Neve. Molta neve. Molta neve come a
novembre non si vedeva da tempi “immemorabili”. Molta neve in
quota ma anche sul fondovalle. Neve leggera, soffice e asciutta ma
anche neve pesante e bagnata, talvolta neve frammista alla pioggia o
alternata alla pioggia Abbondanti precipitazioni nevose sulle piste
da sci in quota durante l'intero mese di novembre per la gioia degli
“sportivi” e soprattutto degli “impiantisti e affini” che,
dopo anni di “magra”, di neve solo artificiale per buona parte
della stagione turistica, possono nuovamente sperare (o illudersi)
che il cambiamento climatico non sia così drastico e definitivo come
si sostiene. Ma... chissà... si usa dire che “una rondine non fa
primavera”... Non sarà magari che queste anomale intense nevicate
autunnali siano un'ulteriore allarmante effetto della mutazione
climatica in atto?
E' sotto gli occhi di tutti che gli
eventi meteorologici estremi di varia natura si stiano facendo sempre
più frequenti. La scienza è ormai certa che l'andamento climatico
cui siamo abituati si stia guastando, si stia rapidamente
modificando. A queste mutazioni ci dobbiamo adattare (e soprattutto
dobbiamo evitare di incentivarle ulteriormente immettendo
nell'atmosfera altro gas serra). Resilienza quindi e,
conseguentemente, tra le molte altre cose da fare, anche iniziare a
promuovere un turismo diverso con uno sguardo non esclusivamente
all'oggi e al domani ma anche al dopodomani, rivolto a quel futuro
che inevitabilmente ci attende.
Ma sto divagando: non è di questo che intendevo scrivere... Quindi accantoniamo subito il “cambiamento climatico” e senza tergiversare “ritorniamo al dunque”, a parlare della mia breve escursione autunnale sui pascoli della Val di Strino ammantati di bianco, coperti dalla prima neve di novembre.
La neve scesa durante i primi giorni di
novembre ha imbiancato la montagna fino a 1500-1600 metri di quota
stravolgendo improvvisamente il paesaggio dopo le splendide e sempre
soleggiate giornate d'ottobre. Un irresistibile invito ad una
“uscita” diversa, un'ultima uscita, un'ultima escursione sui
“miei”monti prima di abbandonarli, prima di “migrare”, almeno
temporaneamente, verso climi più miti...
Ieri nevicava ma questa mattina
splende il sole. Parcheggiata l'auto lungo la statale del Tonale, a
metà strada tra Vermiglio e il Passo, imbocco la strada sterrata che
porta al forti austroungarici Mero e Zaccarana. Mezz'ora di cammino o
poco più e, dove si apre la valle di Strino, abbandono la strada
militare e mi inoltro sui pascoli. Pascoli immacolati. Il verde
dell'erba è ben celato da un sottile strato di neve fresca. Una
brevissima salita e il panorama che mi si presenta è un “panorama
mozzafiato”... come si suol dire. Un panorama veramente mozzafiato,
un panorama stupendo.... Immerso nel sole del mattino mi godo la
candida vista della Presanella e delle vette circostanti e, quasi in
primo piano, il festoso paesaggio dei versanti boscosi. Boschi di
resinose, boschi di abeti sempreverdi e di larici rugginosi. Boschi
brillanti, spruzzati di neve luminosa che dona profondità
all'insieme sottolineando il disegno di ogni singola pianta.
Proseguo. Percorro la stradina che
scorre pianeggiante al bordo dei prati, alla base del ripido versante
boscoso sulla sinistra idrografica della valle. Poi mi immetto sul
viottolo principale che sale ripido nei pressi del rio fino alla malga. Mi
fermo spesso per guardarmi attorno. Ne vale veramente la pena. Sosto
per fotografare il paesaggio e per “sbinocolare” alla ricerca di
qualche ungulato, capriolo, cervo, muflone, camoscio o stambecco che
sia... Esploro il bosco di conifere, il folto dell'ontaneto, le alte
e brulle praterie ai piedi delle creste e della cime del Redival.
Nulla. Ma le tracce dei selvatici ci sono, orme sulla neve,
sporadiche in verità, a testimoniare il passaggio notturno dei cervi
che, nottetempo, hanno attraversato la valle spostandosi da un
versante all'altro.
Sono arrivato, sono nei pressi della
Malga Strino. La neve che copriva l'ultimo tratto di strada non era
molto alta, solo una quindicina di centimetri, sufficiente comunque,
a rendere la mia salita alquanto gravosa. Sono stanco ma molto
soddisfatto. Il paesaggio è attraente, particolare ai miei occhi, per non dire unico. Vedere gli edifici della malga coperti di neve fresca
fa un certo effetto considerando che il contesto paesaggistico che li
circonda non è invernale ma ancora decisamente autunnale,
luminosissimo e ricco di colori intensi e vivaci ben diversi dalle
smorte tonalità della stagione più fredda..
Supero la malga e, incoraggiato dalla
modesta quantità di neve, mi avvio sul sentiero che porta a i
Laghetti di Strino e al Redival o, a scelta, alla Città Morta. Non è
certamente mia intenzione raggiungere quelle lontane mete, mi
basterebbe salire ancora un poco, un'oretta, forse meno, ma,
purtroppo, devo, quasi subito, riconsiderare il mio proposito. La
neve subito più alta e soprattutto un vento fortissimo che scende
gelido dalle cime mi inducono a rinunciare ad ogni ulteriore salita.
Strano, perché poco più a valle, nei dintorni della malga, non
spirava un alito di vento. Lascio la zona e inizio la discesa immerso
nella neve e in un silenzio che impressiona: penso all'estate, alle
lunghe giornate estive quando quassù fischiano numerosissime le
marmotte, risuonano i campanacci delle mucche al pascolo, abbaiano i
cani dei malgari e talvolta schiamazzano, fin troppo, torme di
ragazzini.
Scendo a valle seguendo il medesimo
percorso della salita. Mi arresto di tanto in tanto, attratto dai
giochi di luce che il sole basso d'inizio novembre crea filtrando con
i suoi raggi radenti tra i rami giallo-rossastri dei larici in veste
autunnale o tra i bassi cespugli innevati e ghiacciati di ontano
verde.
Ben presto la ripida discesa ha termine
e mi ritrovo sulla pianeggiante stradina che costeggia i pascoli più
bassi, pascoli che, suppongo, un tempo non lontanissimo, venissero
falciati, venissero intensamente sfruttati. Ora sono bianchi di neve ma in
primavera su questi prati pascolano i cervi, i caprioli e soprattutto
i mufloni. Poi, più tardi, in estate, vi pascolano le mucche della
malga in compagnia delle marmotte che qui hanno le loro tane.
Rieccomi nuovamente in fondo ai
pascoli, nei pressi della strada militare che mi riporterà a valle. Prima di imboccarla, prima di infilarmi nel
bosco fitto non posso non sostare ancora una volta conquistato dalla
vista delle cime che mi si stagliano di fronte. E' una vista ben
diversa da quella di due ore fa, quando stavo salendo alla malga. Ora
su quelle vette imperversa una vera tormenta, una bufera che solleva
turbini di neve incoerente, intense velature bianche volteggianti
nell'azzurro del cielo. Uno spettacolo unico, da non perdere, da
fotografare ripetutamente. Comunque un evento per certi versi atteso:
le sue prime avvisaglie, mi avevano già colto, poco prima, a monte
della Malga di Strino facendomi rinunciare ad ogni ulteriore salita.
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