Il primaverile levar del sole sul Castello di San Michele

 


Il panorama sul Castello di San Michele che con il suo mastio, alto e severo, domina dall’alto d’una balza dirupata* la plaga di Ossana, nell’Alta Valle, è sempre molto suggestivo, in qualsiasi periodo dell’anno e da qualsiasi punto lo si ammiri o lo si fotografi. Ma lo è ancora di più, lo è soprattutto, se lo si osserva all’alba, da ovest verso est, quando il sole si leva... quando sorge laggiù, in fondo alla vallata. Questo però è possibile solamente durante due brevi periodi nel corso dell’anno. Lo è una prima volta tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, all’incirca una ventina giorni prima dell’equinozio d’autunno e, nuovamente, tre, quattro settimane dopo l’equinozio primaverile, verso la metà di aprile. In ogni altra epoca dell’anno il sole non sorge in fondo alla valle, sorge altrove, si alza infatti dai due crinali che delimitano la valle e solo quando è già più alto e molto abbagliante. In autunno e in inverno si leva dal versante destro, il versante ombroso mentre durante la bella stagione si leva invece dall’altro versante, il versante solatio.



Per poter godere dell’incantevole vista del San Michiele con lo sfondo del sole nascente bisogna alzarsi molto presto, e portarsi di buon’ora nei pressi del ponte della Poia, poco a monte di Fucine, verso Vermiglio e da lì, eventualmente prolungare il percorso in direzione del Castello di Ossana, lungo la stradina del Sant che taglia i prati della località Bacheta. E’ questa la location migliore, se non l’unica, per ammirare ed eventualmente fotografare il San Michele al sorgere del sole.



Per quanto mi riguarda abbandonare coperte e lenzuola, mettermi in piedi quando fuori è ancora buio non è un problema. Non lo è da tempo, da quando i miei capelli si sono ingrigiti... Quelle che un tempo avrei considerato delle levatacce oggi si stanno rivelando, per alcuni versi, molto vantaggiose, mi consentono infatti di dedicarmi ai lavori dell’orto e del giardino di buon mattino, quando è piacevolmente fresco. Ma non solo, in alternativa mi permettono di mettermi in cammino nell’ora in cui tutto tace, di abbandonare le vie deserte del villaggio e di vagare tra prati e boschi ancora spenti e scoloriti, nell’attesa che il sole inizi a ravvivarli e a riportarli in vita. In definitiva le mie sempre più frequenti levatacce mi hanno permesso e ancora mi permettono di godere a pieno di quelle che ritengo le ore più belle e, per molti aspetti, le più interessanti della giornata. 



Solo grazie a delle levatacce e alle successive “uscite” effettuate di buon mattino ho potuto ammirare e fotografare il Castello di Ossana nell’ora magica dell’alba quando, dalle creste del Peller in fondo alla valle, si stava alzando il sole. Molte delle immagini ottenute, (scatti spesso non facili, talvolta quasi impossibili, almeno con la mia attrezzatura fotografica) si possono vedere in alcuni vecchi post di questo mio blog, così come si possono visionare quelle relative al sorgere della luna scattate dalla stessa località, evidentemente non all’alba, ma dopo il crepuscolo serale ("Castel San Michele al levar del sole" "Al levar del sole"  "Un omaggio e un augurio al Castello di San Michele" "Plenilunio sul Castello di San Michele" "Capodanno con la luna piena") Sono immagini che, nel loro insieme, per essere minimamente presentabili, sono state rielaborate con delle più o meno lunghe operazione di post-produzione. Un lavoro che non sempre ha dato i risultati attesi come, del resto, anche quello effettuato, in tempi forse troppo brevi, sulle foto qui postate. Sono fotografie, queste ultime, che al contrario delle precedenti, non sono state scattate ad agosto-settembre, risalgono a qualche giorno fa, alla metà di questo mese di aprile.

 


Sono quindi fotografie recenti, inedite, scatti primaverili, fotografie di un’alba d'aprile sul Castello di San Michele. Un aprile particolare, caratterizzato dai prati del Sant (che nelle foto appaiono in primo piano) ancora ben ricoperti dalla neve caduta in abbondanza durante la passata stagione invernale (2020-21: climaticamente anomala). Una copertura nevosa che, nelle mie intenzioni, avrebbe dovuto rendere quegli scatti insoliti e particolarmente attraenti. Il risultato non ha però soddisfatto del tutto le mie aspettative anche se un buon numero delle immagini ottenute non mi sembrano comunque da cestinare. La valutazione finale la lascio ai miei lettori.

Le immagini che si trovano all’inizio e alla fine di questo post non hanno subito particolari e lunghi interventi di post-produzione, tutte le altre, quelle disposte a coppie all’interno dello scritto, sono state rielaborate aggiungendo degli effetti HDR, effetti forse eccessivi, troppo “pesanti”, ma che mi hanno comunque consentito di sperimentare aggiungendo un tocco pittorico a delle normalissime riprese fotografiche.

G. Ciccolini – “Ossana nelle sue Memorie”



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Il ritorno del mio amico pettirosso

 


Con l’affacciarsi della primavera anche nel mio prato alberato, un avvio lento e faticoso, ho rivisto, oltre ai primi fiori, crochi e primule e ai primi uccellini, cardellini, codirosso e ballerine, anche il mio amico pettirosso. Ma era veramente il “mio amico pettirosso”, era veramente lui? Era proprio quel pettirosso di cui ho scritto a lungo in un post di qualche anno fa? Un post il cui titolo era (ed è), per l’appunto, “Il mio amico pettirosso”. Un post risalente all'ottobre del 2015, che altro non era se non una narrazione illustrata, un racconto, se così vogliamo chiamarlo, ambientato nei pressi della zona orto della mia casa. 



Come allora anche quest’anno, seppure non in autunno ma all’inizio della primavera, mi si è avvicinato un pettirosso. E’ arrivato mentre mi riposavo, mentre cercavo di riacquistare le forze, abbandonato sulla panca accostata alla parete solatia della casa dopo la lunga sfacchinata di ripulitura del mio frutteto... E come allora il pettirosso ha iniziato a svolazzare vicinissimo. Si posava sul terreno aperto tra i primi fili d’erba, tra le primule, tra i crochi e gli anemoni triloba per poi subito volare sulla bassa e fitta ramaglia del pesco giapponese dove si celava osservandomi senza mai perdermi d’occhio. 



Di tanto in tanto si allontanava, raggiungeva le piante da frutto, i meli, i peri e i susini, da dove talvolta planava sulla neve che ancora copriva la zona più fredda del prato e dopo aver becchettato qua e là, faceva ben presto ritorno al cespuglione di pesco giapponese ripigliando a guardarmi da vicino con grande interesse, almeno apparentemente.




Di fronte ad una simile curiosità era impossibile non supporre che quel pettirosso potesse essere lo stesso esemplare che, seppure in modo alquanto diverso, sicuramente più irruento, mi aveva avvicinato nell’autunno di qalche anno fa. Era impossibile non immaginare che si trattasse del ritorno di quell'amico... non pensare all' “amico ritrovato”. Impossibile... non fantasticare, non illudersi... pur sapendo, pur essendo coscienti che in realtà l’ impossibilità stava proprio in una simile insensata coincidenza, pur essendo ben consapevoli dell’assurdità di un simile evento.



Quindi solo una fantasticheria…. ma che bello sarebbe stato!
Come scrissi in quel post di alcuni anni fa, <<si è spesso tentati di interpretare i comportamenti animali umanizzandoli come se gli animali provassero i nostri stessi sentimenti, provassero sensazioni ed emozioni perfettamente assimilabili alle nostre.>> Purtroppo non è così. Questo pettirosso come il pettirosso “antecedente” <<mi stava probabilmente controllando perché ero entrato nel suo territorio occupandolo abusivamente e quindi anche se non dimostrava particolari segni di aggressività cercava di ispezionare e tutelare i suoi spazi vitali. Verosimilmente… ma forse questo anomalo comportamento era dovuto a chissà quali altri motivi…>>
Ciò detto mi riesce comunque difficile non persistere nella mia illusione, non continuare a credere che il pettirosso in questione, avvicinandomi senza alcun timore, avesse deciso di fare amicizia, o meglio ancora, di rinnovare la vecchia amicizia se si fosse trattato dello stesso pettirosso che avevo già conosciuto
Questo non è ma mi piace pensare che lo sia, nonostante tutto. 


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Una sofferta primavera


Sembra che la primavera sia davvero arrivata. Dopo un inverno interminabile, un inverno nevoso e freddo come non mai, ora si può finalmente ritenere che la bella stagione sia alla porte.

L’attesa è stata lunga. Una sofferenza! Una sofferenza continua nel vedere per un periodo interminabile il prato della mia casa ricoperto da uno strato di neve sempre più alto e più compatto… Sì, proprio per un periodo interminabile, un periodo eterno”, un periodo che sembrava non dovesse mai avere fine.

Neve e solo neve, bianco e solo bianco, durante i mesi invernali, in dicembre, in gennaio e in febbraio, e, seppure limitatamente ad alcune aree, anche più avanti, anche, tuttora, che siamo all’inizio di aprile. Per non parlare del mese di marzo, quando, ormai prossimi all’equinozio di primavera, il mio giardino era ancora interamente sommerso dalla neve e questo nonostante le giornate fossero più lunghe e il tempo sempre sereno e soleggiato. Soleggiato sì, ma comunque freddo, particolarmente freddo di notte quando la temperatura si abbassava ancora di parecchi gradi sotto lo zero

Ora, ormai vicini a Pasqua, si respira finalmente un’altra aria, un’aria più tiepida e profumata. La si respira da una decina di giorni un po’ ovunque, non solo sui versanti solatii della valle dove la neve è scomparsa da tempo ma anche nel mio prato, sul fondovalle, dove di neve, negli angoli più freddi e ombrosi, purtroppo ce n’è ancora. Va comunque detto che ultimamente la maggior parte della copertura nevosa si è però squagliata rapidamente, in tempi brevissimi e questo fa ben sperare... ma che fatica, che sofferenza!




Sul versante solatio sopra il paese la neve è scomparsa da tempo. Si è sciolta quasi ovunque. Ne rimane qualche traccia nelle vallecole più ombrose e nel fitto del bosco, all’ombra degli abeti più imponenti.
Sui ripidi pendii alla base di questo versante, pendii terrazzati che un tempo non lontanissimo venivano coltivati a patate e cereali, si sono insediate numerose latifoglie colonizzatrici. Tra queste prevalgono i noccioli che, fioriti in pieno inverno, ora stanno perdendo le ultime infiorescenze, ciò che resta di quegli amenti che hanno nutrito i caprioli durante i mesi scorsi. Altre piante iniziano a fiorire solo ora, altre sono già in piena fioritura. Sono i pioppi tremuli, i saliconi, gli ontani, le betulle e, da ultimi, i larici che si innalzano al margine dei cespuglieti. I fiori più belli, quelli del biancospino non si vedono ancora, così come quelli del sambuco e della rosa canina destinati ad aprirsi più tardi ...




Anche se la primavera è appena iniziata, anche se ancora mancano i colori pastello che contraddistinguono l’inizio della bella stagione, vale comunque la pena di immergersi nella natura del versante solatio che sovrasta il paese. Una natura che, seppure lentamente, si sta risvegliando dopo un periodo difficilissimo.
Camminare sulle stradine che tagliano il pendio immersi nel profumo dei gattici è piacevole e senza dubbio salutare ma ciò che rende più attraente la passeggiata sono le pause, l’arrestarsi di tanto in tanto, il soffermarsi ad osservare e ad ascoltare… ascoltare i suoni del bosco, il gorgheggiare del ruscello, il canto primaverile degli uccelli, le loro note amorosi seguite dai primi timidi tentativi d’approccio e di acrobatico aereo inseguimento.




Ascoltare e osservare… Ammirare i saliconi carichi di fiori, di amenti il cui colore è appena virato dal grigio al giallo. Un giallo già intenso, aggressivo, che ravviva la boscaglia ancora spoglia e che invita api bombi a raccogliere il primo nettare della stagione. Insetti intenti alla raccolta, assorti, senza distrarsi, come altri animali molto più grandi, i mufloni, che dopo un inverno di stenti, riescono finalmente a sfamarsi concentrandosi, nei soleggiati campi abbandonati, sull’erba verde, sull’erba novella appena spuntata .




Quell’erba nuova, quell’erba verde che sul fondovalle è, quasi ovunque, ancora un miraggio. E’ così anche nel mio prato dove il terreno è ancora in buona parte nascosto da un alto strato di neve. Neve metamorfizzata, granulosa, dura, compatta che stenta a sciogliersi. Una copertura nevosa che arretra lentamente rivelando a poco a poco una cotica erbosa coperta di foglie marcescenti, umidiccia e brunastra.




Con il passare dei giorni gli spazi aperti, che si sono liberati dal gelido manto, si fanno più numerosi e più estesi iniziando ad inondarsi di bianco e di violetto. E’ la fioritura del crochi che punteggia il terreno brullo, il terreno appena abbandonato dalla neve.




Ma non sono solo i fiori del croco ad ornare il terreno nudo del mio prato. Ai piede del pesco giapponese, erompere, bucando il tappetto di le foglie secche, anche qualche piccolo anemone triloba e nei suoi dintorni, i primi ad essersi affrancati dalla gelida copertura, spuntano i primi stentati esemplari di primula vulgaris. Indaco e giallo intenso… tra qualche verde filo d’erba.




La neve, però, copre ancora gran parte del giardino alberato. I piccoli uccelli, ricomparsi numerosi ai primi deboli tepori di marzo, si posano volentieri su questo ostinato strato nevoso, vi svolazzano e saltellano sopra, fermandosi a becchettare qua e là… Credo cerchino insetti, magari morti da tempo e rimasti imprigionati nella massa nevosa o più probabilmente che raccolgano dei semi trasportato dal vento. Chissà… Strano, perché trovare cibo, larve e lombrichi, afidi e cocciniglie, sul terreno nudo o sui rametti delle mie piante dovrebbe essere molto più semplice e fruttuoso...




Ed infatti i fringuelli, le cince, i merli, i codirossi, i pettirossi, le ballerine bianche, i cardellini che hanno nuovamente iniziato a frequentare il mio prato dopo l’inverno, non si accontentano sicuramente di esplorare i tratti ancora coperti di neve ma si posano soprattutto sul terreno spoglio e sugli alberi che con l’arrivo della primavera stanno riprendendo a vegetare. Volano qua e là nel verde ancora incerto del prato o tra i rami delle piante da frutto prive di foglie ma cariche di turgide gemme pronte a dischiudersi.




Sembra proprio che la primavera sia arrivata. E’ stato un faticoso percorso, un periodo sofferto, ma, anche se i versanti ombrosi della valle sono ancora carichi di neve e anche se nelle zone più ombrose del mio prato, come, del resto, di tutto il fondovalle, rimane ancora parecchia neve, sembra proprio che la bella stagione sia definitivamente alle porte. Lo garantisce la caterva di fiori che sono spuntati in questi primi giorni di aprile, aggiungendosi a quelli già presenti. Altre primule, più robuste, altri crochi e altri anemoni più vistosi, e... le prime piccole stupende pratoline. Una fioritura che adorna un prato che sta pian piano rinverdendo, che apre il cuore, che fa ben sperare, che fa guardare avanti… che fa dimenticare il passato, che fa scordare il lunghissimo inverno e... anche l’alquanto sofferto inizio di questa primavera 2021.


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