Sui versanti soleggiati del monte Boai, al
limite della vegetazione arborea dove sopravvivono alcuni contorti larici monumentali.
Lunga scarpinata invernale, senza calpestare la neve, nell'habitat del fagiano di monte...
Giornata limpida e serena. La temperatura in quota è primaverile, quasi estiva nonostante il sole smorto, pallido e così basso da sfiorare la cima della Presanella. Superflui i guanti, il berretto, la giacca a vento, le felpe che io e il mio amico ci siamo portati ("perché in montagna specialmente in questa stagione non si sa mai…”) appesantendo e gonfiando inutilmente lo zaino. E’ davvero uno strano autunno quello che si prolunga ormai da più di due mesi. Un autunno mite e asciutto che non vuol cedere il passo all’inverno. Non c’è la minima traccia di neve. Quella, abbondante, caduta sui monti in ottobre si è squagliata da tempo anche sulle creste più elevate. Ne rimane un misero souvenir solo sulle ripide pendici permanentemente in ombra di qualche alta cima. Giù, nella valle fa più freddo. I terreni ombrosi e le sponde dei torrenti appaiono chiari, azzurrognoli per la brina e la galaverna che si è abbondantemente depositata su pietre, erbe, steli e cespugli. E’ l’effetto delle masse d’aria fredda che stazionano sul fondovalle nella totale assenza di vento, di qualsiasi corrente d’aria che le smuova.
Non posso non pensare che questo autunno così particolare,
così anomalo potrebbe essere causato dal cambiamento climatico dovuto all'aumento delle temperature. Difficile stabilirlo… impossibile esserne certi… Però...
Lasciata l’automobile a Dasarè, poco a monte di Cortina di Vermiglio, saliamo per la comoda strada forestale fino a raggiungere le casette rustiche (ma fin troppo eleganti, quasi fuori luogo…) edificate sulle rovine di antichi masi ai piedi di una ripida e vastissima radura che si apre tra i fitti boschi di conifere.
Abbandonata la strada, tagliamo per il viottolo che sale ripido costeggiando i prati e toccando via, via altri fabbricati ricavati ricostruendo o ristrutturando baite abbandonate e cadenti. Raggiunta nuovamente la strada forestale arriviamo in breve ai due edifici di Malga Boai, la vecchia grande stalla dal tetto di scandole quasi interamente sprofondato sotto il peso della neve di qualche anno fa e il nuovo edificio, ricostruito, non comprendiamo a quale scopo, sulle rovine del vecchio casolare dei malgari.
Bello quassù alla vecchia Malga Boai, tanto sole e uno stupendo panorama sulla Presanella e sulla bassa valle dominata dal sasso Rosso e dal monte Peller. Ma proseguiamo, avanzando sulla comoda pista che conduce in Val Saviana per abbandonarla poco dopo e salire per la ripida stradina fino al “Bait del Caciol”. E’ questa una piccola, strana costruzione che sorge al centro di un prato-giardino delimitato da una robusta staccionata.
Non è un rustico maso, non è un riparo per pastori o cacciatori, non sembra una ristrutturazione più o meno riuscita di una vecchia baita… richiama piuttosto, così, alta e stretta, tutta in legno e con il grande camino metallico, lucido e sporgente, il ricovero di un solitario cercatore d’oro sulle Montagne Rocciose già visto in qualche vecchio film western… Superato rapidamente un erto prato proseguiamo per il lungo e stretto sentiero quasi pianeggiante che tagliando l’intero versante a mezzogiorno tra radi boschi d’altura e pascoli non più pascolati conduce al crinale che precipita ripido verso la Val di Pejo.
E’ questa la zona degli spettacolari larici secolari che fitti e contorti coprono la visuale lasciando appena intravedere le cime del Gruppo Ortles Cevedale. Siamo a limite della vegetazione arborea e qui riposiamo e ci rifocilliamo prima di scendere a valle seguendo un percorso in parte diverso. Pochi minuti di cammino nel bosco, sul percorso dell’andata e dove si apre il pascolo imbocchiamo il sentiero che scende ripido ai due “Masi de Casse”. No, non sono più i vecchi, piccoli e cadenti masi di un tempo ma due nuovissimi edifici per il tempo libero a quota 1990 forniti di ogni confort e che nulla hanno a che vedere con le vecchie costruzioni…
Anche la mulattiera che li raggiunge salendo dal basso non è più la stessa, è stata molto allargata pur mantenendo lo stesso ripidissimo tracciato. Per questa via raggiungiamo la strada forestale poco a valle di Malga Boai e la seguiamo per un lunghissimo tratto per distaccarcene solo in prossimità di Dasarè. Scegliamo infatti la scorciatoia che toccando un ultimo maso abbandonato prosegue tra bosco e prato fin quasi alla nostra meta finale dove ci attende la macchina.
Davvero una bella escursione, quasi un pellegrinaggio sui monti della mia giovinezza quando salire lassù, verso cima Boai, era una consuetudine che si ripeteva regolarmente anche più volte ogni anno, soprattutto a primavera… Si, perché a maggio con il ritorno del cuculo, proprio lassù, poco a monte dei larici secolari, dove il bosco iniziava a cedere il passo ai pascoli alti si poteva assistere alle parate d’amore del gallo forcello… Era uno spettacolo emozionante che mi lasciava ogni volta senza fiato. A volte salivo anche più su, se la neve lo permetteva, verso la cima per osservare le pernici bianche all’inizio della loro muta estiva.
L’ambiente del monte Boai, trenta, quaranta anni fa era alquanto diverso… Il limite della vegetazione arborea si è molto elevato, il bosco d’altura si è infittito e si è estenso a spese dei pascoli non più pascolati. Anche più in basso, a Malga Boai, i prati ormai abbandonati iniziano a rimboschirsi. Le baite, i vecchi masi sono stati quasi tutti ricostruiti (anche se alcuni ben poco integrati nel contesto circostante) con un totale stravolgimento della loro destinazione d'uso. Non più fienili, ricoveri per la fienagione, stalle per mucche, capre e pecore ma nuovi edifici per vacanze rilassanti a contatto con la natura o per fine settimana in rumorosa compagnia…
Che dire di tutto ciò? Semplicemente e con un filo di nostalgia che i tempi anche quassù sono davvero cambiati…
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