E' una forte emozione quella che vivo nell'osservare i branchi di cervi in amore e nell'udire i loro
potenti bramiti nel Parco dello Stelvio. E' un'emozione che si ripete
da sempre...
Così è stato anche quest'anno, più volte, durante la
mie escursioni sui monti della Val di Pejo tra la fine di settembre e
l'inizio di ottobre quando nei boschi e sulle alte praterie del bel
Parco si susseguono i vigorosi bramiti dei maschi dominanti intenti a
imporre il loro possesso sulle femmine e la loro supremazia sui
maschi più giovani o più fragili.

La maestosità del cervo maschio non
sta solo nel suo incedere regale ma sta soprattutto nella potenza del
suo bramito che si diffonde a grande distanza, da un versante
all'altro delle valli e che rappresenta per l'escursionista
appassionato uno dei momenti più curiosi, affascinanti ma talvolta
anche inquietanti offerti dalla natura nei territori del Parco. E'
fin troppo emozionante (impressionante, quasi traumatico... lo
affermo per diretta esperienza) trovarsi a pochissima distanza, nel
folto del bosco e in una notte senza luna, da uno o più possenti
cervi maschi, del tutto invisibili e i frenetica attività
competitiva a suon di furiosi bramiti... inevitabile, in questa
situazione, un brivido di paura...

E' il quattro di ottobre e sono
all'incirca le sei e mezza quando, parcheggiata l'auto al Fontanino
di Pejo, imbocco la strada bianca che sale ripida al Lago artificiale
di “Pian Palù”. La luna è tramontata, è buio ma verso levante
inizia ad albeggiare e nel lieve chiarore di un cielo sereno si
delinea il profilo dei monti che sovrastano il “Passo Cercen”.
All'altezza dei “Masi della Palù” abbandono la strada e
superato un breve ripido tratto di pascolo penetro nel bosco
seguendo, alla tenue luce della lampada frontale, una stretta
scorciatoia che porta direttamente al ai piedi della “Val dei
Orsi”, al “Prà di Palù”. Salgo lungo una traccia poco
battuta, quasi invisibile, che si fa sempre più ripida ma che mi
permette di raggiungere abbastanza rapidamente, seppure
faticosamente, la mia meta, una località solitamente ben frequentata
dai cervi in amore.

Si fa giorno quando finalmente
raggiungo il bordo del grande, pianeggiante “Prà di Palù” e
nascosto tra i larici esploro con il binocolo il buio versante di
fronte per individuare i cervi che si sentono bramire ma che ancora
non si vedono. Poi finalmente, quando il sole inizia ad inondare di
luce rossastra le cime sovrastanti individuo un grosso cervo maschio
che controlla il suo minuscolo harem di due, tre femmine. E' lontano,
molto in alto sul pendio, lassù dove le ultime macchie di ontano
verde lasciano definitivamente il posto alle alte praterie.

Senza uscire allo scoperto, muovendomi
silenziosamente tra gli alberi aggiro il pascolo e salgo nel lariceto
che costeggia il “Rio Vegaia”. Avanzo lentamente, attento a non
far rumore, con passo felpato... Avanzo ma solo per un centinaio di
metri o poco più. Poi non è più possibile proseguire. Il bosco si
fa sempre più rado e tentare un ulteriore avvicinamento muovendomi
allo scoperto, da un larice all'altro, significherebbe rischiare di
essere visti. I cervi notata la presenza estranea si darebbero
immediatamente alla fuga.

Quindi mi rassegno e ben nascosto
dietro un tronco osservo attentamente il pendio che mi sovrasta.
Individuo immediatamente il grosso esemplare già visto dal
basso. Ha un palco molto ramificato ed è accanto a due, tre femmine,
il suo minuscolo harem, che controlla con attenzione inibendo ogni
allontanamento e impedendo ai giovani rivali che gironzolano nei
pressi di avvicinarsi. Di tanto in tanto alza il capo e bramisce
imponendo anche con il suo furioso mugghio la sua supremazia. E'
molto lontano, molto in alto e non sembra per nulla intenzionato ad
avvicinarsi.
Di lì a poco vedo spuntare dal cespuglieto un secondo
piccolo gruppo di cervi condotto da un maschio meno imponente del
primo ma che riesce comunque a rispondere con autorevolezza ai
provocatori bramiti del cervo più prestante. Si instaura così, tra
i due, un frenetico duello sonoro che coinvolge anche altri esemplari
che riesco ad intravedere solo di tanto in tanto tra i cespugli di
ontano verde o nel fitto lariceto sullo sfondo. Il mugghio si alterna
a brevi momenti di silenzio ma anche a lunghe pause durante le quali
i maschi dominanti riprendono a pascolare rimanendo comunque sempre
attenti e pronti a far fronte alle scorribande degli esemplari più
giovani. Cervi più fragili che non intendono demordere mentre le
cerve e i piccoli dell'anno restano impassibili e non sembrano dare
molta importanza a ciò che accade loro intorno.
Assisto a lungo, nascosto dietro un
grosso larice, nel gelo del mattino a queste, tutto sommato
contenute, acrobazie amorose sperando sempre che qualche esemplare si
decida ad esplorare i dintorni scendendo più a valle verso il mio
nascondiglio. Vana speranza...
La luce calda dell'alba, quasi
rossastra, a poco a poco si dissolve cedendo il posto alla chiara
luminosità del giorno fatto. Con il sole alto, come sempre accade, i
selvatici iniziano a ritirarsi nel folto del bosco o nel groviglio
cespugli che coprono lunghe strisce del pendio... e il bramito cessa
del tutto... Inutile attendere oltre... Ma un ultimo tentativo lo
voglio fare ancora. Salgo, silenziosamente, avvicinandomi pian,
piano, all'arena dei cervi. Nulla... Poi muovo qualche pietra
segnalando la mia presenza ed ecco che subito un bell'esemplare
maschio sbuca curioso dai cespugli; solo pochi istanti e subito si
ritira nell'intrico di ontano verde. Poi più nulla. Evidentemente
tutti gli altri cervi prima presenti in zona si sono già da tempo
nascosti nel bosco arrivandovi per piste ben coperte alla vista che
solo loro conoscono.
Ormai posso tranquillamente scendere
a valle, ritornare al Fontanini di Pejo dove mi attende l'automobile.
E' stata una mattinata ben spesa, emozionante, anche se mi sono
dovuto accontentare di osservare e di fotografare solo da lontano
(
(le foto postate sono in gran parte dei “ritagli” ingranditi
e sono conseguentemente di modesta qualità) i
pochi cervi che si
aggiravano nel gelo del mattino sui pendii della “Val dei Orsi”.