Salita ai Marègi

 a monte di Cusiano


Marégi - Cusiano – Balza rocciosa panoramica alla fine della Strada de Salar, a Ovest delle Frate. - Var. Marègi alti.” Questa è la definizione della località “Marègi" che trovo nel “Dizionario toponomastico trentino – I nomi locali dei comuni di Ossana e Vermiglio”.
Ma quale l'origine di questo toponimo che a me sembra “suonare” così bene? Nulla dice il “Dizionario toponomastico”, nulla ho trovato in Internet... dubito che esista qualche fonte scritta che possa soddisfare questa mia curiosità e per saperne qualcosa di più non mi resta che giocare la carta della memoria popolare chiedendo a qualche anziano del paese di Cusiano. Vedremo... Secondo l'amico che mi ha accompagnato nella salita, il toponimo Marègi potrebbe indicare un sito dove anticamente veniva radunato il bestiame al pascolo o all'alpeggio (ed è anche vero che si usa dire "mEriggiare il bestiame" cioè farlo riposare durante le ore più calde). É solo un'ipotesi che spero di poter verificare e confermare.



Ma bando agli sfizi e immergiamoci nel ricordo e nel racconto di questa breve uscita che una accidentale clemenza del tempo in questo piovoso inizio di giugno mi ha permesso di portare a termine in una mattinata di sole dopo la tempesta della notte. Una anomala mattinata di cielo limpido e sufficientemente sereno, di aria tersa, che mi ha consentito di apprezzare l'ampio panorama che l'ascesa ai Marègi offre... fin dall'inizio, fin dai primi passi.



Infatti, abbandonate le ultime case di Cusiano, percorsi solo poche decine di metri, posso già ammirare lo stupendo anfiteatro montuoso a monte della conca di Ossana... sono le cime innevate della Val Piana.
Raggiunto in breve il dosso del “Camp de Cuch”, dove fa bella mostra di sé una statuina bronzea di S. Antonio (S. Antonio de Salar), lo scenario si apre ulteriormente sulle cime che chiudono la valle verso mezzogiorno... e mi trovo ancora a breve distanza dal paese, poco al di sopra di Cusiano...



Proseguo e abbandono a poco a poco la fascia un tempo intensamente coltivata. Lascio alle spalle i terrazzamenti, i muri a secco che sostengono campi, orti, praticelli solo in minima parte ancora sfruttati, e salgo in pieno sole per la strada a tornanti che taglia il versante del Salar. Versante che si fa sempre più ripido e sempre più fittamente rivestito di vegetazione selvatica, arborea e arbustiva. Attraverso boscaglie sempre più fitte. Sono dapprima radi lariceti dall'intricato sottobosco di latifoglie ma più in alto incontro formazioni miste di abete e larice sempre più chiuse e dense.





La salita, inizialmente agevole, abbordabile da chiunque, si fa più faticosa. La pista è ora ripidissima, senza tornanti, con alcuni tratti rivestiti da un manto di grezzo calcestruzzo per stabilizzarne il fondo e permettere a qualche coraggioso di percorrerla con il trattore o con il fuoristrada.




Fatico, e fatica l'amico, sotto il sole di giugno, a cui finora siamo poco assuefatti... questo non è certo un tracciato consigliabile proprio a tutti. É si un percorso relativamente breve, non più di un'ora, un'ora e mezza di salita, ma comunque ripido e stancante... a mio giudizio, non si può parlare di una passeggiata ma di una escursione seppure minima e semplicissima.


Ma eccomi alla meta, a quota 1350, sui Mareggi come indica la segnaletica SAT italianizzando l'antico toponimo Marègi. Da qui, chi se la sente, può proseguire per il sentiero recentemente riaperto che sale tra canaloni, boschi scoscesi e rocce impraticabili fino al Lago di Cellentino.
Faccio appena in tempo a posare lo zaino e ad asciugare il sudore dalla fronte che subito fanno la loro fugace apparizione due camosci già in veste estiva... sapevo della colonia di camosci che staziona da sempre sui pendii rocciosi del Salar a quote inconsuete ma mai ne avevo avvistato uno così in basso.





Riposo ammirando lo stupendo panorama. Poi, sull'orlo del precipizio esamino, con l'amico, nei più piccoli dettagli, come su di una mappa, gli abitati di Fucine e di Ossana con il Castello di S. Michele da poco restaurato e reso visitabile. I paesi sono sotto di noi, quasi a picco, trecentocinquanta, quattrocento metri più in basso.





A monte delle case e dei prati pianeggianti si estendono le immense foreste di conifere che coprono interrottamente i ripidi versanti meridionali della valle. Sono solo minimamente incise, proprio di fronte a noi, dai bei pascoli della Val Piana e dai Grasi di Malga Dos.






Poi in alto le cime, le stupende vette ancora bianche di neve... La vista spazia dai Monticelli e da Cima Presena sopra Passo Tonale fino al Sasso Rosso e al Peller nella media-bassa valle.





Osservo con una punta di commozione i “miei” monti... la memoria mi riporta indietro negli anni, mi richiama alla mente le giovanili escursioni, le ascese alle cime, i pernottamenti all'aperto alle alte quote... mi parla delle infinite piccole e grandi avventure vissute con compagni che ora non ci sono più o che la vita ha condotto lontano...





Il Boai, il Cercen prossimo alla Presanella, Cima Palù, il Lago di Barco e più in alto il Lago Piccolo e il Bochet dell'Omet, il pizzo del Montanel, La Colem del Dos, Bon con Venezia e Caldura, il Giner, il Passo Cagalatin, i Crozi dei Meotti... e poi la Val Baselga e Artuic con le cime relative, la Val Gelada con il suo Passo... e tanto, tanto altro...






Quanti ricordi... Davanti allo scenario dei monti che ben conosco e sui quali da bambino ho sgambettato e più tardi ho scarpinato a lungo non riesco a trattenermi e racconto, racconto... annoiando il mio amico con le storielle delle mie “imprese” più rischiose e gli aneddoti di quelle più insolite e curiose. Sono ciò che rimane di un tempo ormai  lontano ma è inevitabile, sono ricordi importanti ed emozionanti solo per chi gli racconta...



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3 commenti:

Unknown ha detto...

Bellissime ! Grazie della visione.

Unknown ha detto...

Molto interessante.Bei posti e foto.Descrivi benissimo il tragitto i panorami.Complimenti.

Unknown ha detto...

Bellissima escursione,foto.Complimenti.