C’è vita sulle acque dorate del torrente

 

...merli acquaioli e ballerine gialle nell’alveo del Vermigliana



Numerosissimi i merli acquaioli (probabilmente frutto di una o forse più nidiate primaverili) che ho potuto osservare mentre svolazzavano sulle acque del torrente Vermigliana durante un soleggiato pomeriggio di fine ottobre. Li ho osservati a lungo e poi fotografati e con loro ho anche fotografato (ed è la prima volta) alcune ballerine gialle che pure stazionavano nel greto di quel corso d’acqua (riprese anche in compagnia di una ballerina bianca).

Incontri inconsueti, direi eccezionali: mai prima d’ora mi era accaduto di osservare un simile affollamento nell’alveo di un torrente di montagna. Uno spettacolo bello... avvincente, forse unico.

Dagli argini del Vermigliana, via via nascosto dietro un muretto, un masso, un tronco e un cespuglio, ho scrutato i merli acquaioli, li ho visti tuffarsi nelle acque del torrente, dorate dai raggi radenti del sole calante. Li ho visti inabissarsi e scomparire, li ho visti riapparire all’improvviso, lontani dal punto in cui si erano immersi… li ho visti con una minuscola preda nel becco, forse una larva di tricottero racchiusa nel suo guscio di sabbia o chissà... forse anche un minuscolo avannotto. Tuffi e rituffi in rapida successione, spostamenti sott’acqua, nuotando o addirittura camminando sul fondo contro corrente (a rovistare tra sabbia e pietruzze). Incredibili passaggi dal volo subacqueo a quello aereo, lenti ritorni a riva e scelta di nuovi punti per la loro “caccia”... ma anche, scoperta la mia presenza, slanci fulminei, voli rapidissimi radendo il pelo dell’acqua alla ricerca di zone più tranquille. Comportamenti da vero “uccello anfibio” nella ricerca del cibo, da “uccello timoroso” alla presenza di figure estranee, ma anche, più raramente, da “uccello imperturbabile” a cui ci si può avvicinare mentre, concentratissimo, gironzola nelle acque basse o si sofferma, assorto, sui massi emergenti dal greto.

Ma il merlo acquaiolo, come già accennato, non è stato l’unico essere vivente incontrato durante quell’ottobrino luminoso pomeriggio. A poca distanza dalle acque del Vermigliana sono incappato in una coronella austriaca, un innocuo rettile colubride, a prima vista, alquanto simile ad una vipera… Ma soprattutto ho potuto seguire le inconfondibili movenze di alcune bellissime ballerine gialle. Mai prima d’ora ero riuscito ad osservarle così da vicino. Ciò che più mi ha colpito è stata la loro totale assenza di contatti con l’acqua. Pur vivendo (e nidificando) lungo il suo corso del torrente non le ho mai viste bagnarsi... Svolazzavano qua e là posandosi sui massi emergenti dall’acqua e, dove possibile, si spostavano dall’uno all’altro camminando come solo sanno fare loro (e le loro cugine pure ballerine, ma ballerine bianche) alzando e abbassando ritmicamente la lunga coda.

Spettacolo coinvolgente... ma di breve durata. I merli acquaioli e le ballerine gialle sono ben presto scomparsi. Ventiquattro ore di pioggia intensa hanno gonfiato il torrente e i merli acquaioli, così come le ballerine gialle, si sono dileguati. Non escludo che per i piccoli dell’anno fosse anche arrivato il momento di separarsi andando a colonizzare nuovi territori, nuovi tratti del Vermigliana o di altri torrenti e ruscelli… In ogni caso, ritornando a costeggiare il tratto del corso d’acqua dove, solo pochi giorni prima, i merli acquaioli (e le ballerine gialle) svolazzavano in gran numero, non ne ho potuto incontrare nemmeno uno.




























Il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) è un uccello paffuto, che nulla ha in comune con il merlo che tutti conosciamo. Ha grosso modo le stesse dimensioni e come lui è scuro ma in più un grande bavaglio bianco sul petto. E’ l’unico passeriforme che cerca il cibo sul fondo dei corsi d’acqua seguendoli in montagne fin oltre i 2500 metri di altitudine. Si nutre di larve di insetti (tricotteri, efemerotteri, plecotteri) e a volte anche di crostacei e minuscoli pesci. Di indole timida e sospettosa, spesso staziona sui massi in riva o al centro dei corsi d’acqua.



La ballerina gialla (Motacilla cinerea) è un piccolo passeriforme che vive lungo le sponde dei ruscelli e dei piccoli torrenti di montagna. E’ un uccellino appariscente per il vivace colore delle piume e delle penne e per i movimenti scattanti della coda. Quando procede sul terreno non saltella, ma avanza, camminando normalmente e abbassando la lunga coda, che è costantemente in movimento facendo oscillare tutto il corpo. Per la ballerina gialla l’altitudine elevata non è un problema, nidifica fino ai 2000 m, ma durante la brutta stagione si stabilisce a quote inferiori dove trova cibo con maggiore facilità.




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Una uggiosa mattinata d’inizio ottobre


 … sulle “Pendege” tra Fucine di Ossana e Cortina di Vermiglio


Camminare sulle stradine che si diramano nei dintorni del paese è sempre piacevole, lo è in ogni stagione dell’anno, ma ora, in autunno, con il mutare di giorno in giorno della luce e dei colori lo è ancora di più.  


Lo è anche, anzi, lo è particolarmente, sul viottolo che taglia il versante sinistro della valle tra Fucine di Ossana e Cortina di Vermiglio poco sopra la strada statale del Tonale. E’ questa una bella passeggiata che ripeto da sempre, un camminata su di una pista che  percorro con soddisfazione più volte durante ogni mese dell’anno, ma che ora, all’inizio di ottobre, con la metamorfosi ambientale in atto, è particolarmente coinvolgente facendoti partecipare di persona al rapido cambiamento stagionale.



L’insieme di tutte le latifoglie, degli aceri, delle robinie, delle roverelle, dei pioppi, ciliegi, betulle, salici, frassini e noccioli che coprono buona parte del pendio stanno mutando il loro uniforme, monotono aspetto estivo, si stanno cambiando d’abito, indossano un abito nuovo, un abito diverso per ciascuno di loro... Ogni essenza legnosa, nella quiete ottobrina si sta addobbando a festa, sta indossando vesti più luminose e policrome.



Un incantesimo, una colorata magia che coinvolge anche la vegetazione del versante opposto, il versante ombroso della valle, dove i larici sparsi nella fitta pecceta sempreverde che ricopre il pendio, già accennano ad ingiallire modificando la loro estiva fisionomia.



La spettacolare esplosione dei colori autunnali sta prendendo fuoco. Inizia ora, ai primi di ottobre, esplodendo con delle vampate giallo oro, aranciate e rossastre sparse nel verde estivo ancora qua e là presente… dando origine ad una tavolozza policroma, ad un brillante dipinto ad olio, ad una visione particolarmente sgargiante. Un incantesimo che si palesa all'improvviso nell'aria frizzante dei monti, nel silenzio autunnale, quando la confusione della bella stagione è solo un lontano ricordo.



Un'esplosione di colore, che rievoca i fasti primaverili con l’esibizione una nuova coloratissima e vivacissima “fioritura”. “Fiori” fitti non più bianchi ma rossi sui ciliegi selvatici, diversamente gialli sul pioppo tremulo, sul nocciolo, sull'acero, sulla betulla e più avanti aranciato rossastri sui larici. Bacche rosso lucente sul sorbo, sulla rosa canina, sul crespino, sul biancospino.



Sì, l'autunno è veramente un artista, un paesaggista, alle prese con un'infinita gamma di colori: colori decisi e nitidi se ravvivati dal sole autunnale ancora luminoso ma pure colori più delicati, morbidi e sfumati se offuscati dalla nebbia mattutina durante una uggiosa giornata ottobrina.



In tempi brevissimi l’autunno organizza l’evento più appariscente dell’intera annata: una magia che si accende ovunque, sia sul fondovalle che sui versanti fino alle quote più elevate. Spettacolo stupendo soprattutto nel tardo pomeriggio quando i raggi radenti del tramonto avvampano le calde tinte delle foglie, incendiano il rosso delle chiome dei ciliegi selvatici, i gialli del pioppo tremulo, del nocciolo, dell'acero e della betulla, il brunastro dei larici, il verde vigoroso e persistente degli abeti. Bello.



Ma anche il mattino può riservate delle belle sorprese. Talora offre degli scenari forse meno spettacolari ma comunque sicuramente attraenti anche perché più consoni alla brutta stagione che avanza. Accade infatti, che, dopo la pioggia della notte, la nebbia e le ultime nubi, che ancora invadono  il fondovalle, risalgano i versanti appannando la vista del visitatore:  i contrasti si attenuano, i toni forti sfumano e l’ambiente tutto, assume un fascino mesto arrivando ad insinuare una punta di malinconia in chi vi si trova immerso.



Il paesaggio si fa più piatto, lo sfondo assente, velato, sprofondato nella foschia. Talvolta lo spessore e il candore della bruma è tale da offuscare il percorso, confondere, disorientare… gli alberi sembrano fantasmi, immersi nel nulla, sprofondati in una caligine che smorza il colore del fogliame, ma, nel contempo, esalta l’aspetto spettrale dei rami nudi. Atmosfera fredda, triste, malinconica… ma pure fiabesca, misteriosa, talora inquietante.



La grigia e piovigginosa mattinata di questa mia camminata sulla stradina delle Pendege non è particolarmente nebbiosa, certamente non lo è come lo è stata in altre occasioni. Però... però le nubi basse e la bruma sparsa... l’atmosfera complessiva che ti avvolge, pur vivacizzata dalla ottobrina policromia, riescono comunque a “regalarti” una discreta dose di malinconia. Così come te la “dona” la vista della vuota panchina, strategicamente collocata su di una svolta panoramica del viottolo per accogliere turisti e valligiani durante la bella stagione. Ora, in ottobre, quella panchina mi appare come l’emblema della solitudine, per non dire della desolazione... sembra il preludio alla stagione morta, al freddo e alla neve... 



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