Sui prati di Val Piana prima che arrivi la neve...

 

...... prima che arrivi la neve... che li copra prematuramente come accadde lo scorso anno proprio in questo periodo, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre.




Eccomi quindi in Val Piana per contemplarla ancora una volta nella sua veste autunnale, per perdermi tra i suoi pascoli ancora verdi e nei suoi ormai policromi boschetti.

Sono arrivato quassù di buon mattino salendo per la ripida scorciatoia del “sinter dela lec” e ora, all’altezza del capitello di S. Antonio, attraversata “la Fos” (rio Foce), raggiungo i “pradi alti” percorrendo per un breve tratto l’antica mulattiera del “Selvat”.




Quale migliore punto di partenza per questa mia passeggiata in Val Piana dei “prati alti”? Da quassù, da questo piatto ed esteso rilievo la vista si apre sull’intera vallata svelando per intero il tortuoso tragitto del torrentello che l’attraversa, l’ampiezza dei pascoli e dei boschetti sul piano e sui primi pendii racchiusi da quei ripidi versanti selvosi che sullo sfondo si dissolvono nelle pareti rocciose delle cime Caldura, Giner e Venezia.




Sono solo. Non si vede e non si sente nessuno. Tutto è silenzio… un silenzio irreale dopo l’andirivieni estivo dei turisti appiedati o in automobile. Non si odono più i campanacci delle mucche al pascolo come non si ode più l’abbaiare dei cani da pastore e il richiamo gracchiante dei malgari…

Su questa minuscola altura fa anche freddino: un fresco ma fortunatamente lieve venticello scorre sulla pelle, punge le mani, rallenta i movimenti…




Il sole inizia ad illuminare le creste rocciose più elevate e, a poco a poco, i suoi raggi arrivano anche a sfiorare gli alti e erti pendii della “Colem del Doss” ravvivando gli ottobrini colori dei larici e delle latifoglie che li rivestono.

Prime luci… chiarori che però interessano solo le alture di una Val Piana per il resto ancora totalmente immersa nell’ombra. Paesaggio freddo, quasi in bianco e nero, colori soffocati... panorama sobrio, spoglio, talmente spento da sembrare un po' inquietante…




Avanzo lentamente percorrendo per intero i “prati alti” poi scendo sul fondovalle dove proseguo camminando sia sul pascolo che, a tratti, sulla strada bianca e da ultimo su di uno stretto sentierino che costeggia il rio inserendosi sulla mulattiera che porta alla cascata del "Sas Pisador". Un percorso non programmato, suggerito solo da ciò che al momento mi attrae, dal desiderio di scoprire e di immortalare le bellezze della Val Piana da punti diversi, da diverse angolature.




Vagando di qua e di là, cerco di immortalare i pendii conquistati dal sole con i loro caldi colori autunnali (che coprono ormai una buona parte del versante che guarda ad oriente). Li contrappongo alla monotonia cromatica del versante ancora in ombra e soprattutto all’opacità del fondovalle velato dalla caligine che si leva dalla terra bagnata.




Cosa mi attrae? Mi attrae la vista delle cime nitide e ben illuminate che si distaccano nettamente dall’ampio fondovalle nebbioso. Mi attraggono di ramaglie di larice o di ontano prive di foglie e ricche solo di scuri licheni da porre in primo piano sul luminoso sfondo di picchi rocciosi. Mi attraggono i giochi di luce dei primi raggi di sole che occhieggiano dalle creste della "Piramide" tra le punte scintillanti dei larici e degli abeti di alta montagna. Questo e altro è quello che mi interessa suggerendomi le continue deviazioni dal percorso canonico, dal tragitto più breve per arrivare al "Sas Pisador", meta ultima di questa mia ottobrina uscita.




Dopo tanto girovagare, eccomi finalmente ai piedi del "Sas Pisador". E’ questo un angolo della Val Piana particolarmente suggestivo, è una cascatella sempre bella da vedere anche se oggi è ancora in ombra e l’acqua che precipita è veramente poca: nonostante la pioggia dell’ultimo periodo, la portata del rivo che discente dai ripidi pendii della "Colem del Dos" risente ancora della siccità estiva.




Stupore! Abbandono lo scuro e malinconico sito della cascata e percorso lo stretto e scuro sentierino immerso nel bosco arrivo alla "Malga di Val Piana" e, sorpresa, mi trovo improvvisamente di fronte ad un ambiente completamente diverso, un ambiente luminosissimo. Mentre mi attardavo ad ammirare le magre acque del Sas Pisador la luce del sole era scivolata lungo il pendio selvoso conquistandolo rapidamente, albero dopo albero... aveva raggiunto, filo d'erba dopo filo d'erba, anche i prati del fondovalle che ora erano rischiarati quasi per intero.




Un nuovo lieve tepore aveva invaso la valle... prodigioso effetto dell’irraggiamento solare autunnale, fiacco ma evidentemente ancora sufficientemente caldo. I pascoli grondanti di rugiada, inondati di luce risorgevano a nuova vita, si animavano, scintillavano accarezzati dai primi raggi del sole… Quei prati però ben presto però si offuscavano mascherati dalla caligine che si levava dall’erba e dal terreno intiepidito... La bruma aleggiava ovunque anche in alto, fino a nascondere, a tratti, anche le cime più elevate.




La luce nuova si estendeva, con il trascorrere dei minuti, raggiungeva anche gli angoli più nascosti, più bui e riparati, sfiorava i cespi erbosi e i cespugli spinosi cresciuti al riparo dei muretti a secco... e nuova nebbia nasceva. nebbia che penetrava ovunque, si dilatava, si restringeva, si compattava e si disperdeva… Nebbia che avvolgeva i pascoli e gli alberi sparsi... ma che ben presto si diradava, si dissolveva, scompariva riconsegnando la Val Piana alla luce del sole... donandomi finalmente un paesaggio  nitido e vivace nella sua ottobrina policromia.



Si ritorna a casa. Lasciati le distese erbose più prossime alla malga mi dirigo verso il fondovalle. Imbocco la stradina che segue il torrente lasciandola solo saltuariamente per penetrare, appena appena, in alcune rade macchie boscose che a tratti la costeggiano. In quei boschetti il sole occhieggia tra i rami delle conifere, i suoi raggi giocano a rimpiattino con le cime degli abeti e dei larici raggiungendo a stento il suolo dove, nei recessi più ombrosi, resiste ancora la rugiada e pure qualche candido fiore di gelo a riprova che l’autunno c’è, che è veramente arrivato. Come non immalinconirsi davanti a quel gelo, come non pensare che ben presto anche l’intera Val Piana si coprirà di brina e poi, se l’inverno non sarà siccitoso come la scorsa estate, si coprirà anche di neve. Ma questo non è decisamente un bel pensare... Meglio proseguire... andare oltre.



Trovi tutte le foto in Google Foto



Autunno a Malga Pecé

 


Ottobrina passeggiata (2-3 ore) dal parcheggio nei pressi della Baita Velon fino a Malga Pecè (1500 m slm) che ho portato a termine percorrendo all’andata la stradina che si inoltra sul pianoro della Val Vermiglio attraversando l’ampia distesa prativa fino a raggiungere poco prima della malga e del suo pascolo il bosco di conifere sulle prime pendici del versante sinistro della valle; al ritorno invece, dalla malga al parcheggio, percorrendo la strada bianca (dopo aver oltrepassato il torrente) ai piedi del versante opposto, il versante più fresco, quasi sempre immerso in una selva ombrosa di abeti rossi (passeggiata delle Viscle).




La malga è situata al margine superiore del pascolo dove il pendio erboso abbandona la sua moderata pendenza ed inizia a farsi erto, selvaggio e interamente ricoperto dal bosco. Dalla malga e dai suoi dintorni più prossimi la vista si estende dai prati e dai boschetti di fondovalle fino alle rocce e ai ghiacciai delle cime sovrastanti. Un gradevole panorama.




Ma anche il complesso della malga con lo stallone e la casetta dei pastori o casera che sia, costituisce un rustico insieme esteticamente gradevole anche se non particolarmente pittoresco. Ambedue gli edifici sembrano in buono stato di conservazione ed è alquanto sconfortante vedere come ultimamente non siano stati utilizzati, non vi sia stata alcuna attività di monticazione (così almeno mi è parso). L’erba del pascolo sottostante non è stata brucato durante l’ultima estate e forse anche durante la stagione precedente. Peccato...




E’ veramente un peccato che questo come altri analoghi siti di montagna vengano abbandonati destinandoli ad un inevitabile degrado. E’ un peccato che le risorse della montagna, il suoi patrimoni di profumatissimi pascoli, non vengano più utilizzati come sempre si è fatto in passato, come si faceva fino a pochi decenni fa prima che la ricca “monocoltura” del turismo si imponesse su tutto rendendo marginale l’agricoltura di montagna e, in generale, limitando la diversificazione economica, inibendo lo sviluppo di qualsiasi altra possibile importante opzione produttiva. Auguriamoci che il cambiamento climatico o altri, sempre possibili negativi accadimenti (vedi covid) non creino, alla “monocoltura” turistica di massa , difficoltà tali da metterla in crisi perché in questo malaugurato caso le alternative per il sostentamento per una buona fetta della popolazione sarebbero ben poche, ci troveremmo del tutto impreparati: la nostra economia basata in massima parte sul turismo è ricca ma probabilmente anche molto fragile.



Quando tre anni fa transitai da queste parti diretto alla conca del Presena la malga era aperta, lo stallone ospitava un gregge di capre, e nella casetta venivano offerti i prodotti della lavorazione del latte. Ora sembra che questa attività sia cessata e questo dispiace anche perché, vista la particolare collocazione di questa malga forse ci sarebbe la possibilità di un suo utilizzo anche in chiave turistica (tanto per rimanere in tema di “monocoltura”…). Infatti accanto alla malga Pecè “scorrono” sempre più numerosi i bikers che salgono o scendono al o dal Passo Tonale lungo la ex strada militare che durante la grande guerra portava al fronte e probabilmente in futuro questa via verrà sempre più frequentata con la sua sistemazione a pista ciclopedonale percorribile da chiunque (asfaltata? Bene o male che sia...) Ci sarebbe quindi la possibilità di un rilancio della malga in chiave agrituristica e come punto di ristoro di cicloturisti e affini…




Nel frattempo, a proposito della “grande guerra”, bene sarebbe che “qualcuno” si occupasse di rendere nota ai passanti (con delle tavole illustrative o altro) l’importante funzione svolta dalla malga durante quel conflitto. La malga Pecé fu infatti sede del sottocomando del “Rayon II Tonale” attinente il fronte sul versante orografico destro della Val Vermiglio. Inoltre da questo sito transitarono i rifornimenti e le truppe destinate all’Alta Val Presena chiusa tra i Monticelli e la Busazza passando per le cime del Castellaccio, Lagoscuro e Presena. Sarebbe auspicabile che venisse in qualche modo ricordato.



Trovi tutte le foto in "Google Foto"