Venti settembre
E' ancora buio quando mi appresto a
salire, con l'amico di sempre, in Val Ganosa, una delle piccole
diramazioni della Val del Monte nel Parco dello Stelvio. Qualcuno mi
ha suggerito che lassù dovrebbero stanziare alcuni stambecchi... Ma
di questa lunga escursione di fine estate che ci ha condotti anche al
piccolo Lagostel dirò in un prossimo post. Per il momento mi
limiterò a dire brevemente del nostro incontro con i cervi lungo la
parte iniziale del nostro cammino o meglio durante una breve
diversione dal percorso prestabilito che ci ha condotti ai piedi
delle alte praterie delle Mandriole prima di riprendere la faticosa
marcia verso la nostra meta.
Ed è proprio su quelle alte praterie, al confine del bosco, dove gli ultimi larici diradano lasciando spazio ai pascoli di montagna che, al mattino presto, si possono ammirare i cervi. Branchi di femmine con i piccoli intenti a brucare le tenere erbe appena spuntate, durante i caldi mesi estivi e più avanti, in settembre maschi isolati o in minuscoli gruppi in perlustrazione o intenti a organizzare i loro harem in previsione degli accoppiamenti ormai prossimi.
La località, molto aperta, non consente purtroppo alcun avvicinamento ai selvatici senza essere individuati e quindi, solitamente, ci si deve accontentare di osservazioni da distanze notevoli. E questo vale anche per gli scatti fotografici i cui fotogrammi devono talvolta essere ritagliati a dismisura, a scapito della definizione, per ottenere un sufficiente ingrandimento dei soggetti ritratti. Accade ben raramente che qualche cervo, deviando dai percorsi usuali si avvicini ai tronchi o alle rocce che nascondono il “guardone” e quando succede è davvero una grande emozione...
Anche oggi i cervi sono molto distanti, davvero molto lontani, lassù in alto, sulle creste, dove il giallo dei pascoli si immerge nel blu... ma va bene così... si possono osservare anche da lontano, con il binocolo, in tutta la loro regale maestosità, sullo sfondo limpido di un cielo ormai autunnale.
Poi quasi all'improvviso il pendio si
spopola, i cervi, maschi e femmine, sono scomparsi...
Attendiamo ancora una decina di minuti (la Val Ganosa non scappa...) e finalmente, a metà costa, dalle ultime rade macchie di larici escono due giovani maschi che attraversano correndo l'intero versante. Sono abbastanza vicini ma sono maschi fragili, soli e isolati e la loro vista non desta emozioni particolari. Poi il nulla.
Attendiamo ancora una decina di minuti (la Val Ganosa non scappa...) e finalmente, a metà costa, dalle ultime rade macchie di larici escono due giovani maschi che attraversano correndo l'intero versante. Sono abbastanza vicini ma sono maschi fragili, soli e isolati e la loro vista non desta emozioni particolari. Poi il nulla.
Riprendiamo lo zaino, lasciamo il nostro riparo e mentre imbocchiamo il sentierino compare un possente maschio, lassù in alto, quasi al confine con il cielo. Un maschio con il suo numerosissimo harem e il contorno di alcuni altri esemplari più giovani. Una visiona inattesa e stupefacente.... Ma allora, ci chiediamo, la stagione degli accoppiamenti è già iniziata? Anche se ancora non si ode alcun bramito? E' così, evidentemente... Di tanto in tanti il maschio dominante solleva il capo nella tipica postura del bramito ma nulla esce dalla sua gola. E' ancora troppo presto... Comunque nulla sfugge al suo controllo, allontana e tiene al margine del gruppo gli altri maschi e controlla le femmine impedendo loro di allontanarsi. A poco a poco le costringe ad attraversare l'intero pendio guidandole verso un avvallamento nascosto alla nostra vista... Stupefacente...
Ormai il periodo degli amori è veramente alle porte e tra pochissimi giorni da quassù su diffonderanno i possenti bramiti di questo esemplare e degli altri numerosissimi cervi che popolano questi monti e il selvatico mugghio d'amore raggiungerà anche il fondovalle e i paesi più prossimi.
Verso levante albeggia appena e nel lieve chiarore del cielo si delineano gli scuri profili dei monti nei dintorni di Passo Cercen quando salgo “in solitaria” dal Fontanino di Pejo (dove ho parcheggiato l'auto) verso la Diga di Pian Palù nel Parco dello Stelvio. All'altezza dei “Masi de la Palù” abbandono la strada e mi inoltro nel bosco lungo la scorciatoia che conduce rapidamente ma ripidamente al “Prà di Palù” ai piedi della Val dei Orsi. Salgo e ancora salgo alla flebile luce della torcia frontale seguendo tracce poco battute mentre da un versante all'altro della valle si rincorre il mugghio dei cervi in amore.
Si fa giorno quando raggiungo il bordo del grande e pianeggiante “Prà di Palù” e mimetizzato tra i larici osservo con il binocolo l'oscuro versante di fronte alla ricerca di quei cervi che fino a poco fa si udivano bramire rabbiosamente ma che ora non si sentono proprio più. Nulla. Nessun selvatico in vista, nessun “canto d'amore” se non proveniente da boschi e da pascoli lontani.
Strano... Scruto più attentamente il pendio ed ecco... sorpresa … ma amara sorpresa.... due persone stanno risalendo il versante per il sentiero della grande guerra, vecchio sentiero, ora abbandonato, appena visibile e rinselvatichito. Guardie o operai alle dipendenze del Parco? Due semplici escursionisti? Chissà... Mi hanno preceduto raggiungendo comodamente la zona sulla strada bianca chiusa al traffico veicolare con una anonima auto (senza particolari distintivi o autorizzazioni esposte sul parabrezza) che scoprirò ben parcheggiata in una piazzola all'ombra delle conifere. Peccato!
Che fare? Deluso, alquanto innervosito dal contrattempo, stizzito con chi ha allontanato brutalmente i selvatici, decido comunque di continuare la mia faticosa avventura e cambio meta dirigendomi verso le alte praterie delle Mandriole. Praterie che ho già visitato all'inizio del mese e una seconda volta la scorsa settimana. Mi attende una buona oretta di salita e anche se è ormai tardi non mi scoraggio, mi incammino e raggiungo prima del previsto la mia “tana” ai piedi del brullo versante. Il sole ha ormai da tempo inondato la zona di una luce calda appena smorzata dalla leggera velatura del cielo che ne attenua la luminosità.
E' veramente tardi e i furiosi bramiti che provengono dal fitto lariceto alla mia destra mi suggeriscono che i cervi devono aver lasciato solo da pochi minuti il pascolo che mi ospita inoltrandosi nel folto del bosco per riposare dopo una notte intera dedicata a sfiancanti parate amorose. Però “sbinocolando” attentamente individuo subito un piccolo gruppo di cervi ancora attivi sulle alte pendici del monte. Impossibile avvicinarsi allo scoperto. Mi devo accontentare di osservarli e di fotografarli da lontano. I cervi notata la presenza estranea si darebbero immediatamente alla fuga.
Sono lassù, in alto, intenti alle loro acrobazie amorose ma comunque sempre attenti e vigili... Posso solo sperare che qualche esemplare si decida ad esplorare i dintorni avvicinandosi e scendendo verso di noi. Vana speranza... non mi resta che assistere da lontano alle loro manovre. Ma sono esibizioni complessivamente tranquille quelle a cui assisto nascosto tra le grosse radici di un larice abbattuto dal vento.
Nella luce ovattata che avvolge le pendici della montagna, luce di un sole malato, osservo emozionato il piccolo gruppo di cervi con le femmine che non sembrano particolarmente interessate alle manovre più o meno frenetiche dei maschi in amore. Nel branco sembra mancare il “sovrano”, non c'è il possente maschio con il capo coronato dall'ampio trofeo ramificato che domina su tutti, non c'è il “signore” che da solo comanda e governa sul gruppo intero spadroneggiando nel suo harem privato. No, lo spettacolo è sì avvincente ma non è quello che sognavo. Non siamo davanti alla classica iconografica rappresentazione dell'anfiteatro dei cervi in amore...Qui governa una minuscola oligarchia di mediocri (sono solo tre i maschi presenti nel gruppo), qui nessuno prevale in modo deciso e definitivo sui rivali.
Qui dominano più maschi, tra loro concorrenti per il possesso delle femmine ma probabilmente alleati nell'ostacolare l'eventuale entrata in scena di esemplari più giovani e fragili. Visione comunque appassionante che si protrae abbastanza a lungo fino a quando i cervi, abbandonata la prateria, si immergono nel fitto lariceto sul fianco del monte. Ancora qualche isolato bramito e sul versante ritorna il silenzio rotto solo dal gracchiare di qualche sperduta nocciolaia.
Poi, quando sto per lasciare il mio nascondiglio, un'ultima apparizione: una coppia di giovani cervi, maschio e femmina, attraversano bene in vista l'intero versante lasciandosi osservare tranquillamente. Non sono lontanissimi e li posso fotografare senza dover poi in post-produzione ingrandire e ritagliare eccessivamente i fotogrammi che li ritraggono. Si è fatto tardi, abbandono definitivamente la mia postazione e scendo a valle appagato, nonostante il contrattempo, dai momenti suggestivi che la natura anche oggi, come sempre è stata in grado di regalarmi.
Tutte le foto in "Google Foto"
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