Sui pascoli di Malga Strino a metà maggio

                                             ... ...alla ricerca delle marmotte perdute



Val di Strino: quale meta migliore per la mia prima escursione in Val di Sole dopo il lungo periodo di sofferto isolamento nella lontana casa di città? Quale meta più appropriata per ritemprare il fisico dopo mesi di inattività e risollevare lo spirito alquanto abbacchiato dalla contiguità con una umanità perennemente mascherata?



Quindi vada per la Val di Strino o meglio per i suoi pascoli e per la sua malga! La Malga Strino mi è decisamente parsa la meta migliore per il mio ritorno alla libertà, per rinnovare l’incontro con la “bellezza” della mia valle... e sicuramente la più adatta per una prima escursione, una escursione iniziale, necessariamente breve... per un giretto da portare a termine in mattinata o tutt’al più in poco più di mezza giornata. La Val di Strino, o meglio la sua malga sono relativamente vicine: pochi chilometri in auto sulla statale del Tonale e poi un'oretta e mezza di comoda salita a piedi. Solo un’oretta e mezza, naturalmente non considerando il tempo impiegato negli inevitabili prolungamenti, nelle deviazioni dal normale percorso per rincorrere e ammirare gli incantevoli paesaggistici e le meraviglie naturalistiche che lassù non mancano mai... e anche il tempo “perso” in pause più o meno frequenti e più o meno lunghe dovute alla mia non più verde età.




Sono in Val di Strino.

Lasciato alle spalle il versante boscoso, abbandono il tracciato canonico (la strada militare che porta alla malga come pure, diramandosi, al forte Zaccarana) e, attraversato il torrentello, raggiungo i prati pianeggianti distesi nell’ampio solco vallivo.

E’ presto e con il sole ancora basso, il panorama sulla Presanella e sulle cime e sui picchi circostanti ancora coperti di neve, è veramente spettacolare.




La levigata estensione di verdissima erba nuova, uniformemente punteggiata di gialli ranuncoli, è qua e là interrotta, da montagnole di terra nuda, materiale di riporto ammassato dalle marmotte che qui, nel suolo morbido, hanno scavato i loro cunicoli. Mi avvicino ad alcuni cumuli sui quali vigilano, osservandomi diligentemente, parecchie marmotte... ma le marmotte sono creature sospettose e ben presto molte di loro si inabissano nelle profondità del prato. Alcune però, le più giovani, meno diffidenti e curiose, non si nascondono e si lasciano avvicinare (e a lungo fotografare) pur rimanendo costantemente attente e pronte alla fuga.





Superata la pianeggiante distesa prativa mi immetto nuovamente sul percorso canonico, raggiungendo la stradina bianca che porta alla malga. Dopo aver oltrepassato un incantevole lariceto, un ombroso pascolo alberato, il tracciato si fa più aperto, più soleggiato ma pure decisamente più ripido. La fatica si fa sentire e le mie soste si fanno sempre più frequenti. Per prendere fiato ma anche, approfittandone, per osservare e fotografare i fiori primaverili sui bordi della mulattiera.



Fiori che, raggiunta la malga ritrovo, ben più numerosi, nei suoi dintorni... Speravo di poter vedere anche l'anemone vernalis, che a fine inverno sempre sboccia sull'erto pendio che la sovrasta Ma L'anemone vernalis, il mio fiore preferito, è scomparso da tempo: è troppo tardi, siamo a metà maggio e una grande varietà di altri fiori ha preso il suo posto.




Dopo una breve pausa ristoratrice nell’ombra del porticato della casera imbocco il sentiero che porta ai Laghetti di Strino, al monte Redival o alla Città Morta. Quanto mi piacerebbe raggiungerli... Chissà, forse in futuro, forse più avanti... Poche centinaia di metri e mi arresto definitivamente. Sdraiato sul pascolo attendo che qualche marmotta si faccia vedere, che esca da una delle gallerie disseminate ovunque, da uno dei numerosissimi rifugi che costellano la zona. Attesa del tutto vana...




Nei pressi della malga, le marmotte, fino a pochi anni fa, erano numerosissime. Per quale ragione ora non si riescono più a vedere? Per quale ragione sono quasi del tutto scomparse? Sdraiato sul pascolo medito, penso e ripenso, ipotizzo (valanghe, inverni gelidi, privi di neve, malattie, epidemie... escludendo congetture decisamente più cruente...) senza riuscire ad individuare una evenienza che prevalga, che mi convinca completamente, che sia suffragata da una qualche prova o almeno da qualche seppur labile indizio .




Insoddisfatto rivolgo lo sguardo (ancora una volta) alle creste che racchiudono la valle... lassù, dove mi piacerebbe trovarmi anche per poter osservare, come in passato, non solo le marmotte ma anche i camosci e gli stambecchi... poi, salutati i pascoli della malga, riprendo il cammino, inizio la discesa.

Più in basso, ormai distante dalla malga, ritrovo le marmotte. Ne rivedo alcune (pochissime) scendendo lungo la mulattiera ma soprattutto le incontro, molto numerose, dove inizia la verde distesa dei prati quasi pianeggianti. Sono sempre molto sospettose ma riesco comunque ad avvicinarne qualcuna e ad osservarne altre, più lontane, intente in primaverili giocose competizioni




Nel bosco, lungo la discesa verso la statale del Tonale dove ho lasciato l'auto, mi imbatto in una umida vallecola ricca di radicchio dell'orso di cui, senza entusiasmo, raccolgo alcuni cespi. Mi sto immalinconendo... ripenso a questa mia uscita in Val di Strino (uscita che sto concludendo), a questa bellissima zona che sto abbandonando, ai suoi fiori, ai suoi selvatici abitatori, ai suoi stupendi panorami, alla sua bellezza... alla possibilità, che mi ha donato, di muovermi senza costrizioni, liberamente... possibilità che tra poco perderò nuovamente, almeno in parte.



Trovi tutte le foto in "Google Foto"


Girovagando sul fondovalle tra prati e macchie selvose

 

Primi fiori di primavera

Alla fine di marzo e all'inizio di aprile in Val di Sole la neve copre ancora abbondantemente le cime ma sul fondovalle c'è aria di primavera. Lo annunciano i primi fiori che qua e là compaiono nel pallido verde dei prati, lo annunciano i fiori che sbucano repentini nelle radure più aperte e lungo i margini più soleggiati delle abetaie.



Allo squagliarsi della neve sono spuntati, numerosissimi, i crochi (Crocus vernalis). Le praterie si sono fittamente coperte di estesi tappeti bianchi screziati di viola mentre nei punti più soleggiati si sono colorate del giallo pallido talvolta venato di rosa delle primule (Primula vulgaris) e, a seguire, nelle zone più fertili, della candida tinta appena bollata d'arancio delle piccole pratoline (Bellis vernalis).



Nel bosco il nocciolo (Corylus avellana) è fiorito da tempo e gli ultimi amenti, di cui si è nutrito il capriolo durante l'inverno, si staccano dai rami cadendo al suolo tra le foglie marcescenti. Il salicone (Salix caprea) è invece in pieno rigoglio: è l'esplosione di colore dei gattici che, di giorno in giorno, dal grigio passano al giallo, ravvivando la boscaglia a ceduo ancora spoglia.



Sul terreno, tra i rametti, il fogliame e gli strobili in decomposizione, dominano con il loro intenso colore blu-violetto i fiori dell'erba trinità (Anemone hepatica) e i più rari grappoli fioriferi della polmonaria (Pulmonaria officinalis). Sul suolo calcareo, al primo sole di fine inverno, le chiazze di erica (Erica carnea) si sono subito sostituite all'ultima neve colorando il bordo della pineta di un roseo continuo e intenso mentre il terreno minerale, lungo le sponde dei piccoli rivi e dei torrentelli, è qua e là macchiato dal giallo intenso del farfaro (Tussilago farfaro) e nelle zone più umide dalle bianche infiorescenze del rigoglioso farfaraccio (Petasites albus).



Questi i primi fiori che, allo scomparire della neve, annunciano il ritorno della bella stagione sul terreno umido e nudo... Ma poi, con il trascorrere dei giorni, la primavera avanza rapidamente, i prati rinverdiscono in fretta facendosi sempre più lussureggianti. Ed eccoli i prati di fondovalle, brillanti, ormai verdissimi ma punteggiati da una grande varietà di colori, colori intensi che riscaldano il cuore dopo il freddo, lungo e monotono inverno.



Sono gli infiniti colori dei fiori spuntati alla fine del mese di aprile e all’inizio del mese di maggio. Sono i vistosi gialli del dente di leone (Taraxacum vulgare) e i gialli più delicati delle primule odorose (Primula officinalis), l'azzurro del non-ti-scordar-di-me (Myosotis arvensis), i colori e le forme stravaganti dei fiori dell'erba del cucco (Silene inflata)... i rossi, i viola e ancora i bianchi e i gialli dei tifogli, dei gerani, dei ranuncoli, delle campanule, delle viole e delle violette... e molti, molti altri colori, molti altri fiori...colori e fiori che però, purtroppo, sono destinati a durare ben poco.



Tra breve i fiori saranno falciati. Saranno falciati con il primo taglio dell'erba sul fondovalle... e inevitabilmente i fiori recisi perderanno il loro fresco aspetto, il loro fascino ma non il loro profumo che verrà donato al fieno e con il fieno al buon latte, al burro e ai formaggi della valle.



I fiori del sottobosco dureranno più a lungo, sfioriranno naturalmente con l'impollinazione e il trascorrere dei giorni. Così sarà per i numerosissimi fiori della fragola (Fragaria vesca), dell'acetosella (Oxalis acetosella), delle clematidi, delle primule, viole e di chissà di quante altre piante più o meno erbacee. Senza considerare gli stupendi e vistosi fiori dei cespugli e degli alberi del bosco: i gialli fiori del crespino (Berberis vulgaris), i bianchi fiori del biancospino (Crataegus oxyacantha), del prugnolo (Prunus spinosa), del pallone di maggio (Viburnum opulus), del sambuco (Sambuca nigra), del sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia).... e soprattutto i magici fiori dei grandi ciliegi selvatici (Prunus avium) che hanno colonizzato in gran numero l'erto versante soleggiato della valle con i suoi campi terrazzati un tempo intensamente coltivati e oggi quasi totalmente abbandonati.



Ed è soprattutto su quei pendi che la primavera esplode, durante il mese di maggio, con i suoi fiori ma soprattutto con la gamma infinita di verdi pastello, morbidi e tenui delle foglie appena nate. Poi con il sopraggiungere della stagione calda, con l'arrivo del mese di giugno, il verde delle foglie ormai adulte tenderà ad uniformarsi appiattendosi in una anonima e omogenea colorazione verde.



Solo l'arrivo dell'autunno con le sue policrome tinte calde frantumerà nuovamente la monotona colorazione del fogliame donando una rinnovata bellezza alle macchie selvose... una bellezza decisamente diversa dalla bellezza primaverile ma sicuramente con essa molto, ma veramente molto, competitiva.



Trovi tutte le foto in Google Foto