Lunga, ottobrina camminata pomeridiana su di un
percorso ad anello che partendo dal paese di Cusiano, sul fondovalle, arriva, inerpicandosi per un sentierino recentemente riattato, al
montano abitato di Termenago per poi ridiscendere a valle seguendo
inizialmente la strada provinciale e poi un lungo antico
viottolo fino alla periferia di Pellizzano a poca distanza dal
punto di partenza.
Il percorso, pur essendo totalmente privo di
segnaletica, è comunque facilmente individuabile. Non si può sbagliare...
Il “nuovo” sentierino” si
distacca dalla strada forestale dei “Maregi” a monte di Cusiano
in corrispondenza del suo primo tornante, lì dove si trova una
piccola statua bronzea dedicata a S. Antonio Abate. Ci si inoltra e subito si sale nel
bosco, all'ombra di larici, abeti rossi e pini neri, immersi in un
fitto cespuglieto di noccioli che, purtroppo, limitano la veduta
sui paesi della valle e sulle cime che si alzano sul versante
opposto.
Il panorama si apre solo di tanto in
tanto soprattutto nella parte terminale della salita quando, sul
bordo di uno scosceso dirupo roccioso, si rinviene una rustica
panchina, lì strategicamente collocata per consentire al visitatore
non solo di riprendere fiato ma anche di ammirare l'ampio,
scenografico paesaggio.
Poco più avanti il sentiero raggiunge la strada forestale “Campion” in corrispondenza ad un
abbeveratoio in legno che una targa segnala come sito di riproduzione
della Salamandra pezzata (è questa la seconda piacevole sorpresa
naturalistica dopo l'incontro con una giovane lepre lungo il tratto
iniziale del percorso).
Poche centinaia di metri e si
sbocca sulla strada provinciale allla periferia di Termenago.
E' questo un antico paese un tempo densamente abitato da una popolazione che da tempi immemorabili sfruttava ogni più piccolo appezzamento di terreno ricavato con immani fatiche, disboscando e terrazzando il ripido versante della valle.
Una agricoltura povera, di pura sussistenza o l'emigrazione... questa fu per secoli l'amara scelta di vita degli abitanti dell'intera Val di Sole non solo degli abiatanti di Termenago. Oggi i pascoli, i campi e i prati sugli erti versanti della valle non esistono quasi più. Il bosco sta avendo il sopravvento e riconquista dopo secoli, forse millenni, quello che l'uomo, con enormi sforzi, gli aveva strappato. Il paesaggio sta radicalmente mutando e anche il paese di Termenago non è più circondato dalla campagna ma è imprigionato da boscaglie sempre più fitte. Boscaglie, che ultimamente, nei dintorni più prossimi dell'abitato, sono state eliminate, abbattendo alberi e cespugli e ridonando a una seppure minuscola porzione del versante soleggiato della valle quello che doveva essere il suo antico aspetto.
E' questo un antico paese un tempo densamente abitato da una popolazione che da tempi immemorabili sfruttava ogni più piccolo appezzamento di terreno ricavato con immani fatiche, disboscando e terrazzando il ripido versante della valle.
Una agricoltura povera, di pura sussistenza o l'emigrazione... questa fu per secoli l'amara scelta di vita degli abitanti dell'intera Val di Sole non solo degli abiatanti di Termenago. Oggi i pascoli, i campi e i prati sugli erti versanti della valle non esistono quasi più. Il bosco sta avendo il sopravvento e riconquista dopo secoli, forse millenni, quello che l'uomo, con enormi sforzi, gli aveva strappato. Il paesaggio sta radicalmente mutando e anche il paese di Termenago non è più circondato dalla campagna ma è imprigionato da boscaglie sempre più fitte. Boscaglie, che ultimamente, nei dintorni più prossimi dell'abitato, sono state eliminate, abbattendo alberi e cespugli e ridonando a una seppure minuscola porzione del versante soleggiato della valle quello che doveva essere il suo antico aspetto.
Questo si vede percorrendo in discesa
la strada provinciale... si vedono le case antiche... lassù, in alto, a monte
di ripidi prati appena “tirati a novo”, liberati dalle
sterpaglie dai Servizi Forestali della Provincia.
Moltissime case hanno le imposte chiuse, non sono abitate... e non sono di sicuro le belle “seconde case” che costellano i paesi del fondovalle che, ben si sa, in autunno sono sempre ben serrate. No, queste sono le vecchie abitazioni abbandonate di un popolo che non esiste quasi più, di una popolazione che un tempo non molto lontano era ancora numerosissima e che ora si è ridotta solo ad un centinaio di residenti. E' la conseguenza di un cambiamento economico radicale che in pochi anni ha rotto un antico equilibrio, ha modificato un modo di vivere fermo, sostanzialmente immobile da sempre... una vera, rapida rivoluzione che, contestualmente, ha trasformato profondamente il paesaggio montano, un paesaggio che ben difficilmente potrà essere permanentemente e stabilmente riconvertito in “quello che fu”... anche solo nei dintorni più prossimi degli abitati
Moltissime case hanno le imposte chiuse, non sono abitate... e non sono di sicuro le belle “seconde case” che costellano i paesi del fondovalle che, ben si sa, in autunno sono sempre ben serrate. No, queste sono le vecchie abitazioni abbandonate di un popolo che non esiste quasi più, di una popolazione che un tempo non molto lontano era ancora numerosissima e che ora si è ridotta solo ad un centinaio di residenti. E' la conseguenza di un cambiamento economico radicale che in pochi anni ha rotto un antico equilibrio, ha modificato un modo di vivere fermo, sostanzialmente immobile da sempre... una vera, rapida rivoluzione che, contestualmente, ha trasformato profondamente il paesaggio montano, un paesaggio che ben difficilmente potrà essere permanentemente e stabilmente riconvertito in “quello che fu”... anche solo nei dintorni più prossimi degli abitati
Il vecchio mondo non ritornerà più...
Era un mondo dove si poteva sopravvivere solo a prezzo di dure
fatiche ma era anche un mondo più solidale, più ricco di passioni e
di relazioni umane (in positivo e in negativo), un mondo inevitabilmente più vicino
alla natura, più legato al trascorrere del tempo, al susseguirsi dei mesi. al lento svolgersi delle stagioni...
Sempre in vista del centro storico di
Termenago, sul quale svettano i campanili delle due chiese (la piccola
vecchia chiesa quattrocentesca di S. Nicolò e la nuova ottocentesca
parrocchiale destinata ad accogliere il popolo che non c'è più) si
scende per qualche centinaio di metri sulla provinciale e superati
due tornanti si imbocca sulla destra il ripido viottolo erboso che
scende verso Pellizzano. Un tempo doveva essere questa la principale,
se non l'unica via di comunicazione con il fondovalle o almeno con i
paesi dell'Alta Val di Sole. Oggi la si può considerare nulla di più
di una inutile e stretta mulattiera che taglia un ripido versante un tempo in
gran parte coltivato e oggi invaso dal bosco e dalla sterpaglia.
Chissà quanto lavoro richiese la realizzazione degli altissimi muri
a secco, ormai qua e là cadenti, che sostengono la stradina a valle e la delimitano a monte. Fu sicuramente una realizzazione di
grandissimo impegno, presumibilmente portata a termine dagli uomini
del paese in tempi lunghi, senza l'ausilio dei moderni macchinari,
con incommensurabili fatiche e tanto sudore.
Oggi, pur ben tenuta, costantemente liberata da erbe e sterpi infestanti per il gioia dei turisti e degli escursionisti buontemponi come me, è comunque inevitabilmente destinata al degrado in tempi più o meno lunghi (ne sono già evidenti i primi indelebili segni) e così anche il suo ricordo e la memoria di chi la realizzò svanirà per sempre.
Oggi, pur ben tenuta, costantemente liberata da erbe e sterpi infestanti per il gioia dei turisti e degli escursionisti buontemponi come me, è comunque inevitabilmente destinata al degrado in tempi più o meno lunghi (ne sono già evidenti i primi indelebili segni) e così anche il suo ricordo e la memoria di chi la realizzò svanirà per sempre.
Il ripido viottolo si immette sulla strada
statale di fondovalle alla periferia di Pellizzano, un paese che, come
molti altri centri della valle, ha raggiunto con i “tempi nuovi” del turismo di massa (un turismo di dubbia sostenibilità e fin troppo condizionato dalle mode del momento)
un certo benessere pagandolo però in termini di degrado ambientale
e di notevole scompiglio non solo materiale...
Ed è sul marciapiedi della statale che
si può proseguire per raggiungere il punto di partenza, a Cusiano e chiudere
così rapidamente questa lunga passeggiata ad anello. Ma è consigliabile
lasciare questa trafficatissima via il prima possibile, (in
corrispondenza del ponte che porta al vecchio nucleo del paese) e
proseguire verso Cusiano scegliendo tra la pista ciclopedonale di valle e
la strada chiusa al traffico veicolare, appena sotto la statale.
E poi non scordiamoci, se ne abbiamo il
tempo, di visitare le chiese di questi due ultimi paesi, la maestosa
chiesa gotico-rinascimentale di Pellizzano dedicata alla natività di
Maria (è l'edificio sacro di maggior pregio di tutta la valle che la
leggenda vuole eretto addirittura da Carlo Magno) e quasi in
contrapposizione la minuscola preziosa chiesetta di Cusiano
interamente decorata da preziosi affreschi quattrocenteschi dedicati
alla vita di Santa Maria Maddalena
Da leggere: "C'era una volta Termenago" di Mauro Pedrazzoli - Reperibile anche nelle biblioteche della valle. |
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