8 settembre.
Salgo a Pejo Paese in un primo pomeriggio limpido e ancora caldo di fine estate. Parcheggio l'auto lungo la strada provinciale, qualche centinaio di metri prima di penetrare nell'abitato. Non voglio correre il rischio, al ritorno, di trovarmi imbottigliato in un traffico inusuale per le strette vie di questo antico villaggio alpino.
Percorro a piedi il panoramico tratto di strada che mi separa dalle prime case del paese. Non sono solo. Numerose, altre persone mi seguono. Sono gli ultimi vacanzieri della stagione che tardano a rientrare in città attratti quassù dalla tradizionale “tosada” delle pecore che da sempre si ripete a Pejo Paese prima che arrivi il fresco dell'autunno.
Da alcuni anni questo evento, rimasto a lungo sconosciuto ai più, viene pubblicizzato in tutta la valle. Incuriosito ho pensato di parteciparvi. L'amico di tante passeggiate ed escursioni me ne ha parlato più e più volte raccomandandomelo come un'occasione da non perdere... però c'è da dire che il suo bel ricordo risale a molti anni fa quando la "tosada" non era un "evento", quando della “tosada” nessuno sapeva, nessuno vi assisteva... se non per puro caso.
Manca parecchio all'arrivo del gregge. Le pecore (mi dicono siano quasi trecento) sono ancora lontane. Stanno scendendo dai pascoli alti della montagna. Quindi nel frattempo posso visitare il paese, percorrere le sue stradine alla ricerca di antichi, agresti scorci. Quassù si possono ancora incontrare rustici masi e vetusti casolari talvolta, purtroppo, disordinatamente mischiati a nuove architetture non sempre ben integrate nel contesto del vecchio abitato.
Mi muovo in modo del tutto casuale e mi ritrovo nei pressi della stazione della funivia che collegava Pejo Paese con Cogolo. Quanti ricordi! Quante volte vi sono salito da bambino! Ora è ferma, un rudere dismesso da decenni... Peccato... Sarebbe tanto utile e comoda per gli abitanti di quassù, per i residenti ma anche per i turisti che frequentano questo villaggio alpino. Un paese bello, pittoresco e pieno di sole ma così distante, così lontano dal fondovalle. Un paese che fu da record essendo stato il più alto paese dell'impero asburgico e che pure ora conserva il record altimetrico ma solo del Trentino.
Evidentemente si ritiene molto più vantaggioso investire altrove. Investire sui monti di Pejo, moltiplicando gli impianti di risalita per la pratica dello sci e riducendo la montagna (interamente inclusa nel Parco dello Stelvio) con i suoi bei boschi e i suoi pascoli ad una selva di funi e di piste terrose e ben livellate...
Ma bando ai ricordi e alle considerazioni più o meno polemiche...
Mi aggiro per le vie del paese, ritrovo la strada che porta alla ristrutturata Malga Talè con l'interessante percorso tematico dedicato ai tetraonidi, poi lentamente mi avvicino al centro del paese e raggiungo la piazza ai piedi della chiesa quattrocentesca dedicata ai Santi Giorgio e Lazzaro. Un maestoso San Cristoforo in affresco posto sulla parete del mastodontico campanile incombe e vigila sulla folla in attesa del gregge.
Sono veramente moltissime le persone che si sono radunate quassù per questa circostanza. Molte le bancarelle del mercato contadino e altro... Penso che in ben poche altre occasioni, durante l'intero anno, si crei un simile affollamento per le vie di questo antico insediamento di montagna.
Mi porto nella parte più alta della piazza dove si imbocca la strada che sale al colle di San Rocco e quindi al Laghetto di Covel. Sono in compagnia di qualche decina di “cacciatori d'immagini" che si accalcano attendendo la discesa delle pecore per riprenderle d'infilata... ma le pecore si fanno attendere a lungo. Qualcuno mormora che i pastori hanno frainteso e le hanno guidate su di un percorso diverso da quello concordato.
Poi finalmente risuonano campanelli e belati e in alto, sulla strada in cima al pendio, appare il gregge.
Con un pastore in testa e uno in coda il gregge sfila tra valligiani e turisti e si raduna nel recinto predisposto davanti al caseificio, l'ultimo "Caseificio Turnario" presente in Trentino.
Impossibile avvicinarsi, un muro impenetrabile di curiosi copre totalmente la vista.
I proprietari (gli ultimi appassionati allevatori di Pejo, probabilmente meno di una decina) si avvicinano, entrano nel recinto, riconoscono e recuperano con qualche difficoltà i propri capi e li accompagnano, talvolta letteralmente li trascinano, verso le stalle.
Chi ha la stalla fuori paese o comunque lontana dalla piazza spinge le pecore sul rimorchio del trattore, qualcuno addirittura le infila nel bagagliaio dell'auto... è la modernità...
Seguo un trattore con il suo carico fino ad una piccola stalla e assisto alla tosatura delle pecore effettuata con grande perizia usando delle tradizionali grandi forbici. Più avanti avrò modo di vedere una “tosada” eseguita più rapidamente con una piccola tosatrice elettrica.
I proprietari delle pecore mi raccontano che la lana ormai non ha più alcun interesse commerciale e in paese non viene più utilizzata se non in quantità trascurabili per ricavarne simpatici manufatti per i turisti.
E' comunque importante mantenere viva una lavorazione tradizionale e non disperdere un patrimonio di antiche conoscenze e di abilità artigianali. E poi, mi si dice, non si sa cosa il futuro potrebbe riservaci....
Oggi nemmeno i materassi vengono più imbottiti di lana. Ma le pecore devono essere comunque tosate per l'igiene e per la loro salute. Questo mi mi viene raccontato in termini molto coloriti. La lana non vale nulla, il latte non si munge... la pecora si alleva solo per l'agnello ma soprattutto è importante perché pascolando mantene puliti pascoli e prati abbandonati attorno al paese.
Quasi tutte le pecore ben tosate ritornano nel recinto pronte per riprendere all'indomani il cammino verso la montagna dove rimarranno fino a fine ottobre o fino alla prima nevicata. Solo alcune restano in paese, nella loro stalla, in attesa del parto ormai vicino.
Ancora una passeggiata per quelle strade del paese che ancora non ho calpestato e poi, lentamente mi dirigo a valle raggiungendo l'auto sulla strada per Pejo Terme.
Che dire? Interessante. Un pomeriggio ben speso.
Una pratica che non conoscevo, un rito
antico che qui si mantiene e che si intende perpetuare nel
tempo.
Oggi, inevitabilmente, il giorno della “tosada” si trasforma anche in una festa, quasi in una sagra. Uno dei pesanti lavori che un tempo erano essenziali per il sistema agricolo del paese si converte oggi anche in attrattiva a beneficio della promozione turistica dell'intera valle.
Oggi, inevitabilmente, il giorno della “tosada” si trasforma anche in una festa, quasi in una sagra. Uno dei pesanti lavori che un tempo erano essenziali per il sistema agricolo del paese si converte oggi anche in attrattiva a beneficio della promozione turistica dell'intera valle.
La gran confusione, la presenza di tanta gente, gli stessi allevatori trasformati in ciceroni pronti a soddisfare ogni curiosità, fanno certamente disperdere parte della agreste spontaneità e del fascino rurale che così bene mi aveva descritto il mio compagno di escursioni spingendomi a salire a Pejo Paese per la “tosada”.
Ma va bene così. Integrare attività artigianali, agricole e di allevamento con l'ospitalità turistica valorizzandole reciprocamente è senz'altro un fatto culturalmente positivo e vantaggioso economicamente... son ben altre le iniziative di “sviluppo economico” che impensieriscono per la loro eccessiva invasività ambientale a Pejo, proprio all'interno di un parco nazionale di grande pregio...
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