Neve su neve, bianco su bianco

 


Durante la notte è nuovamente nevicato. Altra neve si è sovrapposta a quella che da tempo copre la valle. Si è aggiunta stendendosi ovunque in uno strato molto sottile, una patina di soli pochissimi centimetri, una bianca tovaglia sulla neve che già copriva il terreno ma pure un rinnovato ornamento sui rami e i sui rametti di ogni albero, di ogni cespuglio, a delinearne le sagome, a bordarne gli scuri contorni...




Paesaggio trasfigurato, spruzzato di bianco. Bianco dappertutto, bianco di grande impatto visivo soprattutto nel bosco, sugli abeti e sui larici dove il candore della neve era scomparso, liquefatto da parecchio tempo. Un regalo... un regalo bello ma effimero, di breve durata. Una bellezza destinata a durare poco, destinata a squagliarsi rapidamente al tepore dei primi raggi del sole.




Un incanto… un incanto che non voglio perdere... quindi, molto prima che il sole faccia la sua comparsa dissolvendolo, decido di avvicinarlo per ammirarlo ed eventualmente immortalarlo riprendendo la sua freschezza, la freschezza del bianco su bianco. Abbandonato il calduccio della casa, mi immergo nella natura dirigendomi verso la zona della Poia e del Fil a monte di Fucine. Località queste, tra le poche, al di fuori del paese, raggiungibili senza calzare le ciaspole ma percorrendo, con ai piedi dei normali scarponcini, una strada che, grossolanamente ripulita dalla neve, si inoltra a lungo in uno stretto fondovalle seguendo a ritroso il corso del torrente Vermigliana. Il luogo non ha gli ampi panorami e i maestosi sfondi montuosi che caratterizzano altri siti limitrofi, ma è ricco di acqua, di radure, di cespuglietti e di fitte peccete, di quell’insieme di elementi ambientali che lo rendono attraente, fotograficamente idoneo alle inquadrature ristrette e alle zumate sulle “piccole cose” immerse nella neve…




La foglia autunnale di betulla o di sorbo, ancora appesa al ramo, rinsecchita e baciata da minuscoli fiocchi, il piccolo abete che occhieggia emergendo appena dal morbido manto, le gemme già turgide del sambuco (presagio di primavera), il biancore dei fiocchi intrappolati nelle scure rugosità della corteccia dei larici... candelotti di ghiaccio traslucidi appena velati di bianco, rametti imbiancati di nocciolo con le infiorescenze coperte di vitrei cristalli, arbusti di salicone con la corteccia strappata dal cervo…. e soprattutto i fondali di conifere, compattamente ben allineate, alte e buie ma candidamente incappucciate…




Il mio procedere sulla stradina del Fil è lento, accompagnato dalla costante considerazione per ciò che mi circonda, ritardato dall’interesse per i dettagli e dalla continua ricerca del “bello” e del “nuovo” che il leggero posarsi notturno dei fiocchi sulla vegetazione ha qua e là originato. E’ un avanzare accompagnato anche dalla soddisfazione, dalla gratificazione, che mi regalano le riprese fotografiche di ciò che, di tanto in tanto, mi ha particolarmente attratto.




Il tutto in un’atmosfera di grande serenità. I rumori limati, l'uniformità del paesaggio in chiaroscuro, l'assenza di colori forti e vivaci, l'ambiente levigato, candidamente ripulito dal sottile e soffice strato di neve fresca, mi comunicano una sensazione di quiete, mi incutono una grande tranquillità. E questa è una buona cosa che mi aiuta a allentare i leggeri sintomi da stress da pandemia che iniziano ad affliggermi.


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