Laghetto della Lama

Lo scorso ottobre sono ritornato, dopo alcuni anni, con il mio amico Germano, al laghetto della Lama.
Non siamo saliti da Malgamare per il sentiero che porta alla diga del Careser: percorso canonico, più breve (circa un'oretta) e frequentato.  Siamo partiti da Malga Pontevecchio imboccando il sentierino che si dirama all'inizio della mulattiera che porta a malga Verdignana. Questo sentiero si congiunge in quota con quello proveniente dalle Malghe Levi-Verdignana collegandosi poi, attraversata la zona del Cavaion, al  sentiero del Careser, poco a monte del nostro laghetto. Questo percorso consente di percorrere boschi, radure e praterie alpine molto frequentati da cervi e camosci. Noi non siamo stati particolarmente fortunati e gli avvistamenti sono stati minimi. Raggiunta però l'area della Lama abbiamo potuto osservare e fotografare numerosi camosci soprattutto nei dintorni del lago. Stupenda giornata, una delle poche dopo un'estate e un principio d'autunno particolarmente piovosi.




Riposando sulla riva ho raccontato al mio amico di quando, molti anni prima, mi recavo, da solo, in questo luogo (altri tempi, altra energia!), di sera, dopo il tramonto per fotografare il cielo con la luna piena sullo sfondo del lago. Belle diapositive! Poi di notte scendevo a Malgamare illuminando il tracciato con la fioca luce della piccola pila frontale. 
Ho ricordato e raccontato all'amico  anche l'apparizione improvvisa di una stupenda volpe già in abito invernale. Mi sorprese mentre sonnecchiavo al sole di novembre, con mio fratello, sul bordo del lago. Velocemente riuscii a ricuperare la reflex e a scattare qualche foto prima che il selvatico notasse la nostra presenza e si allontanasse tranquillamente. A quei tempi riprendere gli animali nel loro ambiente non era così semplice come lo è ora con il digitale! Si doveva necessariamente mettere a fuoco manualmente e inoltre l'impiego di pellicole poco sensibili comportava l'utilizzo del treppiede per evitare il mosso. Questo fatto oltre a rallentare la messa a punto dell'inquadratura incideva anche sul peso dello zaino da trasportare in località spesso impervie. Bei tempi comunque e belle emozioni!



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Per escursioni alla "Lama" e in generale nel Parco Naturale dello Stelvio consiglio queste due guide:
  • Parco Nazionale dello Stelvio - 64 percorsi naturalistici - di Walter Frigo.
  • Escursioni - Parco dello Stelvio - Trentino e Alto Adige - Itinerari fuoriporta - di Paolo Turetti e Tiziano Mochen.
 Naturalmente si trovano numerose altre guide...

"El sinter de la lec"

Lungo il "sinter della lec" verso Val Piana
Bello questo sentiero che dall'abitato di Ossana conduce in poco più di mezz'ora in Val Piana. Suggestivo, con un tracciato molto particolare che costeggia nel suo tratto iniziale una "lec" che nel dialetto locale sta ad indicare una canaletta di irrigazione. La lec trasporta l'acqua nei prati sottostanti prelevandola del torrente "Fos": il Rio Val Piana. Nel secondo tratto il sentiero si inerpica accanto al rio ed è veramente spettacolare soprattutto durante i mesi primaverili quando il torrente si gonfia d'acqua per lo scioglimento delle nevi sul monte Giner o durante le piene nei periodi di forti piogge estive o autunnali.
Ho selezionato alcune immagini del percorso; altre che presento più sotto sono state trattate in HDR in modo molto pittorico ma certamente poco realistico!
Ho postato anche un video realizzato alcuni anni fa con filmini ripresi con la macchina fotografica: non è certo di grande qualità ma dà sicuramente un'idea di cosa si può osservare percorrendo il sentiero.



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Una versione del video a risoluzione migliore si trova in YouTube

Il posto delle farfalle

Amata phegea

Durante la bella stagione mi reco alcune volte al "posto delle farfalle". E' vicino a casa mia, a Fucine, sulle Pendege: poco a monte del paese, alla base del monte Boai, lungo la stradina che porta a Cortina di Vermiglio: quindici minuti di strada. Nel tratto iniziale di questa stradina, in un ripido e rado bosco di larici, abeti e latifoglie, in estate fiorisce una grande varietà di specie erbacee. Il terreno è a tratti arido e roccioso, a tratti invece più umido e fertile e ciò favorisce una buona biodiversità. Nelle giornate soleggiate e poco ventose assisto ad una incredibile presenza numerica di farfalle e di altri  insetti anche se  non sembra esserci una grande varietà di specie.
Se ho ben classificato (non sono certo uno specialista), sono almeno presenti: melanargia galathea, lycaena dispar, cupido argiades, polyommatus icarus, zygaena filipendulae, amata phegea, argynnis adippe. Soprattutto impressiona il volo di numerose parnassius apollo, un bella, farfalla bianca con macchie rosse e nere, considerata in via di estinzione in molte zone. Osservo e fotografo per catturare e conservare forme e colori.
Utilizzo un monopiede per avere una certa stabilità e la Pentak K5 con il teleobiettivo che uso per per la "caccia fortografica", un pentax 300 mm f 4 di notevole qualità. Mi consente di avvicinarmi fino a un metro e mezzo, distanza che non disturba il soggetto e permette di ottenere un discreto ingrandimento sfocando per bene lo sfondo. Recentemente ho acquistato un teleconverter 1.4 che mantiene gli automatismi e che dà buoni risultati se usato con diaframma abbastanza chiuso: mi riprometto di collaudarlo, anche con la ripresa delle farfalle, la prossima stagione, assieme a un obiettivo macro che ho intenzione di procurarmi per completare il mio corredo.



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Per una semplice classificazione delle farfalle su base fotografica consiglio questo sito

Non solo sci


Non solo sci ma anche escursioni con le racchette da neve nei boschi e nei parchi naturali, salutari passeggiate lungo le stradine della valle, visite ai musei, alle biblioteche, alle antiche chiese e ai castelli, ai piccoli e caratteristici villaggi sui versanti soleggiati... Non solo discese con gli sci... la valle offre anche molto altro per chi ne sa approfittare.


La scorsa estate durante le gite sui monti di Marilleva-Daolasa e di Malga Vagliana verso il Grostè non riuscii a scattare una fotografia al panorama senza inserirvi qualche "pittoresco" manufatto: stazioni di partenza e di arrivo degli impianti a fune, tralicci, edifici di vario genere, cannoni da neve, strade di servizio, piste da sci scolpite nel bosco... Paesaggio naturale compromesso ma non sono certo i danni paesaggistici l'aspetto più deleterio di una antropizzazione eccessiva della montagna. Ben più grave è l'impatto sull'equilibrio dell'ecosistema boschivo e alpino in generale e le conseguenze sulla stabilità dei versanti e sull'efficacia del bosco nella regimazione delle acque piovane. Senza considerare la devastazione urbanistica, e architettonica di certe stazioni turistiche in quota.


Incentivando la fruizione turistica diversificata del nostro patrimonio naturale, artistico e storico si potrebbe ridurre la pratica dello sci da discesa, pur indispensabile per l'economia della valle, contenendo il numero degli impianti e delle piste attualmente in costante aumento. Chiediamoci inoltre se il cambiamento climatico in atto garantirà anche per il futuro una presenza costante di neve sulle nostre montagne. Personalmente nutro seri dubbi. Si andrà avanti in eterno con i cannoni per la neve artificiale ricamando nelle verdi abetaie assurde serpentine bianche? 
Una camminata tranquilla, tra prati e boschi, possibilmente ben innevati, godendo di un ambiente e di un panorama magici può sostituire un andirivieni di continue salite in seggiovia e discese sugli sci. Pensiamoci.




Guarda le fotografie nella raccolta foto di Google+ dell'aspetto invernale della ciclabile tra Marilleva 900 e Pellizzano: una incantevole passeggiata!

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Castello di San Michele


Il 6 luglio è stato inaugurato il castello di San Michele dopo i lavori di consolidamento e restauro ed è ora visitabile.

Il Ciccolini scriveva nel suo storico testo "Ossana nelle sue memorie" (che invito a consultare):




Ossana e il suo castello

"Che cosa ci resta dell'agguerrito castello San Michele, che i Federici ricostruirono nella prima metà del quattrocento? Il mastio, alto, severo e mesto come cippi funebre su d'una balza dirupata,che gli serve di piedestallo; ai suoi piedi il deserto maniero, rotto ai venti e alle navi. Tutto intorno è scompiglio e rovina e le mura di cinta male proteggono dall'occhio del curioso, come dall'uragano, lo sfacelo di antiche e superbe grandezze. I merli sono caduti, si sfasciarono le stanze, franarono gli avvolti e sotto le macerie stanno confusi e affratellati i modiglioni della gronda e la botola della prigione, l'altare della cappella e  la pietra che celava il trabocchetto. E dove sono i caminetti, gli alari, le mazze, i trofei, le stoviglie e i monili? perchè non si ode più il fragore dell'armi, il cigolio della saracinesca e del ponte levatoio e il desiato suono della diana? perchè non si diffondono nella quita notte stellata, il rumore della danza, il canto del menestrello e le melodie del liuto e della mandola?......" 



Ora le rovine del castello sono state consolidate e restaurate, gli scavi hanno permesso di aggiornare la storia del castello collocando la sua origine più indietro nel tempo, si sono rinvenuti numerosi reperti che saranno disposti nel centro visitatori all'interno delle mura. E' possibile salire in sicurezza in cima al mastio e godere di uno stupendo panorama.

Ho trovato un bellissimo video in internet che spiega le origini e la storia del castello e illustra le modalità degli interventi di restauro. Consiglio la sua visione. Inoltre dettagliate informazioni sull'origine e la storia del castello si trovano nel testo di Udalrico Fantelli, "Ossana,storia di una comunità" reperibile presso le biblioteche della valle.

Ricordo che da scolaro, delle elementari, ero affascinato e attratto da questi ruderi imponenti e dal massiccio mastio che domina il paese dall'alto di una collinetta rocciosa. Fantasticavo, cercando di immaginare quale poteva essere l'aspetto del castello nei secoli passati e come si poteva svolgere la vita al suo intero e nel territorio circostante. Con gli amici si giocava ai castellani immedesimandosi  nelle antiche leggende sui conti Federici. Avrei voluto visitarlo ma i proprietari, che noi piccoli temevamo molto, ne vietavano l'ingresso. Io e i miei compagni dovevamo limitarci a scalare le pareti dello sperone roccioso per cogliere le prime rare viole mammole fiorite ai primi tepori di fine inverno La neve era ancora presente sui prati circostanti. E' trascorso qualche decennio ma riesco ancora ad emozionarmi alla vista del castello illuminato di notte o dopo il temporale con lo sfondo dell'arcobaleno sulla valle.

Qualche anno fa feci alcuni disegni del castello (usando semplicemente un tratto pen nero e dell'acqua) riprendendolo da diverse angolazioni. Più avanti rielaborai questi lavori al computer rifinendoli e colorandoli. Il risultato, che qui potete vedere, è appeso ad una parete nel soggiorno, accanto alla stufa a ole. Sono alcuni piccoli quadri. Non sono dei capolavori ma mi piace tenerli in casa perchè mi ricordano la mia valle e il castello di San Michele.

Spiaz dei spini




Lo "spiaz dei spini", detto anche "el fil" dista meno di un chilometro da Fucine; è in riva al torrente Vermigliana, sulla sponda destra. Si può raggiungere comodamente anche in automobile da quando la stradina che lo costeggia e che porta al dissabbiatore del nuovo impianto idroelettrico, è stata allargata e resa praticabile. Si tratta di un grande piazzale attualmente adibito a deposito del legname disboscato ma che nei tempi andati era semplicemente una radura ricca di "spini", berberis vulgaris, tra i boschi di abeti rossi e larici.Ricordo che quando ero bambino vi si svolgevano improvvisate e incredibili partite di calcio, su un terreno leggermente pendente, con massi sporgenti e con il pallone che volava spesso nel torrente dove qualche temerario si lanciava per recuperarlo.

Oggi, nella bella stagione, è meta di molti turisti e valligiani, di pescatori, fungaioli, cicloturisti, praticanti di yogging... Il breve itinerario è piacevole, al fresco, tra i boschi e in riva al torrente che accompagna con il suo mormorio. In inverno la vecchia stradina non era praticabile se non con ciaspole o sci. Oggi la strada viene sistematicamente sgomberata dalla neve fino alle opere di presa della centrale, per cui, se non si teme il freddo, si può comodamente andare al  "Fil" anche durante la brutta stagione. Lo scorso anno, in dicembre, ho potuto immortalare un merlo acquaiolo intento a cibarsi di un avannotto (mai osservato prima), dei germani reali che discendevano il torrente (provenienti dai laghetti di Vermiglio?),e un airone cenerino, raramente visibile così in quota.





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Solo due siti per chi fosse interessato alle notizie sulla centrale idroelettrica da poco inaugurata e che si trova all'inizio del percorso. Clicca qui e qui.


Laghetti di Strino




Molti ricordi mi legano alla Valle di Strino: le passeggiate con la famiglia alle malghe Strino, Mezzolo e al forte Zaccarana, le escursioni con i figli ormai cresciuti, con amici e colleghi di lavoro ai laghetti di Strino e alla Città Morta, la salita al monte Redival, la discesa in val del Monte attraverso la Bocchetta di Strino e la Val Comicciolo, la notte in tenda nei pressi dei laghi e la salita al buio sui crinali soprastanti per fotografare l'alba... Stupenda questa valle! Indimenticabile il panorama che si gode dai laghetti verso la Presanella.



Ogni anno mi reco più volte in questa valle. In aprile, con i pascoli bassi in parte ancora coperti di neve, per fotografare le marmotte da poco uscite dal letargo invernale e i caprioli intenti a brucare i primi crochi. Non è raro avvistare la volpe o l'aquila che perlustrano la valle a caccia di marmotte o il cervo che con le prime luci del giorno si ritira nella boscaglia. Più avanti, in maggio, dopo aver raccolto qualche cespo di radicchio dell'orso lungo la strada militare, posso ammirare e fotografare, sui prati a monte della malga, i primi fiori, pulsatilla vernalis, soldanella alpina, daphne mezereum...

Quando la neve inizia a ritirarsi anche alle quote più elevate salgo ai laghetti o alla Città Morta e se le forze me lo consentono alla Bocchetta di Strino. Fotografo e rifotografo i laghi con lo sfondo del Gruppo della Presanella: molte immagini sempre diverse al variare della stagione, dell'ora, delle condizioni meteorologiche. Con il binocolo cerco di individuare stambecchi e camosci ma raramente riesco ad avvistare qualche esemplare in lontananza. Insisto e non mi scoraggio e prima o poi riuscirò a fotografare qualche esemplare magari con lo sfondo del Torrione di Albiolo: ritornerò... Se il cielo si copre scendo velocemente a valle: i temporali estivi in questa zona sono improvvisi e violenti.




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Molti anni fa il sentiero, allora poco frequentato, che potava ai laghetti era solo una traccia a tratti confusa e indistinguibile: ora il percorso, in parte rinnovato, è comodo e ben segnato. Sono numerose le indicazioni anche per deviare verso Malga Mezzolo, Bait del Vedeler, Valli Saviana e Verniana, forti Mero e Zaccarana, Città Morta, Torrione di Albiolo...

Per conoscere le vicende che si svolsero in questa piccola valle durante la prima guerre mondiale consiglio la lettura di "La prima guerra mondiale sui monti del Tonale. Storia, luoghi, itinerari." di Daniele Bertolini. Il testo presenta interessanti percorsi alla scoperta del luoghi della guerra. Alla guida è allegata una carta topografica molto ben fatta. Altre notizie e indicazioni per gli escursionisti si possono trovare qui e qui e altre numerose si possono cercare navigando in internet soprattutto in relazione al fronte del Tonale nella grande guerra.