Questo scritto (e le foto che lo illustrano) più che al fiume Noce si riferiscono è al suo affluente, il torrente Vermigliana, torrente che dai valligiani viene denominato “Nos”, in omonimia con il fiume nel quale si riversa.
Ci risiamo. Dopo due anni dall’ultimo evento
alluvionale (che fortunatamente non ebbe particolari conseguenze) il
Noce e i suoi principali affluenti, i torrenti Vermigliana, Meledrio
e Rabbies nonché i numerosissimi rii che, più o meno
importanti, che vi si riversano dai versanti dei monti, si sono
nuovamente gonfiati, oltremisura, a causa di una pioggia
particolarmente intensa (ma fortunatamente, di non di lunghissima
durata).
E, questa volta, i “guai” non sono mancati (considerevoli in alcune zone, come quelli causati dal Rio Valpiana), ma avrebbero potuto essere ben maggior coinvolgendo i centri abitati se, sul Vermigliana, non ci
fossero state due grandi briglie filtranti con relativi bacini di
deposito che trattenendo il materiale alluvionale ne hanno impedito
il deposito più a valle, dove il torrente spiana, con conseguente
esondazione in alcune aree urbanizzate del paese di Fucine, ma probabilmente non solo di Fucine. Scampato pericolo per i residenti e gli imprenditori di quelle zone, un
sospiro di sollievo, ma se la pioggia non fosse cessata che sarebbe
successo? Guai grossi sicuramente... disastrosi effetti che forse solo la presenza di altre opere filtranti con grandi bacini di deposito sul Vermigliana e briglie sui rii (Val Cavagna e Furesta e Val Orche) che si riversano dai versanti avrebbero potuto contenere.
In un mio post
di due anni fa (dal titolo “Quando el Nos lé rabios”) elencavo
le date, a partire dal 1500, dei più disastrosi eventi alluvionali che colpirono la Val
di Sole e in particolare l’Alta Valle con la conca di Ossana, così come le avevo rinvenute consultando alcuni
testi di “Autori” solandri. A queste ne avevo aggiunte
altre sulla base delle testimonianze di mio nonno (nato nel 1878 e
deceduto nel 1966) accompagnandole con un suo drammatico ricordo
dell’alluvione che colpì Fucine nel lontano 1886, riprendendo il tutto dal un suo tomo a solo uso familiare intitolato “Memorie”.
Come si legge nel mio post di due anni fa nel corso dei secoli, come dei decenni a noi più prossimi, sono stati molti gli accadimenti calamitosi che hanno funestato il quieto vivere della Val di Sole, ma in questi ultimi anni il gonfiarsi oltremisura di torrenti e rii si è fatto sempre più frequente a causa di una mutazione climatica che tende ad accentuare, oltre al reiterarsi, anche l’intensità degli eventi meteorologici "estremi".
Le piogge sono sempre più forti, anche se
spesso sono di breve durata. A volte sono associate a venti
tempestosi o a temperature alte anche in quota che non consentono di
trasformare la pioggia in neve. Sono avvenimenti, questi, che
possono facilmente mettere in crisi i piccoli bacini idrografici
particolarmente quelli posti su pendii geologicamente fragili,
instabili (e magari di natura morenica come quelli posti su gran
parte del versante destro della nostra valle), causando profonde
incisioni, frane e smottamenti che riversano a valle e quindi
nell’alveo dei corsi d’acqua principali grandi quantità di
materiale, massi, ghiaia, sabbia, limo… intasandoli, provocando
colate di fango e facendoli esondare.
Ma di
tutto questo ho già “detto” nel mio post di due anni fa. Con un
“copia incolla” lo riprendo comunque anche qui, lo ripresento in questo post… rivedendolo solo in minima parte, solo qua e
là...
Come
si è visto eventi alluvionali più o meno disastrosi funestano da
sempre la valle così come funestano molti altri territori per non
dire l'intera superficie terrestre. Sono accadimenti inevitabili... i
monti sono inesorabilmente destinati ad appiattirsi, a poco a poco,
nel corso dei tempi, tempi certamente
lunghissimo. Le opere di sistemazione idraulica e forestale possono
solo rallentare e contenere il processo cercando di salvaguardare il
più possibile gli insediamenti umani. E va riconosciuto che, da noi,
gli interventi a salvaguardia dei centri abitati, delle vie di
comunicazione, delle campagne non sono mancati e che molto si è
fatto non solo in questi ultimi anni... non mancano di certo i muri
di sponda, i cunettoni, le
difese elastiche, le
arginature, le briglie, anche filtranti, i bacini di espansione e di
deposito... le opere di consolidamento delle frane, i paravalanghe...
ma evidentemente questo non basta. Ancora
molto si può e si deve fare anche se non sarà comunque sempre
possibile evitare che si
verifichino degli accadimenti calamitosi soprattutto di fronte al
mutare delle condizioni climatiche che drammatizzano lo scenario accentuando la frequenza e
l'intensità degli eventi meteorologici estremi.
E'
sotto gli occhi di tutti che la pioggia non scende più come un tempo
quando solitamente le alluvioni venivano causate da piogge
persistenti, non intensissime, ma che non cessavano mai, gonfiando
rivi, torrenti e fiumi, a poco a poco. Oggi i tempi si sono ridotti,
piove a dirotto e le precipitazioni (le cosiddette “bombe d'acqua”)
sono spesso accompagnata da bufere di vento che spianano i boschi,
tempeste (che qualcuno definisce tropicali) che mettono in crisi
soprattutto i piccoli bacini idrografici gonfiando a dismisura
rigagnoli e torrentelli provocando erosioni, frane per crollo e
smottamenti. C'è molta più energia nell'atmosfera, energia che si
scarica sulla terra producendo fortunali finora sconosciuti. C'è più
calore e i ghiacciai si ritirano, scompaiono, il permafrost si
squaglia e i vasti territori d'alta montagna diventano instabili,
fragili...
Come affrontare la situazione? Non spetta certo a me stabilirlo elargendo ricette risolutive che, in ogni caso, credo non esistano proprio. Comunque ciò che io mi auguro venga fatto sta tutto qui sotto... nelle poche righe che seguono...
Auspico che
si faccia molto di più a livello mondiale per contenere il
cambiamento climatico, per limitare il riscaldamento globale evitando
drasticamente l'immissione in atmosfera di ulteriori quantitativi di
gas serra; mi auguro che accanto alle istituzioni anche le singole
persona si impegnino a fondo, che riflettano sulle sue loro abitudini
consolidate cambiando, eventualmente, il loro stile di vita, anche
nelle piccole cose di ogni giorno, rendendosi meno dipendenti dal
consumismo imperante.
Penso
che si dovrebbe porre la massima attenzione prima di urbanizzare zone
che un tempo, magari lontano, furono interessate da frane, alluvioni,
valanghe... Gli eventi alluvionali tendono a ripetersi e prima o poi
investiranno nuovamente le aree che già colpirono in passato.... A
questo proposito sarebbe auspicabile un maggiore rigore nella stesura
e revisione dei piani regolatori comunali… (in giro si mormora che talvolta si siano presi provvedimenti
in senso opposto, liberalizzando l’edificabilità anche in zone a
rischio alluvione o valanga – un cambio di destinazione d’uso inappropriato - Sarà
vero o saranno solo chiacchiere da bar?).
Penso
che sia da evitare l’impermeabilizzazione totale o parziale del
suolo con insediamenti turistici in quota, disboscamenti per piste da
sci, impianti a fune, ecc. soprattutto se realizzati in zone
geologicamente fragili (vedi Folgarida e Marilleva)...
Penso che i
nostri boschi vadano progressivamente trasformati, da boschi di
produzione a boschi più orientati alla protezione, da formazioni
coetanee e pure (d’abete rosso, così debole al vento!), a
formazioni disetanee e miste (cosa che parzialmente già sta
avvenendo grazie alla selvicoltura naturalistica). Che i nostri
boschi, così antropizzati (sostanzialmente “coltivati”), vadano
lentamente avvicinati alla conformazione delle foreste primigenie, le
foreste naturali, molto più resistenti alle tempeste e con un suolo
fertile, soffice e spugnoso in grado di assorbire e trattenere grandi
quantitativi d'acqua, restituendoli in tempi lunghi e allungando così i tempi di corrivazione.”
Clicca
su Google Foto per vedere tutte le foto...
...sia le foto scattate alcune ore dopo la punta di piena, quando il sole era ritornato ad illuminare la valle sia quelle scattate due settimane dopo l’evento alluvionale, durante i lavori di svuotamento dei bacini di deposito a monte del paese di Fucine.
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