Annuncio d'autunno


L'autunno è ormai alle porte... Di primo mattino le nubi sfiorano il fondovalle per alzarsi lentamente con il sorgere del sole. Poi pian piano si diradano fino a dissolversi quasi del tutto durante le ore più calde.


Sui pascoli della Val Piana, poco a monte del paese di Ossana, tutto è silenzio. L'estate con il confuso e assordante viavai di turisti è solo un ricordo. Non si odono  nemmeno i campanacci delle mucche al pascolo perché la malga con l'annesso agriturismo è ormai chiusa da parecchi giorni. Dal fitto del bosco giunge però, di tanto in tanto, il fastidioso stridore di una motosega: è il lavoro del previdente valligiano che taglia e accumula legna da bruciare nella stufa a olle durante i prossimi mesi freddi.


I prati, fradici di rugiada, sono ancora verdissimi ma tra le basse erbe che le bovine hanno brucato a fondo durante tutta l'estate, emergono, qua e là, gli alti scheletri rinsecchiti dei cardi infestanti e le chiazze di felci e ortiche appassite e infreddolite. Gli ontani e le betulle che delimitano il pascolo conservano ancora le loro densa chioma ma le foglie indurite dal fresco della notte iniziano ad accartocciarsi, a raggrinzirsi opacizzando la loro brillante colorazione.


La valle è avvolta dalle nubi basse... Tra boschi e prati solo umide ombre... Ambiente freddo, mesto, malinconico... atmosfera autunnale, atmosfera quasi d'autunno avanzato. Cielo coperto... sole basso che ancora deve emergere dal versante roccioso dei “Crozidei Meoti”. Paesaggio piatto per l'assenza dei caldi, luminosi raggi che esaltano forme, contorni e colori. Sfondo assente immerso nelle nuvole.


Poi, a poco a poco la nebbia si scioglie, le nubi si rarefanno, si scompongono e si ricompongono mosse da un alito di vento e finalmente si dissolvono, si aprono e lasciano emergere la cima del “Corno di Bon” nel cielo sereno.


La Val Piana riprende il suo abituale aspetto con l'incantevole sfondo dei monti di “Caldura” e del“Giner” illuminati dal sole... sole che inizia a spuntare dal ripido versante riscaldando boschi e pascoli con i suoi raggi ancora tiepidi, ancora estivi... e una trasparente nebbiolina si alza dai prati, un inconsistente vapore aleggia sulle erbe brillanti, bagnate di rugiada... No, non è ancora autunno... 




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Sulle alte praterie della Val del Monte...

...nel Parco Nazionale dello Stelvio



Mentre in un vicino sito, sempre nel bel Parco, settore trentino, si iniziano i lavori per innalzare gli impianti di innevamento artificiale delle piste da sci fino a quota 3000, scavando e interrando cavi e tubature varie (così riferiscono in pompa magna i TG regionali) per il diletto degli amanti del luna park dello sci da discesa ma soprattutto per la gioia di impiantisti con annessi e connessi... qui in Val del Monte regna una pace assoluta. Sono lontanissimi i tempi in cui nella zona si lavorava alacremente per la costruzione della diga del Palù. Attualmente il lago artificiale così creato è una importante fonte rinnovabile di energia pulita e tutto sommato contribuisce anche ad arricchire, ad ammorbidire, con le sue limpide acque, un paesaggio alpestre fin troppo aspro.
Ora, all'inizio di settembre, a monte del lago, sul versante sinistro della Val del Monte tutto è silenzio...


...dai pascoli più bassi giunge solo lo scampanellio dei bovini ormai prossimi ad abbandonare le malghe per rientrare nelle loro stalle di fondovalle. Rari gli incontri non solo con gli escursionisti più ardimentosi ma anche con i semplici gitanti, quelli che si accontentano di raggiungere le sponde del lago per consumare uno spuntino in compagnia e godere dell'aria fine e del bel panorama. Sì, settembre è ormai proprio arrivato...




...e l'autunno è ormai alla porta... Presto la neve potrebbe imbiancare le cime del Parco e il freddo della notte iniziare a riscaldare i colori del bosco... E presto risuonerà il bramito del cervo in amore... molto presto...
E' giunto quindi anche quest'anno il momento di salire sui versanti alti delle Mandriole per osservare i branchi di cervi che solitamente pascolano lassù, oltre il limite della vegetazione arborea.





Vorrei raggiungere le estese, alte praterie del monte prima che il sole le illumini ma ho calcolato male i tempi di percorrenza. Mi sono illuso e non ho considerato che gli anni passano e che oggi il mio passo, i miei tempi di salita non sono più quelli di ieri...



Il sole è ormai troppo alto quando emergo dal bosco muovendomi con circospezione tra gli ultimi radi larici. Troppa luce e forse anche troppo rumore... i cervi già mi hanno individuato. Basta un luccichi, un riflesso, un brusco movimento, lo scricchiolio di un rametto spezzato, un alito di vento nella direzione sbagliata, per allarmare questi timidi animali che subito iniziano più o meno velocemente a dirigersi verso le boscaglie più fitte e impenetrabili.







Posso solo assistere con una certa emozione alla fuga del minuscolo branco, alcune femmine con due piccoli dell'anno...




Ora non mi resta che attendere cercando di mimetizzarmi tra le alte erbe e i bassi cespugli... ma ormai il sole è troppo alto... Solo nel periodo degli amori aumentano le probabilità di riuscire ad osservare questi animali in pieno giorno. Ma mancano ancora molti giorni prima che il maschio, lasciato i suo remoto rifugio si avvicini alle femmine riunendole per dar vita ad un intoccabile harem.






Aspetto e mi godo la vista di un gheppio che dal fondovalle sale lentamente, con ampie volute, sullo sfondo della piccola Val Pudria, gioiello del versante opposto.  Sale fino a volare sulla mia verticale per scomparire poi lateralmente tra le cime dei larici.






Nel frattempo è comparso un secondo gruppetto di cervi. E' più lontano, più in alto e già mi ha individuato, distratto e intento com'ero a seguire l'ascesa del gheppio... ma stranamente gli ungulati non sembrano particolarmente allarmati.





Sono femmine e giovani maschi (fusoni) che spesso si aggregano ai branchi femminili. Pascolano ancora per qualche minuto poi all'improvviso discendono, tagliando obliquamente il versante per nascondersi infine nel lariceto sottostante.






So che ormai è inutilr trattenersi oltre ma siccome “non si sa mai” non mi rassegno e pur annoiandomi aspetto ancora, contando i minuti... Attesa vana...






Poi una nocciolaia si posa sui rami rinsecchiti di un vicino larice. Solo pochi istanti... mi individua e vola via. Visione di un solo attimo ma comunque emozionante.






Discendo a valle e strada facendo mi intrattengo con l'anziano malgaro che mi aggiorna sulle località popolate dagli stambecchi. Troppo lontane per i miei stanchi mezzi ma forse, chissà... Poi incontro gli ultimissimi visitatori del Parco che salgono verso il lago...






...Salve!... Buongiorno! Ma la mia mente sta fantasticando ed è già concentrata sulla prossima salita che, con un po' di fortuna e se le condizioni del tempo saranno favorevoli, mi potrà sicuramente regalare uno spettacolo indimenticabile, lo spettacolo dei cervi in amore.



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Andar per funghi...

  ...nei boschi dell'abate Bresadola.






Fine agosto, inizio settembre. Finalmente nei dintorni del paese è comparsa una discreta varietà di funghi dopo settimane e settimane di quasi totale assenza. Finora imbattersi in un porcino era quasi un accadimento eccezionale, di cui valligiani e turisti “dicevano” a lungo...





Si trovavano quasi esclusivamente “finferli” (Cantharellus Cibarius - gallinaccio) e anche in buona quantità, come negli anni passati. Ora non più... ora non solo "finferli"... Il bosco ora ha iniziato a donare anche altri "frutti" seppure ancora con una certa parsimonia.



Ma, nel complesso, stagione questa avara di funghi nonostante che, a detta di tutti, le condizioni meteorologiche siano state piuttosto favorevoli. Pioggia e sole non sono mancati... Quale allora la causa? C'è chi parla di cambiamenti climatici, di un inverno senza neve per lunghi periodi e conseguentemente di terreno gelato in profondità... ma probabilmente i motivi sono ben altri, molto più articolati, vari  e complessi... motivi che solo il nostro conterraneo, il grande micologo Giacomo Bresadola, avrebbe forse potuto individuare e argomentare.





Dispiace doversi accontentare per quasi tutta l'estate di pochi “piatti” a base di soli “finferli” rinunciando alle abbondanti porzioni di “misto” sapientemente dosato e cucinato o ad un risotto con i porcini secchi o a delle belle “ombrelle” (Lepiota Procera - mazza di tamburo) impanate.






Ma dispiace ancora di più girovagare nelle selve senza poter ammirare la stupenda varietà di vistosi funghi o di timidi funghetti, multiformi e multicolori che solitamente, durante l'intera stagione estiva, impreziosiscono il sottobosco.




Perché, se è sicuramente desiderabile gustare, di tanto in tanto, un bel contorno di funghi e se, ancora di più, è appassionante percorrere velocemente in lungo e in largo il bosco alla ricerca vincente della “brisa” (Boletus Edulis - porcino) più grande, sana e bella, da alcuni anni trovo decisamente più emozionante camminare lentamente tra muschi, felci, mirtilli osservando con tranquillità e attenzione ogni minuscolo particolare che impreziosisce il sottobosco...





Guardare, osservare... ciò che di bello il bosco ci offre, i cespugli, le erbe, i fiori, i frutti, e i funghi nella loro incredibile varietà di dimensioni, forme, colori... nell'ombra scura e compatta del bosco fitto, nella luce abbagliante del primo pomeriggio che filtra violenta tra gli alberi radi o nel chiarore caldo ma tenue dell'alba o del tramonto...




...funghi minuscoli, appena visibili e funghi giganteschi spesso coriacei, legnosi... funghi morbidi, vellutati, lisci, asciutti o viscidi, ruvidi, rugosi, squamosi ma soprattutto funghi arricchiti dalle gocce di rugiada o inzuppati dalla pioggia caduta nella notte... funghi che luccicano, brillano sfiorati dai raggi radenti del primo mattino che filtrano, qua e là, tra i rami degli abeti creando incredibili giochi di luci e di ombre.




Poi, camminando e meditando, ci si accorge che magari vale la pena di raccogliere un esemplare sconosciuto, che ci incuriosisce particolarmente per cercare di classificarlo, di individuarne “nome e cognome”, commestibilità o tossicità, luoghi di crescita, ecc. ecc. (sulle orme del grande Bresadola), utilizzando, al nostro ritorno, qualche bel manuale di micologia, semplice... alla nostra portata.


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Località "La Gnoca" nei pressi di Carciato - Dimaro.  Terza tappa del “percorso bresadolano” dedicato ad uno dei personaggi più illustri della Val di Sole, don Giacomo Bresadola. Qui l'Abate si recava per la ricerca dei funghi da analizzare.
Il Percorso Bresadolano è costituito da cinque tappe che attraversano l’intera valle seguendo il cammino fatto in vita da don Giacomo Bresadola. Oltre alla località "La Gnocca" sono tappe del percorso  l’abitato di "Magras", il paese in cui egli venne nominato curato negli anni ’70 dell’800,  i boschi delle “Tovare” di Terzolas  e della "Derniga" di Ossana, punti preferiti per la raccolta dei funghi, e ovviamente il paese di "Ortisè", il piccolo abitato nel comune di Mezzana che diede nel 1847 i natali a questo presbitero tuttora considerato come il padre internazionale della micologia. 




Artuich

Da Fazzon al “Rifugio” Artuich

Facile e panoramico itinerario da Fazzon al “rifugio” Artuich.
"Rifugio" come eventuale punto di partenza per escursioni più lunghe ed impegnative: salita al Passo di Val Gelada con discesa ai Lago Gelato, di Serodoli e Nambrone o ascensione alla Croce della Pace – Monte Gardene o per tracce traversata alla Val Baselga.
Di buonora da Pellizzano raggiungo Fazzon in auto con il mio amico seguendo le indicazioni per il Lagodei Caprioli. Poche centinaia di metri prima del lago imbocchiamo sulla sinistra la strada forestale che porta alla Malga Alta e quasi subito parcheggiamo in un piccolo slargo posto in corrispondenza al divieto di transito per i veicoli non in possesso dell'apposita autorizzazione.
Ci avviamo a piedi sulla comoda strada sterrata che sale nel bosco di conifere, frequentatissimo già al primo mattino da torme di fungaioli. Proseguiamo fino a raggiungere una vasta e verdissima radura. Sono i “grasi”, il pascolo della Malga Alta di Pellizzano, malga che si intravede lassù, in alto dove il bosco succede nuovamente al prato.
Grande e pulita la Malga Alta di Pellizzano, ristrutturata e ben tenuta... Funge da punto di ristoro e spaccio dei prodotti della lavorazione del latte... Bello il panorama sulle cime del versante solatio della valle che da quassù si inizia ad intravedere e sugli alti monti della Val di Pejo...
Proseguiamo sulla strada forestale che sale tra gli abeti e i larici illuminati in controluce dai raggi radenti dal sole ancora basso. Avanziamo sulla comoda strada forestale... sempre più su, in un fitto bosco di conifere che limita la visuale sulla valle e sulle sue montagne... poi, più avanti, la strada si fa più stretta, una larga mulattiera che taglia il ripido versante. La vegetazione arborea si fa più rada, con larici e cembri d'alta quota e finalmente la vista si apre... il panorama si apre sull'imponente Cima Vioz, sul Cevedale, sul Taviela, sul Cadini… Bellissimo...
...e ci siamo quasi. Raggiungiamo un piccolo pianoro, una verde radura erbosa immersa nel bosco, percorsa da un minuscolo ruscello zigzagante e dominata da un ripido versante coperto da larice e ontano verde e più su... rocce e creste scoscese... più in basso una piccola baita tra le piante e poco più in alto la malga Artuich che si inizia appena, appena a distinguere. Ancora poche centinaia di metri accompagnati dallo scampanellio dei campanacci del bestiame al pascolo ed eccoci finalmente difronte al “rifugio”...
...che non è un vero rifugio ma un edificio, non recentissimo, risistemato e in parte adibito a bivacco aperto a tutti.
Il “rifugio” è racchiuso da una staccionata che delimita un angolo di pascolo. Al suo interno un tavolo con panche, un barbecue, una fontana e... un rivo che percorre il piccolo recinto. Le manze che pascolano nei dintorni del “rifugio” e della vecchia malga in compagnia di due asini non possono certo avvicinarsi all'escursionista per disturbare il suo pasto o il suo riposo.
Il luogo ha un suo fascino... il rustico “rifugio”, la malga antica, le mucche al pascolo, il bosco rado d'alta quota, le creste rocciose e acuminate che incombono... ma il panorama non è spettacolare. Ci troviamo chiusi sul fondo di un avvallamento e la vista non può certo spaziare su vasti orizzonti. Basterebbe proseguire, salire almeno un poco sulla via della Val Gelada o delle cime soprastanti e certamente si aprirebbe una ben altra visuale.
Discendiamo percorrendo il sentiero che si diparte sulla sinistra, appena, appena dopo il “rifugio” (203) e che subito si inoltra pianeggiante nel bosco per prendere a precipitare, ben presto, lungo il ripidissimo versante. Sentiero che richiede un minimo di attenzione per non inciampare o scivolare sui massi bagnati. Ma eccoci su di un pianoro verdeggiante a cui ne segue, dopo una ulteriore ripida discesa un secondo decisamente più esteso. Sono due, paesaggisticamente e floristicamente, interessantissime zone umide che rappresentano, assieme allo stupendo panorama sui monti della Val di Pejo oltre che sulle cime Vegaia e Boai, le principali attrattive di questa nostra escursione.
La seconda e più ampia zona pianeggiante è denominata “Lago di Stablò” ed è veramente incantevole con il largo torrentello che scorre placido nel vede intenso dell'alta vegetazione palustre.
Scendiamo ancora fino alla località denominata “Regina del bosco” dove, accanto ad una terza, più piccola, zona umida, sorge all'ombra degli abeti una costruzione in legno, oggi chiusa ma un tempo forse adibita a punto di ristoro. Da qui una strada forestale ci conduce rapidamente alla Malga Alta di Pellizzano dove eravamo transitati al mattino presto. Ora, nel primo pomeriggio, il prato che separa la costruzione dal bosco soprastante brulica di turisti che si accalcano crogiolandosi al sole... sembra che tutti cerchino compagnia e sicurezza raccogliendosi e ammassandosi nei pressi della malga... Durante la nostra non brevissima camminata oltre la malga, nella zona di Artuich e Lago Stablò, abbiamo incontrato solo tre escursionisti (due più uno e non più giovani...), un fungaiolo e una famigliola intenta a pranzare accanto all'edificio “Regina del Bosco”. Peccato, perché questi monti meriterebbe davvero una maggiore frequentazione.


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