Escursione in compagnia di pochissimi amici e in particolare di un “amico ritrovato”, ritornato in Val di Sole dopo parecchi anni di lontananza… Escursione nel segno delle “rimembranze”, del ricordo dei bei tempi passati, delle lontane “avventure” vissute assieme sui monti della valle…
Metà settembre. Cielo terso e
totalmente sereno sopra la Val Piana quando, di buon mattino,
abbandonate l'auto, imbocchiamo sentiero che sale a “Bon”.
Atmosfera di fine estate, d’estate morente... Profumo di umidore, di umidore autunnale più che estivo. Temperatura fresca, piacevolmente
fresca, nell’ombra profonda che ci avvolge permanentemente durante
l'iniziale salita. Davanti a noi, emerge dall’oscurità solamente
il “Corno di Bon”, splendidamente irraggiato dal sole. Sole che,
dietro di noi, ha raggiunto da tempo l’ampia area montuosa del “Salar”, della “Vegaia”e delle alte praterie delle “Pozze”.
Il sentiero, ai piedi dei “Crozi dei Meoti”, è in gran parte ripido, tortuoso e sconnesso… Con una punta di amaro sarcasmo non possiamo non constatare come, con il trascorrere del tempo, con il passare dei nostri anni, il sentiero si sia molto allungato, si sia fatto, più erto e molto più affaticante.
Finalmente, sbuchiamo in
“Anziana”, una breve e stretta vallecola pianeggiante, il fondo di una forra sempre bello e suggestivo. Bello pure oggi nonostante l’ombra imperante e le tinte
anonime di fine estate. Solo i tappeti di mirtillo rosso, sparsi qua
e là su dei grossi massi, con la vivacità delle loro bacche rosse e il
verde brillante delle foglie coriacee rompono l’oscura uniformità
di un paesaggio senza sole e ancora privo dei dorati colori
autunnali.
E il sole arriva… Quando, su di un tracciato fattosi
ora più agevole, raggiungiamo la selvaggia conca di “Bon” la
troviamo tiepida e bene illuminata. Un autentico dono per la nostra
compagnia, compagnia di quattro attempati amici, che, in riva al
torrentello, possono sostare, rilassarsi, ristorarsi e soprattutto
riposare i muscoli e le ossa vecchie e stanche. E naturalmente, qui,
dove la via si biforca permettendo di raggiungere sia “Caldura”
(dove, qualche anno fa, il bel bivacco è stato distrutto dalla
valanga), il monte “Giner” e il passo del “Cagalatin”, sia, per diversa via, il
bivacco “Stalon de Bon”, il "Lago Venezia”… qui non può
mancare la rimembranza, non possono mancare i ricordi delle passate
“imprese”, gli aneddoti più o meno curiosi, che videro
protagonisti questi e altri amici nei loro “migliori”
anni.
Ancora salita ma per poco... All’improvviso ci troviamo
di fronte al bivacco “Stalon di Bon”, un “baito”, singolare
quasi “unico nel suo genere”. Eretto qualche anno fa
all’estremità dei resti ripuliti e consolidati dello stallone di
“Bon” è un "rifugio" veramente confortevole, fin troppo confortevole verrebbe
da dire… E' provvisto di tutto, di acqua corrente, servizi igienici,
gruppo elettrogeno, pentolame, stoviglie e detersivi e pure di una statuetta in
ceramica della Vergine per i più devoti. Su due piani, dotato di
cucina economica con tanta legna secca, ben protetta all’esterno,
tavolo con panche, credenza, otto comodi posti letto, con coperte,
possibilità di barbecue all’aperto con rustico tavolone sulla
vecchia pavimentazione della stalla. E proprio seduti attorno a questo
tavolone, intiepiditi dal sole settembrino di mezzogiorno, mangiamo,
beviamo e conversiamo... piacevolmente.
Mentre “qualcuno” riposa
per poi farsi una partitina a tresette, io e il coraggioso “amico
ritrovato”, proseguiamo il cammino verso la spianata di “Venezia”.
Sono ben venticinque anni (ma probabilmente anche qualche anno in
più), che io e il mio amico, non calchiamo questo sentiero… allora
non solo raggiungemmo il “Lago di Venezia”, ma proseguimmo ben
oltre, raggiungendo il bivacco “Jack Canali” dove trascorremmo la
notte. Di quella lontana escursione parliamo a lungo, mentre faticosamente affrontiamo la salita. Aiutandoci vicendevolmente, facciamo emergere molti ricordi più o meno dettagliati, riusciamo a
rammentare molti dei fatti (belli e meno belli) che caratterizzarono quell’impresa, molti particolari che da tempo si trovano sommersi, spenti nei meandri della nostra memoria.
Ed è bello
rammentare… non solo ricordare quella nostra escursione ma anche altre
“avventure” che, insieme, ci videro protagonisti in altre zone
della valle. Ma non solo. E' pure bello rievocare anche le “avventure”
che mi videro scarpinare proprio quassù, su questi monti con altri
amici (alcuni purtroppo scomparsi): il pernottamento in “Caldura” seguito dalla mattutina salita alla conca del “Giner” piena di camosci, la discesa sulla neve dal passo
Scarpacò provenendo dai “Laghetti di Cornisello”, la
ripidissima salita al “Bochet de l’Omet” e la successiva calata
ai laghi “Piccolo" (o de "La Sté") e di “Barco”, la
traversata dalla “Colem del Dos” a “Venezia” dove ora ci
troviamo...
Raggiunto il paletto della segnaletica (Passo Scarpacò –
Laghi Cornisello - Bivacco Jack Canali – Rif. Val Amola Segantini)
diamo l’addio al pianoro di “Venezia” dopo aver osservato
un’ultima volta il Lago, ridotto, specie in questa stagione, ad una piccola pozzanghera paludosa.
Scendiamo a valle.
Breve pausa allo “Stalon
de Bon” per “raccogliere gli amici” che nel frattempo si sono
ristorati oltre il dovuto e riprendiamo la discesa. Discesa quasi interminabile,
ben oltre il previsto... a causa dei problemi alle ginocchia di uno
di noi. Niente di preoccupante. Solo un lento rientro che ci dà modo di conversare, di ricordare e perché no, di
programmare altre uscite, sempre sull’onda della “rimembranza”,
della rievocazione di qualche passata, “antica” escursione.
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