Sui pascoli di Malga Strino a fine primavera



A metà giugno in Val di Sole è ricomparso il sole... è ricomparso il sole, quel sole tanto sospirato... quel sole stabile a lungo atteso, quel sole che si è fatto desiderare per giorni e giorni, per settimane e settimane nel corso di questa anomala primavera, quasi sempre, per non dire sempre, bagnata. E con la ricomparsa del sole posso finalmente raggiungere la Val di Strino, così come vuole la tradizione che, di primavera in primavera, mi vede lassù, ai piedi del Redival, ad assistere allo squagliarsi della neve e al rinverdire dei pascoli. Ma quest'anno sono veramente molto ma veramente molto in ritardo... la primavera è agli sgoccioli, l'estate è alle porte, la neve è solo un ricordo, l'erba è ormai alta, compatta e vigorosa, abbondantemente e costantemente irrorata dalle piogge persistenti.




Una mezz'oretta di tranquilla salita nel bosco, sulla strada militare che porta ai resti dell'austroungarico forte Zaccarana, bella strada bianca che si distacca dalla statale a pochi chilometri dal Passo del Tonale e mi ritrovo, di buon mattino, immerso nel verde dei pascoli più bassi della Val di Strino. I raggi radenti del sole accarezzano l'erba bagnata. Mille minuscole luccicanti goccioline di rugiada illuminano il verde brillante del prato appena appannato, qua e là, dal distendersi delle lunghe ombre dei larici sparsi nel pascolo alberato. Chiari e scuri. Giochi di luce e di ombre profonde, tra le erbe, tra i cespugli e gli alberi radi, tra le macchie dei rossi rododendri appena sbocciati, tra i mille colori del pascolo in fiore.
Osservo, e ammiro avanzando lentamente ma... colpito dall'intenso scampanellio proveniente dalla malga, allungo il passo, mi affretto per cogliere il “momento”: l'apparire in massa delle mucche che, dopo la mungitura mattutina, abbandonano lo stallone allargandosi sul pascolo tra l'abbaiare del cane e gli incitamenti del pastore.




Le mucche si avviano piano piano verso i prati più bassi, dove l'erba è già alta e matura, mentre io, oltrepassati gli edifici della malga, salgo sui soleggiati contrafforti che li sovrastano dove in aprile, allo squagliarsi della neve, sbocciano i miei fiori preferiti, i bianchi anemoni primaverili. Troppo tardi... gli anemoni sono sfioriti, scomparsi nel nulla probabilmente da molte settimane. Ora il ripido verdissimo pendio è macchiato di rosso: è il rosso sgargiante delle infiorescenze del rododendro che si ergono fitte sugli steli cespugliosi, scuri, compatti e intricati sullo sfondo delle cime lontane, ancora ben innevate.
Superato il pendio mi sorprende il fischio della marmotta allarmata dal mio improvviso apparire sul pascolo, ora pianeggiante. La bestiole si è subito inabissata in un profondo buco ma... da quel buco dovrà pur riemergere... Mi siedo sull'erba nei pressi della tana e attendo. Attendo pazientemente che risorga, che affiori nuovamente per spiare e valutare la pericolosità dell'intruso. E come mi aspettavo la marmottina non si fa attendere troppo a lungo, ben presto risale e mi osserva molto sospettosa...




E' arrivata l'ora del rientro. Il sole è alto e caldo. La rugiada che inzuppava il pascolo si è asciugata: le goccioline d'acqua che impregnavano steli e fiori si sono dissolte e lo scintillio dell'erba ai raggi radenti del primo mattino è solo un ricordo.
Raggiungo rapidamente i pascoli più bassi dove ritrovo le mucche del primo mattino, quelle mucche che sembravano essersi volatilizzate, che sembravano scomparse. Mentre riposavo, lassù oltre la malga, attendendo lo sbucare delle marmotte, le mucche non hanno perso tempo, hanno fatto molta strada, sono discese a valle e ora pascolano tranquille, quaggiù, dove l'erba è molto più alta.
Su questi prati trapuntati di gialli ranuncoli, sul pascolo che dischiude la Val di Strino, è ora inevitabile un'ulteriore sosta. Non posso non fermarmi, nonostante l'ora tarda, ad ammirare il grandioso panorama della Presanella e delle cime ancora bianche che la circondano... un paesaggio maestoso e coinvolgente che merita davvero una, seppur breve, interruzione della mia precipitosa discesa a valle...



Tutte le foto dell'escursione in “Google Foto





Concludendo un mio post autunnale dal titolo “Stambecchi in Val di Strino” scrivevo:

<<Il mio sguardo indugia sui pascoli che circondano gli edifici della malga. Osservando attentamente si notano ancora, a distanza di cento anni, le numerose piazzole che ospitarono i baraccamenti dei militari austriaci durante la prima guerra mondiale. La notte del 13 dicembre 1916 (la si ricorda come “Santa Lucia Nera”) la valanga travolse l'intero villaggio militare causando più vittime di quante ne fecero i combattimenti sul fronte del Tonale. Ora, su questo pendio, appena a monte della casera, allo squagliarsi della neve, fioriscono i primi anemoni primaverili. Viene da pensare che la natura non dimentica... sembra quasi che con suoi primi fiori voglia commemorare o quanto meno ricordare quella lontana tragedia e rammentarla a noi distratti e smemorati umani. Chissà... Io comunque al ritorno della primavera sarò quassù, a malga Strino e già mi vedo seduto tra i bianchi anemoni, dopo il lungo inverno... quassù a respirare nuovamente l'aria fina di questi monti.>>




Purtroppo non mi è stato possibile mantenere l'impegno. All'inizio della primavera la neve era ancora molto alta e in seguito le piogge persistenti mi hanno sconsigliato l'escursione. Solo ora, a metà giugno, ho potuto raggiungere la Malga Strino e i suoi dintorni, i luoghi di quella lontana tragedia... ma i bianchi anemoni primaverili non c'erano più, erano fioriti e sfioriti da molto tempo... anche in mia assenza...










Il capitello di San Giorgio



Di questa stupenda betulla rimane solo
qualche mia fotografia e questo mio disegno.
Posta lungo la stradina delle Pendege, nei pressi
del capitello di San Giorgio, è stata abbattuta...
...non si capisce per quale motivo.

Il capitello si trova a metà strada tra Cortina di Vermiglio e Fucine, lungo la stradina di mezzacosta delle Pendege. Fu eretto dalla devozione popolare per ricordare un “miracolo” attribuito a San Giorgio, o forse come ex voto per la grazia da Lui ricevuta. Un piccolo quadretto naìf, posto sul fondo del capitello, raffigura San Giorgio che uccide il Drago, simboleggiando l’eterna lotta del bene contro il male.
Si può raggiungere il capitello partendo sia da Fucine che da Vermiglio: si tratta di una bel percorso che ho già descritto in un altro post.
Lungo questa stradina si trova il “posto delle farfalle” dove si possono fare ottimi scatti di macrofotografia.
Con un pizzico di fortuna. in inverno e primavera in questa zona si incontrano mufloni e caprioli e, all’alba o al crepuscolo, anche qualche cervo e qualche lepre. Ma ci si può ritenere soddisfatti godendo solamente del paesaggio che muta, di giorno in giorno, con le diverse condizioni meteorologiche e con il variare delle stagioni.








Il miracolo di San Giorgio

Quanto sarebbe bello se San Giorgio potesse nuovamente fare miracoli...
combattere e sconfiggere il male cimentandosi con i draghetti della
xenofobia, dell'omotransfobia... dell'intolleranza, del razzismo,
dell'integralismo di tutti i generi e tonalità... che, qua e là, si aggirano
sempre più baldanzosi nelle nostre società. 










Si racconta che, molto indietro nel tempo, una contadina, di Vermiglio, intenta a mietere la segale, aveva lasciato il piccolo figlioletto al margine del campo nei pressi della stradina delle Pendege. Di tanto in tanto lo controllava e, ad un tratto, girato lo sguardo si accorse con terrore che stava giocando con una velenosissima vipera. Implorò i Santi, San Giorgio in particolare, ma ebbe anche l’intuizione e la freddezza di depositare accanto al bimbo una ciotola di latte che aveva portato con sé. L’aspide attratto dall’odore si allontanò e la madre poté trarre in salvo il piccolo.
Un capitello è stato eretto a ricordo di questo episodio, del miracolo o della grazia attribuiti a San Giorgio. Non è però dato sapere se questo episodio sia realmente accaduto o sia leggendario.











Tutte le foto della passeggiata in “Google Photo


Fiori di prato

...sul fondovalle prima dello sfalcio.


Quattro passi di buon mattino nei prati che attorniano il paese...
...Quattro passi veloci, sotto le nubi dense, pronte a scaricare l'immancabile acquazzone, quella fitta pioggia che ogni giorno ci accompagna durante questo mese di maggio così meteorologicamente anomalo. Un rapido giretto nei dintorni lungo le stradine di campagna che tagliano il mare d'erba ondeggiante nella brezza mattutina. Erba alta e fitta che, in attesa della pioggia confida comunque nel prossimo arrivo del bel tempo. Erba che ormai matura attende pazientemente d'essere falciata, essiccata, trasformata in foraggio. Erba che attende l'arrivo del sole, di quell'indispensabile sole, caldo e durevole, che sembra non voler apparire più...




Una leggera sgambata pomeridiana approfittando dell'apparire di una nuovo chiarore con l'improvviso dischiudersi della compatta distesa di nubi finalmente attraversata da qualche tenue raggio luminoso. Una sgambata che permette di ammirare gli stupendi coloratissimi fiori di prato immersi nel verde dell'erba, un verde brillante nel sole del tramonto. Fiori da contemplare, da apprezzare, forse per l'ultima volta, prima dello sfalcio... fiori che, tempo permettendo, tra qualche giorno non ci saranno più, saranno infatti recisi e ridotti in fieno, trasformati in profumatissima erba secca...




Prima dello sfalcio, nei prati di montagna, i fiori sono moltissimi, sono moltissimi, variopinti e in un'ampia molteplicità di specie... Sono un inno alla biodiversità... Sono margherite e pratoline primaverili, campanule, ranuncoli tra cui i botton d'oro, viole, trifogli, erba del cucco, non-ti-scordar-di-me, dente di leone, garofani selvatici e molti altri di cui non conosco in nome, né volgare né scientifico. Nome e cognome che non ho alcuna intenzione di ricercare sfogliando libri su libri, manuali e ancora manuali... Infatti il mio ulteriore girovagare sul fondovalle dopo l'immancabile pioggerella della notte, non riesce ad essere curioso dal punto di vista botanico. E' sopraffatto dalla bellezza di ciò che gli si presenta: attratto solo dalle composizioni, dalle forme e dai colori dei fiori tra le erbe brulicanti di vita, il volo di api e farfalle nelle luci intense e nelle ombre cupe del prato al primo mattino.



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