Anche quest'anno le marmotte si sono
risvegliate uscendo dal lungo sonno invernale. Risveglio tardivo
rispetto a quanto solitamente accadde. Quest'anno l'inverno è stato
particolarmente freddo e a lungo privo di neve, la terra si è
ghiacciata in profondità e questo ha probabilmente allungato il loro
letargo.
Salgo di buon mattino sui monti di Vermiglio, nei pressi di passo Tonale, diretto verso i pascoli della Val di Strino, praterie ancora parzialmente imbiancate dalla neve caduta fuori stagione, alla fine aprile e nei primi giorni di maggio. Supero rapidamente i primi tornanti dell'austroungarica via militare che conduce al Forte Zaccarana, lasciando alle mie spalle un ripido e fitto bosco di conifere e mi inoltro, deviando sulla stradina che conduce alla Malga Strino, nel rado lariceto che precede le nude praterie alpine.
Un tempo, era questa la zona dove a fine inverno si potevano osservare i caprioli... in grande numero, caprioli intenti a brucare i crochi primaverili sbocciati tra bosco e prato. Ora non più. Ora il numero dei caprioli è drasticamente diminuito. I cervi che si sono stabilmente insediati sui monti della valle fanno loro concorrenza; la loro presenza disturba il delicato capriolo così come lo infastidisce quella dei mufloni, animali questi, estranei alla fauna autoctona e insensatamente introdotti in alta Val di Sole per il diletto dei cacciatori.
Avanzo con cautela, attento a non far rumore ma di caprioli riesco solo a intravederne un esemplare nel fitto del lariceto, una femmina... giovane e fragile come fragile ormai lo è l'intera popolazione dei suoi simili, probabilmente, a mio parere, impoverita e debilitata anche da una pratica venatoria che troppo spesso opera una selezione “alla rovescia” alla ricerca del bel “trofeo”, del capo maturo e forte da abbattere anziché dell'animale debole o malaticcio.
Proseguo e... come mi attendevo, ecco i mufloni al pascolo,... un numeroso gregge di femmine con i piccoli nati da poco che subito fuggono nascondendosi nel folto del lariceto. Belli i mufloni ma decisamente fuori luogo...
Stupendo anche il raro rampichino alpestre che osservo mentre a piccoli balzelli risale il grosso tronco di un larice utilizzando a tratti anche la coda come punto di appoggio. Fruga con il lungo e sottile becco nelle screpolatura della corteccia e poi scompare dietro il tronco per non più riapparire... purtroppo si è lasciato ammirare solo per pochi istanti.
Lascio il lariceto alle mie spalle e proseguo sulla mulattiera che si fa sempre più ripida. D'un tratto, sbucando da una curva, un fischio mi fa sobbalzare. Un fischio acuto che lacera il silenzio. Ci siamo... finalmente le marmotte ! Nel fuggi fuggi generale non riesco a vedere l'esemplare che lancia i suoi striduli gridi d'allarme. Poi... eccola lassù, la marmotta, dritta sulle zampe posteriori. E' un giovane, forse di un solo anno, dalla pelliccia particolarmente chiara. Mi avvicino lentamente. Ad ogni fischio il suo corpo è scosso da uno spasmo, gola e petto fremono, la bocca si apre, il dorso s'incurva. Si impegna a lungo ma infine, spossato, è costretto a terminare in decrescendo i suoi gridi disperati ed esausto si abbassa e si accovaccia. Allora, in lontananza, altre marmotte più mature e autorevoli gli danno il cambio.
In estate questi pascoli sono molto frequentati da valligiani, dai turisti e dagli escursionisti diretti alla Città Morta, ai Laghetti di Strino, alla Cima Redival, al Torrione di Albiolo. Quassù pascolano numerosissimi bovini e anche qualche cavallo. Nella malga si lavora il latte e si producono ottimi formaggi.
Le marmotte che colonizzano la zona si sono adattate alla numerosa presenza umana ma si dimostrano sempre molto prudenti. Chissà, forse hanno interiorizzato il terrore delle loro antenate che quassù, sicuramente, in tempi ormai lontani, venivano cacciate e perseguitate dall'uomo.. Restano diffidenti, circospette, esemplarmente prudenti... anche nei miei confronti.
Mi apposto in prossimità di due tane e non devo attendere molto per veder apparire le marmotte che vi si sono imbucate. E' buffo vederle emergere lentamente, sporgere prudentemente il musetto dal foro terroso, fiutare l'aria, allungare la testa, restare immobili esaminando i dintorni con l'occhio scuro che brilla al sole e infine, rassicurate, uscire definitivamente dal terreno, il corpo sollevato a metà con le “manine” completamente protese e i “piedi” ripiegati sotto il posteriore.
A poco a poco, vincendo il timore, muovono qualche passo, brucano qualche filo d'erba, si distendono per un attimo al pallido sole allontanandosi appena dalla tana per rientrarvi precipitosamente ad ogni un mio brusco movimento. Riemergono più volte diventando sempre più curiose e confidenti, pur non cessando di sorvegliarmi con il loro sguardo furbetto e simpatico.
Ben diverso il comportamento nei riguardi dei loro naturali predatori, l'aquila e la volpe. Il grido d'allarme è modulato con tonalità e ritmi diversi a seconda di chi si sta avvicinando e certamente è ben differente da quello lanciato nei confronti dell'uomo. L'aquila avvista la preda a grande distanza, la coglie di sorpresa passando da un versante all'altro della valle, l'arpiona con gli artigli e spesso la strappa dal suolo senza nemmeno posarvisi. La volpe caccia soprattutto in primavera, attende la sua preda sul bordo della tana ancora ricoperta dalla neve. Comunque io l'ho sorpresa anche in piena estate mentre si aggirava in mezzo alle colonie cercando di inseguire e catturare i piccoli, nati da poco e totalmente privi di esperienza.
Fa freddo. Scure nubi temporalesche iniziano ad oscurare il sole e nell'ombra che avanza si alza un vento forte e gelido. Meglio rientrare, discendere a valle e abbandonando rapidamente il campo... Del resto nei dintorni c'è ben poco da osservare. Oggi le marmotte devono essere in gran parte sprofondate nelle loro gallerie sotterranee e questo, vista la stagione, mi sorprende alquanto. Solitamente in questo periodo c'è grande vivacità, grande movimento sulle praterie alpine colonizzate da questo sciuride. Si avvicina infatti il periodo degli amori e i maschi si danno battaglia per il possesso delle femmine mentre i marmottini si danno alla pazza gioia cimentandosi in frenetici inseguimenti e capriole collettive. Ma oggi nulla si vede, la colonia è stranamente tranquilla.
Colpa del tempo, del freddo, del vento, delle nubi che a tratti coprono quel sole che le marmotte tanto amano.... Ma forse la colpa è dell'inverno appena terminato, gelido e senza neve che potrebbe aver fatto le sue vittime e la popolazione potrebbe essere stata decimata. E' infatti risaputo che un inverno particolarmente freddo può causare durante il letargo numerosi decessi per ipotermia soprattutto tra i giovani dell'anno. Che sia questa la causa di questa inconsueta calma piatta su tutti i pascoli della Val di Strino? Improbabile ma non da escludere totalmente. Comunque avrò certamente occasione di sciogliere questo mio dubbio in una prossima, ulteriore escursione da queste parti.
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