Al rifugio Larcher al Cevedale e ai laghi Marmotte e Lungo

 


Sono stato tentato... sono stato coinvolto durante il periodo dell’anno meno adatto, nel pieno del mese di agosto... ... Alcuni amici mi hanno convinto ad affrontare, durante  la strapiena stagione turistica estiva, il più classico dei giri, il “Giro dei laghi” ai piedi del Cevedale.

Conosco a fondo l’area in questione: l’alta Val de la Mare, i dintorni del rifugio Larcher, dei laghi delle Marmotte, Lungo, Nero, Careser e Lama sono una mia "antica" conoscenza, li ho bazzicati e ancora li bazzico, ma in tutt'altri periodi dell’anno, durante le stagioni intermedie, turisticamente morte, in primavera, all’inizio e alla fine dell’estate e in autunno, quando la presenza umana è assente o comunque sporadica ed è possibile muoversi in tutta tranquillità e, in assenza di disturbo, avvistare la fauna alpina che popola la zona. Quanto io abbia esplorato la zona al cospetto del Vioz e del Cevedale, lo dimostrano, almeno per quanto riguarda gli ultimi anni, i post pubblicati su questo mio stesso blog: "Camosci in Val de la Mare" "Laghetto della Lama" "Il giro dei laghi ai piedi del Cevedale" "Neve d'ottobre al Lago della Lama" "Camosci ai piedi del Cevedale" "Scarpinata d'inizio estare sui monti della Val de la Mare" "Scarpinata di fine stagione ai piedi del Vioz e del Cevedale" "Un curioso incontro" "Bufera ai piedi del Cevedale"

E allora per quali motivi mi sono fatto coinvolgere? Perché una simile scarpinata proprio nel sovraffollato periodo di ferragosto? Principalmente per godere della rara compagnia di alcuni amici ritrovati ma non solo, anche per richiamare alla memoria molte gite del tempo che fu... Mi sono chiesto: "perché non provare a ripetere per una volta ancora il tradizionale “giro dei laghi” in piena estate, perché non rifarlo (almeno in parte) come si faceva un tempo, quando, da ragazzo e poi da giovanotto e più tardi ancora guidando la moglie e i miei piccoli figli, lo percorrevo ogni anno durante le vacanze, in luglio o in agosto, incolonnandomi nella lunga “processione” dei turisti?" Sì, lo confesso, sono stato tentato anche dalla rimembranza, dalla nostalgia…


Il percorso di questa mia sgambata si sovrappone solo parzialmente, solo nel suo primo tratto, al classico “giro dei laghi”. Infatti, raggiunto e superato il Lago delle Marmotte non punta, come dovrebbe, al Lago Nero, alla diga del Careser e a Malgamare ma raggiunge la sponda del Lago Lungo e, discendendo per uno stretto ed erto sentiero, ritorna ai Piani di Venezia (chiudendo così, anticipatamente, il canonico tracciato ad anello).



Dal parcheggio di Malgamare a Pian Venezia. Durante la tortuosa salita si aprono spettacolari panorami sui monti della valle illuminati dai raggi radenti di un sole ancora basso.



La scarpinata sull’interminabile e monotono sentiero che porta al rifugio Larcher al Cevedale e alla vicina chiesetta, è stata temperata dalla vista (spesso però ostacolata dalle nubi) dei ghiacciai e delle cime Vioz, Palon de la Mare, Rosole, Cevedale, Zufallspitze e Presanella in lontananza...



Pausa ristoratrice nei pressi della chiesetta (evitando l’affollato rifugio: amo ancora i bivacchi ma non più i rifugi ormai assimilabili a degli alberghi più o meno lussuosi) e, a seguire, salita al Lago delle Marmotte a 2700 m slm, massima altitudine raggiunta.



Discesa dal Lago delle Marmotte, specchio d’acqua paesaggisticamente deludente, al più attraente Lago Lungo con vista aperta sui monti, corona di cime e crinali, che dal Vioz arrivano allo Zufallspitze, finalmente sgombri dalle nuvole.



Dalle estese sponde del Lago Lungo e da quelle, ridottissime, di un piccolo slargo d’acqua (poco oltre il lago, lungo l’iniziale discesa verso Pian Venezia) si ammirano dei panorami mozzafiato sui monti che le sovrastano.



La ripida calata a Pian Venezia e successivamente, tra larici e pini cembri, a Malga Mare è vivacizzata dalla vista delle vette intensamente rischiarate dalla calda luce del pomeriggio.


Più che soddisfacente questa mia escursione ferragostana portata a termine nel segno della rimembranza e, ciò che più conta, in piacevolissima compagnia dei miei amici... ... ma, ma nel contempo, portata a termine anche con una non voluta compagnia, la compagnia di moltissimi altri sconosciuti camminatori, la cui pur educatissima presenza (presenza massicciamente concomitante) pur non disturbandomi, potrebbe, a parer mio, essersi rivelata (e rivelarsi di giorno in giorno durante l'intera estate) eccessiva per un fragile territorio montano, posto interamente in un Parco Nazionale (e questo nonostante le nuove più restrittive modalità d’accesso al parcheggio di Malga Mare).
Bella escursione quindi, più che soddisfacente dicevo, ma comunque non minimamente paragonabile alle mie “uscite” durante le stagioni intermedie quando, in un ambiente silente e meno monotono, sicuramente più vario e colorato (punteggiato di variopinti fiori primaverili o immerso nelle calde tonalità autunnali) più che persone si incontrano animali, si incrociano i selvatici animali della fauna del Parco dello Stelvio.

In Google Foto trovi tutte le foto dell'escursione


Il ritiro dei ghiacciai a causa del riscaldamento climatico globale è a dir poco allarmante, (o meglio drammatico se non tragico)… Nei 63 anni intercorsi tra il primo dei due scatti fotografici (29 luglio 1958: data della mia prima salita al rifugio Cevedale in occasione dell’inaugurazione della chiesetta (?)) e il secondo (agosto 2021), il ghiacciaio che scende dal Palon de la Mare, Rosole e Cevedale si è in buona parte sciolto. I ricercatori ci dicono che anche il ghiaccio rimanente è destinato a scomparire in tempi più o meno brevi (pochi decenni), a fondersi in ogni caso, anche se nel frattempo, seguendo le "ingiunzioni" di Greta, i governanti della terra intera e con loro l’intera economia e ogni singolo individuo dovessero mutare radicalmente rotta… dovessero convertirsi al solo impiego di fonti energetiche rinnovabili cambiando nel contempo "stile di vita" nel segno di quella sobrietà, tanto cara a Francesco. Il danno ormai è fatto ed evidentemente non si tratta solo del danno al minuscolo ghiacciaio in questione che è solo emblematico della drammatica situazione complessiva. Il danno globale può ormai essere solo contenuto, attenuato nei suoi sviluppi, adottando drasticissimi provvedimenti ma, personalmente, sono più che convinto che difficilmente ciò avverrà...



Alla Malga di Strino e ai Forti del Tonale: breve escursione di metà agosto

 

La Val di Strino è sempre incantevole, lo è anche in piena estate anche se la sua bellezza non è certamente comparabile a quella primaverile o a quella d’inizio autunno quando viene  esaltata da una varietà cromatica del tutto assente negli altri periodi dell’anno, una varietà cromatica che talvolta viene affinata dal depositarsi, qua e là, di un soffice velo di neve, frutto di una leggera nevicata tardiva o precoce che sia.

In primavera una estesa gamma di verdi tonalità, tenere e morbide, punteggiata ovunque da una variopinta fioritura, si contrappone all’attuale estiva monotonia della valle, dei suoi pascoli e dei suoi boschi uniformati da una sola intensa verde colorazione. Colorazione piatta che solo più avanti, in ottobre, si rianimerà, riacquisterà vivacità, con il virare della colorazione della vegetazione, tutta, sia erbacea che arborea, verso quell’ampia molteplicità di calde tonalità tipiche dell’autunno.

Per questo motivo, per l’assai difforme presentarsi dell’ambiente, il ripetersi delle mie “puntate” in Val di Strino (di cui più volte ho raccontato in questo blog) riguarda principalmente, se non esclusivamente, le stagioni intermedie, che, come detto, naturalisticamente e paesaggisticamente sono decisamente più accattivanti.

Quest'anno, essendo stato costretto ad interrompere, per vari motivi, la tradizionale successione primaverile delle mie salite, ho voluto ammirare comunque la bella Val di Strino (e alcuni suoi siti limitrofi), raggiungendola appena possibile, in pieno agosto, quando inevitabilmante il suo fascino  era ormai in buona parte svanito. Ambiente sicuramente meno attraente, quindi, durante questa mia escursione, ma nel complesso comunque gradevole e meritevole d'essere apprezzato e ricordato. Le mie foto (sia quelle postate qui sotto che quelle accessibili in Google Foto) lo avvalorano.



Raggiunto di buon mattino, in compagnia di alcuni amici, (dopo una mezz'oretta di salita sulla comoda austroungarica strada militare) l’imbocco della valle, si sosta brevemente sui primi bassi pascoli ancora verdissimi, per ammirare le creste che serrano la piccola valle e, sul versante opposto, oltre il solco dell’Alta Val di Sole, la cima della Presanella con le frastagliate vette che la circondano.



I prati più bassi, come del resto tutta la Val di Strino, sono popolati da numerose colonie di marmotte. Le marmotte sono animali sempre vigili e diffidenti, ma talvolta, gli individui più giovani e curiosi si lasciano avvicinare pur rimanendo timorosi sul bordo della tana, un pertugio questo, contornato da ortiche e cardi in fiore, pronto a nasconderli e a proteggerli.



Alla malga (circa 45 minuti di cammino) non manca una chiacchierata con il malgaro e con i lavoranti intenti alla preparazione della cagliata, poi, con l’arrivo dei primi escursionisti, molte le informazioni e indicazioni che forniamo sui sentieri da seguire per arrivare alla Città Morta, ai Laghetti di Strino, alla Bocchetta di Strino e alla Cima Redival. Quindi, riposati e ristorati, imbocchiamo il ripido sentiero per il Forte Zaccarana lungo il quale incontriamo altri gitanti... gitanti sempre più numerosi.



Al forte troviamo una moltitudine di turisti, turisti saliti in gran parte dal Passo del Tonale per un ripido sentiero. E’ mezzogiorno, l’ora del pranzo, del pranzo al sacco… Le panche con tavolo e lo stesso prato antistante la fortezza pullulano di persone: risulta difficoltoso scattare anche una sola foto ai ruderi del Zaccarana, ai suoi dintorni come pure all’ampio panorama che si gode da quassù senza includervi qualche umana presenza.



Percorrendo la strada militare (45 minuti) discendiamo fino alle Caserme di Strino e a seguire, percorrendo per un breve tratto (15 minuti) l’antica strada del Tonale (ridotta ad una pista per mountain bike e quad), raggiungiamo i resti di Forte Mero. Folla ovunque, ressa di ferragosto. Quando si provvederà a destagionalizzare l’attività turistica tagliando queste punte di così massiccia e impattante presenza ?



Sulla via del ritorno (un’ora sempre sulla strada militare austroungarica) ci attardiamo nuovamente sui prati bassi della Val di Strino per osservare ancora una volta le marmotte e, nella bella luce del pomeriggio, i monti del Gruppo Presanella…

Val di Strino e Forti del Tonale in veste ferragostana... troppe le persone ma i paesaggi sono sempre suggestivi, l'ambiente è attraente anche se non paragonabile a quello della primavera e dell'autunno... un ambiente quello delle stagioni intermedie, che ho "raccontato" molte volte nei miei post: "I laghetti di Strino" - "Val di Strino:il bacio della marmotta" - "Il regno delle marmotte" - "Sui pascoli della Val di Strino" - "La città morta" - "Nevicata tardiva a Malga Strino" - "Anemoni primaverili a Malga Strino" - "Il risveglio delle marmotte sui monti di Vermiglio" - "Stambecchi in Val di Strino" - "A malga Strino con la neve di novembre" - "Sui pascoli di Malga Strino a fine primavera" ......

A differenza delle bellissime stagioni intermedie, stagioni “turisticamente morte”, a ferragosto non manca di certo la presenza umana... i gitanti e gli escursionisti sono moltissimi, decisamente numerosissimi. La presenza dei turisti non guasta sicuramente, anzi, ma a fine luglio ed in agosto diviene spropositata, diventa talmente massiccia da  incidere negativamente su di un ambiente fragile come lo è quello montano…

Va comunque detto che, rispetto ad alcuni anni fa, la “folla” ferragostana (“folla” che oggi, per come la nostra società è “male” organizzata, purtroppo non può godere delle ferie in altri periodi dell’anno) appare decisamente più educata e rispettosa. Il “mazzolin di fior” non lo raccoglia più nessuno, e tutti si portano a casa gli avanzi del pranzo, le cartacce, le bottigliette, i fazzoletti… Così è, così generalmente è: infatti raramente si rinvengono rifiuti abbandonati lungo i sentieri o nelle piazzole da picnic… Questo al contrario di quanto accade talvolta di vedere all’interno del bosco, in quelle particelle dove sono stati tagliati i larici ed gli abeti... Più disciplinati e riguardoso gli ospiti di qualche residente? Non lo si può di certo affermare, non si può certo generalizzare, ma vedere, ad esempio, sulle strade forestali chiuse al traffico veicolare (l’ho osservato durante questa uscita, tra il Tonale e Malga Strino), sfrecciare i quad (traffico incentivato oltre che consentito?) non può che destare delle perplessità sui comportamenti dei “locali”... Molto altro si potrebbe aggiungere, e di ben altra consistenza (non solo, per quanto riguarda la zona del Passo) sullo scarso rispetto del “locale” per il proprio ambiente, per il proprio patrimonio naturale che ben poco protegge e che, al contrario,  tende, sempre di più, a snaturare ed intaccare... Troppo spesso, per non dire sempre, l’interesse immediato, il "tutto subito", prevale su ogni altra considerazione… In gioco c'e sempre l’interesse, l’interesse grande e quello più piccolo, l'interesse individuale come, apparentemente, quello collettivo... Uno pseudointeresse che abbaglia, che accorcia la vista, che non permette di vedere lontano, che fa diventare ciechi... 


Tutte le foto sono in “Google Photo