Autunno in Val di Sole






La valle si è cambiata d'abito.
E' arrivato l'autunno con i suoi colori forti, rosso, arancione, giallo ma anche con le sue tenui tinte, le tinte della nebbia, della brina, del cielo velato e della neve caduta ormai sulle cime più alte. Stagione policroma l'autunno, stagione vivacemente variopinta, stagione dai mille colori ma allo stesso tempo stagione silenziosamente calma, quasi mesta.


L'autunno ha punteggiato di rosse e lucenti bacche il sorbo, il biancospino, la rosa canina, il berberis e ha vestito d'ambra il larice e di ruggine il faggio. Aveva coperto d'oro l'acero, la betulla e il pioppo tremulo ma le loro foglie sono volate via, soffiate dalle folate di vento che le ha a lungo disperse in vortici giocosi e infine schiacciate al suolo ad aspettare la neve che le coprirà per sempre.  Ora l'acero, la betulla e il pioppo sono nudi, scheletrici, quasi inquietanti.



L'autunno è paziente, sa attendere... Si era messo all'opera con i suoi colori tutti nuovi soltanto quando la confusione estiva era del tutto sfumata. Quando i rumori molesti, il frastuono, gli schiamazzi, il chiasso e le musiche delle sagre paesane e delle feste campestri estemporanee si erano esauriti nel nulla.




Ma non solo. Anche quando i “buoni” e antichi suoni della montagna, il tintinnare dei campanacci delle mucche, l'abbaiare dei cani da pastore, il richiamo dei malgari e il battere della scure dei boscaioli erano da tempo cessati. L'autunno non fa differenze...






Sì perché l'autunno non è una stagione qualsiasi. L'autunno è un artista, è un grande, scrupoloso paesaggista impegnato ogni anno a ridipingere l'intera valle e solo su questo si concentra, non bada ad altro...
Compito gravoso, assai arduo, quello dell'autunno. Combinare una infinita gamma di colori, utilizzando nel contempo l'ampia tavolozza delle tinte calde e decise e le tonalità più lievi per le sfumature e le velature, non è certamente cosa da poco. Serve riflessione, attenzione e soprattutto tranquillità, pace. Solo nel silenzio l'autunno può creare, pitturando a nuovo la grande tela della valle, ricolorando per bene prati, pascoli, selve, radure, laghi, torrenti, cime...



E così è stato anche quest'anno. Come sempre l'infaticabile autunno ha portato a termine la sua opera.
Ma ora, all'inizio di novembre, la stagione fredda si avvicina e il paesaggio sta nuovamente mutando. I colori si fanno più smorti, opachi, meno brillanti anche quassù, nella quieta e deserta valletta poco sopra Ossana. Infatti l'autunno ormai avanza rapidamente anche in questa piccola valle, detta Val Piana... Valle sgombra dalla babele estiva e che ora puoi percorrere tranquillamente in lungo e in largo camminando senza far rumore sul pascolo giallastro, impregnato di rugiada e immerso in vapori biancastri quando il sole lo illumina, lo riscalda.
Sei solo... Puoi calpestare per primo i piatti tappeti di foglie fradice e i vergini cuscini di foglie secche e scricchiolanti seguendo il sentiero che si snoda sinuoso nel bosco tra muschi umidi e verdi, felci brune e appassite, cespugli screziati, alberi spogli, abeti sempreverdi e larici rugginosi.








E così cammini e cammini, lentamente e senza meta avanzando tra le nebbie... e ti prende la dolce malinconia dell'autunno inoltrato e pensi inevitabilmente anche alle stagioni della tua vita... al tempo che vola via sempre più veloce... E pensi all'inverno ormai prossimo (anche il tuo inverno) e pensi che il freddo pungente è vicino, che la neve è alla porte.




Ma speri... Sempre speri e pensi che certamente rivedrai la primavera. Rivedrai la primavera intenta a ridipingere la valle, intenta a colorare le foglie nuove con i suoi freschi colori pastello. La vedrai punteggiare di giallo e di viola prati e radure allo spuntare delle primule e degli anemoni...


E sai che come l'autunno anche la primavera è stagione creativa che opera solo nel silenzio e nella tranquillità e che inizierà il suo artistico lavoro solo quando nella valle regnerà la quiete, la quiete del lontano tempo andato. Sai che la primavera userà magistralmente la tavolozza e i pennelli solo quando ritornerà la pace anche su quei pendii innevati della valle, ridotti ormai a formicolanti baracconi da luna park.




Al sole d'aprile anche la "preziosa" e scivolosa neve nobile delle piste da sci comincerà ad infradiciarsi e a sciogliersi e la stagione dell'eccessivo e banale andirivieni dei turisti "solo" sci ai piedi sarà inevitabilmente costretta a chiudere i battenti.



Solo allora la primavera si risveglierà nella valle regalando non solo nuovi colori ma anche nuova speranza. Speranza in un futuro diverso, più rispettoso dell'uomo e della natura... un futuro dove la possibilità di lavoro del valligiano non venga ulteriormente barattata con altri, nuovi assalti all'antico e delicato ambiente montano. 


Guarda tutte le foto in "Google Photo"

Funghi chiodini nel giardino di casa



Che meraviglia i funghi chiodini!
Anche quest'anno sono spuntati numerosi nel mio prato alberato. Però quest'anno sono sbucati a fine ottobre con un inaspettato ritardo. Una sorprendente novità... da non crederci!







I chiodini li avevo già visti, alla fine di settembre o all'inizio di ottobre, non ricordo bene. Pochi, pochi... Relegati ai piedi della grossa ceppaia marcescente del pioppo tremulo abbattuto parecchio tempo fa.






Si perché i chiodini, l'“Armillaria mellea”, sono organismi saprofiti che si insediano nel legno in decomposizione, tronchi, ceppaie, radici... ma sono anche parassiti di piante vive che possono addirittura condurre alla morte.




Gli sparuti cespi di questo micete erano quindi già comparsi nell'angolo più umido e selvatico del "giardino" all'inizio dell'autunno e io ne avevo raccolti alcuni per cucinarne in padella le parti più tenere dopo attenta bollitura in acqua per eliminarne le tossine. Tutto sommato abbastanza gustosi questi chiodini, in mancanza di funghi più pregiati che in questa strana stagione (di cui ho già lungamente detto in un altro post) erano quasi introvabili.






Ma poi, negli ultimi giorni di ottobre, durante un'ispezione tra gli alberi della zona meno frequentata del prato ho scoperto una seconda abbondante presenza di chiodini.






Comparsa fuori tempo...
I funghi erano disseminati accanto all'abete bianco, tra le coloratissime foglie del ciliegio selvatico, del sorbo, del frassino, dell'acero, delle betulle... foglie ormai abbondantemente disperse sul terreno.





Funghi maturi, adulti, bellissimi, sparsi sull'umido tappeto autunnale variopinto e splendente di rugiada. Stano... non era mai accaduto prima... Forse le piogge autunnali e le miti temperature delle ultime giornate d'ottobre hanno risvegliato in ritardo questo parassita, l”Armillaria mellea”, che con un ultimo sussulto vitale ha rianimato per qualche giorno il cantuccio boscoso del "giardino"...






Un breve risveglio dal torpore autunnale prima del freddo e della neve pronta a coprire per sempre i funghi chiodini ormai avvizziti e neri tra le foglie scure e marcescenti del mio prato alberato.


Guarda tutte le foto in "Google Photo"



Scarpinata di fine stagione ai piedi del Vioz e del Cevedale.


Fine ottobre sui monti della Val de La Mare

Doveva essere una splendida giornata di fine ottobre, una giornata piena di sole. Così almeno aveva annunciato il bollettino di “Meteotrentino”. Così non è stato. Il cielo inizialmente sereno si è ben presto coperto e nebbie e scuri nuvoloni lo hanno percorso in lungo e in largo per l'intera giornata minacciando temporali fuori stagione. Le nubi hanno giocato con il sole fino a sera donando all'aspro paesaggio alpestre della Val de La Mare, bianco di neve, un aspetto del tutto inusuale. Un aspetto nuovo, diverso, almeno per noi due.... per me e per il mio amico. Amico di gioventù, compagno di tante giovanili avventure, ritrovato dopo tanti anni e oggi (che ambedue abbiamo i capelli bianchi) alleato di tante imprese... grandi imprese... Ma no... Solo facili escursioni e brevi passeggiate.
Doveva essere, per noi due, la camminata di commiato alla bella stagione. Doveva essere solo una veloce puntata allo stupendo Lago della Lama per osservare da vicino i camosci che quasi sempre stazionano nei dintorni e talvolta addirittura sulle sue sponde. Così era stato l'anno scorso e pure due anni fa quando ci imbattemmo in numerosi esemplari già in abito invernale. Così non è stato quest'anno...

Salita nel bosco
Saliamo velocemente per il sentiero tutto tornanti che da Malgamare porta al lago artificiale del Careser tra larici fiammeggianti e cembri verdissimi.
A poco a poco il panorama si apre sulle cime del Vioz e del Cevedale e in lontananza anche sulla cima della Presanella. Peccato che la vista spesso si appanni per l'affanno e il sudore di un'ascesa troppo rapida.
Al Lago della Lama
A metà salita appare sotto di noi il minuscolo Lago della Lama. E' a valle del sentiero e si raggiunge in breve discendendo tra alte erbe stoppose, qualche roccetta sporgente, piccoli ruscelli e pozze fangose dove appare evidente la traccia di una recente frequentazione del cervo in amore. Purtroppo invece nessun segno di presenza del camoscio. Concorrenza tra le due specie di ungulati?
Sulle sponde del Lago della Lama
Sempre affascinante il Lago della Lama anche se oggi luce e panorama sulle cime circostanti non sono particolarmente brillanti. Il cielo inizia a coprirsi di nubi e i monti si rivestono di nebbia. Le acque del laghetto sono ghiacciate e il Vioz e il Cevedale, non vi si specchiano come accade di solito. Poi... di camosci nemmeno l'ombra... Allora che si fa? Decidiamo di risalire e dopo si vedrà...
Verso il Careser
Rimontando il pendio avvistiamo finalmente alcuni camosci. Un piccolo gruppo di femmine con due cuccioli al pascolo tra i cespugli di rododendro sul ripido e insignificante versante poco a valle del sentiero del Cavaion. Una breve pausa per osservare con il binocolo e poi, vista l'ora, si decide di prolungare l'escursione proseguendo il cammino sugli infiniti e tormentosi tornanti che conducono al Careser. Il cielo è ormai quasi interamente coperto da grigi e minacciosi nuvoloni. Fa freddo e la neve inizia ad ammantare completamente il pendio. Il sentiero è ormai solo una sottile striscia bianca, ghiacciata nel suo tratto finale, che si inerpica nell'ombra gelida del costone roccioso.
Dal Lago del Careser al Lago Nero
Immersi in un ambiente totalmente innevato percorriamo il coronamento della diga del Careser e ci portiamo sulla sponda opposta da dove in pochi minuti saliamo al Lago Nero. Lago che però nero non è... le sue acque sono ghiacciate, opache e chiare.
Bianco su grigio, grigio su bianco... sole coperto, nuvole basse, ghiaccio, neve... solo le rocce e i massi scuri rompono la pallida uniformità. Paesaggio mesto, desolato, che induce alla malinconia ma che acquista un suo particolare e inconsueto fascino quando i raggi del sole, forando le nubi, animano con i loro giochi di luce il piatto panorama invernale.
In vista del Lago Lungo
Ci avviamo sul sentiero pianeggiante, a mezza costa, che conduce al Lago delle Marmotte e al Rifugio Larcher al Cevedale. Sotto di noi si distende il Lago Lungo interamente ghiacciato nell'ampio e bianco vallone sassoso. Ispezioniamo con il binocolo i bassi contrafforti rocciosi che sovrastano il lago alla ricerca dei camosci. Laggiù, lo scorso anno, a novembre, all'inizio del periodo degli amori, ne stazionava un grosso branco. Ora tutto è tranquillo e non si nota alcun movimento. Solo un solitario esemplare, molto lontano, osserva dall'alto del crinale i Piani di Venezia.
Inatteso incontro
Il sentiero ora inizia a salire, tra la neve che si fa sempre più alta. Di tanto in tanto appare il sole tra le nebbie basse e avvolgenti. Non si scorgono le cime delle imponenti montagne che caratterizzano la zona, la cima del Vioz, del Palon De La Mare, del Cevedale, immerse come sono nelle nubi. Saliamo a fatica, a testa bassa ma all'improvviso, alzando lo sguardo individuiamo a poca distanza un bel camoscio maschio che ci sta osservando tranquillamente. Sdraiato nella neve domina da una cresta entrambe i versanti della valle. Forse disturbato dal nostro parlare si alza, urina, e lentamente scende verso di noi. Poi si accoccola nuovamente nella neve e riprende ad osservarci... e non c'è modo di smuoverlo...
Al Lago delle Marmotte
Ancora una breve salita e raggiungiamo il lago delle Marmotte. E' candido, interamente ghiacciato.
Finalmente il sole occhieggia tra le nubi che si fanno meno compatte e meno scure. Le nebbie avviluppano ancora le cime circostanti in un gioco continuo a nascondino che ci regala un panorama mutevole, raro e molto particolare.
Il Rifugio Larcher al Cevedale
Abbiamo conquistato il crinale e sotto di noi appare il Rifugio Larcher. E' spettrale, nel silenzio e nella solitudine di questo gelido autunno. Sono lontani i mesi caldi in cui torme di turisti lo animavano intenti a rifocillarsi al suo interno o a riposarsi sdraiati nei suoi dintorni.
Ci avviciniamo discendendo per il ripido e sconnesso sentiero innevato. Sentiero tutto nostro, vuoto, sgombro dalla interminabile processione di gitanti estivi.
Ai piani di Venezia
Sfiorato il rifugio si discende verso i Piani di Venezia. Discesa lunga, interminabile ma molto comoda. La neve che a lungo ci ha accompagnati scompare ben presto ed iniziano ad emergere i verdi cespugli di rododendro e le stoppose erbe dorate dell'autunno che coprono interamente i versanti e la vallecola sottostante.
Discesa a Malgamare
Superato il capanno di controllo e avvistamento del Parco dello Stelvio ai Piani di Venezia iniziamo a calare verso Malga Mare. Il sole sta ormai tramontando dietro i contrafforti del Vioz e finalmente, a fine giornata, le nubi sembrano aprirsi lasciando spazio ad un cielo limpido ma ormai quasi livido per l'approssimarsi del crepuscolo. Scendiamo a valle attraversando un secolare bosco di larici e cembri che la tenue e uniforme luce della sera rende particolarmente suggestivo, un bosco incantato nella luce vespertina. Ad un tonante segue un altro tornante... non finiscono mai i tornanti... Poi finalmente si apre il pascolo di Malgamare. Siamo stanchi ma siamo arrivati. Ci dissetiamo e festeggiamo con una birra e ci rilassiamo sulle panchine accanto alla chiesetta degli alpini. E' proprio vero, siamo arrivati... Quella che doveva essere una breve escursione si è a poco a poco tramutata in una lunga, davvero lunga e logorante scarpinata nella neve...


Guarda tutte le foto in "Google Photo"