Le... “chiare, fresche et dolci acque...” ...del Rio Valpiana e del Sas Pisador



Chiare, fresche et dolci acque...”...

...è stato un “tormentone”. Sì, proprio così. Quel ”Chiare, fresche et dolci acque”, verso iniziale di una “Canzone” di Francesco Petrarca, è stato un vero, asfissiante “tormentone”, è stato una martellante reiterazione, una frullante ripetizione che mi ha accompagnato, assillandomi, durante l'intera risalita lungo le sponde del Rio Valpiana e pure più avanti, fin sotto la cascatella del Sas Pisador.

”Chiare, fresche et dolci acque...”...

...reminiscenza di altre giovanili epoche, riemersa al cospetto delle fredde e limpide acque scese in Val Piana dai monti, da Bon, da Cadura e da Venezia, dalle cime ancora in parte innevate del Giner, del Corno di Bon, di Palù, dai Passi dell'Omet, di Scarpacò e del Cagalat, dalla Forcella di Venezia.

”Chiare, fresche et dolci acque...”...

...Sicuramente acque fresche e chiare quelle che sgorgano da quei monti, ma non ovunque dolci, non sempre dolci nel loro calare a valle, non sempre benevole e amabili, non sempre lente, tranquille e delicate nel loro scorrere. Lungo il "Sinter dela lec", dopo avere dolcemente percorso la piatta Val Piana e ormai prossime a riversarsi nel fiume Noce, discendono impetuose, precipitano grintose quasi volessero dimostrare tutta la loro forza, la loro energia, un'energia troppo a lungo repressa. Una vista spettacolare.


”Chiare, fresche et dolci acque
ove le belle membra
pose colei...".... 

...Il "frullare" dei poetici versi del Pertrarca non mi hanno mai abbandonato. Anzi! Con il procedere, con l'avanzare a ritroso, contro corrente sulle le sponde del rio lungo la Val Piana, il “tormentone” si è fatto via via più insistente.  Del resto, il rio, che ora scorreva più placido, più calmo, più “dolce”... il rio che ora serpeggiava mansueto tra pascoli e boschetti... il rio, questo rio tutto "nuovo", non poteva che incentivare il "tormentone", il reiterarsi delle "fresche, chiare et dolci acque" del Canzoniere, ripercuotendosi, inevitabilmente anche sulla mia sempre fervida immaginazione. Al punto che, suggestionato anche dal “locus amoenus”, dalle acque limpide e ammaliato dalla bellezza dei dintorni, iniziai ad avanzare più lentamente, a camminare senza far rumore cercando di non interferire con la quiete che mi avvolgeva, con il silenzio dei prati e del bosco... un silenzio rotto solo dal leggero brusio dello scorrere del rio. Rispetto per l'ambiente il mio? Sì, certamente, ma anche altro. Infatti la mia mente, condizionata dalla Canzone del poeta aveva iniziato a coltivare una segreta speranza. Speravo, non so quanto inconsciamente, di incontrare una “Laura”, una "Laura" simile alla "Laura" del Petrarca. Speravo di intravederla distesa nell'erba, tra i cespugli, nei pressi del torrentello, speravo di poterla ammirarla, estasiato, nello scenario di quel selvatico paesaggio.  Anche per questo mi stavo muovendo con tanta cautela? Sì, probabilmente era soprattutto per questo che stavo procedendo così cautamente.  Mah... La mia cautela si è comunque rivelata del tutto inutile. Ma anche se la cautela è stata inutile e nessuna "Laura" reale è apparsa all'orizzonte, una sua fiabesca l'immagine, un'immagine mai vista ma solo sognata, si è comunque impressa nella mia mente.

“Chiare, fresche et dolci acque...”...

... un vero “tormentone”, un pensiero persistente, invadente ma pure, per certi versi, stuzzicante...

Chiare, fresche et dolci acque...”: un bucolico verso... parole poetiche, incantevoli ma, purtroppo ricorrenti in modo troppo assillante e condizionante, nella mia povera mente... e questo anche ai piedi del suggestivo “Sas Pisador” dove la “Laura“ del Canzoniere (più ninfa boschereccia che donna-angelo) avrebbe potuto trovare, nella mia inventiva, una “sua” ulteriore collocazione giacendo tra i fiori di quell'ambiente selvaggio, dopo essersi bagnata e rinfrescata sotto le fresche e chiare acque che precipitano dai pendii della Valpiana, rimbalzando e schizzando su granitiche pareti rocciose. Avrebbe potuto trovare ma non ha trovato e mai troverà..


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Al "Ponte degli Alpini"



Passeggiata nel territorio di Vermiglio, non brevissima (circa due ore il tempo di una percorrenza ininterrotta), su di un itinerario complessivamente molto agevole, che si snoda ad anello ai margini dell'ampia conca di Velon (ai piedi della strada statale che sale al Passo del Tonale) dove scorre il torrente Vermigliana. Solo nel suo ultimissimo tratto il percorso si insinua in una ripida incisione, l'incavo del rio Presena, superandolo, per l'appunto, con il “Ponte degli alpini”.

La camminata inizia e termina nell'Area picnic raggiungibile in auto seguendo, a scelta, una delle due strade sterrate che nei pressi di Baita Velon si inoltrano l'una nei boschi, sulla destra orografica della valle, l'altra, sulla sinistra, tra i prati coltivati.

Dall'Area picnic si arriva al Ponte degli alpini salendo per una comoda e ampia strada forestale (poco ripida) che nel suo tratto finale immette in uno sentiero decisamente più stretto ma percorribile comunque senza alcun problema. Il tutto sul versante destro della valle, versante interamente rivestito da un suggestivo bosco di larici e abeti rossi, dalla struttura assai variabile, mutevole di tratto in tratto.

Opera minuscola il “Ponte degli alpini”, ma spettacolosa posta com'è a scavalcare le acque che dall'Alpe Presena precipitano tumultuose sul fondovalle. Opera minuscola ma ardimentosa come lo spirito di chi l'ha realizzata...

Difficile lasciarsi alle spalle il “Ponte degli alpini” e l'affascinante spettacolo offerto dal suo attraversamento...

... ma prima o poi, inevitabilmente, si deve rientrare...

Il cammino prosegue su di un sentiero che attraversa un rada e incantevole selva di conifere con il sottobosco interamente coperto da vigorose piante di mirtillo nero. 

Più avanti, dove il panorama si apre sulle pareti verticali della Busazza, si raggiunge  un'ampia radura con i resti di alcune murature a secco risalenti alla grande guerra (stazione di partenza di una teleferica?) che rammentano la vicinanza a quella che fu la linea del fronte. All'altezza della radura si abbandona il sentiero e si imbocca la strada sterrata che, oltrepassato il magro torrente Vermigliana, scende a valle fino a tagliare i pascoli di Malga Pecè.

Poi ancora prato e ancora bosco... da attraversare discendendo sempre sull'ampia strada bianca che, durante la prima guerra mondiale, fu una strada militare, fu la via che portava alla linea di fuoco dei Monticelli sopra il Tonale (mulattiera “Arciduca Eugenio”).

La passeggiata volge al termine: una deviazione sulla destra permette di raggiungere un ponte sul torrente Vermigliana, e immediatamente dopo l'Area picnic dove, parcheggiata all'ombra degli abeti, attende l'automobile.


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Passeggiate in Val di Sole: mappa interattiva





MAPPA interattiva

delle mie passeggiate in Val di Sole.





- Passeggiate facili 
- Passeggiate lunghe e/o ripide
- Passeggiate impegnative


Nei prati di fondovalle a fine primavera



A fine giugno, sul fondovalle, l'erba è stata quasi ovunque falciata. Asciugata ed essiccata al sole è stata raccolta, imballata e trasferita nei fienili delle cascine alla periferia dei paesi. Per il momento, nell'attesa della ricrescita dell'erba, le pianeggianti distese prative si presentano spoglie dopo la loro totale rasatura. Desolate... Solo qua e là, perso nell'uniforme piatta e giallastra monotonia, spunta del foraggio ancora in piedi, appaiono delle porzioni di terreno, più o meno estese, dove l'erba non è stata tagliata. 

Sono prati abbandonati, non più utilizzati o, più frequentemente, appezzamenti “dimenticati”, appezzamenti da falciare al più presto. Sono lotti in attesa... aspettano l'intervento del proprietario, aspettano che qualcuno si decida tosarli, a recidere gli steli delle graminacee stramature e i fusti delle ombrellifere ormai coriacei per ottenerne fieno sfruttabile seppure di non eccelsa qualità.


Tra le erbe alte, brune e secche di questi appezzamenti non ancora falciati si riesce, inaspettatamente, a intravede qualche nota variopinta, qualche fresco stelo fiorifero. Sono fiori nascosti, dimessi, sbocciati da poco, in ritardo... fiori bianchi di trifoglio e di achillea, fiori gialli di lotus corniculatus... e pochi altri ancora. Sporadici scampoli di colore, rimasugli di primavera destinati a scomparire quanto prima.


Niente a che vedere con il lussureggiante aspetto dei prati di fine maggio e d'inizio giugno, prati rigogliosi e verdissimi, fittamente punteggiati da una grande e policroma varietà di fiori. Prati che ora posso rivedere solo sul monitor del mio computer, scorrendo le fotografie scattate tre settimane fa nella zona della Poia di Vermiglio e del Fil o Spiaz dei Spini che dir si voglia.


Sono fotografie di un habitat arricchito dalla pioggia caduta nella notte, scattate sotto un sole incerto, nella leggera brezza del mattino che anima, agitandoli, fiori ed erbe rigogliose. Erbe verdissime, immortalate fotograficamente con la gamma estesa dei pigmenti verdi dei dipinti, dal verde morbido e tenue del pastello e dell'acquarello al verde deciso e brillante della pittura ad olio...


E nel mare verde... le tinte chiassose dei fiori, i rossi dei trifogli e dei gerani, i gialli dei ranuncoli, i viola della salvia, e delle campanule, i bianchi delle margherite... e le forme stravaganti delle ombrellifere, dell'erba del cucco e degli inquietanti scheletri dei fiori del dente di leone privi petali e di semi...


Immagini di un microcosmo ricco e vario, intriso d'acqua nel sole di una primavera al massimo del suo fulgore. Un inno alla biodiversità, ma soprattutto un inno alla bellezza... Un omaggio fotografico alla bellezza del paesaggio, alle verdi distese d'erba mosse dal vento, ai cento colori che le punteggiano, un omaggio alla bellezza dei dettagli, un omaggio agli astratti grovigli di steli e di foglie, alle fogge e alle tinta dei fiori, agli insetti brulicanti nell'erba bagnata, alle gocce d'acqua luccicanti...


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