Scampoli di vita autunnale nel mio giardino

 


Per osservare e magari fotografare “cose belle” non serve necessariamente fare delle camminate più o meno lunghe, passeggiate od escursioni che siano. Se si sa osservare, se si è attenti a ciò che ci circonda, si possono cogliere parecchi interessanti aspetti della natura e fare singolari scoperte anche appena fuori l’uscio di casa.




Il “giardino” della casa che per lunghi periodi dell’anno occupo in alta Val di Sole, non è, in realtà, un vero e proprio giardino come viene comunemente inteso, non è insomma un giardino all’italiana né all’inglese e nemmeno un praticello ben tenuto con l’erba curata e ben rasata… “Troppo disordine”, si lamenta mia moglie per non dire di mia sorella!!





In effetti in quel “giardino” vi si trova di tutto, un “tutto” posizionato in modo pure del “tutto” casuale: dai tre orti contornati da lastre di tonalite, alle aiuole delle fragole e alle bordure di fiori (narcisi, tulipani, anemoni, astri, zinnie, gigli, settembrini…), ai cespugli ornamentali di forsizie, di lillà e di pesco giapponese.




Sul retro della casa, alla quale si arriva percorrendo un vialetto d’accesso lastricato “alla bell’è meglio” con pietre piatte naturali raccolte qua e là nei dintorni del paese, si trovano numerosi alberi da frutto (soprattutto antiche varietà di meli e di peri ma anche prugni, ciliegi, maraschi, un albicocco e un noce), dei cespugli di nocciole, ribes, lamponi e mirtilli… e nella zona più fresca alcuni alberi e cespugli selvatici (pochi in verità: i sopravvissuti alla foga decespugliatrice di mia sorella): piccoli cembri e abeti bianchi, un bel sorbo degli uccellatori, un sambuco nero, qualche giovane frassino, pioppo tremulo, acero e ciliegio selvatico e poco altro. In questa zona nei periodi piovosi spunta una discreta varietà di funghi (ma finora non ho visto né brisefinferli) tra cui, in settembre-ottobre, molti chiodini che sistematicamente raccolgo in piccola parte.  




La grande varietà di vegetali coltivati e spontanei del mio “giardino” rende l’ambiente adatto all’insediamento e alla moltiplicazione o quantomeno all’alimentazione temporanea di molte specie animali favorendone la presenza più o meno costante. Quasi ogni anno, tra i rami degli alberi e dei cespugli, nei muretti di confine e nelle apposite casettine che ho predisposto nidifica qualche coppia di piccoli uccelli. A seconda delle annate possono essere cince, codirossi, codirossi spazzacamino, fringuelli, merli, pettirossi, cardellini o, raramente, tordele…




In autunno, cioè in questo periodo dell’anno, come d’incanto compare qualche scoiattolo che sceso dal bosco si appropria delle noci e delle nocciole del mio giardino. Il grande noce è razziato anche dalle ghiandaie che, in un continuo andirivieni, fanno scorta per l’inverno. Sono sempre vigili ed è molto difficile riuscire ad avvicinarle e a fotografale.




Non solo uccelli e scoiattoli, anche altri animali colonizzano il “giardino”: numerosissime talpe che con i loro cumuli di terra devastano il prato (facendo ammattire la sorella) e gli orti (pazienza! C’è ben poco da fare!), topi e arvicole che rosicchiano radici e tuberi dei miei ortaggi, chiocciole e limacce che se li divorano durante la notte, e una grande varietà di aracnidi e insetti tra i quali delle stupende farfalle (e tra queste anche le distruttive cavolaie).




Ora, con i primi freddi autunnali, molti degli uccelli che visitano il “giardino” durante la bella stagione non si vedono più. Il raro torcicollo è scomparso da tempo ma anche i cardellini devono essere migrati a quote inferiori così come le ballerine bianche… Anche i pettirossi, i merli e i fringuelli si sono fatti più rari... Il cibo inizia a scarseggiare.




Non ho più visto la capinera sulle piante da frutto e la coppia di codirosso che aveva nidificato in un angolo appartato del giardino. Scomparso pure il codirosso spazzacamino e molti dei luì piccolo che fino a poco tempo fa svolazzavano frenetici tra i rametti degli alberi da frutta come pure lo storno che in verità non osservo più da alcuni anni, nemmeno in primavera e in estate. Come non si è fatta più vedere la coppia di picchio rosso maggiore che tempo fa, aveva frequentato il giardino dall'autunno alla primavera a "caccia" di noci. 




Sono invece arrivate alcune ghiandaie in cerca di noci e nocciole, uno sparuto stormo di tordele a becchettare i pomi del sorbo ed è ancora presente qualche merlo che caccia lombrichi e pilucca i rimasugli delle mele sul terreno e sugli alberi. Finora nessun ciuffolotto e nemmeno lucherini e organetti: le betulle sui cui rametti penduli si appendevano per cibarsi delle infruttescenze, non esistono più, sono cadute vittime della motosega.




Invece sono ancora numerose le cinciallegre, le cinciarelle e le cince more che volteggiano sugli alberi da frutta. Di tanto in tanto compare anche il rampichino, bellissimo da vedere e da fotografare, mentre si arrampica rapido sul tronco rugoso dei pochi superstiti alberi grossi del mio “giardino”


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Autunnali riflessioni nei dintorni del “pont dele caure”

 


Ho girovagato parecchio, senza una meta precisa, nei paraggi del “ponte delle capre”… il ponte in legno che scavalca il fiume Noce tra gli abitati di Pellizzano e di Mezzana nell’alta valle. Ho camminato molto calcando con i miei scarponcini più leggeri sia l’asfalto della pista ciclopedonale sulla sponda destra del corso d’acqua, sia, sull’altra sponda, il morbido terreno dei prati e quello più compatto del viottolo che taglia la campagna.



Una bella passeggiata iniziata sullo slargo della strada statale al bivio per Termenago, Castello, Ortisé e Menas, dove ho parcheggiato l’auto. Un lungo giro portato a termine da solo, sul fondovalle dove gironzolavano comunque altre persone... poche persone in verità e a me del tutto estranee, ma che, come me, stavano approfittando di un tiepido e luminoso pomeriggio di fine ottobre per fare 4 passi. Persone del luogo, ho subito ipotizzato, in quanto la presenza turistica durante la stagione autunnale è solo sporadica per non dire del tutto assente Ed è un vero peccato perché gli stupendi paesaggi policromi che la valle offre in ottobre meriterebbero davvero d’essere ammirati anche dai non residenti, anzi soprattutto da loro che mai (o raramente) li hanno potuti apprezzare. Questo e altro ho immediatamente pensato.



Attualmente l’accoglienza turistica si concentra nei mesi estivi ed invernali, è sostanzialmente un’attività che si svolge esclusivamente in questi due periodi dell'anno infatti di “forestieri” nelle altre stagioni, in giro per la valle, se ne vedono ben pochi.
Su questo e su altro ancora riflettevo mentre proseguivo il mio cammino...
Riflettevo su come la conduzione stagionale del turismo (e il ciclico conseguente abnorme aumento delle presenze in valle) sia fonte di non pochi problemi. Problemi per le amministrazioni locali costrette a sovradimensionare enormemente tutti quei servizi che in altre situazioni vengono predisposti per la sola popolazione locale (dai parcheggi, agli acquedotti, alle reti idriche e fognarie, alla depurazione delle acque reflue, alla raccolta dei rifiuti, alla pulizia urbana, ecc. ecc. con costi aggiuntivi di realizzazione e di gestione non indifferenti). Problemi per la manodopera costretta a lavorare solo stagionalmente e spesso precariamente… tutto questo senza considerare le problematiche conseguenze di un periodico eccessivo carico antropico sul territorio montano, un ambiente estremamente fragile.



E gli ospiti, i turisti? Ammassati in numero spropositato in periodi dell’anno brevissimi, non sempre riescono a godere del loro momento di vacanza come desidererebbero, non sempre riescono a riposarsi, a rilassarsi e a distrarsi come da lungo tempo sognavano… viabilità troppo trafficata, strada intasate, parcheggi introvabili, alberghi, ristoranti, pizzerie, negozi... occupati all’inverosimile e quindi costretti ad offrire servizi approssimativi, a rilento, prestazioni che “lasciano desiderare”... una situazione per alcuni versi paragonabile al caos cittadino delle ore di punta che il “forestiero” si è appena lasciato alle spalle.



E allora perché non cercare altre strade, perché non abbandonare il cosiddetto “turismo di massa” iniziando a promuovere, in modo deciso anche se graduale, un turismo diverso, di qualità, un turismo ambientalmente ed economicamente più sostenibile per le nostre vallate alpine? Un turismo meno impattante per il territorio di montagna e per il quieto vivere di chi vi abita? Un turismo più appagante per l’ospite e meno deleterio per le casse delle comunità locali… Perché non destagionalizzarlo, perché non cercare di mitigare, di attenuare le attuali eccedenze di presenza “forestiera” (le “punte”) lavorando per spalmarle sull’intera annata o quantomeno sui mesi primaverili ed autunnali paesaggisticamente più affascinanti e attrattivi.




Facile a dirsi, non altrettanto facile a farsi.
Anche su questo riflettevo…
I problemi da affrontare sono parecchi e di non facile risoluzione. Difficoltà notevoli riguardanti i periodi in cui solitamente cadono le ferie, le “vacanze”, che nel nostro bel paese si concentrano (sia per motivi oggettivi che, troppo spesso, solo per consuetudine) in pochi e ben precisi periodi dell’anno ma anche problemi dovuti alla resistenza del "tornaconto", dell’interesse immediato e consolidato di alcuni (o molti?) operatori del turismo, impiantisti della neve, conduttori di (grandi?) imprese ricettive... Molti gli ostacoli quindi, ma non è detto che non si possa comunque cambiare… se lo si vuole fare, se chi opera nel settore e chi ci “governa ed amministra” ci crede, ritenendolo necessario per favorire non solo una conduzione più equilibrata dell’economia nelle vallate montane, ma anche (soprattutto) una maggiore sostenibilità ambientale anche alla luce del cambiamento climatico in atto.
Per ora non ci resta che sperare, sperare che si inizi veramente a guardare lontano, a pensare al domani e non solo all’oggi.



Ma bando alle considerazioni “più o meno impegnate”... Trovandomi, alla conclusione della mia camminata, nuovamente vicino al ponte delle capre mi soffermo ancora una volta ad ammirare il coloratissimo paesaggio autunnale della valle. Panorami particolarmente suggestivi con il sole basso e declinante del tardo pomeriggio... molto più suggestivi di quanto non lo siano in estate o in inverno quando la monotona uniformità del verde e rispettivamente del bianco li rendono sicuramente meno pittoreschi e quindi meno attraenti.



Una bellezza che chi mi sta leggendo non può evidentemente cogliere nella sua pienezza dovendosi limitare ad una semplice occhiata alle poche immagini che ho postato. Mi dispiace. Posso solo invitarlo a venire quassù per vedere direttamente la valle in abito autunnale (ma, perché no, anche nella su stupenda veste primaverile), per poterla ammirare di persona... possibilmente in alternativa ai suoi eventuali soggiorni estivi o invernali.


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Tavolozza ottobrina al calar del sole

 

Sulle “Pendege” tra Fucine e Vermiglio



Camminare sulle stradine che si diramano dalla periferia del paese è sempre bello, lo è in ogni periodo dell’anno, ma ora, in autunno, con il mutare di giorno in giorno, della luce e dei colori lo è ancora di più.



Ancora di più lo è soprattutto sul viottolo che taglia il versante sinistro della valle tra Fucine e Cortina di Vermiglio poco sopra la strada statale del Tonale. Un panoramico viottolo che percorro con "sommo" piacere molte volte ogni anno, ma che ora, in ottobre, con la metamorfosi ambientale in atto, è in grado di coinvolgermi particolarmente rendendomi partecipe del rapido cambiamento stagionale.



Aceri, robinie, roverelle, pioppi, ciliegi, betulle, salici, frassini e noccioli stanno mutando la loro piatta e uniforme chioma estiva... si stanno cambiando d’abito... Nella quiete ottobrina si stanno addobbando a festa indossando vesti più luminose e policrome.



Un incantesimo, una colorata magia che coinvolge anche la vegetazione del versante opposto, il versante ombroso della valle, dove i larici, sparsi nella fitta pecceta sempreverde  iniziano ad ingiallire, a mutare aspetto.



Sta decisamente prendendo piede la spettacolare apparizione dei colori autunnali. Inizia ora, a metà ottobre, con delle vampate giallo oro, aranciate e rossastre sparse nel verde della vegetazione estiva: una tavolozza policroma, un brillante dipinto ad olio, una visione vistosa... un poetico incantesimo che si palesa all'improvviso nell'aria frizzante dei monti, nella pace autunnale, solo ora quando la confusione estiva è un lontano ricordo. 



Un'esplosione di colore preludio ad un finale ad effetto che rievocherà i fasti primaverili con l’esibizione una nuova coloratissima e vivacissima “fioritura”. “Fiori” non più bianchi ma rossi sui ciliegi selvatici, diversamente gialli sul pioppo tremulo, sul nocciolo, sull'acero, sulla betulla, aranciato rossastri sui larici... bacche rosso lucente sul sorbo, sulla rosa canina, sul crespino, sul biancospino...



L'autunno è un artista, un paesaggista, alle prese con un'infinita gamma di colori, di tinte decise, ma pure alle prese con tonalità lievi per creare sfumature e velature leggere nel rifinire delicatamente la sua opera. In tempi brevissimi allestisce l'evento più vistoso dell’intera annata: una magico paesaggio, un "dipinto" che si accende ovunque, sia sul fondovalle che sui versanti fino alle quote più elevate.



I raggi radenti del sole basso, declinante nel pomeriggio, scaldano ulteriormente i colori del nostro dipinto, avvampano le calde tinte delle foglie, incendiano il rosso delle chiome dei ciliegi selvatici, i gialli del pioppo tremulo, del nocciolo, dell'acero e della betulla, il bruno rossastro dei larici, il verde vigoroso e persistente degli abeti…



Poi il sole al tramonto, decisamente calante, scolpisce l'ambiente, allunga le ombre, sottolinea le sagome dei monti, i profili dei versanti, evidenzia i sentieri, i muretti a secco, i piccoli masi, i singoli alberi, i cespugli…



Non ci resta che ammirare, che meravigliarci, che stupirci.
Godiamoci lo spettacolo dell’esplosione dei colori, delle chiazze giallo oro, arancioni e rossastre della vegetazione autunnale e più tardi del sole che declina fino a scomparire, della luce che si spegne sulla valle... Un prodigio, una bellezza che dissolverà ogni nostra eventuale negatività...


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