Sul “Percorso Etnografico Linum” tra presente e passato

Interessante e panoramico itinerario in Val di Pejo







E' una limpida, serena mattina d'autunno, la mattina perfetta per salire in Val di Pejo alla scoperte dell'itinerario etnografico Linum di cui tanto ho sentito parlare. Raggiungo in auto la piccola frazione di Strombiano e imbocco il percorso nei pressi della chiesetta di S. Antonio da Padova e della “Casa Grazioli”, la casa-museo del tempo che fu. Un breve tratto di strada asfaltate e nei pressi di un rustico maso inizio la salita nel bosco sulla mulattiera che conduce ad alcune località di particolare interesse etnografico.


Sento immediatamente la mancanza di un accompagnatore dell'Associazione “Linum” promotrice della realizzazione dell'itinerario, di una guida che, da profonda conoscitrice del luogo, mi presenti i siti del sistema forestale ed agricolo che via via andrò incontrando. Un esperto che mi parli di boschi, di pascoli, di prati falciabili, di campi, masi, abbeveratoi, sorgenti e canalette d'irrigazione, viottoli e piste per il trasporto del fieno, l'avvallamento dei tronchi, della legna... insomma un esperto che soddisfi ogni mia curiosità. Curiosità rivolte soprattutto all'altro ieri e all'ieri, più che all'oggi. Curiosità sull'organizzazione sociale ed economica del tempo passato, di un tempo che sembra lontanissimo ma che in realtà è ancora molto vicino.
I miei non più verdi anni mi ricordano che sono occorsi solo pochi decenni per trasformare l'economia e con essa il modo di vivere e i valori tradizionali, anche in Val di Sole. In pochi anni il paesaggio ha subito profonde cambiamenti. I campi terrazzati, i prati e i pascoli in gran parte abbandonati si sono rimboschiti, rustici masi sui versanti e antiche case nei centri storici sono stati ristrutturati in funzione turistica, seconde case, condomini, ville e villette hanno occupato la periferia dei vecchi insediamenti.
Questo ho visto e ancora vedo e questo mi piacerebbe approfondire con un esperto del luogo ma questa non è la stagione più adatta... forse ritornerò quassù la prossima estate aggregandomi a qualche gruppo di turisti in visita con l'accompagnamento di un operatore del posto. Oggi mi devo accontentare, si fa per dire, della consultazione delle numerose, belle e interessanti bacheche didattiche che via via vado incontrando...

Salgo per il sentiero che si fa più erto e stretto e mi godo il panorama... stupendo nella sua veste autunnale. La vista spazia sulle vette del gruppo Ortles-Cevedale e sui monti del gruppo Adamello-Presanella. Di fronte, poco più in basso, sotto cima Boai, ho il paesino di Comasine con la casa avita di Giacomo Matteotti. Sullo stesso versante è ben visibile anche la lunga strada forestale a tornanti che porta in Val Comasine sfiorando i resti delle antiche miniere di ferro. Anche l'abitato di Pejo Paese con il colle di San Rocco è ben individuabile ai piedi del Vioz e del Taviela... Ma ciò che mi affascina di più sono i colori caldi dell'autunno, l'estesa gamma di verdi, gialli, arancioni e rossi dei boschi, e poi il bianco della neve, il cielo sereno, azzurro... tutto veramente molto bello.

Dopo la lunga salita nel bosco che tocca alcuni masi il percorso si apre e spiana allargandosi a strada forestale e, prima di deviare sulla ripida mulattiera che scende a Celentino, raggiunge il “Sas del Bech” un grande masso erratico di cui già sapevo. Altre volte vi ero passato accanto sulla via di Malga Campo, ma mai mi ero fermato per osservarlo attentamente. E' uno dei tanti grandi massi coppellati, che si rinvengono in Val di Sole e della cui origine e funzione ancora nulla si sa. Molte le ipotesi ma nulla di certo. Un simile antichissimo reperto merita protezione e rispetto e qui, lungo il Percorso Linum lo si rispetta e lo si valorizza raccontandolo il un grande pannello posto nei pressi. I dintorni sono ben tenuti, arricchiti con una rustica fontana e delle panchine per la sosta.

Purtroppo non posso non pensare al “parente” sfortunato del “Sas del Bech”, un altro masso di cui ho già parlato in un post dell'anno scorso. E' il “Sas dela Stria” che si trova poco a monte di Malga Saline, sui pascoli alti di Seroden nel Parco dello Stelvio, sul vecchio sentiero che da Pejo Paese saliva a Cima Vioz. Nessuna tabella illustrativa, nessun segno... Posto per anni a pochi metri dalla stazione di partenza di una sciovia ora dismessa e all'interno di uno stretto tornante di una pista da sci (...vecchia pista ancora sterrata) che scende dal Dos dei Cembri, sembra sia stato pure danneggiato dalle ruspe intente a sconvolgere la montagna per “fini turistici”. Nessun rispetto, nessuna seppur minima valorizzazione... e siamo nel “bel” Parco!
Ma inizio la discesa tra i prati per l'antico viottolo che porta al paese di Celentino e subito, purtroppo, mi attende una sgradita novità. In lontananza, a monte di Pejo Paese, nella sopraccitata località di Seroden, noto a occhio nudo, i piloni di una nuova seggiovia e la terra dei pascoli circostanti movimentata e sconvolta dagli scavi per la realizzazione di una nuova pista. Il binocolo mi conferma e meglio definisce la sorpresa. Siamo al cospetto di un ennesimo impianto a fune nel Parco dello Stelvio probabilmente in sostituzione della vecchia, molto più breve sciovia di cui ho parlato poco sopra. Sono dispiaciuto. Quassù, nel Parco, gli impianti a fune e le pista nascono numerosi e crescono velocemente come i funghi... Comunque tutto regolare... ci mancherebbe... tutto torna e tutto è di sicuro ben supportato da una approfondita e corretta valutazione dell'impatto ambientale.

L'impatto paesaggistico risulterà certamente trascurabile... aggiungere una fune in più alle già numerose funi sospese in zona non modifica e guasta il paesaggio più di tanto... L'impatto naturalistico poi non ne parliamo, sarà pure sicuramente trascurabile. La vegetazione erbacea autoctona estirpata sicuramente con mille riguardi dagli scavi strettamente necessari ricrescerà in poco tempo e il gallo cedrone che con gli ultimi esemplari colonizza ancora i boschi di Marassina, poco più a valle, non sarà importunato più di tanto e poi è risaputo che il bel tetraonide è già ampiamente molestato da torme di escursionisti che si divertono a battere in ogni stagione e in ogni angolo, proprio queste remote, selvagge e impervie foreste... Quindi disturbo più, disturbo meno ben poco cambia... ecc...ecc...


Nessun problema, solo grandi vantaggi... per tutti... e poi consideriamo che in un parco si può sempre compensare e per bene, con musei e mostre... ad esempio esponendo esemplari di tetraonidi in fotografia o imbalsamati nella ristrutturata MalgaTalè, che è così vicina alla nostra nuova seggiovia... solo due passi. E ricordiamoci che nella zonizzazione del Parco il sito di Seroden è classificato come “Area di promozione economica sociale (infrastrutture e impianti)”, quindi tutto torna... Non esistono dubbi, nessun problema. Il Parco deve pur convivere con le esigenze di “sviluppo economico” degli insediamenti esistenti...



Ma quale sviluppo? Ma non è che forse si stia esagerando un po' troppo con gli impianti e le piste in pieno Parco? Non è che forse si sia presa una direzione sbagliata per valorizzare turisticamente una zona ambientalmente così pregiata? Qualche dubbio io ce l'ho. Non è che magari si intenda trasformare a poco a poco, volenti o nolenti, il bel parco in uno specchietto per le allodole, un logo pubblicitario finalizzato alla sola promozione turistica, una bella etichetta da porre su di un contenitore che all'apertura potrebbe risultare mezzo vuoto o pieno di contenuti leggermente avariati? Qualche dubbio, se permettete, io ce l'ho.


Deluso, e leggermente amareggiato proseguo la discesa verso i due paesi, verso Celentino e quindi verso Strombiano dove chiudo l'anello e termino la mia interessante e panoramica passeggiata (anche se un po' inquieta...) dopo meno di due ore di cammino. Nell'ultimo tratto ho attraversato la campagna, in parte abbandonata, e i due centri abitati ma non mi sono soffermato a visitare gli ultimi siti previsti dall'itinerario etnografico. Il mio stato d'animo non mi permetteva di godere con la dovuta serenità della parrocchiale di S. Agostino, del vecchio Molin dei Ferle, della chiesetta di S. Antonio da Padova... Meglio proseguire e rimandare la visita ad altra più tranquilla occasione.


Troppi i pensieri frullavano nella mia mente. Riflettevo su come il “progresso” sia riuscito in poco tempo a cambiare radicalmente la fisionomia secolare della valle. Su come le luci abbacinanti della facile corsa al benessere abbiano talvolta condotto, qua e là, a scelte di “sviluppo” non sempre sufficientemente ponderate. Certo, oggi in valle “si vive” materialmente meglio, non ci sono dubbi, povertà ed emigrazione non sono più una costante, ma la nuova relativa agiatezza ha avuto e ha i suoi costi... costi economici ma anche e soprattutto ambientali. Senza valutare la metamorfosi culturale e valoriale, che è sempre e da tutti ben poco considerata.
Interventi speculativi per nulla rispettosi dell'ambiente hanno segnato la storia recente della valle, inoltre le seconde case sono spuntate numerose quasi ovunque, la proprietà locale è spesso passata di mano con vantaggi effimeri, di breve durata al cospetto di spese notevoli e perenni per la comunità... baratti forse non del tutto utili e convenienti, almeno in prospettiva... Oggi è comunque impossibile valutare obiettivamente benefici e costi futuri delle trasformazioni che hanno cambiato il volto della valle modificandone l'aspetto fisico e alterando anche usi, costumi, tradizioni, cultura... Io temo che la mutazione complessiva e troppo affrettata dell'economia della valle e la scelta come motore trainante di uno “sviluppo” turistico spesso poco sostenibile e fin troppo caotico e invadente in alcune zone, possano rivelare nel tempo dei limiti e delle ripercussioni alquanto pesanti... Spero solo di sbagliarmi. Chi vivrà vedrà.



Ma ora sono a Strombiano e ho terminato il mio percorso. Bando alle inquietanti e inutilmente pesanti considerazioni. Mi riapproprio della serenità di sempre. Ringrazio l'Associazione Linum, Ecomuseo della val di Pejo, che opera concretamente, seppure indirettamente,  per promuovere un turismo consapevole e rispettoso della cultura, delle tradizioni e dell'ambiente  della valle e quindi in definitiva per incentivare un'economia sinceramente sostenibile. La ringrazio perché mi ha regalato con questo percorso una bella e interessantissima mattinata (anche se un po' inquieta, funestata … beh, si sa da cosa, superfluo ripeterlo...).  
Il percorso in sintesi
Una descrizione particolareggiata del percorso “Linum” non ha senso. Per comprenderne a fondo il significato, il percorso va praticato possibilmente in compagnia di una guida del posto. In ogni caso l'itinerario, realizzato dall'associazione Linum in sinergia con altri numerosi enti ed associazioni, è costellato da pannelli didascalici che da soli riescono a raccontare le stazioni più interessanti del sistema forestale e agricolo tradizionale e a presentare i luoghi più segnificativi del culto e della devozione popolare. Nel suo insieme la panoramica passeggiata rappresenta un interessante tuffo non solo nel lontano passato ma anche in quello a noi più vicino. Il cammino di circa due ore inizia e termina nel centro di Strombiano. Si incontrano rustici masi (Mas dei Spàde, Mas dei Ferai...), boschi, prati, sorgenti... (località Taiàde, conca di Maréc, Pra de Stavél, Fontané...) massi coppellati (Sas del Bech) capitelli e chiese (capitello di S. Antonio da Padova, Capitel dela Madona, parrocchiale di S. Agostino, Chiesa di S. Antonio), mulini (Molin dei Ferle), e antiche case (Casa Grazioli). Ne vale la pena.

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