Il sole dopo la pioggia

Forme e colori nel bosco a fine aprile

La primavera era iniziata bene, forse troppo bene... mi ero illuso che il bel tempo durasse ancora a lungo ma così non doveve essere. Con le ultime giornate di aprile da nord è sceso il vento forte e freddo che ha gelato le mie aspettative assieme alla stupenda fioritura delle mie antiche piante da frutta... il maltempo ha portato pioggia ghiacciata e neve... neve che ha rivestito non solo le cime più alte ma anche i paesi in quota e... qualche  bianca spruzzata si è vista anche sul fondovalle.
Viene da pensare, da sospettare che questo improvviso succedersi di periodi anormalmente asciutti e bagnati, molto caldi e molto freddi sia da imputarsi al cambiamento climatico in atto di cui tanto si discute... non lo voglio credere... sarebbe troppo... i sospetti sono spesso influenzati, quasi incentivati dalle "faccende", dai problemi di cui si continua a parlare sui media e spesso si tende a non razionalizzare e a farsi suggestionare... A mio ricordo la neve ad aprile e anche a maggio è scesa altre volte anche se è pur vero che questi particolari accadimenti si sono fatti più frequenti negli ultimi anni.


Prendo la primavera così com'è... approfitto della estrema variabilità del tempo, della pioggia che inzuppa la valle e del vento e sole che subito l'asciuga, per cogliere qualche aspetto inusuale del bosco che si risveglia dopo il lungo riposo invernale.
Le cortecce e i licheni fradici, i muschi grondanti, le gocce che che brillano sui rami nudi, sulle foglie ancora tenere, sui fiori e sulle erbe, possono regalare immagini inconsuete della vegetazione a fine aprile.




Cammino lento sulla stradina che taglia il versante a monte del Forno di Noval e mi inoltro nel folto dei boschetti del Fil... procedo attento tra gli alberi e osservo... osservo i grandi pioppi tremuli con la scorza bagnata ricamata di licheni gialli, il fungo rosso e bruno sul tronco marcescente, le incredibili forme arricciate dei germogli di felce, i rametti ancora spogli del frassino carichi di pioggia, il verde tenero ravvivato dal sole delle foglioline del sambuco, del nocciolo, del salicone, del sorbo e della betulla... osservo l'infinita gamma di colori delicati che la primavera dona al bosco, colori destinati ad uniformarsi con il sopraggiungere dell'estate. Osservo i fiori grondanti dell'acetosella... arranco lungo la scarpata e osservo in controluce le primule e le viole trafitte dai raggi di sole... e nella zona più fredda scopro gli ultimi anemoni epatica.



Osservo e mi perdo nel bosco incantato dalla vegetazione nascente... il tempo possa e non me ne accorgo... avanzo piano, esplorando ogni angolo alla ricerca di composizioni, di forme e di colori che la pioggia arricchisce e il sole fa risplendere...


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Pentax K5 con 100 mm f 2.8 macro

Il Lago di Celentino sulla "Via delle Malghe"


...tra malga Monte e malga Campo


Ritorno dopo alcuni anni al Lago di Celentino, in compagnia del mio amico che mai vi era stato. Prendo la via ripida e quindi più rapida che un tempo ormai lontano sceglievo frequentemente e non solo di giorno... talvolta salivo per questa “via direttissima” nelle notti d'inizio maggio, calpestando l'ultima neve con le “ciaspole” ai piedi, per raggiungere velocemente i dintorni del lago dove attendevo l'alba trepidante, nell'attesa del canto e della danza del gallo forcello in amore.
Questo tracciato si distacca dalla strada forestale che da Celentino porta a Malga Campo in corrispondenza del tornante che lascia a valle i prati falciabili per inoltrarsi definitivamente nel bosco. La stradina che si imbocca sulla destra, dopo aver parcheggiato l'auto in uno slargo, sale erta fino a raggiungere il sentiero che proviene dal fondovalle, dal paese di Cusiano. Sentiero questo, che ultimamente è stato allargato e sistemato e che porta direttamente in riva al lago senza il problema di perderne la traccia come accadeva un tempo particolarmente nelle notti di primavera senza luna... Sono comunque molte altre le possibilità di raggiungere questo incantevole sito, alcune sicuramente più agevoli e tranquille ma con tempi di percorrenza di molto dilatati. Si può salire sia dal versante di Celentino che da quello di Termenago – Castello – Ortisè per vari tracciati, sentieri, stradine e strade più o meno comode e panoramiche... 





Così dopo la faticosa scarpinata rivedo con emozione il lago di Cellantino e i suoi dintorni ormai quasi totalmente privi di neve in una mattinata di metà aprile, stupendamente limpida. Ammiro l'ampio panorama sul gruppo Ortles-Cevedale e Adamello-Presanella con le bianche cime del Vioz e del Taviela, il Boai, la Cima Vemezia e la Presanella solo per citare le più note e più elevate.


L'erba dei pascoli e delle radure nelle peccete che circondano il lago è secca, bruno-giallastra. La neve si è sciolta da poco e per il momento spuntano solo i crochi e qualche isolato anemone. Si dovrà ancora attendere a lungo prima che la zona si copra dei mille colori dei fiori dell'alpe... che si copra di quell'erba nuova che ancora "rivedo" nei miei ricordi più belli... Anche la vegetazione che da sempre ha invaso e coperto l'intera superficie del lago, riducendolo ad un “lago che non c'è”, ad una piccola distesa palustre, è “bruciata” dal gelo e prostrata dalla neve invernale...




Osservo con un certo sconcerto che sono state scavate alcune grandi fosse all'interno della superficie del lago, lungo le sue sponde. Sono profonde, scure, colme d'acqua buia... Come mai? Non riesco a comprendere le finalità di tale intervento che ha certamente sconvolto l'equilibrio secolare di questo particolare biotopo... Motivi di studio, di ricerca o un semplice tentativo di ricuperare il “laghetto che non c'è” ossigenandolo, svuotandolo dai depositi, dalla torba e quant'altro?





Il lago di Celentino si trova lungo la “via delle malghe”a metà strada tra la malga Monte e la malga Campo. Decido, con il mio amico di scarpinare ulteriormente raggiungendo ambedue le malghe. Proseguo quindi sulla antica stradina in leggerissima salita che porta a malga Monte (e prosegue poi per malga Pozze, Vallenaia...). Durante il tragitto di una quarantina di minuti si apre l'ampio panorama sui vasti pascoli delle Pozze dominati dalla cima Vegaia e sulle propaggini “solandre” del gruppo del Brenta. In lontananza si scorgono distintamente pure le dolomiti sudtirolesi...



Malga Monte è stata recentemente ricostruita sulle sue rovine rispettando l'antica architettura secondo il criterio “dove era e come era”. Lo “stalon” dovrebbe essere ora destinato a locale per attività didattico-ricreative e forestali con allestimenti tematici... portando così in quota il “Piccolo mondo alpino” dell' Ecomuseo della Val di Peio. Credo che una parte della costruzione sia adibita a bivacco per i pastori degli ovini all'alpeggio o per gli escursionisti... Purtroppo, come era prevedibile e naturale, vista la stagione, trovo l'edificio del tutto chiuso.... e quindi non visitabile.



Ritorno sui miei passi e raggiungo nuovamente il Lago di Cellentino. Imbocco quindi il sentiero che porta a malga Campo non prima di aver aver consultato gli interessantissimi tabelloni del “Paesaggio alpino–passato e presente” sull' “Albero della storia”, il grande albero stilizzato, un abete artificiale tutto in legno massiccio che purtroppo, a mio parere, mal si integra nello stupendo contesto ambientale... Molto più adatte, meno impattanti, le bacheche illustrative disposte lungo il sentiero della “Via delle malghe”....



Anche malga Campo è stata recentemente totalmente ristrutturata e la scorsa estate funzionava da locanda ospitando escursionisti e turisti. Nell'antico “baito” è stato allestito il “Museo della Malga”' un sito di notevole pregio etnografico che conserva inalterati i locali, gli oggetti, gli attrezzi e il focolare aperto, segni di un passato non del tutto remoto ma ormai lontano nel nostro attuale modo di vivere. Un piccolo fabbricato, appena a valle della malga è stato pure risistemato ed è adibito a bivacco per gli escursionisti.




Come c'era da attendersi anche a malga Campo trovo tutte le entrate sprangate e dovrò quindi aspettare l'estate per visitare questo edificio così ben ristrutturato... Per il momento, prima della discesa a valle per la strada forestale che porta a Celentino, mi devo accontentare, si fa per dire, dello stupendo panorama sulle cime ancora abbondantemente innevate.




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Questi i titoli di altri tabelloni dell'albero della Storia: "Il paesaggio naturale e quello culturale" - "Il clima influenza il paesaggio e la vita della gente" - "La storia dell'antica industria del ferro" - "L'effetto dell'industria del ferro sulla vita della gente" - "Le prime fasi dell'alpeggio" -  "I cambiamenti climatici delle Alpi"
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Primavera appena fuori l'uscio di casa


Inizio aprile nel giardino di casa.




Ai primi di aprile la neve nel prato di casa mia si è quasi del tutto sciolta, ne rimangono solo alcune piccole chiazze negli angoli più freddi e ombrosi che però sono destinate a durare ben poco... Il sole è ormai tiepido e la natura si risveglia in fretta  anche nel giardino che circonda la mia abitazione in Val di Sole. Giardino, il mio, che ha ben poco del classico giardino: è un prato in gran parte coperto da alberi da frutta, meli e peri di antiche varietà, qualche ciliegio, marasco e susino, un albicocco, alcuno cespugli di nocciolo e di piccoli frutti... e il vecchio noce. Non mancano le essenze arboree selvatiche tra le quali emerge un altissimo vecchio larice.





Poi gli orti di famiglia... che occupano molta terra... Un ambiente variegato, favorevole all'attecchimento di una grande varietà di fiori selvatici e alla presenza di innumerevoli uccelli che spesso nidificano tra le fronde degli alberi o nei nidi artificiali che da tempo ho predisposto.







E' finalmente primavera e il prato si copre a poco a poco di bianchi “crochi” che ben presto sfioriscono lasciando il posto alle “pratoline” e ai “non ti scordar di me”.





Negli angoli più soleggiati è da tempo sbocciato qualche “anemone epatica” e moltissime “primule” a cui si aggiungono ben presto delle “violette” e i piccoli fiori dell'”acetosella". Una grande varietà di colori che riscalda il cuore dopo il lungo monotono e opaco inverno.




La ballerina bianca percorre frenetica il prato in lungo e in largo in cerca di larve mentre, di tanto in tanto compaiono alcune coppie di ciuffolotti che molto più sospettosi toccano terra cautamente ai piedi dell'acero per raccoglierne i semi dispersi sul suolo ancora brullo. Non mancano i fringuelli e i passeri e naturalmente le cinciarelle e le cinciallegre che svolazzano di ramo in ramo a caccia di insetti.





E' riapparso anche il pettirosso e qualche codirosso... e il codirosso spazzacamino con il suo capo tutto nero. Si fa sentire anche il torcicollo che per il momento sembra però preferire il frutteto dei vicini. Uno scoiattolo rossiccio si arrampica sul larice... è inavvicinabile...






Le ghiandaie hanno ripreso a frequentare il prato. Planano solitamente in coppia alla ricerca delle noci che sono qua e là riapparse sul terreno dopo che la neve si è del tutto squagliata.




Con mia grande sorpresa riecco anche il picchio rosso maggiore che avevo già osservato durante il periodo natalizio... probabilmente una femmina, pure lei intenta a raccogliere noci di cui si ciba dopo averle ben bene sistemate in una nicchia sul tronco dell'amareno per poterne più facilmente rompere il guscio. E' spesso accompagnata da alcuni uccellini più piccoli, cince e fringuelli, sempre pronti ad approfittare degli avanzi del suo pasto.


Osservazioni primaverili che si possono fare semplicemente guardando dalla finestra o muovendo solo pochi passi oltre l'uscio di casa. Osservazioni che spero siano solo il preludio a qualche bella passeggiata ed escursione ora che l'inverno è solo un ricordo...


Pentax K5 con 300 mm f 4.0  e 100 mm f 2.8 macro - mano libera


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Camminando nel bosco dopo l'inverno








All'inizio di aprile si respira aria nuova, un'aria diversa, un'aria che sa davvero di primavera.
La neve che ha coperto la valle durante il mese di marzo è sparita da tempo anche se alcune macchie immacolate perdurano sulle coste più fredde ed ombrose.
Il verde tenero dei prati, solo qua e là chiazzato dai bianchi e violetti crochi,  contrasta con il candore delle cime più elevate.






E' proprio primavera... ed è bello camminare immersi nel suo profumo per le stradine che tagliano i versanti appena sopra il fondovalle.





Profumo di terra bagnata e morbida.
Profumo dell'ultima neve che si squaglia al tiepido sole di aprile, con l'acqua che infradicia le zolle erbose della scarpata e inonda il sentiero.
Profumo di fiori... profumo dei fiori gialli e maturi del Salix caprea, trasportato dal vento con le nuvole di polline degli alberi in amore.






E' bello sostare ad ammirare i rami dei vecchi larici colmi di infiorescenze rosse e di verdi, teneri ciuffetti d'aghi appena spuntati.





Cogliere sul terreno, ai piedi del nocciolo tra le cortecce e le foglie secche, il vivace splendore dell'Anemone Epatica sbocciato da poco o il pallido biancore del Crocus che cerca di mimetizzarsi tra paglie e erbe morte.








E' bello incantarsi davanti ai fiori cresciuti in riva al ruscello sul terreno sabbioso e umido: il bianco Petasites Albus e il giallo Tussilago Farfara, infiorescenze che vanno guardate da vicino, quasi con la lente d'ingrandimento, per ammirare la magnificenza dei minuscoli fiorellini che le compongono...






E' bello immergersi in una natura che riprende vigore dopo la pausa invernale. Sedersi ed ascoltare il canto degli uccelli in amore ed osservare i loro acrobatici inseguimenti. Spiare la cincia mora che gorgheggia sul ramo del nocciolo e vola via, intenta a perlustrare il territorio a caccia di una cavità adatta alla nidificazione.





Camminare in silenzio, con passo leggero, felpato, senza far rumore, sperando di incontrare il capriolo intento a brucare i crochi nella radura o la femmina gravida del muflone alla ricerca di un sito tranquillo per mettere al mondo il suo agnellino...







Si, è proprio bello scarpinare nei boschi della valle quando inizia ad esplodere la primavera e il ciclo della vita ricomincia il suo cammino...   











Pentak K5 - con 300 mm f 4.0 e 100 mm f 2.8 macro


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Sul pascolo di Malga Frattasecca Alta


Non era lì che volevo di andare...


Primi giorni di ottobre. Iniziava appena, appena a schiarire... Mi trovavo sulla stradina che porta a malga Giumela, sul versante che degrada ripido verso il Lago del Palù. Ero salito nel buio della notte dal Fontanino di Pejo dove avevo parcheggiato la macchina. Volevo raggiungere i pascoli alti delle Mandriole per osservare i cervi in amore ed ascoltare i loro ardenti bramiti. Il cielo era coperto, non una stella e alle primissime luci dell'alba si intravedevano solo nuvoloni minacciosi e carichi di pioggia. In lontananza,  verso le estreme propaggini montuose della Val del Monte, emergevano, tra le nebbie scure, la cresta innevata dell'Ercavallo e quella che sembrava essere la cima  del Corno dei Tre Signori. Le luci dei fari sul coronamento della diga si specchiavano  nel lago tremolando spettrali sulle acque increspate dalla forte brezza del mattino. C'era aria di bufera, di temporale fuori stagione o almeno così mi sembrava, impressionato com'ero, dall'anomala oscurità e dallo sciacquio che saliva sempre più intenso dal bacino sottostante. No, forse era meglio rinunciare, era meglio non rischiare... Peccato! Il periodo del bramito del cervo è così breve, sono pochi giorni da sfruttare per fissare qualche ricordo e qualche bella immagine. Meglio rientrare... Ero molto indeciso ma... ci saranno altre occasioni, pensai e rassegnato, anche se non del tutto convinto,  ritornai sui miei passi...





Sulla via del ritorno inaspettatamente il cielo inizia a schiarire, le nubi qua e là si aprono, il tempo migliora. Ormai è troppo tardi per risalire alle Mandriole ma non per scegliere una meta più abbordabile, raggiungibile in poco tempo... vada per i pascoli di Malga Frattasecca Alta dove altre volte mi era capitato di osservare non solo alcuni cervi ma anche qualche camoscio e capriolo.

Lascio l'auto sotto  Malga Frattasecca Bassa e imbocco la strada militare che porta verso le fortificazioni di Frattasecca, la Val dei Orsi e il "Senter dei Todeschi” e mi avvio rincuorato e pieno di speranza. Salgo rapidamente ma... non si arriva mai... Strada lunga, lunga... si avanza, si cammina e si cammina e non si sale. La pendenza che caratterzza tutte le belle strade militari costruite dagli austriaci prima e durante la grande guerra è veramente minima. Sono strade realizzate a regola d'arte che ancora oggi si conservano ottimamente ma non certo adatte per chi ha fretta, per chi deve procedere velocemente... perchè il sole è già alto e i cervi non aspettano... Finalmente raggiungo il quarto tornante e devio per un centinaio di metri sulla stradina che porta al pascolo della malga di Frattasecca Alta.

Avanzo con cautela, senza far rumore, pieno di speranza... Speranza vana purtroppo, nessun selvatico è al pascolo. Probabilmente è  troppo tardi... il sole è già alto... Oggi butta proprio male... Mi accontento del bel panorama, dello spettacolo del sole che emerge dalle creste della ValComasine e che gioca a nascondino con le nubi ancora dense e scure. Mi godo la vista dello sperone roccioso della Val Comiciolo su cui lontanissima, appena percettibile, volteggia un'aquila. Osservo dall'alto il forte Barbadifior che spicca chiaro tra le ombre del fondovalle. Assisto al roteare della poiana tra bosco e pascolo. Mi godo i giochi di luci e di ombre  e a poco a poco la delusione si attenua. La delusione di una giornata nata male ma che tutto sommato non si è poi rivelata  così negativa.



Le malghe Di Frattasecca Bassa e Alta, dette anche malghe di Termenago di Sotto e di Sopra, sono di proprietà dell'ASUC (Amministrazione Separata dei beni di Uso Civico) di Termengo, frazione del Comune di Pellizzano pur essendo interamente circondate dal comune di Pejo. La malga Bassa, recentemente ristrutturata, si trova poco più di un chilometro da Pejo Terme sulla strada che porta al Fontanino. Da tempo non è più monticata ed è adibita a ristorante. Il pascolo è stato trasformato in area attrezzata per picnic.
La Malga Alta, abbandonata alla fine degli anni '60 è ormai ridotta ad un misero rudere. Il suo pascolo è attraversato da un sentierino che si collega a quello proveniente dal fondovalle, al sentiero del “Percorso dellaGrande Guerra” che tocca il Forte Barbadifior e sale verso le trincee e i bunker di Frattasecca dopo aver attraversato la strada che va al Fontanino e, per l'appunto, il pascolo di Malga Frattasecca Alta.

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