Malga Paludei è la meta principale di questa mia settembrina “scarpinata”, una escursione in Val di Peio nel Parco Nazionale dello Stelvio (verso la testata della Val del Monte) su di un percorso ad anello (il giro “alto” del bacino idroelettrico di Pian Palù che oltre alla malga Paludei tocca altre tre malghe, Giumela, Palù e Celentino), agevole e non lunghissimo ma che richiede una giornata intera soprattutto nel caso che al seguito ci siano bimbi piccoli, diciamo in età scolare.
Lasciata l’auto al Fontanino di
Peio (m 1660 slm) si sale al lago sulla strada bianca in sponda
idrografica sinistra; raggiunto lo specchio d’acqua la salita va
proseguita, sempre su strada sterrata, fino a malga Giumela (m 1950
slm) dove si imbocca, sulla sinistra, una larga mulattiera che,
tagliando a mezza costa (cento, duecento metri sopra il lago)
formazioni più o meno fitte di abete rosso e larice, porta a malga
Paludei (m 2130 slm). Il tutto più o meno in due ore, forse tre per le persone anziane o con dei bambini piccoli.
Al ritorno da malga Paludei si scende
a malga Palù (m 1830 slm) percorrendo un sentiero piuttosto ripido
ma ben segnato. Si prosegue quindi su di una stradina sterrata che costeggia
la sponda del lago (destra idrografica). Raggiunta la diga si può
scegliere se attraversare sullo sbarramento (possibile solo in
estate?) e imboccare quindi la strada bianca già percorsa in salita
o se scendere, partendo poco più in alto, dalla malga di Celentino
(m 1830 slm), per l’erto ma largo e facile sentiero in sponda
destra fino al punto di partenza (ritorno in due, tre ore).
Questa
è zona frequentatissima durante la stagione estiva. Se si ama la
tranquillità, se si amano osservare la flora e la fauna del Parco
conviene scegliere la stagione primaverile o quella autunnale. In
quei periodi sarà più facile osservare, anche non distaccandosi dal
tracciato canonico, qualche scoiattolo, delle nocciolaie, un picchio,
cince, rampichini, scriccioli, pettirossi e molti altri piccoli
uccelli, e magari con un po’ più di fortuna un’aquila, una
volpe, un capriolo, un camoscio, qualche cervo… Se poi, abbandonando la
stradina tra la malga Giumela e i Paludei, si imbocca il sentiero
che sale al Lagostel o semplicemente qualche “traccia” o sentierino non
segnato che porta più in alto, lassù dove il bosco si dirada e
lascia spazio alle alte praterie, si possono osservare, soprattutto
all’alba, dei branchi di cerve con i piccoli al pascolo e, a fine
settembre inizio ottobre, udire il bramito del cervo maschio e
magari coglierlo intento a difendere il suo harem, il gruppo di femmine che ha radunato con tanta fatica.
Il percorso è paesaggisticamente attraente, attraenta ovunque. E' sempre in vista delle frastagliate creste rocciose che
racchiudono la conca di Pian Palù (coperta d’acqua negli anni
‘50). La zona decisamente più panoramica è comunque quella dei
Paludei dove, con il dissolversi del bosco nel
pascolo della malga, lo sguardo si apre e può spaziare liberamente sui
contrafforti rocciosi che racchiudono le estreme propaggini della Val
del Monte, verso il passo Sforzellina, dove, ai piedi del
Corno dei Tre Signori, ha origine il fiume Noce.
Ma, oltre
all’ampio scenario, ciò che colpisce in quest’ultimo tratto
della stradina, prima di raggiungere i rustici edifici della malga, è
la grande croce che, posta sulla sommità di una piccola altura,
ricorda che anche questa località, più di cento anni fa, fu teatro
di scontri tra gli austroungarici e gli italiani. Siamo infatti al
cospetto di cime e crinali su cui, durante la grande guerra, si
arroccarono le truppe avversarie. Oltre al Redival, all’Ercavallo,
alla Sforzellina anche cime ben più elevate vennero più o meno
permanentemente presidiate da militari di entrambe le fazioni: tra le
cime Villacorna, Mantello e Giumela si combatté, durante gli
ultimissimi mesi di guerra, la battaglia più alta dell’interoconflitto per il possesso della vetta del San Matteo (m 3678 slm) che
domina la zona.
Anche a malga Paludei ci fu qualche bellicoso
scontro. Durante la guerra, questa malga, che oggi, ben ristrutturata
e consolidata, è adibita a bivacco, (duplice bivacco: il primo, con sei posti letto senza materasso, occupa una porzione dello stallone ed è aperto a chiunque, il
secondo, ricavato nel casolare dei pastori, è “privato” e sempre chiuso) fu utilizzata dagli austroungarici come avamposto per
il controllo della testata della Val del Monte, lungo la via che i
“regnicoli” avrebbero potuto seguire per scendere dal Passo
Sforzellina verso Peio. Oggi, a malga Paludei come nei suoi dintorni
più prossimi, non ci si imbatte in resti significativi che possano
testimoniare ciò che qui accadde durante la grande guerra, però
quel triste periodo viene comunque ricordato da una scritta incisa su di
una piastra di pietra posta ai piedi della grande croce (dove a suo
tempo vennero sepolti militari austriaci e italiani).
Sulla lastra
si riassume quanto, nel 1965, un anziano austriaco, in
“pellegrinaggio” a malga Paludei dove aveva combattuto durante la
prima guerra mondiale, disse ad un giovane pastore del luogo: “Io
venuto qui prima di morire, perché qui ho imparato tante cose, ho
conosciuto la guerra, ho imparato che è meglio amarsi che uccidersi;
sono venuto per salutare i miei amici, per pregare per loro ed anche
per i nemici, per dire a mio figlio di non dimenticare mai questo...
Devi sempre ricordarlo ai tuoi figli e anche tu, pampino, ricorda;
quando tu grande, non dimentica di dire ai tuoi pampini.
Un vecchi soldato austroungarico
Unacroce per non dimenticare clicca o tocca e trovi i dettagli di questa storia.
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e quelle degli interni del bivacco ai Paludei
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