Si sta
come d'autunno
sugli alberi
le foglie.
come d'autunno
sugli alberi
le foglie.
Era questa la poesia che
insistentemente mi frullava in testa durante una delle mie recenti camminate nei dintorni del paese, ai margini di un bosco ormai
decisamente in abito autunnale. I versi della poesia erano solo quattro. Erano versi brevissimi ma che persistentemente si ripetevano
quasi ossessivamente nella mia mente. Erano versi che credevo dimenticati per sempre... Li pensavo solo come una indefinita e lontana
reminiscenza dei banchi di scuola che si era smarrita nei meandri della memoria. Ora quei versi ritornavano, riemergevano proprio ora... proprio
nell'ora del crepuscolo della bella stagione quando sugli alberi e sui
cespugli le foglie, con un ultimo vitale sussulto, si tingevano di
rosso, di arancione, di giallo per poi cadere al primo alito di
vento disperdendosi, morte, sulla terra umida.
Ma probabilmente questa poesia che Giuseppe Ungaretti scrisse in trincea nel 1918, era riaffrorata dall'intrico dei ricordi già prima, parecchio tempo prima, alla vista dei ruderi delle linee di fuoco sul fronte della Grande Guerra, durante le mie escursioni con l'amico di sempre nei dintorni del Passo del Tonale e in Val di Pejo.
Nel bosco autunnale che ora stavo attraversando bastava una folata di vento per rubare le foglie agli alberi, per soffiarle via deponendole sulla terra bagnata nell'attesa che, più avanti, la neve le cancellasse per sempre, definitivamente. Proprio come cento anni fa, durante la Grande Guerra quando, in ben altro teatro, bastava una semplice folata di pallottole per disperdere i combattenti, per farli cadere rubando loro il respiro, per sempre, definitivamente.
Proprio così. In autunno è sufficiente un alito di vento per eliminare una foglia, analogamente, in guerra, basta un proiettile vagante per eliminare un sodato.
Soldati come precarie foglie d'autunno. Questa l'incerta condizione dei fanti in trincea nella brevissima ma intensa poesia di Ungaretti.
Ma non solo...
Camminando nel bosco d'ottobre, (quando gli alberi, pur addobbandosi a festa con abiti allegri e policromi, iniziavano a ritirarsi preparandosi al freddo invernale) pensavo al rapido avvicendarsi delle stagioni in natura e all'avvicinarsi della stagione morta. E inevitabilmente il pensiero cadeva anche sul succedersi delle stagioni nella mia vita... Pensavo al tempo che vola via e alla fine che inevitabilmente attende ognuno di noi, ogni essere umano.
E la composizione del Poeta mi ronzava sempre più in testa... con
i suoi taglienti versi che ora mi sembrava parlassero non
solo della situazione dei soldati in guerra ma anche di quella
di ogni persona, una condizione di costante incertezza, di totale precarietà... Non solo il soldato ma ogni uomo è simile ad una foglia autunnale, una
foglia che vive nell'insicurezza, nell'instabilità, una foglia che prima o poi una inattesa brezza staccherà dal ramo e quindi dalla vita.
Ma non solo...
Ora anche la sopravvivenza dell'umanità intera, forse la stessa "vita" sulla terra, mi apparivano precari come le foglie d'autunno sugli alberi del bosco che stavo attraversando. Un colpo di vento e le foglie sarebbero volate via.
Chissà... così potrebbe accadere anche a tutti noi, fragili ma presuntuosi abitanti di un minuscolo pianeta perso nell'universo. Un aggiuntivo soffio d'aria inquinata, altro gas serra in atmosfera e il delicato equilibrio ambientale della terra si potrebbe rompere compromettendo per sempre la nostra esistenza... definitivamente.
Catastrofismo? Può darsi... comunque è sempre bene rammentare i versi del Poeta: "Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie."
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