L'incanto del bosco autunnale

 

Fine ottobre. Il verde uniforme dell’estate ha lasciato il posto ad una grande varietà di tinte accese, le tinte dell’autunno che tanto amo. I versanti della valle si sono chiazzati di colori caldi, l’ambrato dei larici, il rosso delle chiome dei ciliegi selvatici, il giallo, l’arancione e il bruno dei pioppi tremuli, dei noccioli, degli aceri, delle betulle, degli ontani… nel verde persistente degli abeti. E’ questo l’ultimo fremito vitale della bella stagione che, prima di spegnersi definitivamente, dipinge a nuovo alberi e cespugli. Ovunque.

Ovunque nei boschi le foglie si sono intensamente ridipinte, ma, qua e là, qualche foglia ha iniziato a scurire e ad accartocciarsi, ha iniziato a staccarsi disperdendosi su di un terreno sempre più umido e sempre più freddo. Nelle foglie che cadono, che volano via, alberga l’ultimo respiro dell’estate, ognuna di quelle foglie evoca il ricordo delle giornate passate, delle lunghe, calde giornate estive… in ognuna c’è un pizzico di nostalgia, anche della mia nostalgia.




La natura si ritira, lentamente si prepara al gelo e alla neve dell’inverno. Lo fa addobbandosi a festa, indossando abiti policromi, quasi volesse allontanare i pensiero del grigiore che l’attende, quasi volesse allontanare la tristezza dei tempi bui che sono alle porte.
Paesaggio vivace, ridente e allegro quello di fine ottobre... Allegro? No, solo apparentemente allegro. Nella colorata atmosfera della valle già spira un malinconico venticello... E’ il venticello della malinconia, della sottile malinconia che si accompagna all’autunno, malinconia che può cogliere molti umani, che spesso prende anche me…




Ma basta poco per risollevarsi. Se si trova la voglia di avventurarsi nei dintorni del paese, di camminare lungo le stradine e i sentieri che costeggiano o tagliano il bosco, di calpestare il letto sontuoso di foglie cadute, lamine fruscianti e croccanti, si verrà distolti dal triste rimuginare. La vista della splendida tavolozza ottobrina riuscirà a dissolvere la dolciastra mestizia che, con l’avvicinarsi della brutta stagione, avviluppa la mente e rinserra il cuore.
Ed è così che, passeggiando nel bosco, immersi nel profumo di terra bagnata e appena sfiorati dai raggi radenti del sole che, filtrando tra le chiome degli abeti, accendono isole di magica luce, è così che anche le più cupe meditazioni svaniranno, si perderanno nel nulla. Magia di un bosco davvero prodigioso nel suo abito autunnale.

Sì, perché il bosco in autunno è particolarmente coinvolgente… Basta, nell'attraversarlo, guardarsi attorno con interesse e attenzione.

Le felci morte e grondanti di pioggia risplendono in controluce.

Piccole gocce di rugiada luccicano sulle ragnatele distese tra steli e rametti ormai nudi mentre sui noccioli campeggiano le ultime rossicce e isolate foglie.

Vibrano i colori umidi e intensi della lettiera sparsa tra le erbe ancora verdi e negli angoli più freddi scintillano i primi minuscoli cristalli di brina.

Il ruscello scende lento nell’ombra tra ontani e noccioli. Scorre borbottando nel silenzio dell’oscuro cespuglieto trascinando le foglie cadute, illuminandole di luce riflessa, la luce che il sole gli nega…




Dal tappeto di foglie fradice e di aghi di conifera emergono gli ultimi funghi. Spuntano anche tra i muschi, sulle ceppaie marcescenti, sui tronchi e sui rami abbattuti dal vento. Sono un ultimo colorati segno di vita, un sussulto finale del bosco avviato verso il sonno invernale.
Ma ai bordi del prato, al limitare della selva, ai piedi del grande nocciolo, tra le foglie sparse, in un cantuccio ben esposto e ben protetto dai venti, fa capolino, del tutto fuori stagione, la grande corolla di una campanula… fresca, appena spuntata. Una vera sorpresa a fine ottobre... Un fatto insolito che forse madre natura ha di proposito preordinato per contribuire ad attenuare ulteriormente la sconforto che l’autunno può portare con sé…. per dare speranza, rammentando che, dopo la pausa invernale, proprio qui spunteranno molti altri fiori simili alla solitaria campanula ottobrina. Un anticipo beneaugurante di quello che certamente accadrà a primavera, un minuscolo anticipo del ritorno alla vita..


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Autunno sul “Percorso Botanico” nel Parco dello Stelvio

 

Coinvolgente questo breve itinerario tematico predisposto dagli operatori del Parco dello Stelvio. Si affianca ai molti altri percorsi presenti nel Parco sia nella zona di Pejo che in quella di Rabbi. Un insieme di tragitti interessanti, ben ideati e ben costruiti che vale la pena percorrere... a poco a poco. 



Quello dei percorsi tematici è il Parco che mi piace… è il "Parco Sì”… ben diverso dal “Parco No” che comprende quella porzione del Parco esageratamente antropizzata, compromessa da impianti e fitte piste da sci che non si addicono di sicuro ad in un territorio ambientalmente protetto. Si tratta della ski area di Pejo, una superficie di modesta estensione se considerata in rapporto all’intera zona trentina del parco, ma che, salendo in quota fino a 3000 m, interrompe la continuità ambientale di un territorio di enorme valore naturalistico, con inevitabili conseguenze sull’equilibrio degli ecosistemi montani, ecosistemi che il Parco dovrebbe istituzionalmente salvaguardare. Contraddittorietà di una gestione senza dubbio complicata che deve confrontarsi con sollecitazioni diverse, molte delle quali, nella protezione e conservazione della natura, vedono solo un ostacolo ai loro interessi economici immediati.



Il Percorso.
Il percorso botanico (da me scoperto pochi anni fa e descritto nel post "Primavera sul Percorso Botanico, post che qui riprendo con l’aggiunta di qualche nuova considerazione) è un tracciato ad anello che, aprendosi e chiudendosi nei pressi della chiesetta di Pegaia di Cogolo (all'inizio della strada che porta a Malgamare), si sviluppa sul versante sottostante l'antico abitato di Pejo Paese. E' una facile e relativamente breve passeggiata che attraversa una grande varietà di macchie boschive differenti sia per composizione che per struttura. Formazioni pure e miste di conifere e di latifoglie.. macchie coetanee e disetanee, radure, antichi campi e prati abbandonati colonizzati da piante pioniere... zone umide... Vi si incontrano e si ammirano quasi tutte le specie arboree ed arbustive presenti in Alta Val di Sole.... l'abete rosso, il larice, l’acero di monte, il sambuco nero, il sambuco rosso, il nocciolo, il salicone, il larice, l’abete rosso, il biancospino, la betulla, l’ontano bianco, il pioppo tremolo, il ciliegio, il frassino, il lampone, il sorbo degli uccellatori, il sorbo montano, la robinia, la rosa rubrifolia, la rosa dumalis, il crespino, il prugnolo, muschi e licheni presenti sui tronchi e sui rami. Essenze tutte segnalate con piccole tabelle ben integrate nell'ambiente circostante che ne consentono il riconoscimento.



Un bel percorso, una comoda e stimolante passeggiata che mi sento di consigliare
a tutti, anche ai più piccoli. Un percorso bello anche durante la stagione autunnale, sicuramente la meno adatta, per molti aspetti, all’identificazione di molte essenze forestali ma che può invece dimostrarsi alquanto propizia per l’avvistamento di qualche esemplare della fauna selvatica locale, in particolare di qualche cervo che popola numeroso la zona.


Questo l'elenco (spero completo) dei percorsi tematici presenti nella zona trentina del Parco dello Stelvio.

Nella Valle di Pejo: Percorso di Còvel, Percorso della fauna, Lago Pian Palù e Carbonaie, Percorso dei larici di Cavaion, Percorso dei ghiacciai, Percorso dei Picchi, Percorso dei cembri, Percorso della Grande Guerra, Sentiero dei Todeschi e Val Cadini. Nella Valle di Rabbi: Scalinata dei larici monumentali, Percorso della fauna, Percorso delle Segherie, Percorso del latte e dei masi, Percorso geologico, Percorso dei picchi, Percorso in malga con gusto, Percorso dei laghi Sternai, Percorso Val Maleda a Campisil, Passeggiata a Malga Fratte Bassa.


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Nei paraggi di Malga Giumela quando il cervo bramisce

 

Il periodo più suggestivo per una escursione nel Parco Nazionale dello Stelvio cade sicuramente tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre quando i cervi sono “in amore”. Nei boschi e sugli alti pascoli della Val di Pejo e e della val di Rabbi si susseguono i vigorosi i bramiti dei maschi dominanti intenti imporre la loro supremazia controllando e proteggendo dalle avance dei rivali, le femmine raccolte in un loro esclusivo harem.

La maestosità del cervo maschio non sta solo nel suo incedere regale ma sta soprattutto nella potenza del suo bramito che si diffonde a grande distanza, da un versante all'altro delle valli e che rappresenta, per il visitatore appassionato, uno dei momenti più suggestivi offerti dalla natura di questi territori.

Fin troppo emozionante, impressionante, quasi traumatico trovarsi a poche decine di metri prima dell'alba, in una notte buia, senza luna, a poche decine di metri da uno o più possenti cervi maschi del tutto invisibili e in frenetica attività competitiva a suon di possenti bramiti... inevitabile una certa inquietudine, per non dire un vago senso di angoscia, di timore... un piccolo brivido di paura...


Ma queste, per quel che mi riguarda, sono storie d'altri tempi quando la presenza del cervo nel Parco aveva raggiunto, in mancanza di predatori, una elevatissima densità, una densità eccessiva, tale da compromettere la normale crescita del bosco, la riproduzione delle essenze forestali, i raccolti delle campagne coltivate e soprattutto il benessere, la salute, il normale sviluppo della stessa popolazione di cervi e degli altri ungulati del Parco. A quei tempi si riteneva ormai quasi inevitabile un intervento drastico di prelievo anche venatorio... intervento poco consono in un parco e comunque, seppure necessario, del tutto sgradevole... Poi la grande nevicata del 2008-2009 ha risolto il problema. La natura stessa ha provveduto a ristabilire il giusto equilibrio eliminando la maggior parte dei cervi senza alcun artificioso intervento umano.





Oggi la presenza del cervo è in costante aumento pur essendo ancora ben lontana da quella di alcuni anni fa. Se è facile, relativamente facile soprattutto in questo periodo, riuscire ad osservare dei cervi in amore ed udirne il bramito non lo è altrettanto l’assistere alle spettacolari esibizioni che, in altri tempi, coinvolgevano un grande numero di esemplari, con inseguimenti ripetuti e scontri non solo vocali. Ed è per questo che nei giorni passati (a fine settembre) ho dovuto accontentarmi di osservare e fotografare da molto lontano (le foto postate sono in gran parte dei “ritagli” ingranditi e sono conseguentemente di modesta qualità) i pochissimi esemplari che si aggiravano suli bassi versanti della "Val dei Orsi"  sovrastanti il Prà di Palù a poca distanza da malga Giumela (posta sopra il lago artificiale di “Palù” in fondo alla val di Peio). A sera inoltrata quando, dopo il riposo pomeridiano solitamente riprende l'attività di questi ungulati, sui pendii della Val dei Orsi sono apparsi solo due maschi intenti a contendersi solo due, tre femmine…. Marcatura del territorio e frequenti bramiti nel silenzio della sera, bramiti senza alcuna risposta... vuoto totale.... Poi il buio e l'impossibilità di osservare e di continare a fotografare già prima difficoltose nelle scure ombre della sera e del crepuscolo incombente.



Come mai una così esigua presenza di cervi in amore, in una zona che un tempo non lontanissimo, tra settembre e ottobre, era fin troppo affollata? Me lo sono chiesto ripetutamente e, seppure sia quasi impossibile dare una risposta sicura, penso che la causa sia da ricercare nel disturbo dovuto ad un escursionismo talvolta troppo rumoroso ed invadente oltreché alle continue incursioni, del tutto fuori luogo, dei baikers, ma soprattutto al disturbo costantemente arrecato delle mucche che da qualche anno vengono nuovamente monticate a malga Giumela e a quello causato dai rumorosi lavori di sgombero delle conifere abbattute dalla tempesta Vaia.
Forse è giunta l'ora di esplorare località diverse, mai battute, dove forse sarà possibile incontrare una maggiore concentrazione di questi maestosi animali ed assistere a qualche eccezionale esibizione magari paragonabile a quelle di un tempo...


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Prima neve sui monti della valle

 


Alla fine di settembre, con il sopraggiungere dell’autunno, i monti della valle hanno mutato aspetto: la neve li ha tinteggiati di bianco. Ha imbiancato per bene le cime, ma, qua e là è caduta anche più in basso coprendo le praterie e boschi posti tra i paesi più in quota e la loro alpe. Mentre lassù nevicava, sul fondovalle e sui pendii più bassi scendeva invece una pioggia abbondante che irrorava il verde ancora uniforme dell’estate, un verde appena appena venato dai primi spruzzi di tinte autunnali.




Quella prima neve, la neve di settembre è durata poco, è scomparsa quasi subito, all’inizio di ottobre, squagliata dal sole, ma soprattutto dagli acquazzoni d’inizio di ottobre, dissolta dall’acqua battente che, caduta ovunque, anche in quota, sui monti più alti, è poi rotolata impetuosa dagli erti pendii gonfiando a dismisura torrenti e rii e provocando grossi guai in parecchi tratti della valle.




Alcuni giorni dopo la neve è però ricomparsa, più volte, rivestendo nuovamente le montagne ad altitudini sempre più basse, fino a raggiungere e imbiancare, anche se solo per poche ore, i paesi più elevati. 
Si era ormai più in là della metà di ottobre, l’aria era più frizzante, il silenzio totale dopo la babele estiva... Il verde dei pendii boscosi e delle macchie cespugliose sul fondovalle, lungo il torrente, iniziava a cedere il posto ad una nuova varietà di tinte, alle tinte accese dell’autunno, tinte rimaste finora quasi del tutto sconosciute.




L’intera valle (non solo la Valeta, la val di Peio) si stava ridipingendo, incominciava a rivestirsi di colori più caldi e decisi. Le latifoglie si coloravano di giallo, di arancione e di rosso mente il tenero verde dei larici accennava a virare verso il bruno, verso il colore ramato d’inizio novembre. Solo i prati mantenevano il loro verde lussureggiante così gradito al bestiame che tranquillamente vi pascolava...




Il sole basso di ottobre con i suoi raggi radenti allungava le ombre, scolpiva i profili, evidenziava i villaggi, le chiesette e i masi sparsi, sottolineava, nel cielo color cobalto, le sagome dei monti bianchissime di neve. La neve splendeva bellissima sulle cime dei monti, sulle alte praterie, sui boschi più elevati…Sì, neve bellissima, stupenda, se vista da lontano, lassù in alto a dominare l’ormai diffusa policromia della vallata sottostante… Neve forse meno bella, sicuramente meno desiderabile, quando scenderà quaggiù, quando arriverà più in basso, quando coprirà il fondovalle imbiancando e nascondendo ogni cosa... quando sarà accompagnata da un sole avaro, dal freddo, dall’oscurità subito dopo un tramonto troppo precoce...


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