Nevicata tardiva a Malga Strino


Giugno è ormai alle porte ma la situazione meteorologica è ancora improntata a una notevole variabilità e sembra proprio che il tempo non voglia volgere definitivamente verso il bello, verso la tanto sospirata estate. Giornate soleggiate e tiepide si alternano ad altre fresche, di sole coperto e piovose... e in un pomeriggio particolarmente freddo ritorna la neve ad imbiancare i monti ben al di sotto del limite della vegetazione arborea... e al mattino riecco il cielo limpido e l'aria frizzante... ma è solo un' illusoria ricomparsa dell'inverno, un'apparizione destinata a durare ben poco... solo poche ore e il sole forte di maggio scioglierà la neve e il gelido, candido, luminosissimo artificio si dissolverà nel nulla restituendo al paesaggio la consueta tavolazza di delicati verdi primaverili.


Ma vale la pena approfittarne, salendo lassù, in quota, dove i pascoli e i boschi immersi nell'intensa luce primaverile hanno per un istante riacquistato la loro bianca sembianza invernale.






Lo zainetto con reflex e obiettivi è sempre pronto e in breve raggiungo la strada risalente alla prima guerra mondiale che, distaccandosi dalla statale nei pressi di Passo Tonale, porta al Forte Zaccarana






Meno di mezzora di comoda salita nel bosco, quattro tornanti... e raggiungo i pascoli bassi della Valle di Strino già macchiati, qua e là, dalle prime minuscole chiazze di neve.





Abbandonata la strada militare proseguo verso la Malga tra i fischi di allarme delle marmotte... ed è una fuga precipitosa dai bordi verso il centro dei prati, a cercare rifugio nelle tane scavate nella terra morbida.




Salgo per il largo sentiero che segue il corso del torrente tra i larici in fiore... sempre incantevole queste rosse infiorescenze che daranno origine a piccoli stobili di queste conifere.
Come passa il tempo! Mi sovviene che sul fondovalle, nel mio giardino, il larice è ormai sfiorito da più di un mese.





La montagna si fa sempre più bianca... Avanzo lentamente e dalle pendici boscose che racchiudono la valle di tanto in tanto mi giunge il canto del cuculo e il tambureggiare del picchio.

Mi accorgo che da un canalone coperto da una rada vegetazione arbustiva alcuni maschi di muflone mi stanno osservando. Immobili e allineati... chissà da quanto tempo mi stanno fissando... da lontano li avevo confusi con il tronco di un grosso larice crollato per il fulmine o trascinato dalla valanga. Mi scrutano a lungo prima di allontanarsi piano, piano nel folto del bosco seguiti da due, tre femmine con i piccoli nati da poco.
Sono animali che finora non avevo mai incontrato nella Valle di Strino... Non fanno parte della fauna autoctona, sono stati immessi per scopi di diletto venatorio e a poco a poco stanno colonizzando l'intera Alta Valle di Sole entrando in concorrenza con la fauna indigena, soprattutto con i caprioli e i camosci. 
Non posso non riflettere su quelle che sono le motivazioni, i comportamenti, e quindi il reale ruolo di gran parte dei cacciatori nella pratica della caccia e quelli che invece dovrebbero essere i loro compiti... Un vero, positivo impegno nel servizio di protezione ambientale, di controllo ed eventualmente di gestione della popolazione di ungulati autoctoni esclusivamente nel territorio di competenza... Si perchè, a mio parere, l'attività dei cacciatori nell'abbattimento dei selvatici (oggi preoccupazione prioritaria se non esclusiva) si può rendere necessaria e quindi desiderabile solo in talune particolari situazioni di abnorme crescita di una popolazione in assenza-carenza di predatori naturali... e poi è fuori dubbio che la caccia nulla ha a che vedere con l'introduzione nel nostro territorio di animali che mai ci sono stati... Con il rischio di creare ulteriori squilibri in un ecosistema già compromesso da un'eccessiva antropizzazione. Solo per il gusto di sparare a qualche altro animale?


Non posso non meditare su quale sia la motivazione reale che spinge la maggior parte dei cacciatori a praticare questa attività... attività di caccia che viene, ahimè, da troppi intesa come hobby, come sport, come emozionante avventura di competizione tra uomo e animale alla ricerca del più bel selvatico, del più bel “trofeo” per “addobbare” la propria abitazione... già la parola “trofeo” dice tutto sullo spirito con il quale viene  da molti concepita e praticata la caccia... La caccia così intesa potrebbe portare ad una selezione “alla rovescia” delle popolazioni di ungulati... eliminando gli esemplari più belli, forti, maturi e robusti si finisce a lungo andare con l'indebolire la popolazione compromettendone lo sviluppo futuro.






Ma appare finalmente la Malaga Strino immersa nella distesa bianca fattasi ormai più compatta e continua. Poche centinaia di metri e la meta è raggiunta.




Il sole alto picchia forte sul tetto dello stallone e dissolve rapidamente i pochi centimetri di manto che qua e là ancora lo rivestono... Altra neve resa traslucida dall'acqua di scioglimento scivola lungo le falde e cade rumorosamente a terra sollevando alti schizzi di fanghiglia. Tra poco più di un mese ritorneranno i pastori con le mucche da latte e inizierà nuovamente la produzione dell'aromatico formaggio di malga...





Proseguo poco oltre i mi immergo all'improvviso nel regno delle marmotte che sorprese mi accolgono con un coro di fischi e si rifugiano velocemente nelle loro tane... Nessun timore non ho brutte intenzioni... mi accontento di osservavi rubando magari qualche vostra immagine... solo qualche ricordo di questa escursione in una limpida mattina di maggio...






Lascio il sentiero che conduce alla Città Morta, ai Laghetti di Strino e su fino alla Cima del Redival e salgo solo per poche decine di metri sul pendio sovrastante accomodandomi per benino tra la neve nei pressi di alcune tane.





Mi riposo e attendo paziente che qualche esemplare esca dal suo buco per curiosare. Nel frattempo mi godo l'inconsueto panorama dei pascoli, dei boschi e delle cime bianchi di neve.. mi fa compagnia il richiamo del cuculo e il tambureggiare sempre più frequente del picchio.




Dalle profondità della terra emergono le prime marmotte che attente e sospettose mi controllano senza allontanarsi dall'ingresso del loro rifugio. Escono ma subito si inabissano se qualche mio movimento troppo brusco le insospettisce. Ci sono gli adulti ma soprattutto molti giovani nati lo scorso anno, curiosi e inesperti, che la madre controlla attentamente.





Poi con il trascorrere dei minuti il sospetto e i timore diminuiscono e aumenta la confidenza e, seppure sempre vigili, le marmotte restano all'aperto più a lungo abituandosi ai ripetuti clic dell'otturatore della mia macchina fotografica...






Osservo i cauti tentativi di gioco e le tenere effusioni tra madre e marmottini... un incanto... Uno spettacolo avvincente che spero non finisca mai...




Ma ecco... il rumore sempre più insolente di un'auto... eccola che appare, appena più in basso, sullo stretto sentiero. Avanza lenta... è un grosso SUV.. Le marmotte scompaiono... Chi mai sarà? Sicuramente qualcuno del posto, boscaiolo, pastore, e perchè no, cacciatore, in possesso del permesso “lasciapassare” di percorrenza della strada forestale... ma... la strada termina alla Malga e non si dovrebbe procedere oltre... ma si sa un potente SUV può procedere anche oltre...


Mi avvicino e così posso finalmente conoscere un cacciatore “esperto” e il suo compagno che sono giunti fin quassù per programmare la posa delle “saline” e delle relative postazioni di tiro. Persone socievoli, piacevoli nella conversazione con le quali mi intrattengo a lungo... Ci accomuna l'interesse, forse anche l'amore per la natura, per la montagna, che però evidentemente si manifesta in modi diversi... certo, è inevitabile... si parla anche di caccia... e di cacciatori... soprattutto delle motivazioni razionali e irrazionali che spingono a praticare la caccia... di quale dovrebbe essere e di quale sia nella realtà il ruolo di molti cacciatore nella gestione della fauna selvatica...


A mio parere, ormai è chiaro, i cacciatori dovrebbero avere solo ed esclusivamente un ruolo di servizio, di intervento solo in caso di estrema necessità... un intervento, se richiesto, volto solo a ristabilire,  la corretta consistenza delle popolazioni di selvatici in relazione al grado di sostenibilità ambientale... valutata da esperti e per bene... Quasi una azione di volontariato per la salvaguardia di un equilibrio che la natura non è talvolta in in grado di riattivare da sola... e qui evidentemente le opinioni mie e dei due cacciatori appena conosciuti divergono... Li saluto cordialmente non dopo aver ottenuto qualche informazione sulla presenza degli stambecchi, delle pernici bianche e delle coturnici sulle creste che incoronano la valle.





Si è fatto tardi, devo rientrare... percorro velocemente a ritroso la stradina che scende costeggiando il rio e di tanto in tanto mi fermo per godere con tranquillità dell'incantevole panorama.





La neve si sta squagliando rapidamente, il manto bianco sul versante più solatio è arretrato, si è ritirarsi molto più in alto. Chiazze verdi sempre più ampie si aprono anche sui pascoli della malga: il sole picchia, fa caldo e mezzogiorno è alle porte.







In breve raggiungo i prati più bassi, fradici e brillantemente verdi, trapuntati di ranuncoli e genziane. Da qui si ammira il grandioso panorama sulle cime tutte bianche dellaPresanella.








Nonostante l'ora tarda è inevitabile un'ulteriore sosta, non posso non fermarmi ad ammirare un paesaggio così maestoso e coinvolgente...


Pentak K5 con obiettivi Pentax - 300 mm f 4.0 e zoom  18-55 mm f 3.5-5.6


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...dalle cime al fondovalle...

…camosci, fiori e farfalle in cinque vecchi fotomontaggi...



Vecchie diapositive di molti anni fa (ormai veramente molti), digitalizzate con il mio “antico” scanner casalingo... e subito unite a comporre immagini un po' grezze ma che, a mio parere, ancora oggi conservano, un certo fascino. Fascino che, almeno per due o tre fotomantaggi, spero sia reale, effettivo e non risieda solo nella mia mente, legata al nostalgico ricordo di alcuni scatti di altri tempi... scatti "preziosi"...



Scatti “preziosi” perché a quei tempi ogni foto analogica, ogni clic di cattura erano unici e andavano meditati, soppesati e costruiti per bene... Non si poteva sprecare... Erano solo 36 i fotogrammii disponibili per un rullino di diapositive e nelle mie “uscite”, nelle brevi sgambate come nelle lunghe scarpinate sui monti, portavo solo due, a volte tre, al massimo quattro rullini. Tempi lontanissimi... Oggi con il “digitale” non ci sono limiti ai clic, si può “sparare”, “catturare”, sperimentare liberamente e velocemente anche se  troppo spesso a scapito di una fotografia veramente ragionata e ben costruita...




Sono immagini queste, recuperate dalla mia raccolta di fotografie analogiche nel mio ampio archivio fotografico. Sono camosci sullo sfondo delle cime del Parco Nazionale dello Stelvio (cime Vioz e Cevedale), sono fiori di montagna, funghi, farfalle... Sono questi i soggetti che ho sempre ripreso, che prediligo e che ancora oggi mi diletto a immortalare.




Si, sono sempre le stesse cose, gli stessi animali, le stesse piante, fiori, insetti... gli stessi soliti panorami... però si sa, all'aperto le condizioni di ripresa variano continuamente... cambiano con il trascorrere delle stagioni, dei mesi, delle settimane ...  mutano di giorno in giorno con le diverse situazioni meteorologiche e... con il passare delle ore la luce è sempre diversa... Tutto questo rende nuovi e quindi sempre attraenti e appetibili anche quel soggetti che si sono già fotografato più e più volte...



Per scoprire “cose” affascinanti, per sperimentare e immortalare soggetti interessanti non è indispensabile percorrere l'intero globo, ci si può accontentare di un ambiente ristretto... quello che conta è saper osservare cogliendo gli infiniti aspetti di ciò che ci circonda, approfondendo la conoscenza dei minuscoli-immensi universi in cui si è di volta in volta immersi... Anche l'ambiente di una piccola valle, come la Val di Sole, offre grandi opportunità all'amante della natura e in particolare a chi si diletta di disegno, di pittura e di fotografia naturalistica...

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Pioggia di maggio sui pascoli della Val Piana

Avevo sognato ben altre imprese ma l' estrema variabilità del tempo con la pioggia a tratti fin troppo insistente e la neve che è ricomparsa alle quote più elevate mi hanno costretto a minimizzare i miei progetti.



Così mi devo accontentare di semplici passeggiate nei dintorni del paese... Salgo quindi nella bella Val Piana per percorrerne i vasti pascoli e i boschetti che li contornano in una uggiosa giornata di un maggio appena inoltrato.



Le pendici dei monti che rinserrano la minuscola valle e le vette ancora ben innevate che le fanno da sfondo ( il Giner, il Corno di Bon...) sono immersi in una nebbia fitta che solo raramente si dirada permettendo di scoprire la bellezza, il fascino di un ambiente alpestre aspro e selvaggio.






Mi accompagna una sottile pioggerella che di tanto in tanto si fa più intensa costringendomi ad aprire il mio grande ombrello. Raramente appare il sole, un sole pallido che solo per qualche istante riesce a fatica a squarciare lo spesso strato di nubi per rischiarare brevemente il prato della malga.






Mi muovo piano, procedo tranquillo senza una meta precisa... mi sposto qua e là attratto dalla particolare forma di una roccia rivestita di muschio che emerge dal prato...





...dai fantasiosi grovigli dei licheni sulla corteccia di un vecchio e rinsecchito albero di larice, morto ma ancora saldamente in pedi o dall'inconsueto intrico dei tronchi di ontano bianco al margine del bosco...






Sono affascinato dal luccicante cespuglio di berberis con le delicate foglioline appena spuntate tra le vecchi aculei intrisi d'acqua.





Nell'erba bassa del prato appare all'improvviso il “trofeo” del cervo... abbandonato, perso... caduto dal capo dell'animale intento a brucare nel buio di una notte d'aprile i primi teneri germogli spuntati nel fondovalle ormai privo di neve.








Poi i fiori di maggio sul pascolo verde grondante di pioggia.






Sono primule, viole, genziane, ranuncoli, impreziositi da mille minuscole gocce d'acqua...






Il lento girovagare mi conduce nel bosco, mi porta ad imboccare e a procedere brevemente lungo il sentiero diretto alle alte cime della Val Piana...







Intreccio di bianchi licheni tra i teneri aghi del vecchio larice... Fughi compatti e rossicci sulla ceppaia marcescente dell'abete...





Muschi e felci nascenti sui resti bruni e fradici delle felci appassite. Erba nuova sul tappeto scuro di foglie dello scorso autunno... foglie morte e grondanti di betulla, di acero, di salice, di sambuco, di sorbo... e nuovi morbidi germogli su tutti gli alberi, su tutti i cespugli...







Gli ultimi anemoni triloba negli angoli più gelidi, e i crochi nella minuscole radure dove la neve si è sciolta da poco.






I fiori viola e blu intenso della Pulmonaria officinalis e le distese di bianchi fiorellini dell'Oxalis acetosella che attendono il sole per asciugarsi e aprire completamente le loro delicate corolle.







Ritorno sui miei passi e percorro a ritroso la valle seguendo il corso del torrente immerso nella macchia di conifere che lo costeggia.






Verde... una lunga distesa verde... una distesa di verde liquido e brillante, una distesa di muschi e di mille virgulti appena spuntati ai piedi degli abeti... un tappeto verde, pulito e continuo... 







La primavera verde ormai procede al galoppo anche a queste quote, anche quassù nella bella Val Piana...




Di questa località ho scritto e pubblicato moltissime foto, numerosi filmati e alcuni miei disegni in altri post: “Val Piana come la vedo io”, “El sinter delalec”, “Sas Pisador”, “Val piana in inverno", "Val Piana".

Pentax K5 con obiettivo originale 100 mm f2.8 macro

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