Lungo il percorso della fauna in Val di Rabbi

Nel Parco Nazionale dello Stelvio: dal Coler, alla Val Maleda, alle Malghe Stablàz Bassa e Alta, a Forborìda e ritorno.

Prati e masi al Coler



Bella la Val di Rabbi. Incomparabilmente bella…

Ma, purtroppo, devo confessare di averla frequentata poco… solo alcune escursioi giovanili al rifugio Dorigoni, un pernottamento al rifugio del lago Corvo e poco altro. Peccato perché la Val di Rabbi meritava molto di più da parte mia.






Val Maleda



Bella e unica.

Unica perché ancora integra, non omologata alle sirene dello sfruttamento turistico intensivo che caratterizza più zone della val di Sole dove si è snaturata la natura del territorio, degradando l’antico ambiente alpino perfino entro i confini del Parco Nazionale dello Stelvio.







Malga Stablàz bassa



Qui, in Val di Rabbi, l’antico, consapevole, rispettoso connubio tra ambiente e insediamento umano e la valorizzazione delle tradizionali attività agricole e artigianali, sono il vero motore dell’attrazione turistica. Qui, la lungimirante integrazione tra  l’antica economia agro-silvo-pastorale ed una economia turistica responsabile punta ad uno sviluppo sostenibile, non invadente, duraturo e non legato alle mode del momento.
Dintorni di Malga Stablàz alta





Uno sviluppo accorto, durevole nel tempo, che cerca di coinvolgere l’intera popolazione nell’ospitalità turistica fonte di arricchimento non solo economico ma anche sociale e culturale.

Sui pascoli della Malga Stablàz alta




Torno quindi volentieri, dopo alcuni anni, in questa valle per una escursione nel Parco Nazionale dello Stelvio in compagnia di un amico, ex allevatore, felice di accompagnarmi in questa valle così ricca di tradizioni agricole e pastorali.
Malga Stablàz alta




Abbiamo scelto di scarpinare sul  percorso della fauna, un tracciato tematico, ad anello, indicato con apposita segnaletica dagli operatori del Parco. Il sole è già alto quando imbocchiamo il sentiero che parte dalla località Coler, nei pressi del Rifugio Fontanino.







Malghetto di Forborìda



La salita è lunga e faticosa. Si procede in un bosco fitto di abete rosso, fino a raggiungere la strada forestale che sale dal fondovalle e che conduce alle Malghe Stablàz Bassa e Alta. Il paesaggio che si apre è coinvolgente, selvaggio, aspro, ricco d’acqua: il rio impetuoso sul fondovalle, la cascata, i numerosi rivoli che scendono dalle cime e dagli ultimi nevai invernali. Nelle zone più soleggiate stanno fiorendo i rododendri.
In direzione di Pravedela




Com’era prevedibile, vista la stagione e l’ora poco favorevoli, non incontriamo animali selvatici. Osserviamo, con il binocolo, tre cervi, molto distanti, in alto, al pascolo nelle piccole radure tra le rocce. Ma non mancano gli animali domestici. Alcune mucche in avanscoperta, che saranno tra breve raggiunte da altre numerose compagne, alcune capre con i capretti, molti cavalli e puledrini…
Ritorno a Malga Stablàz alta



Raggiungiamo per un sentiero quasi pianeggiante il punto di sorveglianza di Forborìda dove la segnaletica ci avverte che non è possibile proseguire oltre. Sentiero chiuso, probabilmente, supponiamo, per gli accumuli di neve dovuti alle valanghe su di un sentiero che ci appare stretto e sull’orlo di versanti scoscesi.  Sarebbe imprudente proseguire, se non per un breve tratto, e a malincuore facciamo ritorno per la stessa via ripromettendoci comunque di percorrere la strada mancante in un’altra occasione.






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