Quando il Noce è arrabbiato...
Quando il fiume Noce, i suoi
affluenti principali, i torrenti Vermigliana, Meledrio Rabbies, e i
numerosi rii che vi si riversano precipitando dai ripidi fianchi dei
monti, si gonfiano oltremisura, per le piogge persistenti o per degli
improvvisi e tempestosi temporali, per la nostra zona sono guai seri.
E lo sono soprattutto quando i versanti, in particolare il morenico e
instabile versante destro della valle, iniziano a franare, scavando
profonde incisioni e riversando a valle enormi quantità di
materiale, limo, sabbia e massi do ogni dimensione.... E i “guai”
ci sono stati anche pochi giorni fa. Un nuovo disastroso evento si è
infatti verificato, mi vien da dire per l'ennesima volta, nella Media
Valle, a Dimaro, dove il Rio Rotian ha trascinato in paese i detriti
franati nella parte alta del suo alveo provocando morte (una
vittima), terrore, panico e angoscia ed ingentissimi danni materiali.
Ho scritto “per l'ennesima volta” perché nel corso dei secoli e dei decenni sono stati moltissimi gli accadimenti analoghi che hanno funestato il quieto vivere di questa operosa valle di montagna. Frugando qua e là tra i volumi e i volumetti della mia libreria ha rinvenuto alcuni scritti che riportano le date dei più disastrosi eventi alluvionali che colpirono la Val di Sole e in particolare l'Alta Valle, specificatamente la conca di Ossana con la sua frazione di Fucine.
Scrive Quirino Bezzi nel suo libretto “La Valle di Sole” (Ed. Artigianelli 1959) riferendosi alla zona di Fucine: “...Le vecchie case un tempo sorgevano sulla destra del torrente, ma questo, aiutato dalle frane della val Cavagna e della val Foresta scendenti dai piani della Selva di Barco, più volte le asportò, spesso cambiando di letto così come nel 1425 ((?)Nelle locali pergamene Fucine viene citato per la prima volta solo nel 1463 come “Villa Nova Fucinarum”), nel 1772, nel 1789, nel 1796 e nel 1846 quando l'impeto delle onde demolì la chiesa di S. Carlo, poi ricostruita nel centro del villaggio......”
Anche Giovanni Ciccolini nel suo prezioso volume “Ossana nelle sue memorie” (Tip. Ed. Solandra 1943 – riedizione del 1992 a cura del Centro Studi per la Val di Sole) cita le date delle più gravi inondazioni che funestarono la zona in questione: “Le nostre carte ricordano alcune inondazioni nell'Alta Valle, come quelle del 1578, 1665, 1757, 1772, 1778 (?), quella tremenda del 1789, causa la quale la nostra pieve ebbe in abbuono di fiorini 445,36 sull'imposta provinciale e l'ultima non meno disastrosa del 1850. (Il Brentari ricorda anche quelle del 1796 e del 15 agosto del 1846....”
Altro non ho trovato se non negli scritti di mio nonno (morto nel lontano 1966) raccolti in un tomo, per “solo uso familiare”, dal titolo “Memorie”. Il nonno nel capitolo “Alluvioni di Fucine ed Ossana” scrive: “….spiace che nessuno abbia lasciato memoria delle antiche alluvioni che danneggiarono e addirittura travolsero le poche case di cui il villaggio era costituito. Ho rinvenuto in un vecchio manuale, l'annotazione che qui riporto integralmente: <<negli anni 1772, 1778 e 1798 la furia distrusse quasi tutta la Villa (Fucine), lasciando intatta la chiesa ma ai quindici agosto 1846 travolse anche questa e l'inondazione del 1868 condusse parte delle sue rovine...>> Questo è tutto: per altre notizie non mi resta che rimettermi alla tradizione......”
l nonno prosegue ricordando l'alluvione del 1882 e quella del 1886 che rammenta lucidamente (aveva allora otto anni) e racconta in una coinvolgente narrazione che ho ritenuto di riportare quasi per intero più sotto.... aggiungendovi i miei ricordi che, molto più recenti, risalgono alle alluvioni del 1960 e del 1966 e ad altri eventi di minore impatto.
Come si è visto
eventi alluvionali più o meno disastrosi funestano da sempre la
valle così come funestano molti altri territori per non dire
l'intera superficie terrestre. Sono accadimenti inevitabili... i
monti sono inesorabilmente destinati ad appiattirsi, a poco a poco,
nel corso dei tempi, tempi lunghissimi. Le opere di sistemazione
idraulica e forestale possono solo rallentare e contenere il processo
cercando di salvaguardare il più possibile gli insediamenti umani.
Va riconosciuto che, da noi, gli interventi a salvaguardia dei centri abitati, delle vie di comunicazione, delle campagne non sono mancati e che molto si è fatto non solo in questi ultimi anni... non mancano di certo i muri di sponda, le arginature, le briglie, anche filtranti, i bacini di espansione e di deposito... le opere di consolidamento delle frane, i paravalanghe... ma evidentemente questo non basta. Non è possibile evitare che si verifichino comunque degli accadimenti calamitosi soprattutto di fronte al mutare delle condizioni climatiche, al cospetto di un cambiamento climatico che drammatizza lo scenario accentuando la frequenza e l'intensità degli eventi meteorologici estremi.
E' sotto gli occhi di tutti che la pioggia non scende più come un tempo quando solitamente le alluvioni venivano causate da piogge persistenti, non intensissime ma che non cessavano mai gonfiando rivi, torrenti e fiumi a poco a poco. Oggi i tempi si sono ridotti, piove a dirotto e le precipitazioni (le cosidette “bombe d'acqua”) sono spesso accompagnata da bufere di vento che spianano i boschi, tempeste (che qualcuno definisce tropicali) che mettono in crisi soprattutto i piccoli bacini idrografici gonfiando a dismisura rigagnoli e torrentelli provocando erosioni, frane per crollo e smottamenti. C'è molta più energia nell'atmosfera, energia che si scarica sulla terra producendo fortunali finora sconosciuti. C'è più calore e i ghiacciai si ritirano, scompaiono, il permafrost si squaglia e i vasti territori d'alta montagna diventano instabili, fragili...
Come affrontare la situazione? Non spetta certo a me stabilirlo elargendo ricette risolutive che, comunque, credo non esistano proprio. Rifletto, penso ed espongo il mio pensiero. Penso e auspico che si faccia molto di più a livello mondiale per contenere il cambiamento climatico, per limitare il riscaldamento globale evitando drasticamente l'immissione in atmosfera di ulteriori quantitativi di gas serra; penso e auspico che accanto alle istituzioni anche le singole persona si impegnino a fondo, che riflettano sulle loro abitudini consolidate cambiando, eventualmente, il loro stile di vita, anche nelle piccole cose di ogni giorno, rendendosi meno dipendenti dal consumismo imperante ed estremamente deleterio per l'ambiente.
Penso poi che si
dovrebbe porre la massima attenzione prima di urbanizzare zone che un
tempo, magari lontano, furono interessate da frane, alluvioni,
valanghe... Gli eventi alluvionali tendono a ripetersi e prima o poi
investiranno nuovamente le aree che già colpirono in passato....
Penso che siano da evitare gli insediamenti turistici in quota, i
disboscamenti per piste da sci, impianti a fune, ecc. realizzati in
zone geologicamente fragili... Penso che i nostri boschi vadano
progressivamente trasformati, da boschi quasi esclusivamente di
produzione a boschi più orientati alla protezione, da formazioni troppo spesso
coetanee e pure (l'abete rosso! Così redditizio ma debole al vento!), a formazioni
disetanee e miste. Che i nostri boschi, così antropizzati, vadano
avvicinati alla conformazione delle foreste primigenie, le foreste
naturali (andando ben oltre l'attuale pratica applicazione della “selvicoltura
naturalistica”), molto più resistenti alle tempeste e con un suolo
fertile e soffice in grado di assorbire e trattenere enormi
quantitativi d'acqua.
Questo e altro
ancora penso ma nulla suggerisco...
Dalle “Memorie” del nonno.
E' noto come Fucine, che sorge sugli
antichi alvei dell'impetuoso torrente Vermigliana, in passato fosse
più volte vittima del torrente stesso e come a tutt'oggi le
persistenti piogge, che causano l'ingrossamento delle sue acque,
costituiscano preoccupazione per gli abitanti del paese......
…...la chiesetta dedicata a
S.Carlo fu travolta dall'alluvione...... a questo proposito, si
raccontava dagli anziani del paese, che la statua del santo era stata
vista galleggiare ritta in piedi, per lungo tratto, sopra le furiose
acque. Ciò appare ben poco credibile, ameno ché il patrono, prima
di affogare, non avesse voluto salutare e per l'ultima volta, il
paese che lo aveva un giorno così bene accolto.
Un'altra inondazione avvenne nel
settembre-ottobre 1882 e cagionò danni alla campagna. A questa ne
seguì un'altra nel 1885, della quale sono in grado di dare
dettagliati particolari, essendo io allora in età di otto anni:
quella drammatica notte è rimasta assai impressa nella mia memoria.
Da giorni la pioggia cadeva
persistente; pioveva, pioveva e nessun indizio faceva sperare in un
miglioramento. La gente cominciava a d allarmarsi soprattutto perché
dalle due valli, Foresta e Cavagna, franava , di tanto in tanto, con
impressionante fragore, terriccio e pietrame ma soprattutto massi di
granito tondeggianti che sdrucciolando nel letto del torrente
andavano formando un ingorgo con conseguente pericolo di fuoriuscita
delle acque dall'alveo. Il torrente si ingrossa di ora in ora e il
suo fragore per le acque dense, pesanti di fanghiglia e massi che
trascina, è tale da mettere una buona dose di paura ad ogni persona.
Il ciglio del torrente, costituito in parte da grosse, pesanti
travature in legno connesse tra loro, chiamate comunemente “zattere”,
minaccia di venir travolto.... la gente, sempre più allarmata, dà
mano alle cose più necessarie, materassi, coperte, biancheria,
vestiario e le trasporta al sicuro in casa Zanella che nella
circostanza era diventata un generale asilo. Mi pare ancora da vedere
quella povera gente accasciata dall'incubo e sotto il peso di pesanti
casse o mentre sospinge carretti con voluminosi carichi, correre qua
e là in preda al panico, nello sforzo di salvare il salvabile. E
sono trascorsi ormai sessant'anni!
L'acqua cade a rovesci; il materiale
che frana dalle due valli, con un rombo cupo e persistente fa vibrare
le case, ingombra il torrente e dietro viene a formarsi un lago
pesante. Gli uomini posti a guardia del torrente , vedendo che la
diga formata dai detriti della montagna sta per essere travolta dalla
spinta delle acque, corrono verso il paese invitando tutti a mettersi
in salvo. L'allarme provoca ulteriore panico e confusione in un
andirivieni, nel buio della notte, di uomini, donne, bambini, vecchi
malaticci che si trascinano a stento sorretti da qualche famigliare,
mamme con i piccoli in braccio invocanti Dio e la Vergine; …..
tutti cercano riparo chi in casa Oliva ma la maggior parte in casa
Zanella che presenta migliore sicurezza. Gli animali erano stati
condotti a Ossana ancora nel giorno precedente,tranne i cavalli
dell'impresa Zorzi, rimasti nella stalla fino all'ultimo allarme
quando vengono condotti nell'ampia cantina di casa Oliva. Verso
mezzanotte, quando l'acqua, che già aveva invaso parte del paese,
inizia a penetrare nello scantinato e tende a salire sempre più, i
poveri cavalli vengono costretti, non senza difficoltà, a salire due
scale per poter poi uscire sulla strada erariale......
L'oscurità è tale che non si
scorge un palmo avanti il naso; continua a piovere dirottamente; Il
cupo rombo proveniente dalle due valli si accentua sempre più.....
Qualcuno ormai cede alla tensione nervosa e a stento si riesce a
calmarlo. Si chiudono porte e scuri per sentire meno quel tonneggiare
delle valli che franano.... Fu una nottataccia d'inferno più facile
da immaginare che da descrivere.
Le guardie non stavano inoperose:
con grandi lampade a petrolio percorrevano la strada principale
fiancheggiante il torrente per dare eventuali nuovi allarmi e appena
oltre il paese, difronte alla val Cavagna, avevano acceso un grande
fuoco per rischiarare la zona e controllare l'eventuale formazione di
una nuova diga che avrebbe potuto causare lo straripamento del
torrente sulla strada e porre in pericolo anche le due case che
ospitavano gli abitanti del paese. Per maggior sicurezza, si costruì
un riparo con grosse travature in legno connesse tra la roccia e il
cosiddetto “scagnel” costruito ancora ai tempi dei lavori
stradali appositamente a questo scopo e che tuttora esiste (esiste
pure oggi nel 2018).Ricordo che la mamma, che sapeva bene
controllarsi, come al solito mi aveva accompagnato a letto assieme ai
fratelli e ai cugini più piccoli di me. La mia testa era però piena
degli avvenimenti del giorno e non mi riusciva di addormentarmi: mi
rialzai e ridiscesi in cucina.... l mamma voleva ricondurmi a letto
ma io tenni duro e rimasi alzato l'intera notte a vedere.... Era una
pietosa confusione! Ad una certa ora arrivò una guardia annunciando
che un secondo ramo del torrente era deviato verso il paese.
Figuratevi la generale costernazione. Il grido fu unanime: “
Signore Dio salvate le nostre case!” Il timore aumenta e qualcuno
già prende la via verso il Forno di Noval. I miei genitori, per
precauzione, svegliarono i piccoli e li trasportarono nel vicino
rustico, da dove, al bisogno, avrebbero potuto mettersi al sicuro nel
bosco. Non si sentivano al sicuro nemmeno nella casa meno alla
portata del torrente.
Fu la notte degli incubi! Dirò
ancora che, mentre si sospirava l'approssimarsi dell'alba, tutti
s'inginocchiarono ai piedi di un'immagine di Maria e con grande
devozione venne recitato il Santo Rosario. Pregavano con grande
fervore anche coloro che, durante il giorno, forse per spavalderia o
per farsi coraggio, avevano combinato una mezza ubriacatura... ma noi
uomini siamo così: nel momento del pericolo ricorriamo con fede al
Signore. Trascorso questo ritorniamo alla nostra consueta fragilità.
Quando Dio volle si fece finalmente
chiaro dopo una notte che era sembrata senza fine. Il cielo sembrava
meno plumbeo e in qualche punto tendeva a schiarirsi per cui l'animo
di tutti iniziò a sollevarsi. Pian piano, i più si avviarono alle
loro case le quali, per grazia di Dio, erano ancora in piedi ma quale
disastro in molte strade, prati, orti e frutteti! I due rami d'acqua
fuoriusciti dall'alveo avevano trasformato ogni cosa in una morena
scavando il terreno anche fino a due metri di profondità: l'angolo
di fondazione di una casa del paese si presentava sospeso nel
vuoto.......
Fra i commenti del giorno dopo, a
pericolo scampato, gli uomini dicevano. “ Possiamo ringraziare Dio
di averla scampata bella!”. “E sì” commentavano in risposta le
donne “l'abbiamo scampata per miracolo e se le nostre case sono
ancora in piedi, voi uomini lo dovete al signor Parroco che è un
sant'uomo come ben pochi: noi ieri l'abbiamo visto sul prato del Sant
che, con un crocefisso in mano, benediceva il Noce perché non
portasse via le nostre case”. Erano le donne di un tempo che
custodivano in cuore un forte sentimento religioso......
A questa alluvione, di buona
memoria, altre ne seguirono, in media una ogni diedi anni, tutte con
parecchia preoccupazione degli abitanti, molti dei quali, per
precauzione, abbandonarono l'abitazione per per portarsi al sicuro in
altre case o ad Ossana......
Pure Ossana nei tempi che furono
ebbe la sua parte di inondazioni; ciò è confermato dalla attuale
configurazione del paese dove le cantine sotterranee si contano a
decine, profonde, un tempo ingombre del materiale franato dalla Val
Salin......
E a questo punto ecco i miei
ricordi... alcuni ancora nitidi, ben impressi nella mente come
quelli dell'alluvione di fine agosto, inizio settembre del 1960
(avevo undici anni) quando il torrente Vermigliana, gonfio ed
intasato dai detriti morenici franati dalla Val Furesta devastò la
zona della Poia, poco a monte del paese, rendendola irriconoscibile..
Anche in quell'occasione ci fu un fuggi fuggi generale e gli abitanti
del paese si rifugiarono nella poche case ritenute sicure portando
con loro gli oggetti indispensabili e più preziosi. Il torrente
uscito dagli argini, appena a valle del paese, si aprì una nuova
via deviando nella campagna e demolendo un rustico e danneggiando
irreparabilmente una periferica casa d'abitazione. Oggi sul fondo,
ancora ben riconoscibile, di quell'alveo, scavato dalle acque allora
fuoruscite dagli argini, fa bella mostra di sé una casa di
vacanzieri e nei dintorni più prossimi sono sorte altre numerose
case e un camping....
Ricordo poi l'alluvione del 1966,
l'alluvione che sommerse Firenze e Trento ma che fortunatamente
quassù non provocò grandissimi danni.. Rammento la grande nevicata
di quell'inizio di novembre che imbiancò abbondantemente l'Alta
Valle; ricordo il repentino squagliarsi della neve che contribuì non
poco a ingrossare torrenti e fiumi facendoli poi esondare. Ricordo
che, qualche giorno dopo il disastroso avvenimento, riuscii, con
grande difficoltà a ritornare a Trento, dove studiavo, per “dare
una mano”... con altri amici, contribuii a svuotare dal fango le
cantine della casa di un compagno di classe.
Molti altri furono gli episodi
alluvionali di minore entità che ricordo bene. Tra questi ho ben
presente quello dell'estate del 1987 quando, durante la notte, gran
parte del paese venne sgomberato. Turisti e residenti si dovettero
rifugiare nelle poche zone sicure dell'abitato. Con le mie due
gemelle di pochi mesi trovai calorosa e confortevole accoglienza in
una delle poche case che sovrastano il paese.
Tutte le foto del Torrrente Vermigliana
(la mattina del 30 ottobre, dopo una notte di timore)
si trovano in “Google Foto”
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