimeticamente pitturato fa bella mostra di sé al margine di una verdissima radura erbosa. Fino a pochi anni fa la forma del forte era solo parzialmente riconoscibile compressa e mascherata com’era da un informe cumulo di grossi blocchi di calcestruzzo staccati dall’edificio dall'opera di demolizione dei “recuperanti”. Oggi, dopo i recenti lavori di recupero, la conformazione del forte è più riconoscibile, ben individuabile nella sua modesta sembianza di fortezza minore (niente a che vedere con il soprastante Forte Zaccarana), strategicamente impiegata solo per sbarrare l’accesso alla valle lungo l’antica strada del Tonale. Con la sua struttura tozza e la forma sommariamente quadrangolare il Forte ricorda i Blockhaus ottocenteschi: difesa ravvicinata e osservazione delle linee nemiche sul Presena, i compiti assegnati al Forte Mero.
Vicinissima al forte (troppo vicina… ad una edificio di importanza storica) è stata realizzata una piazzola attrezzata come area di sosta e picnic. Comodamente seduto su di una panca di quest’area osservo una marmotta che si crogiola al sole. E’ distesa su un grosso masso di conglomerato cementizio, uno tra i tanti che si trovano sparsi sopra la fortezza La osservo e la fotografo a lungo, fino a quando l’irrompere sul prato antistante il forte di un folto gruppo di giovani maschi in sella alle loro mountain bike non la spaventano costringendola a rintanarsi. Peccato.
Chi percorre in bike queste strade di montagna dovrebbe avere l’accortezza di non abbandonarle e, nel caso, di avvicinarsi ai “monumenti” storici (ammesso che possano interessare) con cautela e con il dovuto rispetto. Chi percorre il bellissimo anello per bike, che dalla conca di Ossana sale al Tonale sulla destra orografica della valle per ridiscendere lungo il versante opposto (costeggiando il Forte Mero dove mi trovo) dovrebbe avere il buon senso di non lasciare il tracciato canonico abbandonandosi a scorribande sugli stretti sentieri di montagna o ad acrobatiche esibizioni da riprendere, “da dietro e da davanti”, con più droni… Sì, perché, il gruppo di giovani maschi in moutain bike calato su Forte Mero a questo si è dedicato… dopo avermi chiesto, in verità molto gentilmente, di sgomberare il campo…
Abbandonati (senza alcun rimpianto) gli “sportivi” intenti alle riprese video delle loro acrobatiche “entrate” sulla radura del Forte Mero riprendo il mio cammino sull’antica via del Tonale. La strada attraversa un bosco di conifere e poi, subito dopo, si immerge in estese praterie di alta montagna. Sono pascoli, pascoli estesi che salgono su in alto, fino a raggiungere il Forte Zaccarana, pascoli che si arrampicano fino ai piedi delle rocce, fino sotto la cima del Monte Tonale Orientale. Un tempo, non lontanissimo, molti di questi pascoli venivano sistematicamente falciati, ora vi brucano, numerosissime, le mucche.
La vista, dalla antica strada, è aperta, il bosco non la ostacola. Il panorama sul gruppo montuoso della Presanella è vasto e bellissimo. Per ammirarlo mi fermo spesso, riposo, respiro a fondo, e rinfrancato, riprendo più speditamente il mio cammino verso l’Ospizio di San Bartolomeo. Ma l’Ospizio (ora elegante hotel) non lo raggiungo. Mi fermo poco prima, dove si stacca la strada che sale alla Malga Valbiolo (ora ristrutturata a ristorante). Una panchina, posta al margine dell’antica via, mi consente di rilassarmi, di osservare e di meditare…
Davanti allo spettacolo della montagna piegata ad un’attività turistica troppo invadente non resta che fermarsi, non vale la pena procedere oltre, meglio sedersi e riflettere. Verso il Passo si scorge ben poco che valga la pena d’essere ammirato e in qualche modo apprezzato. Ciò che attrae l’attenzione, sconcertando, sono le mastodontiche torri ai piedi dei bei Monticelli... ciò che impressiona, sconfortando, è l’agglomerato di architetture, le più svariate, che “adornano” il Passo, congruo preambolo all’intreccio di funi e tralicci che lo sovrastano avvolgendo i pendii della Cima Cadì.
E nella vicina Valbiolo? Non la scorgo. Potrei avvicinarmi ma già so cosa vi troverò… Il ricordo della bellezza di questa valle alpestre, della sua natura intatta, e la vista di come ora è ridotta potrebbe essere troppo avvilente…
Mi chiedo fino a che punto sia corretto promuovere con ben orchestrate campagne pubblicitarie all’insegna dell’immersione in una natura incontaminata, un territorio come questo dove la natura viene sistematicamente “snaturata”. Quanto sia giusto presentare come “ambientalmente sostenibili” interventi che sfregiano la montagna riempiendola oltre misura di impianti di risalita, di piste da sci ben livellate e artificialmente rinverdite, di bacini di deposito d’acqua per l’innevamento artificiale, di stradine serpentinose scolpite sui pendii per le acrobazie dei bikers (sostenendo magari che tutto ciò contribuisce alla difesa del territorio dal dissesto idrogeologico - a questo proposito si pensi ai dissesti a valle di Marilleva e di Folgarida, all’impermeabilizzazione del terreno, ai tempi di corrivazione abbreviati…). Questo purtroppo accade e il Tonale con la sua Valbiolo e tutto il resto ne è un esempio eclatante… Si sostiene (per convinzione o per interesse di varia natura) che nel settore turistico il cambiamento continuo, l’innovazione, l’adeguamento alle mode del momento e soprattutto la loro incentivazione sono necessari e positivi per lo sviluppo di una stazione turistica moderna e ben radicata sul territorio. Si tratta di incentivare il cosiddetto “Progresso” fonte di benefici per tutti, di benessere, di lavoro generalizzato e duraturo. Mi chiedo se nelle attuali modalità di approccio al turismo si possa veramente intravedere un vero progresso, un progresso che duri nel tempo o se si stiano invece gettando le basi per un non lontanissimo “Regresso”.
Progresso? Sì, anche progresso, perché no, ma solo se gli interventi sul territorio (piste da sci e bike, impianti di risalita, bacini per innevamento, mastodontici condomini o alberghi…) risultano realmente sostenibili, se sono contenuti in ambiti accettabili, realmente compatibili con la fragilità dell’ambiente montano, se il territorio viene utilizzato con attenzione, responsabilità e misura, viene “piegato” alle esigenze umane con lungimiranza, considerando non solo il tornaconto dell’oggi ma anche a quello del domani… in caso contrario in un futuro non lontanissimo, visto anche il cambiamento climatico in atto, avremo solo regresso, ci troveremo davanti ad un ambiente compromesso, abbandonato, poco attraente e quindi poco attrattivo, povero e improduttivo. La mia sensazione è che quassù, al Passo del Tonale, e in particolare in Valbiolo e perché no, anche sul ghiacciaio Presena coperto “per disperazione” con teli riflettenti, si sia andati oltre la soglia della sostenibilità per non dire del buon senso... Non è questo il turismo lungimirante che mi piacerebbe vedere, il turismo in grado di “ripensare la montagna”, di valorizzarla rispettandola, di porsi obiettivi a lungo termine uscendo dagli schemi consolidati, schemi in buona parte destinati a soccombere con il riscaldamento globale. Questo è un turismo troppo legato alle mode, alla stagionalità, un turismo senza “visione” che investe molto ma vive alla giornata , che pensa solo all’oggi, solo alle entrate immediate… Davanti al, per molti aspetti, desolante spettacolo di questo turismo (oggi ricco ma domani chissà) il mio pensiero va al sempre maggior numero di visitatori, escursionisti e villeggianti che la Val di Rabbi riesce a conquistare. La sua attività turistica si amplia sempre di più. Eppure in Val di Rabbi si opera senza clamore, senza tralicci e funi, senza acrobatiche piste per bike incise sui versanti Ci si limita quasi esclusivamente a conservare accuratamente il territorio, si coniuga il rustico aspetto dell'ambiente con la valorizzazione delle attività agricole, forestali e artigianali. Ciò dimostra che la bellezza di un territorio ancora ampiamente integro, curato e protetto uniti alla riscoperta della cultura locale, delle tradizioni, della gastronomia delle attività agrosilvopastorali sono attrattive per molte persone che in futuro, con l'irreversibile innalzamento della temperatura, potrebbero diventare anche molte di più distribuendosi in ogni periodo dell'anno anche durante le stagioni "morte". Ma tutto questo, al Passo del Tonale (ma non solo lì) viene probabilmente considerato un insieme di banalità, una modalità turistica tipica di località meno fortunate, meno moderne, meno evolute ed attrezzate, una "cosa" poco seria, ingenua, povera che non si confà a quella imprenditorialità ricca che orienta l'attività turistica in quella zona.






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Escursioni in Val di Sole: mappa interattiva


 





MAPPA INTERATTIVA:
delle mie escursioni in Val di Sole











Le mie curiose e lente camminate di mezza montagna in Val di Sole