Ultime brevi uscite della stagine...
Quanta malinconia... Mi attendevano i lunghi mesi freddi da trascorrere lontano dai miei monti. Il ritorno della bella stagione sembrava lontanissimo, quasi irraggiungibile. L'atmosfera tardo autunnale, umida e nebbiosa accentuava la tristezza del distacco imminente.
Camminavo lungo le stradine e i sentieri deserti del versante che sovrasta il paese accompagnato dal leggero borbottio delle magre acque del torrente Vermigliana serpeggiante sul fondovalle. Non un cinguettio di uccello, non uno scampanio di mucca al pascolo...
L'estate era ormai lontana. Tutto era silente. L'autunno aveva vestito di ruggine il larice e il faggio, aveva punteggiato di bacche rosso e lucenti il sorbo, la rosa canina, il berberis e aveva dipinto d'oro l'acero, la betulla e il pioppo tremulo... poi le folate di vento avevano rubato molte foglie soffiandole via, trascinandole in vortici giocosi per depositarle infine a terra nell'attesa della neve che le seppellirà per sempre...
Le foglie cadute rivestivano lunghi tratti del sentiero. Era un manto fradicio seppure non ancora marcescente ed odoroso. Nei dintorni gli aghi dei larici, ad ogni minimo alito di vento, si staccavano, si libravano nell'aria, si disperdevano e planati nel sottobosco si accumulavano qua e là in sottili cuscini brunastri...
Arrancavo... arrancavo tra gli alberi sul ripido viottolo coperto dal tappeto di foglie inzuppate dalla pioggia dei giorni passati. Poi, più in alto, seguivo le piste che tagliano il pendio, che si snodano sinuose e quasi pianeggianti tra muschi umidi e ancora verdi, felci brune e appassite, cespugli spogli e inquietanti e sporadici larici rugginosi... E sempre ero immerso nei vapori biancastri che si levavano dalla terra umida...
Non c'era più il sole abbagliante che solo qualche settimana prima ravvivava i ricchi colori d'inizio autunno. Le belle, vivaci tinte autunnali erano ormai in gran parte spente. Resisteva a fatica solo il giallo delle foglie su qualche pioppo tremulo ben riparato dalle folate di vento e il rosso delle bacche dei cespugli di rosa canina e del crespino ma era un rosso smorto, un rosso opaco.
Sul versante opposto la nebbia si insinuava tra le conifere dei ripidi boschi d'alta quota, si posava morbida sui pendii rocciosi, saliva e avvolgeva i monti penetrando in ogni anfratto. Poi lentamente scompariva aprendo per qualche istante dei minuscoli e nitidi scenari fatti di di selve e cime ombrose. Quindi si materializzava nuovamente, vagabondava, mimetizzava i versanti restituendo al paesaggio il suo indefinito aspetto ovattato.
I rami spogli che, nel silenzio, nell'umidità, nella foschia, si ergevano verso il cielo grigio sembravano invocare la neve. Un soffice manto di neve... a coprirli e proteggerli delicatamente. Triste avvisaglia dell'inverno ormai prossimo.
“E' tempo di migrare”, pensai... Era giunta l'ora del distacco, era veramente giunto il momento dell'abbandono, l'ora del rientro definitivo in città dove avrei trascorso i mesi più freddi nel ricordo del lungo periodo tiepido gioiosamente vissuto nella “mia” valle.
Sì, era ora di migrare e, fatti salvi alcuni brevi rientri invernali al paesello (speravo ben innevato), era proprio giunta l'ora di trascorrere la brutta stagione nel caos della città...
Sì, era ora di migrare... Ma, camminando immerso nella nebbia del mio rientro, già mi vedevo ripercorrere questi stessi sentieri durante la prossima primavera. Sì, erano questi stessi sentieri però ridipinti a nuovo dal sole d'aprile. Mi vedevo quassù a camminare tra questi alberi... alberi ora spogli ma che con i primi tepori sarebbero rinati a nuova vita, rivestendosi di tenere foglie leggermente pigmentate di delicati verdi pastello.
Mi vedevo girovagare al margine di questi boschi, di questi ripidi pascoli nuovamente vivi, mi vedevo girovagare sul fondovalle tra i prati punteggiati di bianco, di giallo e di viola... punteggiati... al festoso fiorire dei crochi, delle primule e degli anemoni...
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1 commento:
Ancora la neve si fa attendere...
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