Il progetto "Il mistero svelato" per la "Casa degli affreschi" di Ossana


Una piattaforma multimediale all'interno del Castello di San Michele consentirà la visita virtuale del ciclo pittorico quattrocentesco della ”Casa degli affreschi” 









Nell’agosto del 2000 una eccezionale scoperta è stata fatta casualmente in una antica casa di proprietà privata nel centro storico di Ossana. Durante dei lavori di manutenzione dell’immobile sono stati scoperti degli affreschi di notevole pregio storico-artistico risalenti al XV secolo.







La “Casa”, ora di proprietà comunale è chiusa al pubblico e, nell'attesa dei lavori di restauro, è permesso visitarla per ammirare il prezioso ciclo pittorico solo in particolari, rarissime circostanze.
Nel censimento 2016 dei “Luoghi del cuore” promosso dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) la “Casa degli affreschi” ha ottenuto ben 3167 voti rivelandosi il luogo più amato in Trentino-Alto Adige e risultando quindi destinataria del contributo destinato al primo classificato in ciascuna Regione.






Confidando che questo ottimo risultato stimoli finalmente chi di dovere a finanziare il consolidamento della “Casa” rendendola agibile si è nel frattempo trovata una interessante e modernissima modalità di fruizione dei suoi affreschi e quindi di valorizzazione del patrimonio storico-artistico del paese. Sarà una modalità di fruizione solo virtuale, basata su di una piattaforma multimediale che, installata in uno dei padiglioni del Castello di San Michele, consentirà di apprezzare le splendide pitture custodite nel medioevale, piccolo edificio di Ossana .







L'amministrazione comunale, grazie al supporto della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia e al contributi economici messi a disposizione dal FAI e da altri enti e società, si è mobilitata a fondo nel concretizzare il progetto (progetto denominato <<Il mistero svelato. Alla scoperta della Casa degli Affreschi>>), impegnandosi a rendendolo operativo fin dall'inizio della prossima stagione estiva. Questo secondo quanto riportato dalla stampa locale......


Se così sarà e non ho motivo di dubitarne, questa operazione, che consentirà il recupero, seppure solo virtuale degli affreschi, sarà di grande impatto nell'ottica di una corretta valorizzazione del patrimonio storico e artistico di Ossana. Naturalmente  sperando che non venga inquinata da atmosfere promozionali e mercantili troppo invadenti, operazioni analoghe a quelle che, da anni, durante il periodo natalizio banalizzano l'apertura invernale del castello.




Nell'attesa che le immagini del ciclo pittorico vengano presentate, proiettate e illustrate sulle antiche pareti del Castello di San Michele mi permetto di postare le piccole fotografie che accompagnano questo mio scritto, fotografie scaricate da vari siti Internet, per far conoscere e apprezzare, a chi mi segue, questo gioiello storico-artistico....





Gioiello che purtroppo dopo, l'acquisto della “Casa” e dopo il provvedimento di tutela e alcuni iniziali lavori di consolidamento dell'antico fabbricato (a cura della dei Commissione Beni Culturali della P.A.T.) e nonostante l'interessamento degli amministratori comunali e del FAI e una interessantissima tesi di laurea (“Lacasa degli affreschi di Ossana in Val di Sole – Ciclo pittorico,conservazione e proposte di intervento”di Elisa Zeni) sembra ancora ben lontano dall'essere recuperato e reso fruibile da tutti.


Dal sito del Fai.
L'antico edificio, conosciuto come "casa degli affreschi", sorge nel centro storico di Ossana, a metà strada tra la chiesa di San Vigilio e il castello di San Michele. La casa degli affreschi è un bene importante per il suo valore architettonico e storico artistico. La struttura, infatti, è un rarissimo esempio di casa medievale: l'impianto conserva un androne voltato al piano terra con pilastri e arcate in parte tamponate, una volta unghiata e una colonna lignea di foggia gotica al primo piano e una copertura a volta botte al secondo. All'interno si trova una notevole decorazione pittorica quattrocentesca rimessa in luce nell'estate del 2000 a seguito di alcuni lavori di manutenzione dell'immobile. Il ciclo affrescato è di particolare interesse per la Val di Sole e per la storia dell'arte trentina perché, accanto a soggetti religiosi, presenta anche scene a carattere profano. Assai rari sono gli apparati decorativi risalenti a quell'epoca e di tema non sacro realizzati su edifici civili che non siano castelli o residenze signorili. Alcuni aspetti iconografici e stilistici rimandano alla produzione dei Baschenis, altri rivelano una componente veneta. Sottoposta al vincolo di tutela da parte della commissione per i beni culturali della Provincia di Trento, la casa è oggi di proprietà del Comune di Ossana che ha pronto un progetto di restauro complessivo in attesa di finanziamento.”


Novembre al lago di Covel


Tra sole, nuvole, nebbia e pioggia

All'inizio di novembre, dopo le tempeste di fine ottobre il tempo sembrava volgere al bello. Decisi quindi di approfittarne e di ritornare, a distanza di un paio d'anni, al laghetto di Covel nel Parco Nazionale dello Stelvio.
Il lago di Covel è un minuscolo specchio d'acqua con una cascatella e una malga per le capre nei suoi pressi. Posto ai margini di una pianeggiante distesa di prati falciabili, dista poco più di un chilometro dall'abitato di Pejo Paese .



Lasciata l'auto nel grande parcheggio alla periferia dei Pejo Paese raggiungo, in compagnia dell'amico di sempre, la piazza della chiesa, su cui domina un gigantesco San Cristoforo ben affrescato sull'antico campanile. Ed è proprio ai piedi del campanile che imbocchiamo la strada per il nostro lago. Il suo tratto iniziale è asfaltato ma molto ripido. Ci conduce in cima alla collinetta di San Rocco dove una chiesetta e l'ex cimitero di guerra sembrano insistentemente richiederci di sostare per una breve (ennesima) visita. Grande è l'interesse paesaggistico e storico della località e noi siamo ben lieti di interrompere il faticoso cammino anche perché, diciamocelo, abbiamo incoscientemente intrapreso questo percorso “con il boccone ancora in bocca”... nel primissimo pomeriggio, subito dopo un pesante pranzo. Conclusa la visita e … ripreso fiato, proseguiamo con maggiore lena. La strada ora è sterrata, è larga e panoramica. Non è particolarmente erta, sale regolarmente fino a raggiungere alcuni vecchi masi e quindi, poco più avanti, l'ampia spianata prativa di Covel. Oltre i prati, su di uno sfondo roccioso, già si intravede la piccola cascata. La raggiungiamo costeggiando il pianoro lungo bordo del versante boscoso, rimanendo sempre su di uno stretto sentiero ai piedi della montagna di Tarlenta. Poco distante, in una piccola depressione, ci appare il laghetto di Covel. Subito ci arriviamo e, sostando sulle sue sponde, ammiriamo le cime che vi specchiano: il Palon di Val Comasine che incombe su Pejo Fonti, Cima Forcellina e il Monte Redival che incombono sulla Val del Monte e sul Lago del Palù. Poi riprendiamo il cammino salendo alla vicinissima Malga Covel. Ora è disabitata e taciturna ma in estate vi alpeggiano numerose capre per la gioia dei turisti e dei buongustai amanti del formaggio e della ricotta caprina di montagna. Infine, prima di riprendere la strada bianca che scende in paese, proseguiamo su di una mulattiera che, superati alcuni rustici masi ben ristrutturati, ci conduce in uno stupendo rado lariceto, dove pensiamo di riposare e di ristorarci a lungo, magicamente immersi in una leggera foschia... Purtroppo la foschia si tramuta in fittissima nebbia... e inizia a cadere una sottile e fastidiosa pioggerella... e noi, zaino in spalla, siamo costretti a rientrare...





Il paesaggio, lungo l'intero percorso è accattivante, sempre diverso, per l'incessante mutare della luce, talora intensa e diretta, talora debole, filtrata dalle nubi alte o dalla foschia che di tanto in tanto ci avvolge scivolando lungo il pendio.
Siamo in autunno, autunno ormai inoltrato, e come sempre accade in questa stagione anche quassù, ai piedi delle vette che si spingono oltre i 3500 metri, siamo immersi in paesaggio ravvivato  dall'esplosione del colore.... Sono luci e ombre, sono colori caldi, forti e decisi quando spende il sole ma sono pure colori più sbiaditi quando le nubi tempestose nascondono il sole o la nebbia, che spesso ci avvolge, spegne i suoi raggi. Al verde intenso degli abeti e a quello appena più smorto dei prati ben rasati si contrappone l'arancio bruciato dei larici, quassù diffusi in ogni dove, sia dispersi nei pascoli alberati, sia molto più fitti nei boschi che coprono i ripidi versanti. E poi non dimentichiamo l'azzurro intenso del cielo sereno e il bianco e il grigiore dei nuvoloni che con le cime innevate si specchiano nelle acque scure del piccolo lago.


Un ambiente ricco di interessanti effetti cromatrici, una tavolozza di tinte autunnali resa più suggestiva dal continuo variare delle condizioni meteorologiche di questo autunnale pomeriggio: dal sole alle nubi che tutto oscurano... dalla nebbia alla pioggia... Tutto molto bello, molto particolare.... peccato che lassù, verso la cima del Vioz, all'alzarsi della foschia che ammanta i “Crozi del Taviela”, emergano dal bianco le invadenti funi nere di un imponente impianto di risalita recentemente realizzato nel bel Parco. E non è un bel vedere... Ma di questo... della, a mio parere, difficile convivenza tra le finalità di un Parco (con la P maiuscola) ed esigenze ben diverse ho già a lungo detto in altri miei post...


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Autunno lungo il torrente


Risalendo il corso del torrente Vermigliana





Alla fine di ottobre le acque del torrente Vermigliana sono fredde, scure, quasi buie nella stretta valle che da Fucine sale verso Vermiglio. Il sole ormai basso resta eclissato dietro i monti del Doss e di Barco e i suoi raggi si limitano a pennellare solo il versante ben esposto raggiungendo il fondovalle solo al tramonto quando, a fatica, riescono ad illuminare debolmente il letto sassoso del corso d'acqua accarezzandolo d'infilata..





Conseguenza, questa, dell'orientamento da ovest a est della valle e, ovviamente, del mutare della traiettoria del sole durante il corso dell'anno. L'irraggiamento diretto, che in estate ravvivava le acque durante l'intera giornata, è solo un ricordo e ora la zona, con il suo torrente, la sua stradina, i boschi e le radure, vive, per gran parte del giorno, di sola luce riflessa.



Quindi, durante l'autunno, per percorrere il viottolo che costeggia il torrente raggiungendo la località del “Fil” o “Spiaz dei spini”, che dir si voglia, conviene scegliere un'ora pomeridiana, in particolare conviene attendere che il sole stia decisamente calando, che il tramonto sia ormai prossimo. Solo allora e solo per un breve intervallo, il sole lambirà le acque arrivando pure a rischiarare qualche tratto della stradina, qualche cespuglio, qualche larice o abete rosso che fiancheggia la sponda destra del torrente rimasta finora totalmente in ombra.


Il versante che guarda a mezzogiorno, ben illuminato dal mattino alla sera, si specchia nelle acque buie del Vermigliana soprattutto dove queste si allargano in placidi slarghi sabbiosi, quasi pianeggianti. Se la giornata è serena e splende il sole, su queste piccole superfici d'acqua ondulata si diffondono mille bagliori dorati che rimandano l'immagine vibrante del bosco soprastante. Sono i colori ramati dei larici, il giallo, l'arancio e il rosso delle latifoglie, il verde degli abeti e dell'erba ancora vigorosa... sono le loro forme, le loro immagini riflesse, che si compongono, si scompongono e si ricompongono in una raffigurazione mossa, dinamica, sull'acqua increspata del torrente.



Le luminose screziature si dissolvono non appena l'acqua riprende a scorrere più veloce, precipitando giocosa tra le rocce affioranti o insinuandosi vorticosa tra i massi scuri quasi neri che costellano il letto del corso d'acqua. Nell'alveo fattosi più stretto e più ripido si susseguono i salti spumeggianti, i piccoli gorghi ribollenti, le cascatelle lattiginose, le lame candide, gli spruzzi e gli schizzi... che scompigliano e animano il fluire dell'acqua quasi a voler rallegrare l'opaco torrente autunnale.





La portata è minima, è ridottissima. Lungo alcuni brevi tratti del torrente le acque scompaiono alla vista. Scorrono profonde e zigzaganti tra i grandi massi disseminati sul fondo dell'alveo rendendosi del tutto invisibili e chi osserva dall'alto, delle sponde del corso d'acqua, può udire solo il brusio del loro agitato defluire...

Quando il sole tramonta, quando gli ultimi raggi luminosi si spengono dietro i monti del Tonale e le ombre riconquistano anche il versante più fortunato della valle le acque del torrente acquistano quell'uniforme e smorta tonalità destinata ad accompagnarle a lungo, durante l'ormai prossimo tardo autunno e per l'intero, vicino inverno. L'atmosfera si fa più quieta, la luce cala rapidamente, i vivaci colori autunnali si smorzano, i rumori dell'umana attività si attenuano...  e ora il mormorio che sale dal torrente si fa molto più nitido... appare più intenso... E nel silenzio della sera la vista dall'alto del rapido scorrere delle acque scure nello stretto alveo scavato nella roccia sotto il ponte che chiude il mio percorso, non può che destare una certa inquietudine...



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Durante questa mia passeggiata le acque del torrente Vermigliana scendevano tranquille ma non sempre è così... Non è stato così in passato quando disastrose alluvioni colpirono più volte l'abitato di Fucine e non è così pure oggi, quando, solitamente più volte l'anno, il corso d'acqua si gonfia a dismisura, pur rimanendo dentro i suoi robusti e alti argini. Anche pochi giorni dopo questa mia idilliaca uscita, delle piogge torrenziali, precedute da un lungo periodo siccitoso, hanno gonfiato a dismisura il Vermigliana non facendo mancare il timore di una sua esondazione, di un disastroso evento analogo a quello che purtroppo ha colpito un'altra località più a valle...

Tavolozza autunnale al calar del sole


Autunno in Val di Sole





























L'estate è un lontano ricordo. L'autunno si è ormai decisamente affermato: è sopraggiunto rapidamente, a grandi passi, con abbondanti piogge e folate di vento che hanno rubato le foglie dagli alberi trascinandole in vortici giocosi... per poi farle rotolare sul terreno e infine ammassarle negli cantucci più riparati...




























E' veramente autunno e con l'autunno, come sempre accade, ti prende la malinconia. In verità quella che da sempre ti accompagna quando arriva la stagione autunnale e vedi l'inverno ormai alle porte, quando senti che il freddo pungente è vicino, che la neve è prossima... è una dolce malinconia, è un tenue sconforto che ti stringe il cuore e che irrimediabilmente ti conduce a riflettere sui periodi della tua vita, sull'autunno e sull'inverno della tua vita, sul tempo che vola via sempre più veloce...




























Ma, se, con il ritorno del sole dopo le giornate piovose e ventose, avrai il coraggio di avventurarti nei dintorni del paese, troverai uno splendore che, inaspettatamente, ti lascerà senza fiato... E sarà inutile resistere agli effetti dell'emozione che ti catturerà... la vista della splendida tavolozza autunnale dissolverà, come d'incanto, il dolciastro velo di mestizia che, con il sopraggiungere della brutta stagione, ti aveva intimamente avviluppato e in cui ti stavi crogiolando un po' troppo.




























E' innegabile che davanti al gran finale che la natura regala, prima dell'arrivo dei grigiori invernali, il cuore non può che allargarsi, l'animo non può che tranquillizzarsi, permettendoti di accogliere con serenità, appena appena velata di nostalgia, la brutta stagione che si avvicina.




























Devi solo ammirare e meravigliarti. Devi goderti lo spettacolo dell'esplosione dei colori... e vedrai che di fronte alle fiammate giallo oro, arancioni e rossastre della vegetazione autunnale svaniranno anche le tue più cupe meditazioni.




























Si sa e pure tu lo sai, che il mutare del colore delle piante in autunno è uno degli eventi più vistosi che la natura organizza nel corso dell'anno. E' un incantesimo che si accende nell'aria frizzane dei monti, nel silenzio ottobrino, quando la confusione estiva è solo una lontana reminiscenza.




























Il bosco autunnale è magico. La luce radente dei raggi del sole al tramonto avvampa le calde tinte delle foglie, incendia il rosso delle chiome dei ciliegi selvatici, i gialli del pioppo tremulo, del nocciolo, dell'acero e della betulla, il bruno rossastro dei larici, il verde vigoroso e persistente degli abeti...




























Il sole calante, basso ma ancora robusto, scolpisce il paesaggio, allunga le ombre, sottolinea le sagome dei monti, i profili dei versanti, evidenzia i sentieri, i muretti a secco, i piccoli masi, i singoli alberi, i cespugli...




























Tutti sanno e pure tu lo sai, che l'autunno non è una stagione qualsiasi. È un artista, è un paesaggista alle prese con una infinita gamma di colori, una tavolozza ampia di tinte decise ma che non trascura le tonalità più lievi, per sfumare e velare, quando serve...




























L'autunno, nella quieta pace del mese d'ottobre, addobba a festa la valle, la veste d'abiti nuovi, allegri, policromi, allontanando l'immagine della fredda cappa bianca che ben presto la coprirà. Lo vedi pure tu come l'autunno addobba la valle, come la pittura a nuovo, per intero, dal fondovalle ai ripidi versanti, dai prati ai pascoli più alti, dalle selve più fitte alle radure, dai torrenti ai piccoli laghi...




























Ora, di fronte a cotanta magnificenza non ti puoi più intristire... La bellezza dell'autunno ti ha salvato, ti ha scaldato il cuore. La malinconia è scomparsa e hai anche compreso che il tempo va lasciato scorrere, scorrere tranquillamente...




























Ora sei finalmente sereno. Ora sei certo che dopo il buio della stagione fredda ritornerà la luce, ritornerà il tepore e un giorno non lontanissimo, ne sei sicuro, potrai vedere la tua valle risuscitare. La vedrai rivivere, la vedrai colorarsi ad acquarello, la vedrai dipingersi con i freschi colori pastello della primavera... Devi solo attendere pazientemente e vedrai...




























Vedrai... vedrai la tenera primavera, vedrai l'estate e poi nuovamente l'autunno... in un rincorrersi che non ha fine. E' il gioco delle stagioni, un gioco inesauribile. E' il gioco della natura... dovrai solo confidare che ti coinvolga ancora a lungo...




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4 passi sulla pista ciclo-pedonale, in Val di Pejo




Mattutina camminata risalendo la ciclabile della Val di Sole, sul suo tratto finale, quello che dal ponte sul fiume Noce, il Ponte del Mulino di Comasine, raggiunge Cogolo di Pejo, dove la pista ha termine. Una passeggiata di un paio di chilometri, forse meno, da moltiplicare per due, tra andata e ritorno, con in più poche centinaia di metri per alcune brevissime deviazioni su alcuni viottoli di campagna, per esplorare i più prossimi dintorni della ciclopedonale.



Superato il ponte sul Noce (ho parcheggiato l'auto nei suoi pressi) affronto subito una breve salita che “taglia” le gambe (nella sua prima parte, più dolce, la salita coincide con la strada provinciale per Comasine) ma poi, fortunatamente, posso proseguire in totale tranquillità, su di un tracciato appena ondulato che scorre agevole tra vasti prati, ancora rigogliosi nonostante la stagione sia ormai avanzata. Sullo sfondo mi accompagna la vista dell'imponente massiccio del Monte Vioz che chiude la Val di Pejo. Ai suoi piedi, sull'erto versante, scorgo il Colle di San Rocco e, nitidissimo, poco sotto, l'antico abitato di Pejo Paese. Alle mie spalle ho la profonda, verdeggiante incisione della parte iniziale della Val di Pejo e in lontananza creste rocciose e cime azzurrine, una cornice appena sfiorata dal sole del mattino, che emerge dalle scure foreste, ancora in ombra, dell'Alta Val di Sole. Sono i monti che sovrastano il paese di Pellizzano e la conca di Ossana da dove si diparte la Val di Pejo. Alla mia sinistra, in alto sull'erto pendio, si eleva, ben riconoscibile tra la fitta vegetazione, il campanile della chiesetta dei minatori, la chiesetta di Santa Lucia.



Proseguo e subito mi attraggono le rustiche sagome di alcuni masi (Masi di Contra?). Sono vecchie costruzioni che raggiungo rapidamente e che mi soffermo ad osservate sia dalla ciclabile sia da una mulattiera che da essa si diparte permettendomi di accostarmi maggiormente. Sono edifici frutto dell'organizzazione economica del passato, basata quasi esclusivamente su di una agricoltura povera, di pura sussistenza o quasi, un'organizzazione che si è stratificata nei secoli adeguandosi alla durezza dell'ambiente montano. Nel fienile di questi masi si immagazzinava il foraggio raccolto nei prati circostanti e con esso si alimentavano i bovini, temporaneamente alloggiati nella stalla sottostante. A scorte esaurite il bestiame veniva trasferito più a valle in altri masi o direttamente nella stalla del paese. Si potevano così sfruttare anche i pendii a prato più lontani limitando il tempo da dedicare al trasporto del fieno e quindi riducendo il lavoro e la conseguente fatica.
Le mutate condizioni economiche hanno fatto venir meno l'originaria funzione di questi edifici che, oggi, servono tutt'al più come depositi di attrezzi vari o magazzini per antichi utensili o altro. Questi masi sembrano quasi in spasmodica attesa... sembrano aspettare solo un radicale intervento che li consolidi, che li ristrutturi, adibendoli ad eleganti alloggi per turisti... secondo i canoni della nuova fiorente economia.
Solo uno di questi masi appare ancora pienamente utilizzato seguendo gli antichi criteri. All'esterno di questo rustica costruzione, in un prato ben racchiuso da una robusta staccionata, pascolano tranquille alcune capre... “Che ci sia ancora qualcuno che non riesce a distaccarsi mentalmente dal tempo che fu? Qualcuno che, attanagliato dalla nostalgia del tempo passato, ha deciso di impegnarsi a perpetuare le antiche pratiche agricole, magari solo come passatempo?” Pratiche agricole e di allevamento che sembrano perdersi nel tempo, marginali attività, ormai abbandonate da tutti o quasi da tutti... considerate distantissime dall'odierno modo di vivere... trascurate da tutti o quasi da tutti...


Procedendo oltre i rustici masi, costantemente in vista delle cime del gruppo Ortles-Cevedale che si stanno coprendo di spesse nubi, posso distintamente osservare, sul versante opposto, l'abitato di Celledizzo nella sue estesa interezza.
Poco più avanti avanti il bosco inizia a prendere il posto dei prati.
Ora bosco e prato si alternano lungo il percorso regalandomi scorci vivacemente colorati.
Nell'ultimo tratto di pista il bosco si fa sempre più più fitto, i gruppi di latifoglie si fanno più numerosi e i colori dorati delle loro chiome in controluce creano una atmosfera magica fatta di contrasti, di luci intense e di ombre profonde.
Ma ormai sono quasi al termine della mia camminata o almeno della sua prima parte, dell'andata. La pista adesso precipita, quasi all'improvviso, verso il fondovalle. Una ripida, breve, discesa e mi trovo in località Le Plaze alla periferia del paese di Cogolo. Il Paese è ora ben visibile e, volendo, subito raggiungibile al di là del ponte sul Noce. Ma per me è giunta l'ora del ritorno... Rientro calpestando la medesima strada....



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La pista ciclabile della Val di Sole parte da Mostizzolo e sale per 35 Km fino a raggiungere Cogolo di Pejo dove termina (o al contrario da Cogolo discende...). Segue il corso del Fiume Noce ricalcando il tracciato di antiche strade poderali, di collegamento o arginali. Il percorso non è particolarmente impegnativo superando complessivamente un dislivello di soli 560 m.
Nel post descrivo solo l'ultimissimo tratto della ciclabile, tratto che ben si presta ad essere percorso anche a piedi perché sostanzialmente pianeggiante e paesaggisticamente attraente. Il tratto che lo precede è molto più ripido e selvaggio salvo farsi più abbordabile e quindi adatto anche alle passeggiate, più a valle, nei pressi del Forno di Novale e così via oltre il Forno fino a Fucine dove la Val di Pejo sbocca nella Val di Sole.
Ma ora un'ultima considerazione o meglio due domande che spesso mi pongo: “Perché in Val di Sole, con una così stupenda pista ciclabile a disposizione, molti amanti della bicicletta si ostinano a pedalare sulle strade statali e provinciali creando situazioni pericolose per loro e per gli altri? Perché alcuni di loro, sempre più numerosi, invadono non solo le strade bianche o forestali di montagna (il che è ancora comprensibile e accettabile) ma pure gli stretti e strapiombanti sentierini di montagna? Perché?” Io non vedo risposte che possano essere minimamente giustificatorie e ragionevoli...