L'inattesa visita sotto la neve di uno stormo di cesene

 


Ennesima nevica. Grossi, fiocchi di neve stanno scendendo sul paese. La nevicata è iniziata da poco, durante le prime ore del mattino. Dalla finestra della cucina osservo inquieto quanto sta accadendo: ancora neve… ancora neve da rimuovere dal cortile di casa! Sono desolato, di neve quest’anno se n’è vista veramente troppa, tanta da compensare abbondantemente la carenza degli inverni passati (follie del cambiamento climatico...). Sì, desolato e preoccupato, ma anche sorpreso e affascinato da questa particolare nevicata, una nevicata diversa dalle precedenti, una nevicata fitta, quasi primaverile, densa di fiocchi grandi, pesanti, e bagnati.




Ad un tratto, alzando lo sguardo, intravedo un grande numero di piccole sagome scure che, in lontananza, sullo sfondo cinereo delle nubi, attraversano il compatto sfarfallio dei fiocchi di neve. Incuriosito, esco di casa per ampliare la visuale. All’esterno, ben protetto dalla gronda, posso controllare un tratto di cielo molto più ampio, uno cielo che vedo percorso, più e più volte, da un numerosissimo stormo di uccelli nerastri... “Devono essere le cesene…” Sono quasi certo che non possa trattarsi che di cesene in migrazione, cesene che, sorprese da un inverno oltremodo rigido, si stanno trasferendo verso località dal clima più mite.




La scura moltitudine sorvola il paese, vi vola sopra ondeggiando a lungo, a diverse altezze, spostandosi da una estremità all’altra quasi fosse incerta sul da farsi, se scendere o proseguire il viaggio. Poi, finalmente, un gruppo piuttosto consistente prende l’iniziativa, si stacca dall’insieme e, calando rapido, a poca distanza dalla mia casa, va a posarsi sui grandi sorbi degli uccellatori che, in estate, ombreggiano il parco giochi al centro dell’abitato. Ben presto altri gruppi lo imitano e vanno ad occupare i rami più alti di altri alberi, altri sorbi ma non solo, anche pioppi, aceri, betulle e conifere, che fanno bella mostra di sé nei giardini di alcuni edifici periferici. Tutti questi tordidi (sono davvero molti), sia quelli lontani che quelli vicini, dalla mia posizione sull’uscio di casa, riesco a scorgerli a malapena, immersi come sono nella neve, velati come sono dalla fitta nevicata. Il binocolo, che subito prelevo dal mio zaino (zaino sempre pronto all’uso) mi aiuta a confermare  la mia prima impressione: si tratta veramente di un grandissimo stormo di cesene. Una visita inaspettata, un evento sicuramente raro per questi luoghi, probabilmente una migrazione interrotta dalla nevicata. Probabilmente… del resto cos'altro potrebbe essere?




Mi piacerebbe avvicinarmi, guardare da vicino, scattare qualche foto, ma la nevicata, sempre più intensa, me lo impedisce o quantomeno me lo sconsiglia. Rinuncio e mi accontento, mi rassegno ad osservare da lontano, ingrandendo l’immagine dei volatili con le lenti del binocolo... E vedo uccelli alquanto inquieti. Vedo uccelli che, dopo essersi svogliatamente cibati dei rossi piccoli pomi del sorbo, riprendono più volte il volo sopra l’abitato. In gruppi più o meno numerosi volano via, sorvolano e perlustrano rapidamente la zona per ridiscendere quasi subito, andando a posarsi sulla stessa pianta o su una pianta vicina. Sembra che ci sia una gran voglia di riprendere il “viaggio” evidentemente frenata ddalla neve che scende sempre più fitta.




Il tempo passa e nulla cambia. Poi, improvvisamente einaspettatamente, la nevicata si fa meno intensa, i fiocchi si fanno più radi e leggeri. "Devo approfittarne..." Posso finalmente tentare un avvicinamento. Esco dal cortile riparato da un grande ombrello e mi accosto lentamente ai sorbi “carichi” di cesene. Qui, seppure a fatica, ombrello tra braccio e petto e teleobiettivo tra le mani tremolanti per il freddo e per l’emozione, riesco ad immortalare qualcuna delle moltissime cesene nascoste tra i rami carichi di neve. La mia situazione non è delle migliori, non è sicuramente la più adatta ad ottenere dei buoni scatti, ma che altro posso fare? Non ho alternative, mi devo nuovamente accontentare...




Nonostante riprenda a nevicare più intensamente persevero, non mi arrendo. Mi allontano dal parco pubblico, il parco dei sorbi, e mi avvicino ai giardini privati sui cui alti alberi stazionano le altre numerose cesene. Riesco così ad aggiungere altri scatti, scatti mediocri ottenuti in modo sempre più difficoltoso. Gli uccelli sono poco visibili, nascosti tra i rami dei sorbi carichi di neve oltre che di frutti. Altre cesene, numerosissime, si distinguono meglio, ma sono distanti, posate sulla cima di pioppi, betulle e aceri molto lontani. Non insisto oltre. I fiocchi che si stanno facendo sempre più pesanti e densi riducono la visibilità, mi inzuppano e bagnano la reflex impedendomi di proseguire tranquillamente. Meglio rientrare.




A casa, più tardi, interrompo il riversamento delle foto sul computer e mi accosto alla finestra. Sorpresa! Non nevica più... Le cesene sono scomparse. Hanno abbandonato il parco dei sorbi... Sono volate via, hanno ripreso il loro viaggio migratorio.
La nevicata è stata intensa ma fortunatamente è stata breve, è durata poco. Questa volta, fortunatamente, non c’è molta neve da sgomberare...


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Neve su neve, bianco su bianco

 


Durante la notte è nuovamente nevicato. Altra neve si è sovrapposta a quella che da tempo copre la valle. Si è aggiunta stendendosi ovunque in uno strato molto sottile, una patina di soli pochissimi centimetri, una bianca tovaglia sulla neve che già copriva il terreno ma pure un rinnovato ornamento sui rami e i sui rametti di ogni albero, di ogni cespuglio, a delinearne le sagome, a bordarne gli scuri contorni...




Paesaggio trasfigurato, spruzzato di bianco. Bianco dappertutto, bianco di grande impatto visivo soprattutto nel bosco, sugli abeti e sui larici dove il candore della neve era scomparso, liquefatto da parecchio tempo. Un regalo... un regalo bello ma effimero, di breve durata. Una bellezza destinata a durare poco, destinata a squagliarsi rapidamente al tepore dei primi raggi del sole.




Un incanto… un incanto che non voglio perdere... quindi, molto prima che il sole faccia la sua comparsa dissolvendolo, decido di avvicinarlo per ammirarlo ed eventualmente immortalarlo riprendendo la sua freschezza, la freschezza del bianco su bianco. Abbandonato il calduccio della casa, mi immergo nella natura dirigendomi verso la zona della Poia e del Fil a monte di Fucine. Località queste, tra le poche, al di fuori del paese, raggiungibili senza calzare le ciaspole ma percorrendo, con ai piedi dei normali scarponcini, una strada che, grossolanamente ripulita dalla neve, si inoltra a lungo in uno stretto fondovalle seguendo a ritroso il corso del torrente Vermigliana. Il luogo non ha gli ampi panorami e i maestosi sfondi montuosi che caratterizzano altri siti limitrofi, ma è ricco di acqua, di radure, di cespuglietti e di fitte peccete, di quell’insieme di elementi ambientali che lo rendono attraente, fotograficamente idoneo alle inquadrature ristrette e alle zumate sulle “piccole cose” immerse nella neve…




La foglia autunnale di betulla o di sorbo, ancora appesa al ramo, rinsecchita e baciata da minuscoli fiocchi, il piccolo abete che occhieggia emergendo appena dal morbido manto, le gemme già turgide del sambuco (presagio di primavera), il biancore dei fiocchi intrappolati nelle scure rugosità della corteccia dei larici... candelotti di ghiaccio traslucidi appena velati di bianco, rametti imbiancati di nocciolo con le infiorescenze coperte di vitrei cristalli, arbusti di salicone con la corteccia strappata dal cervo…. e soprattutto i fondali di conifere, compattamente ben allineate, alte e buie ma candidamente incappucciate…




Il mio procedere sulla stradina del Fil è lento, accompagnato dalla costante considerazione per ciò che mi circonda, ritardato dall’interesse per i dettagli e dalla continua ricerca del “bello” e del “nuovo” che il leggero posarsi notturno dei fiocchi sulla vegetazione ha qua e là originato. E’ un avanzare accompagnato anche dalla soddisfazione, dalla gratificazione, che mi regalano le riprese fotografiche di ciò che, di tanto in tanto, mi ha particolarmente attratto.




Il tutto in un’atmosfera di grande serenità. I rumori limati, l'uniformità del paesaggio in chiaroscuro, l'assenza di colori forti e vivaci, l'ambiente levigato, candidamente ripulito dal sottile e soffice strato di neve fresca, mi comunicano una sensazione di quiete, mi incutono una grande tranquillità. E questa è una buona cosa che mi aiuta a allentare i leggeri sintomi da stress da pandemia che iniziano ad affliggermi.


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Un castello nella neve...

 


Si tratta del castello di san Michele che essendo relativamente vicino a dove sto trascorrendo l’intero inverno a causa della pandemia, viene a trovarsi costantemente in vista durante le mie passeggiate. Durante i miei “4 passi” che in questo periodo si esauriscono nei dintorni del paese, i miei "4 passi" che sono quindi brevi giretti dovendo necessariamente limitarsi solamente alle strade aperte al traffico, ripulite dalla grande massa di neve che quest’anno il cielo ha voluto eccezionalmente “regalarci”. 





E’ difficile se non impossibile calcare altri percorsi, inoltrarsi sui prati o nei boschi, anche del fondovalle, senza calzare le ciaspole… Con le racchette ai piedi dovrei rassegnami a sfiancarmi oltre misura, oltre a quello che la mia ragguardevole età potrebbe ragionevolmente consentire. Così almeno qualcuno mi suggerisce assieme alla mia esperienza e al buon senso… e poi dubito che valga veramente la pena di faticare tanto per riuscire ad allontanarmi ben poco dal centro abitato senza contare che la mia presenza in luoghi fuorimano spaventerebbe e metterebbe in fuga i selvatici, caprioli, cervi e mufloni, che in questi giorni devono rimanere assolutamente tranquilli. Quindi, per ora, solo passeggiate facili, più o meno brevi, sempre agevoli, sempre comode e sempre con il bel castello innevato sottocchio. 





Un castello sempre sottocchio, un castello da immortalare più e più volte da punti di vista sempre diversi: dalla strada statale tra Fucine e Cusiano, dalla provinciale tra Cusiano, Ossana e Fucine, dalla stradina che costeggia il torrente Vermigliana nei pressi del campo sportivo, dalla strada della Fornas e di Isclacia, dal ponte della Poia di Fucine, dalla strada delle Pendege e da quella del Taiadon... Il risultato? Molte immagini, più o meno belle, tutte archiviate e da “sfogliare” in “Google Foto”.





Foto del San Michele scattate in giorni, in orari e in situazioni meteorologiche differenti, le più disparate… Molte le ho scattate durante il tardo pomeriggio, quando la sera si avvicina e il sole basso di gennaio, ormai prossimo al tramonto, illumina solamente le vette e gli alti versanti dei monti meglio esposti. Le ho scattate quando il massiccio torrione del castello, contornato da mura orlate di neve, emerge da un ombroso, azzurrognolo fondovalle, davanti a tenebrosi pendii selvosi appena venati di bianco. Le ho scattate nell’ora che più mi incanta… nell’ora in cui il giorno inizia lentamente a spegnersi, in cui tutto si copre di ombre e il buio si avvicina, nell’ora che precede il crepuscolo e l’immobilità della notte. Nell’ora in cui le pennellate di tenue colore che ancora animano le cime si estinguono a poco a poco smorzandosi in un indistinto fondale in chiaroscuro.





Ben diversa l’atmosfera dei miei scatti mattutini, con il sole che riscalda il panorama, che bacia il bel castello. Lo bacia a metà mattino sfiorandolo delicatamente dopo essere apparso da poco, affiorato con enorme travaglio dalla cresta dei monti che sovrastano la valle... ma lo bacia pure, in altre mie immagini, impattandovi a mezzogiorno, rischiarandolo con decisione, sullo sfondo livido della bufera di neve che, contemporaneamente, investe la Val di Peio. Vedute chiare, tutte luminose, rese ancor più luminose dal biancore riflettente della neve. Immagini più o meno suggestive (così almeno spero), rese tali dalla varietà e dall’ampiezza delle inquadrature: si va dalle panoramiche sulla valle dominata dal San Michele fino alle riprese molto ravvicinate del massiccio mastio che elevandosi da un'altura rocciosa sembra raggiungere il cielo.





Ma non mancano altre immagini, immagini (sempre tutte archiviate in Google Foto) scattate in diversi momenti della giornata e con diverse condizioni meteorologiche. Alcune al mattino altre nel pomeriggio, alcune con il cielo sereno altre con il cielo nuvoloso o addirittura tempestoso, alcune con la neve fresca, appena caduta che, nel bosco, riesce a rivestire ed imbiancare anche i rami più sottili, altre con la neve “vecchia” e alta, che staziona da tempo sui prati pianeggianti e sui brulli pendii terrazzati della valle. Quella stessa neve che orla pesantemente anche la cinta muraria e i ruderi dei palazzi del castello di San Michele, delineandone i contorni e rendendolo così suggestivo ed attrattivo.


Tutte le foto del castello innevato sono in Google Foto