Il "Percorso dei picchi" nel Parco Nazionale dello Stelvio




...poco a monte dell'abitato di Peio Paese.




Il “Percorso dei picchi”, è sicuramente uno dei percorsi più facili, più abbordabili, tra quelli ideati e realizzati dagli operatori del settore trentino del Parco dello Stelvio; è una breve passeggiata (30-45 minuti il tempo di percorrenza più eventualmente altrettanto per l'avvicinamento a piedi partendo dal paese) adatta a tutti (anche se non mancano i tratti particolarmente erti), un tragitto ad anello che si snoda lungo delle strade forestali immerse nel verde... nel verde intenso e brillante degli ultimi prati di montagna e nel verde più tenero dei lariceti, dei boschi radi di larice, quei boschi che in passato furono dei pascoli alberati.




E' un bel percorso ma che forse deluderà qualche aspettativa perché, purtroppo, ben difficilmente permetterà a chi lo percorre di ammirare dal vivo anche un solo esemplare di picchio, picchio nero, verde, cenerino, rosso maggiore o tridattilo che sia... Il visitatore-escursionista non si illuda quindi di incontrare qualcuno di questi elusivi uccelli... dovrà ritenersi molto fortunato se questo dovesse accadere... con ogni probabilità dovrà accontentarsi, si fa per dire, di conoscere i picchi del Parco solo indirettamente, consultando i pannelli divulgativi strategicamente collocati lungo il cammino. Scoprirà così, e solo così, l'affascinante mondo dei picchi, di quei timidi volatili, che sicuramente popolano il Parco ma che in loco non gli è riuscito di incontrare.
Il “Percorso dei picchi” è quindi un tragitto didattico-naturalistico volto sostanzialmente alla conoscenza teorica pur non escludendo a priori la remota possibilità di una conoscenza basata anche sull'osservazione diretta.




Un bel tragitto, ben illustrato, che raggiunge il suo obiettivo pur essendo, come dicevo, del tutto inadatto, almeno a parer mio, all'avvistamento di un qualsiasi esemplare di picchio. Essendo un percorso realizzato per il grande pubblico, per consentire a chiunque di praticarlo, è un tracciato elementare che non si snoda in un ambiente selvaggio e boscato, habitat tipico di questi uccelli schivi ed elusivi, ma che invece si snoda in un ambiente fortemente antropizzato, prevalentemente prativo, quasi sempre solo al margine del bosco. Il suo anello, più che in un ambiente tranquillo quale una zona protetta dovrebbe garantire, si trova in una luogo assai frequentato, molto prossimo alla “skiarea” di Pejo, area “disturbata” lungo l'intero corso dell'anno, un'area sciistica sorta e incoerentemente in costante espansione al centro di un Parco Nazionale.




Il “Percorso dei picchi” è comunque un bel giro... un bel Percorso, sicuramente interessante dal punto di vista naturalistico ma, a parer mio, coinvolgente soprattutto dal punto di vista paesaggistico. E' un cammino attraente che consente la vista di ampi panorami sia sulle cime, vicine e lontane, sia sulle valli e sui centri abitati sottostanti... Un cammino piacevole se non affascinante non solo durante la passeggiata del “Percorso dei picchi”, in un contesto ricco di boschetti e di prati costellati di vecchi masi, ma pure durante l'attraversamento del pittoresco centro storico di Peio Paese e nell'avvicinamento al Percorso, durante la salita al colle di SanRocco (con la sua chiesetta e il suo cimitero austroungarico), e infine anche durante la discesa sul ripido versante prativo che porta rapidamente al parcheggio a fine escursione.



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Prati in fiore ai piedi della Presanella



Quattro passi di qua e di là, sulle strade e sulle stradine che percorrono l'ultimo tratto dell'Alta Valle, quattro passi nelle vaste praterie in fiore che si aprono sul fondovalle tra Volpaia e Stavel lungo il corso del torrente Vermigliana... 4 passi prima che gli allevatori di Vermiglio le tosino per bene, percorrendole in lungo e in largo con i loro congegni falcianti...



Giri senza meta, brevi camminate nei dintorni del parco dei “Laghetti di S. Leonardo” e più avanti accanto ai rustici edifici che contrassegnano il paesaggio ai piedi delle vertiginose pareti della Presanella. Brevi sgambate mattutine tra le erbe mature, sgambate sui sentieri che delimitano i lotti erbosi, sulle piste che li tagliano, che talvolta li penetrano a fondo... giretti ad anello nell'intenso verde tardo primaverile punteggiato di cento colori, i colori dei mille fiori sbocciati all'improvviso con il ritorno del sole dopo la pioggia delle ultime settimane.



Percorsi minimi, sinuosi tracciati che si intersecano... per ammirare e fotografare un panorama variopinto, un ambiente policromo destinato inesorabilmente a scomparire quando, tra pochi giorni, l'erba fiorita verrà tagliata e tramutata in fieno. Al sole di giugno quel verde brillante si trasformerà in profumatissima erba secca da impiegare per l'allevamento invernale dei bovini. E' giusto, necessario e comunque inevitabile che sia così anche se un po' dispiace.



Ma non pensiamoci e, per il momento, godiamoci questo variopinto panorama.
Sono moltissimi i fiori nel verde dell'erba, sono moltissimi in una molteplice varietà di specie diversamente attecchite nei vari ambienti che si susseguono sul piano e sui primi pendii dei versanti. Sono un inno alla biodiversità di cui tanto si parla. Essenze amanti del sole o dell'ombra, dei suoli asciutti o intrisi d'acqua, fertili o sterili, argillosi o sabbiosi, fiori in campo aperto e fiori nascosti tra le fronde dei cespugli e i bassi rami delle giovani conifere ai bordi dei prati, lassù, dove inizia il bosco.



Sono margherite, campanule, ranuncoli tra cui il ranuncolo botton d'oro, trifogli, garofani, erba del cucco, non-ti-scordar-di-me, dente di leone, ombrellifere varie... Questi i fiori più comuni che ben conosco ma ci sono altre specie di cui non so il nome, né volgare né scientifico e che non ho alcuna intenzione di cercare sfogliando manuali e libri su libri. Anche perché il mio approccio, il mio girovagare nei prati in fiore ai piedi della Presanella è ben poco curioso dal punto di vista botanico mentre invece lo è, e molto, dal punto di vista paesaggistico... estetico se vogliamo. La conoscenza è importante ma ciò che più mi impressiona è la bellezza di ciò che osservo: composizioni, forme, colori dei fiori nel sole che va e viene, nella luce le nell'ombra, nel folto dell'erba brulicante di mille insetti diversi.
E quando un improvviso acquazzone, brevissimo quanto violentissimo, inzuppa la vegetazione deponendo sui petali delle margherite e sulle corolle delle campanule miriadi di luminose goccioline, l'effetto decorativo, il brillante incanto dei fiori bagnati nel sole che si riaffaccia, mi fa davvero emozionare...



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La biodiversità costituisce un segnale: se in un prato che state attraversando ci sono molti fiori, molte api e farfalle sulle loro corolle, se le bisce strisciano tra le erbe e le allodole cantano nel cielo, potete essere certi che quel luogo è salubre, e che, per sovrappiù, contribuisce alla nostra felicità suggerendoci che l’uomo non è ancora solo nel mondo.
Giorgio Celli


Farfalle nel sole



Dopo la pioggia e la neve di maggio ecco finalmente il sole che l'entrante mese di giugno ci sta elargendo in modo fin troppo deciso. Fa caldo, un caldo che si sopporta a fatica, abituati, come siamo, alle fredde giornate che ci hanno accompagnato per gran parte dei mesi precedenti. Freddo e caldo eccessivi... bizzarrie meteorologiche di una anomala primavera o effetti del cambiamento climatico globale? Difficile stabilirlo.
Ora il tempo sembra stabilizzarsi. La mia più brutta primavera (e ne ho viste molte di primavere) si sta esaurendo e al suo epilogo sembra finalmente donarci delle giornate serene, giornate luminose, piene di sole, di quello stesso sole che finora era quasi sempre rimasto nascosto dalle nubi, che compariva raramente, che non riusciva a riscaldarci e a riscaldare la valle... Le basse temperature ritardavano il risveglio della “natura”, la crescita dell'erba, dei germogli, la comparsa delle foglie, dei fiori e pure l'allegro svolazzare delle farfalle sui prati e al margine delle macchie boscose...





Ora... Dove solo meno di un mese fa cadeva la neve, neve fuori stagione che tutto celava imbiancando il tenero verde primaverile, ora volteggiano le farfalle. Volteggiano numerose, danzano ai bordi della stradina non più candida di neve ma rigogliosamente verdeggiante, si librano sopra il viottolo delle Pendege che taglia il ripido versante sinistro della valle salendo da Fucine a Vermiglio.
Le farfalle sono veramente molte, sono sfarfallate con l'arrivo del sole, con le giornate serene e calde, contemporaneamente alla fioritura di molte essenze erbacee. Sono numerose, di specie diverse, tutte belle, incantevoli da osservare... Su di loro domina l'Apollo, la Parnassius Apollo, una farfalla grande, pesante, dal volo lento, sfarfallante e planante. Una farfalla che lungo il tratto iniziale della stradina, (salendo da Fucine) ha trovato le condizioni ambientali ideali (piante nutrici ed esposizione del sito) per sviluppare una popolazione molto consistete, ben insediata e altrettanto bene localizzata. Individui di Parnassius apollo così numerosi difficilmente si possono incontrare in altre località dei dintorni, vicini o lontani che siano. Ed è sempre da escludere che si possano trovare, in qualsiasi zona, degli individui isolati.









Non è da escludere invece che lungo la stradina delle Pendege, oltre alle numerose Apollo, si possa osservare anche qualche altro esemplare di farfalla particolarmente interessante, grande e vistoso... ad esempio un macaone, un Paplion machaon.
Il macaone, al contrario dell'Apollo, è un lepidottero che, pur essendo diffuso un po' ovunque, dai prati fioriti, alle radure ampie e soleggiate, alle aree cespugliose e boscose, non si incontra frequentemente (e non solo lungo il nostro viottolo). Non capita spesso di poter osservare il suo volo potente e veloce, e ancor meno di poterlo osservare da vicino nel suo aspetto sgargiante, di poter notare a breve distanza la caratteristica piccola coda colorata presente sulle ali posteriori...









Ma, sempre lungo la nostra stradina, sono presenti, in questo periodo, numerosi esemplari di un altro interessante lepidottero, di Vanessa io detta anche Occhio di pavone, l'Aglais io. E' questa una farfalla grande e appariscente per le grandi macchie colorate a forma di occhi, presenti sulle ali sia anteriori che posteriori. Queste macchie hanno lo scopo di disorientare i predatori permettendole di evitare la cattura. La sua pianta nutrice è l'ortica. Su di essa la farfalla depone le uova e non è raro osservare piante di Urtica dioica invase dalle sue vistose larve nere punteggiate di bianco.









Chi frequenta in questo periodo la zona delle Pendege potrà sicuramente incontrare molte altre specie di farfalle e molte di più ne potrà osservare più avanti, con l'avanzare della bella stagione. Di solito sono lepidotteri più piccoli, meno evidenti dell'apollo, del macaone o della Vanessa io ma non per questo meno belli o attraenti. Appartengono a varie famiglie... Pieridae, Lycaenidae, Nymphalidae ma... a questo punto non mi sembra il caso di approfondire, presentando ad una ad una altre farfalle (anche perché non sono in grado di farlo... senza aver consultato testi o manuali specifici). Visitiamo la zona invece e accontentiamoci dello spettacolo che questi stupendi insetti ci offrono. Limitiamoci all'osservazione del loro aspetto, del loro comportamento e... della loro bellezza. Ma soprattutto impegniamoci a proteggerli, a salvaguardare il loro habitat... Impegniamoci in particolare a difendere da eventuali future insidie uno dei sempre più rari habitat della farfalla Parnassius Apollo.
E lasciamo agli amministratori di Ossana (il borgo che si fregia del titolo di “Comune più green d'Italia), alla loro sensibilità, il compito di intervenire concretamente, se lo riterranno opportuno, per ben gestire, controllare e magari valorizzare il sito della farfalla Apollo (un habitat naturalisticamente interessante anche se a prima vista insignificante) lungo il primo tratto della stradina delle Pendege, tratto che ricade nel territorio del loro comune.
Un piccolo suggerimento: come prioritaria misura (che non costa nulla adottare) andrebbero limitati, al solo piano calpestabile della stradina, gli abituali e indispensabili interventi di sfalcio dell'erba (presumo effettuati a cura del comune) evitando interventi troppo drastici come quelli che in passato hanno oltrepassato, e di molto, il bordo stradale danneggiando la flora (piccoli cespugli e piante nutrici) e la piccola fauna del pendio.





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