Ricordando la bella stagione...


Voglia di primavera, voglia d’estate, voglia di luce, di vita, di colore…


Uno strano inverno questo, un inverno che sembra non avere mai fine… Un inverno avaro di neve. Un inverno che per lunghi mesi non ci ha donato i bei panorami innevati di un tempo…






Il sole debole e troppo basso sull’orizzonte non ha ravvivato i colori smorti dei prati i e dei boschi rinsecchiti. Un paesaggio squallido, opaco, ci ha accompagnati nel pallido chiarore delle brevi giornate di dicembre e di gennaio. Solo nell’ultimo periodo, solo a febbraio, la neve ha imbiancato diffusamente le cime e i boschi più alti...





La valle ha sofferto a lungo per la mancanza della neve... per l'assenza di quel tappeto bianco che un tempo non mancava quasi mai… di quel manto bianco che tutto copre, che tutto illumina rianimando l’ambiente e risvegliando ricordi ed emozioni profonde, ben radicate nel passato.







No, non è stato un bell’inverno… la primavera è ormai vicina e, anche se la neve è finalmente arrivata, cresce la voglia di bella stagione, la voglia di luce, di vita, di colore…






Guardo alcune fotografie tardo primaverili ed estive dello scorso anno… fiori, farfalle, api intente a raccogliere nettare, insetti coloratissimi e a me sconosciuti… e cresce  ancor più il desiderio di girovagare, di camminare tra i boschi e i prati verdi dell valle, la voglia di scarpinare nel silenzio dei miei monti rinati a nuova vita.






Per ora, nell'attesa rassegata di un sole più tiepido e di giornate più lunghe mi devo accontentare dei ricordi fotografici della "bella stagione" in Val di Sole... 


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Bagliori dorati sulle cupe acque del torrente

Magia di luci, di sfumature, di riflessi…





Fine dicembre. In questi giorni d’inizio inverno la portata dei torrenti sul fondovalle e dei rii che precipitano dai versanti scoscesi è minima, ridottissima a causa del lungo periodo asciutto, più di due mesi, trascorso con temperature miti e in totale assenza di precipitazioni. Le acque del torrente Vermigliana che in altri momenti dell’anno non fanno mai mancare il timore di qualche evento alluvionale ora procedono tranquille scorrendo sinuose tra rocce e grandi massi e allargandosi placide negli slarghi sabbiosi e quasi pianeggianti.



Acque limpide ma cupe nell’ombra invernale dello stretto vallone tra Vermiglio e Fucine. Lì, il sole, durante i mesi tardo autunnali e invernali non si vede mai. Non illumina la stradina e i boschi che costeggiano il torrente, non ravviva e riscalda le sue acque ma quando i suoi raggi raggiungono il versante a mezzogiorno le acque opache del Vermigliana si vivacizzano e mille bagliori dorati si diffondono sulla superficie ondulata delle acque. E' il bosco che, ben rischiarato nelle sue calde tonalità tardo autunnali, si specchia nel torrente.






I colori ramati dei larici, delle roverelle, delle erbe rinsecchite vibrano sull’acqua leggermente increspata… Mille screziature dorate, mille magici grafismi si decompongono e si ricompongono in un gioco sempre diverso e senza fine. E’ uno visione dinamica impossibile da fissare in una statica immagine fotografica…





Passato mezzogiorno il sole si nasconde lentamente dietro i monti. A poco, a poco le ombre risalgono il versante più fortunato della valle e il gelo rioccupa il terreno perduto. Le acque del torrente riacquistano il loro uniforme, cupo e opaco colore invernale e il freddo si impossessa nuovamente e totalmente della valle del Vermigliana. 



Pentax K5 con Pentax 100 mm f 2.8 macro

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Segherie veneziane

In Val di Rabbi, a Malè, a Dimaro e a Ortisè

Le segherie veneziane si diffusero nel territorio trentino intorno al XIII secolo introdotte dalla confinante Serenissima Repubblica di Venezia (da qui il nome di “segheria veneziana”). Con l’introduzione di queste segherie la forza muscolare di due o tre uomini venne sostituita dalla forza dell’acqua ed un solo lavorante fu sufficiente per condurre a termine tutte le fasi di segagione del tronco.
Le segherie a ruota idraulica erano numerose anche in Val di Sole grazie alla presenza di molti torrenti e rivi adatti a fornire l'energia necessaria per lavorare i tronchi degli abeti e dei larici dei boschi della valle trasformandoli  facilmente in assi e travi da opera. Questa attività produttiva fu mantenuta fino agli inizi degli anni ’60.


Oggi sono ben poche le segherie veneziane rimaste in valle... Alcune molto vecchie sono state restaurate e riattivate, altre totalmente ricostruite ma la loro destinazione principale non è più quella produttiva di un tempo... Per la lavorazione del legname sono state sostituite da alcune, grandi ed efficienti segherie elettriche e le segherie veneziane possono così godere di una seconda vita del tutto diversa. Convertite a musei monotematici sono destinate a contribuire alla qualificazione e valorizzazione del patrimonio etnografico della valle. Rappresentano la memoria di altre epoche, di un diverso modo di vivere... Ma non solo. Possono essere considerate l'icona di un’abilità costruttiva artigianale ormai lontana nel tempo e in gran parte scomparsa... Sono dei minuscoli capolavori di ingegneria meccanica perfetti nei loro meccanismi di funzionamento. Per questi motivi le segherie veneziane della valle meritano veramente una visita da parte dei residenti e di chi in valle soggiorna.





In Val di Rabbi le segherie idrauliche presenti sono di origine relativamente recente (XVIII secolo). A cura degli operatori del Parco nazionale dello Stelvio è stato predisposto il “Percorso delle segherie” (dalla Segheria dei Braghje, a Rabbi Fonti alla Segheria dei Bègoi poco oltre il parcheggio Plan)  finalizzato non solo all’osservazione di questi piccoli gioielli meccanici ma anche alla conoscenza naturalistica dell’ambiente montano, del rapporto uomo-bosco e dei principi base della selvicoltura.




A Malè, a pochi minuti a piedi dal centro dell’abitato, sulla strada verso la Località Regazzini, appena dopo il ponte sul Fiume Noce si trova la “Segheria ai Molini”Venne costruita nel 1774 ed è stata impiegata nel taglio del legname a fini produttivi fino al 1978. Questa segheria è mantenuta in efficienza a cura dell’Amministrazione Comunale ed è possibile visitarla durante il periodo estivo assistendo a dimostrazioni guidate del suo funzionamento.



La segheria di Dimaro è posta al termine dell’abitato a fianco della strada statale che sale a Madonna di Campiglio. Le sue origini risalgano agli inizi dell’800 ed è  rimasta operativa fino al 1960. Recentemente è stata totalmente restaurata rendendola agibile e funzionante. E’ possibile visitarla attraverso un percorso didattico-espositivo appositamente predisposto. La segheria è sede di un punto informativo del Parco Adamello Brenta..



Si sono da poco conclusi i lavori di ricostruzione (a cura del Comune di Mezzana) della segheria del piccolo centro abitato di Ortisè. Posta a valle della strada provinciale che porta alla frazione di Menas, accanto al ponte sul Rio Valletta fa bella mostra di sé con il suo edificio tutto nuovo e i suoi ricostruiti meccanismi, ruota idraulica, manovellismo in legno…... Veramente un’opera di notevole interesse che merita attenzione e che vale la pena di conoscere e visitare.






Queste le segherie veneziane rimaste in valle.
Sembra ieri quando, monello di sette, otto anni, mi divertivo con altri monelli a “viaggiare” sul carrello che si avvicinava pericolosamente alla lama delle segherie veneziane del paese. Si prendeva posto  accanto al tronco (o sul tronco o dietro… non ricordo più…) che avanzando lentamente veniva segato in assi o travi da lavoro… Quanto si arrabbiava il “segantino” con noi piccoli discoli senza paura! 


Sembra ieri…. ma molti anni sono ormai trascorsi e le quattro segherie del paese della mia fanciullezza non esistono più… Soltanto di una rimane il vecchio edificio svuotato però di tutti i meccanismi e privato dei canali in legno dove l’acqua scorreva per precipitare sulla ruota idraulica. Al posto delle altre tre segherie veneziane oggi si trova l’ufficio di informazione turistica, la scuole nuova e una casa di vacanzieri. Bisogna proprio dire che i tempi sono cambiati…  L’ansia di modernità degli anni 60’ ha improvvisamente e rapidamente dismesso e poi rimosso le segherie come pure le ultime officine con i magli dove si lavorava il ferro. Segherie e magli che nei miei ricordi accompagnavano la vita operosa del paese diffondendo i loro ronzanti e martellanti rumori (o canti?). Se si fossero conservate oggi costituirebbero un patrimonio non solo storico e culturale ma anche economico, un motivo di interesse e di richiamo turistico… certo...ma si può sempre sostenere che.. “del senno di poi……”


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Bianco su bianco… foschie mattutine sulla valle innevata

Nebbie e basse nubi  dopo una notte di nevischio… 


Inizio gennaio. Il nuovo anno era partito bene con le due nevicate ravvicinate. Certo. Dopo un interminabile autunno asciutto era finalmente arrivata la neve. Peccato si trattasse di due misere spolveratine, di due meschine perturbazioni molto avare di neve… Un approccio minimale all’inverno ma comunque sufficiente a ravvivare il panorama creando la giusta ambientazione natalizia per l’ultimo scampolo delle mie vacanze in valle.


Ora, finalmente, valeva la pena di percorrere la stradina delle Pendege, tra Fucine e Vermiglio, sul basso versante esposto a mezzogiorno del monte Boai.  Ne valeva la pena (e ne è valsa la pena) perché la neve caduta nella notte donava un aspetto tutto nuovo ad un ambiente spento nella sua smorta, bruna tonalità tardo autunnale. Con il levarsi del sole alto nel cielo le foschie si diradavano e le nuvole si alzavano sfiorando le pendici selvose della valle. Le nebbie sul Castello di S.Michele a poco a poco si aprivano e il maniero si mostrava nitido tra i boschi di abete in candida veste invernale.

Procedevo lentamente calpestando il sottile strato di neve appena caduta e osservavo pensieroso i ripidi pendii imbiancati dove in primavera e all’inizio dell’estate avevo osservatole le farfalle dai mille colori. Riflettevo su come corrono rapidamente i miei giorni, le settimane, i mesi e su come la natura si adegua al mutare delle stagioni cambiando radicalmente e velocemente il suo abito. Dove, solo ieri, l’erba era verde, morbida, punteggiata da fiori variopinti ora, dalla neve emergevano solo steli gialli, secchi e induriti dal gelo. Meditavo… non potevo non meditare sul perchè il tempo alla mia età scorre così veloce, sul perché le giornate se ne vanno sempre più in fretta…

Avanzando sulla stradina il mio sguardo veniva attratto da piccoli magici "gioielli" incorniciati dalla neve caduta nella notte e i tristi pensieri svanivano nel nulla. Licheni verdastri sulla corteccia dei larici, muschio fresco e splendente tra massi e ceppaie, foglie di rovo dal colore del vino, alte spighe giallastre, foglie secche sulla roverella, frutti rossi e carnosi di rosa canina… appena, appena incappucciati di neve, o solo spolverati dagli ultimi, leggeri fiocchi.


Poi il panorama si apriva sull’alta valle. Per qualche istante le nubi e la foschia si diradavano lasciando intravedere le cime del Tonale sullo sfondo azzurro del cielo ma la nebbia scendeva nuovamente coprendo i monti e il fondovalle innevati… bianco su bianco… La striscia immacolata della stradina proseguiva salendo e ancora salendo sinuosa tra i prati e gli antichi campi terrazzati abbandonati da tempo, fino perdersi lassù tra le nuvole basse. Alberi e cespugli grigi, rivestiti di neve, sfumavano in lontananza nelle candide foschie.

Una solitaria panchina abbandonata sul bordo della mulattiera sembrava attendere mesta e gelata la bella stagione e con essa l’arrivo di qualche affaticato passante che sedendosi a riprendere fiato la riscaldasse riportandola a nuova vita.


Ora, trascorso più di un mese, mi dicono che il fondo e il versante solatio della valle sono nuovamente, desolatamente privi di neve. La neve, pochissima, caduta all’inizio di gennaio si è disfatta con la pioggia e il sole dei giorni successivi Le giornate serene dell’ultimo periodo non hanno certo portato la neve ma solo gelide temperature. Un grande freddo (poco più di una settimana) indispensabile per i  cannoni da neve e quindi benvenuto per meglio imbiancare le piste da sci…



...ma che tristezza (e che costi… e che consumo di energia inquinante...) dover “fabbricare” artificialmente la neve per vestire i nostri monti con quell’abito bianco che un tempo, tranne rarissime eccezioni, i monti indossavano da soli, in modo del tutto naturale... Sarà sempre così?  Saremo sempre costretti a regalare alla valle un mantello invernale zebrato, bizzarro, artificioso e falso?  Non sarà magari arrivato il momento di riflettere sulla possibilità di diversificare l'offerta turistica evitando di puntare esclusivamente sul luna park dello sci, su di un carosello monotematico che in un futuro non lontano, con gli inverni miti e asciutti che ci attendono, potrebbe essere costretto ad arrestarsi, a non "girare" per lunghi periodi...?
PS: oggi 7 febbraio finalmente nevica. Sembra che la neve stia veramente arrivando... dopo quasi tre mesi di attesa... e con la primavera ormai alle porte...



Se l’ inverno dicesse: “Ho nel cuore la primavera” chi gli crederebbe? (Kahlil Gibran)




Pentax K5 con Pentax 100 mm f 2.8 macro

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