Ricordando i colori dell'autunno




Come sta ormai diventando consuetudine anche quest'anno la neve si è fatta attendere a lungo. E' comparsa copiosa solo all'inizio di febbraio, anche alle quote medio basse, illuminando un paesaggio ombroso fatto di prati brunastri e boschi lugubri qua e là solcati da innaturali serpentine candide: piste da sci all'uopo artificiosamente sbiancate...





Per lunghi mesi ho cercato di coglier un panorama od uno scorcio minimamente accattivante. Nulla. La valle, anche a mezzogiorno, quando il sole, seppure basso riusciva comunque a rischiararla, era triste, scialba nei suoi colori smorti. Mancava la neve... e a nulla valevano le mie recriminazioni contro un'umanità sconsiderata responsabile del cambiamento climatico. Mancava la neve... quella neve che, sempre in passato, aveva contrassegnato il paesaggio invernale della montagna, che lo aveva qualificato rendendolo unico.




Ma poi, seppure con enorme ritardo, la neve tanto invocata è arrivata, abbondante e ha avvolto la valle nel suo candido manto trasfigurandola... e ha finalmente fagocitato i bizzarri nastri bianchi incollati sui pascoli e sui boschi per il diletto degli “sportivi” ad ogni costo.
Panorama incantevole, suggestivo, immacolato nel sole di febbraio... Il profumo di neve e di ghiaccio, i rumori limati, l'ambiente ripulito e levigato infondevano tranquillità, serenità... ma poi.....






...Poi, a lungo andare, il gelo, l'uniformità dell'ambiente, il dominio del bianco, la totale assenza di colore immalinconiscono e inducono a desiderare tinte più vivaci e forti, insinuano la voglia di una natura più calda, varia e allegra.




Non manca molto... presto sarà primavera e con la primavera riemergerà il colore, riemergerà dai prati e dai boschi di una valle ora del tutto affogata nel candore della neve.
Attendo pazientemente e nell'attesa di tempi migliori, nell'attesa della primavera, sfoglio l'album dei ricordi più recenti, l'album con le immagini dell'autunno fatte di coloratissimi scampoli di natura ottobrina, di scorci vivaci, di panorami che riscaldano il cuore.





Lo spettacolo della natura addobbata a festa nella pace autunnale, lo spettacolo della valle vestita d'abiti policromi e festosi allontana l'immagine della fredda cappa bianca che ora l'avvolge. Un incantesimo che allontana il pensiero dall'assedio della neve e dalla penetrante sensazione di freddo. Una coloratissima magia che allontana la mente dalle meditazioni… che la distoglie dall'inconcludente rimuginare... dall'attesa di tempi migliori.


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Un castello nella nebbia


Nebbia nebbia e nebbia allegorica sul castello di San Michele a Ossana



Bello il castello di San Michele a Ossana, suggestivo con il suo massiccio mastio e i resti del palazzo e delle mura di cinta avvolti dalla nebbia dopo una fitta nevicata...
Imponente e austero domina dall'alto della rupe rocciosa un paesaggio offuscato, spento e grigiastro... piatto. Immagine severa e coinvolgente che richiama alla memoria quanto scrisse il Ciccolini nel suo storico volume “Ossana nelle sue memorie”:

"Che cosa ci resta dell'agguerrito castello San Michele, che i Federici ricostruirono nella prima metà del quattrocento? Il mastio, alto, severo e mesto come cippo funebre su d'una balza dirupata,che gli serve di piedestallo; ai suoi piedi il deserto maniero, rotto ai venti e alle nevi. Tutto intorno è scompiglio e rovina e le mura di cinta male proteggono dall'occhio del curioso, come dall'uragano, lo sfacelo di antiche e superbe grandezze. I merli sono caduti, si sfasciarono le stanze, franarono gli avvolti e sotto le macerie stanno confusi e affratellati i modiglioni della gronda e la botola della prigione, l'altare della cappella e  la pietra che celava il trabocchetto. E dove sono i caminetti, gli alari, le mazze, i trofei, le stoviglie e i monili? perchè non si ode più il fragore dell'armi, il cigolio della saracinesca e del ponte levatoio e il desiato suono della diana? perchè non si diffondono nella quieta notte stellata, il rumore della danza, il canto del menestrello e le melodie del liuto e della mandola?......" 

Poetico e desolato affresco che ben si confà alla fredda, nebbiosa e malinconica atmosfera che oggi avvolge il castello di San Michele.



Maniero che però, da alcuni anni, non è più quello così poeticamente descritto dal nostro Autore, non è più una desolata accozzaglia di mura cadenti. I suoi resti sono stati consolidati e ora sono visitabili in tutta sicurezza. L'imponente torre è stata restaurata e resa agibile: dalla sua sommità si può godere di un ampio e incantevole panorama. Gli scavi effettuati e i conseguenti ritrovamenti hanno consentito di aggiornare la storia del castello collocando la sua origine più indietro nel tempo. I reperti rinvenuti dovrebbero, prima o poi, essere collocati in uno dei padiglioni realizzati all'interno delle mura.


Oggi però la caligine che avviluppa gli ombrosi bastioni non può non richiamare alla mente anche la caligine che talvolta aleggia sulle modalità di conduzione, o se vogliamo sulla governance, del bel castello, quando è aperto al pubblico. A parer mio sembra mancare una linea di condotta precisa, ben determinata; mancano delle direttive univoche nel proporre e gestire le iniziative e le manifestazioni che via, via, vengono offerte al turista o valligiano che sia.. Sembra quasi che l'obiettivo, questo sì, almeno apparentemente, esclusivo ed inoppugnabile, sia quello di attrarre un numero sempre maggiore di visitatori, a qualsiasi costo, con qualsiasi mezzo o artificio che dir si voglia...


Quando, durante il periodo natalizio, alzando gli occhi, dalla strada provinciale, tra la casa del Tonino e il “maso” dei Rossi, intravidi spuntare dalle antiche mura del castello una delle casette del mercatino natalizio con, inchiodata sul retro, un'impattante gigantesca scritta rossa che invitava al... “vin brulè”, beh... mi caddero le braccia... Non che non ami il vin brulè e tutti gli altri analoghi generi di conforto ma trasformare l'antico maniero in una estemporanea rivendita di articoli vari, come accade da alcuni anni in concomitanza con la rassegna dei presepi, non mi è parsa sicuramente una buona idee... “Un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto...”: mi dissi.



Forse è giunta l'ora di scegliere... Così, almeno io, penso. Si vuole un castello della “storia raccontata e illustrata”, un castello delle fantastiche leggende, un castello della cappella di San Michele, dei Federici, degli Heydorff, dei Bertelli... un castello per delle interessanti mostre, un castello per ricordare Iacopo Acconcio e per ammirare le immagini della Casa degli affreschi o un castello per il vin brulè? La convivenza tra i due castelli mi sembra del tutto inopportuna e, a lungo andare, improduttiva... è una convivenza che confonde, confonde il visitatore, confonde la vista, confonde la percezione del castello e che sicuramente ne annebbia le prospettive...



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Aggiornamento 
dicembre 2019



Durante le festività di fine anno, le visite al bel castello, nel borgo dei 1000 presepi (ora 1600 presepi ?), paesello, per troppi aspetti reso ormai simile al “Paese dei balocchi”, rimangono all'insegna dei “DOLCI e VIN BRULE'".



Un anno in riva al torrente Vermigliana


Il succedersi delle stagioni lungo il corso d'acqua che da Vermiglio scende verso Fucine



Inverno




Soprattutto grazie alle bizzarrie meteorologiche, provocate dal riscaldamento globale, l'aspetto del torrente Vermigliana muta di anno in anno... di periodo in periodo ma anche di settimana in settimana durante la stessa stagione, in modo più evidente durante la stagione fredda.
Fino a pochi decenni fa, nel tardo autunno e in inverno, la neve scendeva sempre copiosa coprendo abbondantemente non solo i grossi massi emergenti nell'angusto canalone del torrente, ma pure le sue ripe cespugliose e i suoi dintorni selvosi. La coltre bianca, spessa e piatta, uniformemente distesa sul lo stretto fondovalle, occultava alla vista le acque del torrente e ne rendeva impercettibile il magro scorrere assorbendone il mormorio. Era un paesaggio magico, tutto bianco, che oggi capita di osservare raramente, un panorama che sta diventando veramente insolito, per non dire straordinario...
Ma consoliamoci: la temperatura che, in questa zona perennemente senza sole, non sale mai sopra lo zero (almeno finora), dona comunque gelidi scorci, viste di inaspettata bellezza. Quaggiù, nell'ombroso vallone del Vermigliana, sono la brina e la galaverna ma soprattutto il ghiaccio a farla da padroni. Quaggiù il freddo gela il paesaggio.... In inverno l'umidità si condensa in minuscole formazioni di ghiaccio che rivestono di un sottile velo candido i massi scuri sparsi nell'alveo. La galaverna copre la sabbia e i piccoli ciottoli distesi sulle rive del torrente, copre le erbe secche, i lunghi steli rigidi e i fitti cespugli sui suoi argini. Li ammanta di acuminati cristalli bianchi creando un glaciale fondale al lento, quasi impercettibile fluire delle acque.
Con il freddo le acque del torrente che precipitano, rimbalzano e schizzano nell'alveo sconnesso si consolidano, a poco a poco, sulle rocce e sui sassi affioranti. Gli spruzzi solidificano in placche di gelo traslucide o si condensano in luminose, astratte sculture di cristallo. Una vivacità ghiacciata fatta di inaspettati chiarori, di bagliori, di luci riflesse, scomposte e amplificate nell'opaco ambiente invernale, un ambiente ancora del tutto privo del candore della neve.
Il ghiaccio si stratifica in formazioni sempre più spesse, composite, sempre più complesse, governato dal freddo e dal mutare del percorso delle acque che, avanzando lentamente, vanno via via solidificando... A poco a poco, ingloba i sassi e i macigni sparsi nell'alveo... e il ghiaccio aumenta ancora di spessore arrivando ad incorporare i polloni di salice cresciuti sulle minuscole golene a monte delle briglie...
Il ghiaccio è acqua prigioniera, è acqua indurita dal freddo, che vive durante il lungo periodo invernale un'esistenza diversa, tutta sua, particolare... un'esistenza statica, immobile, sfiorata dallo scorrere dell'acqua liquida, l'acqua libera, dinamica che le passa accanto, che la sfiora sottraendosi però alla morsa del gelo.
Natura nuda e congelata lungo e sul torrente, natura che, seppure con moto ritardo, come ormai solitamente accade, la neve alla fine riuscirà a ricoprire... Sarà un manto nevoso che l'alternarsi del freddo pungente, del caldo improvviso, della pioggia fuori stagione, della nebbia e del vento, trasformerà continuamente... Sarà una instancabile metamorfosi fino alla definitiva scomparsa al sopraggiungere del caldo primaverile.

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Primavera




Le lastre ghiacciate che celavano le acque del torrente sono scomparse da tempo e ora, al tepore del sole d'inizio d'aprile, anche gli ultimi accumuli di neve invernale, lungo gli argini più freschi, si stanno squagliando.
Ma non sempre c'è il sole... Il clima primaverile riserva sempre più spesso degli eventi inattesi, soprattutto delle sorprendenti gelate tardive o delle nevicate talvolta più copiose di quelle invernali.
E' risaputo che in primavera l'atmosfera è solitamente più umida, che il tempo è mutevole, ma l'estremizzazione degli accadimenti meteorologici dovuti al riscaldamento globale ultimamente ci mette del suo... sempre di più... I venti sono più intensi, il freddo o il caldo sono fuori misura, la pioggia... o manca o è violenta e persistente e... e le nevicate si fanno sempre più frequenti. Così anche la portata dei torrenti in questo periodo è molto variabile, dipendente, come inevitabilmente consegue, dalla quantità e qualità delle precipitazioni, dalle nevicate fuori stagione, dalla copertura del cielo, da un sole più o meno in grado di sciogliere la neve ancora abbondantemente presente sui versanti dei monti. Il Vermigliana, come gli altri corsi d'acqua della valle, in primavera modifica quindi il suo aspetto di settimana in settimana ma pure di giorno in giorno: muta la quantità d'acqua che vi scorre, la sua limpidezza, il colore e i riflessi della sua superficie... a seconda della luminosità del cielo e dell'ambiente circostante che vi si specchia.
Ma siamo in primavera... e dopo l'inverno, prima o poi, sbucano, nei dintorni del torrente, i primi fiori. L'Anemone triloba, al margine del bosco, annuncia per primo l'arrivo della bella stagione. A ruota seguono i fiori del croco che pitturano di bianco e di viola prati e pascoli. In contemporanea a confermare il definitivo distacco dalla stagione fredda sono, lungo gli argini ghiaiosi del torrente, le piccole piantine pioniere di Tussilago farfaro con i fiori dalle gialle corolle, piantine accompagnate qua e là, nelle zone più umide, dal farfaraccio (la Petasites alba dalle candide infiorescenze). Poi ai primi di maggio, appaiono i vigorosi germogli dell'asparago di bosco, l'Aruncus dioicus, per la gioia dell'amante delle erbe selvatiche, delle erbe commestibili e saporite. I primi ritrovamenti aprono il cuore di questo raccoglitore che però con si accontenta e che, sulle ripide sponde del Vermigliana, rovistando a lungo tra i polloni in fiore del salicone, riesce a scovare, ma solo se l'andamento meteorologico è favorevole, anche numerose spugnole dei pioppi (Ptychoverpa bhoemica), i primi funghetti della stagione. Più avanti, a primavera ormai inoltrata, saranno invece i cespugli della rosa canina ad attrarre l'attenzione del nostro ricercatore ma anche di ogni altro passante. Li vedranno distendere baldanzosamente le loro fronde spinose sul torrente quasi volessero vanitosamente specchiare i loro stupendi fiori rosati nelle sue limpide acque.

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Estate




Quando, verso la metà di luglio, nei pressi del torrente i prati e i boschi sono sfioriti da tempo e l'ambiente ha ormai assunto una monotona tonalità verde smeraldo, ecco, quasi all'improvviso, comparire estese chiazze intensamente colorate... Sono le piante dell'epilobio, i fiori di Sant'Anna, che cresciuti alti e vigorosi tra la sabbia e le pietre degli argini del nostro corso d'acqua, è ora in grado di dischiudere le sue vistose infiorescenze color fucsia all'intensa attività delle api e di altri numerosi insetti.
E' una pianta frugale quella dell'epilobio, una pianta colonizzatrice dei terreni minerali ma è pure una pianta igrofila che quindi ben si adatta a svilupparsi sulle ripe dei torrenti, allo stesso tempo ghiaiose e umide. A metà estate sono rimasti solo i suoi fiori a ravvivare con ampie macchie di colore la verdastra uniformità delle rive del Vermigliana. Sì, perché il paesaggio che si incontra durante i mesi estivi, lungo il corso del torrente, ha ben poco altro di variopinto ed attraente. Il sole è sempre alto e solo all'alba e al tramonto riesce a suscitare qualche scintillante gioco di luce lambendo con i suoi raggi la superficie delle acque più calme e gli schizzi tra i massi affioranti delle rapide. Inoltre la portata durante i mesi estivi solitamente non varia molto, è quasi sempre costante ed è generalmente abbondante alimentata com'è dal disfacimento dei ghiacciai che di anno in anno si fa sempre più intenso. Un “regalo” del riscaldamento globale... così come la scarsa limpidezza delle acque che dagli alti pendii non più coperti dal ghiaccio, dalle morene denudate, trascinano a valle limo e sabbia in grande quantità.
Durante le afose giornate estive resta comunque gradevole passeggiare lungo le sponde del torrente accarezzati dalla fresca e umida brezza che sale dalle acque tumultuose. E' bello soffermarsi, di tanto in tanto, ad osservare il precipitare delle acque dalle briglie che tagliano il torrente come è piacevole sostare per ammirare le strategiche manovre e le movenze del pescatore sportivo intento alla cattura di qualche trota nelle acque di un torrente fattosi meno impetuoso e più limpido... Sì, perchè  la fine dell'estate è ormai prossima...

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Autunno




Alla fine di settembre e all'inizio d'ottobre il sole rischiara ancora la stradina che costeggiano il torrente e pure il bosco che la circonda... Quel bosco che si sta lentamente cambiando d'abito, che sta indossando il vestito autunnale fatto di calde tonalità, di colori forti e decisi. Al verde dell'estate predilige il rosso, l'arancione e il giallo... Il sole ormai basso accarezza i suoi alberi, da mane a sera, proiettandone le ombre sul torrente. E sono ombre lunghe, oscure, che si distendono sui tratti più ripidi e tumultuosi del corso d'acqua, cancellando i mille bagliori dei suoi spruzzi scintillanti ma sono pure sagome cupe che calano sulle ampie e pianeggianti distese d'acqua appena ondulata a monte delle briglie.
Più avanti, con l'avanzare della stagione, il sole inizia a nascondersi dietro i monti e più non rischiara il torrente e la stradina che lo accompagna. I suoi raggi raggiungono solamente il versante a mezzogiorno illuminandone i ripidi pendii boscosi.... E quel ripido bosco che si specchia nel torrente... Le acque, perennemente in ombra, si ravvivano e mille chiarori dorati si diffondono sulla loro superficie. I colori ramati dei larici, delle roverelle, delle erbe rinsecchite vibrano sull'acqua increspata... Mille screziature dorate, mille grafismi magici si compongono, si decompongono e si ricompongono in un gioco senza fine. Visione dinamica impossibile da fissare in statiche immagini fotografiche.
Ma non sempre c'è il sole... non sempre le magre acque del Vermigliana scorrono limpide e tranquille seguendo pacificamente il corso del loro letto sassoso.
Le condizioni meteorologiche autunnali sono mutevoli e lo stanno diventando sempre più... A volte piove pure. Ben si sa che non sempre c'è il sole e che a volte piove... Ma oggi la pioggia quando cade non cade più come in passato. Oggi, sempre più frequentemente, piove a dirotto... e così in tempi brevissimi i torrenti di montagna si gonfiano a dismisura facendo preoccupare non poco le popolazioni che abitano lungo i loro argini. E così è anche per il nostro torrente che può cambiare rapidamente e radicalmente il suo idilliaco aspetto mostrando un volto nuovo, un volto decisamente più minaccioso. Non è una novità, così è sempre stato... gli eventi alluvionali non sono mai mancati ma oggi la situazione sta peggiorando. C'è molta più energia nell'atmosfera, energia che si scarica sulla terra producendo fortunali con piogge e venti finora sconosciuti. C'è più calore e i ghiacciai si ritirano, scompaiono, il permafrost si squaglia e i vasti territori d'alta montagna diventano instabili, fragili... La causa? Secondo la quasi totalità degli studiosi è l'effetto dei gas serra che sconsideratamente continuiamo ad immettere in spropositate quantità nel nostro bel cielo... E lo facciamo tutti, più o meno tutti noi...

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