San Rocco si trova poco a monte di Pejo Paese che con i suoi 1584 m di quota è il più alto centro abitato del Trentino. Si sale al colle in pochi minuti partendo dalla piazza del paese, imboccando la ripida strada asfaltata nei pressi del campanile della chiesa (sul quale fa bella mostra un gigantesco e maestoso affresco di S. Cristoforo) ma si può anche "conquistare" scegliendo i sentierini zigzaganti scolpiti sulle ripide pendici alberate del dosso. Dalla sommità del colle, a 1650 metri di altitudine, la vista, seppure in parte limitata dai tronchi di un secolare lariceto, può spaziare sull'intera Valle di Pejo (verso sud est) e sulla Valle del Monte tra Pejo Terme e le estreme propaggini montuose della Sforzellina (verso sud ovest).
Sul pianoro che si apre in cima al dosso fa bella mostra di sé la particolare e suggestiva cappella dedicata al santo patrono degli appestati risalente agli inizi del 1500. Il suo aspetto esterno è piuttosto singolare. E’ cinta da un muro merlato e l’ingresso è preceduto da una tettoia in legno. Il campanile è sostituito da una cella campanaria che si eleva dalla sommità della chiesetta. L’interno è ad una sola navata, con volte a crociera, cui si aggiunge il presbiterio quadrato, sempre con volta a crociera, nel quale è posto l’unico arredo della chiesa, ossia l’altare maggiore. Quest’ultimo è dedicato a San Rocco, la cui effige è posta nella specchiatura centrale.
Accanto alla chiesa si trova il monumento ai caduti a ricordo dei cento e più soldati di varie nazionalità che caddero combattendo o a causa delle valanghe sulle montagne della Val di Pejo e che qui furono provvisoriamente inumati.
Una grigia piramide di pietra, elevata nel 1916 porta sul suo apice l’aquila asburgica rivolta a monito verso i territori italiani, la terra di quello che allora fu il nemico dell'Impero Austroungarico... e oggi l'alta, slanciata piramide con l'aquila ammonitrice deve farci riflettere sulle tragiche conseguenze di una guerra che recò lutti e miseria immensi anche nella nostra valle e deve richiamarci all'impegno per la risoluzione pacifica di ogni conflitto...
Attualmente il cimitero ospita i tumuli dei soldati imperiali emersi dai ghiacci del Piz Giumella a partire dall’agosto del 2004 e deceduti nelle battaglie più alte della Grande Guerra, durante gli insensati scontri per la conquista italiana e riconquista austriaca della cima del San Matteo nell'ultimissimo periodo del conflitto, nell’agosto e nel settembre 1918, proprio alla vigilia della cessazione delle ostilità .
Nei campi, poco a valle della strada che conduce al dosso, è possibile osservare un masso coppellato chiamato Sass de Sot Castel. La denominazione di Sot Castel attribuita alla campagna sottostante il colle, sembrerebbe quindi un’ulteriore conferma dell’antica presenza del castelliere. Inoltre nelle antiche leggende, nelle credenze popolari, vi è traccia della frequentazione del luogo da parte delle streghe ma soprattutto si parla dell’esistenza di un cunicolo sotterraneo che avrebbe collegato una fantomatica torre pagana all’antico castelliere…
I miei ricordi.
Così il dosso di San Rocco nei miei ricordi... i lontani ricordi del tempo andato quando in estate mi avviavo, di buon mattino, in numerosa e chiassosa compagnia, alla conquista della cima del Vioz per ammirare il tramonto del sole verso il S. Matteo e il suo sorgere, all’alba del giorno seguente, dopo una nottata insonne trascorsa tra le ruvide coperte del vecchio rifugio Mantova. Si partiva da Pejo Paese o addirittura da Pejo Terme (allora si diceva Peio Fonti e non esistevano gli impianti a fune - in pieno Parco dello Stelvio - che oggi abbreviano di molto il percorso) e la prima tappa coincideva con la visita al suggestivo dosso di San Rocco. Una breve sosta per riprendere fiato davanti alla cappella, una preghiera da parte di qualcuno, una veloce puntata all’ex cimitero di guerra… e si riprendeva il lungo e faticoso cammino verso Malga Saline… verso il Dente del Vioz e su, su... fino al rifugio a 3535 m... e nella brezza della sera tutti sulla cima a 3645 m di altitudine estasiati dallo spettacolo del calare del sole, meravigliati e infreddoliti dal rapido sopraggiungere di un gelido crepuscolo...
Così il dosso di San Rocco nei miei ricordi... i lontani ricordi del tempo andato quando in estate mi avviavo, di buon mattino, in numerosa e chiassosa compagnia, alla conquista della cima del Vioz per ammirare il tramonto del sole verso il S. Matteo e il suo sorgere, all’alba del giorno seguente, dopo una nottata insonne trascorsa tra le ruvide coperte del vecchio rifugio Mantova. Si partiva da Pejo Paese o addirittura da Pejo Terme (allora si diceva Peio Fonti e non esistevano gli impianti a fune - in pieno Parco dello Stelvio - che oggi abbreviano di molto il percorso) e la prima tappa coincideva con la visita al suggestivo dosso di San Rocco. Una breve sosta per riprendere fiato davanti alla cappella, una preghiera da parte di qualcuno, una veloce puntata all’ex cimitero di guerra… e si riprendeva il lungo e faticoso cammino verso Malga Saline… verso il Dente del Vioz e su, su... fino al rifugio a 3535 m... e nella brezza della sera tutti sulla cima a 3645 m di altitudine estasiati dallo spettacolo del calare del sole, meravigliati e infreddoliti dal rapido sopraggiungere di un gelido crepuscolo...
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