Ritorno alla Malga del Doss

 

Non vedevo la malga del Doss da parecchio tempo. L’ultima volta fu due anni fa quando, in compagnia dell’amico di sempre, la costeggiai diretto al Lago di Barco. Era settembre, come adesso e, fatto inconsueto, il pascolo della malga era tutto bianco per il nevischio sceso nella notte. Allora, come ora, come per questo mio “ritorno”, raggiunsi o meglio raggiungemmo, la malga a piedi senza beneficiare della (eventuale) possibilità di utilizzare (lecitamente) l’auto sulla strada chiusa al traffico veicolare come purtroppo moltissimi (quasi esclusivamente residenti in loco) sistematicamente fanno. Va comunque precisato che per quanto riguarda l’escursione di alcuni giorni fa il percorso a piedi è stato accorciato di un bel tratto, infatti, in considerazione della non più giovane età, mia e dei miei due compagni, la salita alla malga del Doss è iniziata da Val Piana (a S. Antonio dove abbiamo lasciato la macchina) e non dal paese di Ossana sul fondovalle.




Diversamente da tante altre passate escursioni alla malga del Doss (e oltre) ho seguito per intero la strada forestale evitando le scorciatoie che mi, o meglio ci, avrebbero condotto più rapidamente alla meta. Quindi percorso comodo ma lungo e per di più costellato da molte pause e da infinite “chiacchiere”… Un’intera mattinata per arrivare alla Val dei Bui e poco più avanti ai “grasi” della Malga... Una mattinata quindi per nulla affaticante, diversa, trascorsa in piacevolissima compagnia.




Delle scorciatoie (in gran parte coincidenti con la vecchia mulattiera per la malga) ci siamo giovati solo al ritorno deviando, all’altezza de Volton, sulla stradina che porta alla Malga di Val Piana (allungando pertanto il nostro percorso di rientro)… Il tutto scendendo sempre lentamente, con la grande tranquillità e perdendoci nuovamente in lunghe chiacchierate.




Ma prima del flemmatico rientro non è mancata la perlustrazione del Doss, della Malga e dei suoi dintorni. Un sito, quello del Doss, per molti aspetti “trasfigurato”, molto diverso da come si presentava alcuni anni fa. Così almeno è apparso agli occhi di uno dei miei amici che ancora non aveva avuto modo di osservare gli antichi edifici della malga rinnovati, riqualificati... completamente cambiati.




Al contrario delle dense formazioni di conifere che circondano il pascolo che non sono mutate, che sono sempre più o meno le stesse, gli edifici della Malga hanno cambiato fisionomia, hanno ora un ben diverso aspetto... In verità per quanto riguarda lo stallone non si notano grandi differenze, sono stati rinnovati gli infissi, rifatto in lamiera (scelta decisamente brutta anche se risparmiosa nella realizzazione) il vecchio e cadente rivestimento in scandole del tetto, ma gli interni non sono stati modificati e nulla è stato alterato dell’architettura preesistente. Al contrario la casa dei pastori, la casera, è stata completamente ristrutturata, “tirata a lucido”, senza però modificarne la sagoma complessiva, l’originaria vecchia struttura muraria portante.




Una parte dell’edificio è chiusa (il “bait del lat”) e non è visitabile perché è destinata esclusivamente a chi in futuro dovesse gestire la malga (un improbabile irreperibile malgaro)… Una seconda porzione è aperta a tutti a mo’ di bivacco, un bivacco per certi versi anomalo... grande, dislocato su due piani, modernissimo, dove non manca nulla, dai servizi igienici ai fornelli a gas e a legna, dall’elettricità, all’acqua corrente… …




Più che un tradizionale bivacco questa parte dell’edificio si può ritenere un punto di sosta, di riposo e di ristoro per l’escursionista diretto al Lago di Barco, per il fungaiolo stanco di girovagare nel bosco, per il cacciatore al ritorno dalla Colem del Doss. Si può anche considerare come meta finale (come nel nostro caso?) di qualche più o meno anzianotto escursionista o, più probabilmente, del turista o del valligiano in cerca di siti ben attrezzati per il picnic di fine settimana o di una allegra compagnia di festaioli notturni, ma non solo…




Ma anche meta ambita dagli astrofili o almeno da chi, più o meno romanticamente, ama osservare, individuare e magari fotografare le stelle visto che il cielo visibile dal Doss è stato ufficialmente riconosciuto come uno dei più bei cieli d'Italia… per non dire da chi ama ammirare, scoprendone nome e altitudine, tutte le cime visibili dalla malga (Redival, Boai, Taviela, Cadini, Peio, Vioz, Cevedale, Venezia, Cadinel, Vegaia… e chi più ne ha più ne metta...) usufruendo del balcone osservatorio recentemente realizzato da un piccolo gruppo di bravissimi volontari locali.




Concludendo: al Doss vista aperta sulla Val di Peio sui suoi paesi e sui suoi monti, vista altrettanto ampia, nitida e buia sul cielo notturno, e, sempre al Doss, una malga-bivacco confortevole, ben ristrutturata, con ambienti ben arredati, completi di tutto, curati nei minimi particolari (clicca per le foto degli interni), tali da lasciare il mio amico che li vede per la prima volta e che li ricorda ben diversi, del tutto esterrefatto…
Il mio amico è stupito e io? Il mio apprezzamento per quanto è stato realizzato si aggiunge a quello del mio amico o meglio di ambedue i miei amici. Una positiva valutazione la mia che avevo già espresso in altre occasioni, anche su questo blog… ... Ma, ma c’è un però.




Anche questa volta il mio apprezzamento si è dovuto confrontare con l’ondata dei ricordi che mi sommerge durante le escursioni, con i ricordi del tempo che fu, dei tempi molto lontani in cui la Malga del Doss non era un'attrattiva per il turista ma fungeva da vera malga, veniva monticata, ospitava i pastori e solo di tanto in tanto, quando il bestiame era sceso a valle, accoglieva qualche cacciatore o qualche raro visitatore, per lo più locale... Talvolta ospitò pure me per una giornata intera o per una serata e una nottata in spensierata compagnia. Nostalgiche reminiscenze di cui ho già detto in un altro post, rimembranze di un mondo che non esiste più, malinconiche soggettive considerazioni di raffronto con il ben diverso contesto odierno... Il tutto già pubblicato ma che mi sento comunque di recuperare, di riscrivere e presentare nuovamente...


La Malga del Doss nei miei ricordi

Bella la “nuova malga”, molto bella... si è pensato proprio a tutto, non manca nulla... non manca l'acqua, non manca la luce elettrica, il gas, il calore della cucina a legna, ci sono pentole e stoviglie, detersivi e scope, all'esterno c'è pure la tettoia per il barbecue e il paiolo della polenta e finalmente ci sono i servizi igienici, moderni e puliti ... tutto molto comodo e funzionale, veramente tutto molto bello... Ma... ma arrivato quassù, ispezionati gli ambiente tirati a nuovo, dopo alcuni Oh! Oh! di meraviglia, dopo esserti mentalmente complimentato con chi ha provveduto a questo ottimo lavoro di ristrutturazione... dopo.. ma solo dopo... riemergono i ricordi e ti accorgi che qui manca qualcosa... ma cosa? Cosa manca? 

Manca qualcosa che nella nuova, lucida malga non esiste, qualcosa che si è perso per sempre... ma certo... sicuro... è la “poesia” che manca... è la “poesia”, l’atmosfera dei tempi andati che non potrai più riavere... E' il fascino della notte trascorsa nella malga antica, vegliando con gli amici attorno al fuoco scoppiettante sul primitivo focolare di grosse, rozze pietre. E' l'odore acre del fumo che ti avvolge... mentre la cena sfrigola sulle braci... E' la suggestione della notte insonne trascorsa sulla zaga, il rustico tavolaccio di legno... E' l'incanto della notte al lume di candela, della notte trascorsa al buio, alla flebile luce della luna che penetra debole tra le inferiate della piccola finestrella a rischiarare appena appena le antiche pareti annerite dalla fuliggine. Sono le stelle cadenti d'agosto sopra le cime innevate attese sulla soglia della casera nell'oscurità totale... Certo... ormai si è perso per sempre il profumo antico impregnato nei muri scrostati, si è persa l'atmosfera, la rustica atmosfera dei tempi andati. Senti che tutto questo ti manca veramente e pensi che quassù, nella nuova, moderna e accogliente malga Doss, non sarà più possibile rivivere quelle suggestive sensazioni, quelle magiche emozioni del tempo passato…



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Val Piana a fine estate

 

Ho raggiunto la Val Piana partendo dal Taiadon alla periferia di Ossana. Da lì vi sono salito percorrendo il sinter de la lec”, un tracciato particolarmente suggestivo che, nel suo tratto iniziale, costeggia una vecchia canaletta di irrigazione per poi proseguire a fianco dell'impetuoso torrente che precipita a valle. 



Mi ci sono recato all’inizio di settembre, quando, al termine dell’affollato periodo ferragostano, la presenza dei vacanzieri è decisamente più contenuta, quando la confusione estiva non impatta più di tanto sull’immobile tranquillità della distesa dei suoi pascoli e dei suoi boschi... quando non disturba, ma anima con discrezione l’ambiente favorendo pure dei simpatici incontri.



Una vera isola di pace e di serenità: questa è la Val Piana a fine estate… tutta verde e ancora ben assolata, bella più che mai.
Un paesaggio antico, sostanzialmente integro, ben conservato, prati e macchie boscose, acque libere e limpide, impervi pendii rivestiti di conifere, un fondale di rupi e di cime rocciose baciate dal sole e dalla neve... Un panorama ameno, quieto, rilassante... rasserenante.
Una minuscola valle alpina a cui mi legano tanti giovanili ricordi… 



Avanzo procedendo lentamente sul fondovalle ancora immerso nell’ombra densa del mattino. Seguo per un breve tratto il corso pianeggiante del torrente evitando, per quanto possibile, di calpestare la stradina asfaltata. Sono assorto, ammaliato dalla vista del Corno di Bon rischiarato dal primo sole. L'incanto viene scombussolato dall'mprovvisa comparsa di una mandria di mucche in rapida calata dalla malga.
Più tardi, quando il sole, emerso a fatica dalla sommità boscosa della Piramide, inizia ad inondare di luce il pianoro, abbandono il percorso canonico e penetro, sulla sinistra, nell’unico prato umido, leggermente paludoso, della Val Piana.



Sono irresistibilmente attratto dal giocoso scontro tra la nuova luminosità e l'ombra  profonda che ancora avvolge parte del pianoro. Sono affascinato dai bagliori provenienti della fradicia vegetazione palustre inizialmente solo sfiorata e poi decisamente inondata dai raggi solari che stanno conquistando la zona... distese erbacee sfavillanti sul fondale boscoso ancora buio, balenii improvvisi nella brezza mattutina emergenti dalle ampie ragnatele tese tra alti cardi rinsecchiti, coriacee piante palustri grondanti di rugiada, scintillanti al primo sole, un  paesaggio a tratti dissimulato da densi vapori ben localizzati e da più estese lievi foschie... Una continua scoperta: rari fiori di palude, ragnatele asperse di rugiada distese ovunque, enormi ragni racchiusi in gusci d'acqua e ancora intorpiditi dal gelo della notte…



Abbandono la zona paludosa, ma solo quando il sole è già molto alto. Il tempo è volato mentre percorrevo in lungo ed in largo il vasto prato umido… Si è fatto tardi ma decido comunque di raggiungere la malga di Val Piana ripromettendomi di evitare ulteriori distrazioni. Mi limito quindi ad ammirare il paesaggio e a scattare qualche settembrina panoramica.



E così sarà anche durante la veloce discesa dalla malga e il ritorno ad Ossana sempre su sinter de lalec… E, ritornando sui miei passi, avrò modo di riflettere su questa mia brevissima escursione, di meditare un attimino su quanto visto e vissuto...



Ho trascorso una bella mattinata, sono soddisfatto.
Ho rivisto la Val Piana, una località, ancora sostanzialmente intatta, che conserva quasi integre le sue antiche caratteristiche ambientali, al contrario di molti altri siti, più o meno prossimi, dove la fisionomia originaria è stato ampiamente modificata, snaturata... rincorrendo le sirene di un turismo poco sostenibile.
Mi resta solo da sperare che questa stupenda piccola valle si conservi sempre così, intatta... mantenendo lo splendore della sua attuale sembianza.


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