Una stradina poco frequentata, tra il fondovalle di Ossana e i pendii di Strombiano




Metà ottobre. Mattinata fresca ma limpida e serena, mattinata che non è il caso di sprecare rimanendo chiusi tra le 4 mura di casa. Decido di occuparla con una camminata, una lunga passeggiata, 4 passi su di una stradina che ben conosco ma che da parecchio tempo non ho più avuto l'opportunità di calpestare. E' una stradina, una mulattiera che si imbocca lasciando alle spalle le strade asfaltate, in particolare e per ultima la strada provinciale della Val di Pejo, proprio dove questa ha inizio, dove si distacca dalla Statale del Tonale, nei pressi di un ponte sul fiume Noce alla periferia del paese di Fucine. Questa stradina, dalle origini incerte che si perdono nel tempo, collega il fondovalle con il piccolo, soleggiato abitato di Strombiano sul versante sinistro della “Valeta”. Il suo primo tratto percorre la zona di “Corina”, toponimo locale con cui viene indicato pure la piccola edicola votiva (Capitel de Corina) dedicato alla Madonna che fa bella mostra di sè proprio all'inizio dell'itinerario... Uno dei molti segni del sacro chi costellano la valle intera.


...Itinerario poco frequentato... ed è un vero peccato perché si tratta di un percorso su di un viottolo che, nonostante non si sviluppi in una zona paesaggisticamente particolarmente attraente, offre comunque (oltre alla vista di qualche, seppur raro, meritevole scorcio panoramico) la possibilità di attraversare delle macchie selvose botanicamente interessanti. Macchie che sono il risultato di lontane attività di rimboschimento (formazioni di pino nero) ma che sono soprattutto la naturale evoluzione floristica dei terreni abbandonati dall'agricoltura, dei piccoli e piccolissimi appezzamenti di terreno rubati alla montagna terrazzando anche i pendii più ripidi per seminarvi, fino a non moltissimi anni fa, cereali e patate. Nell'intrico degli alberi e dei dei cespugli che hanno riconquistato i campi e i prati dismessi si intravedono ancora i resti dei muri a secco che sostenevano i fazzoletti di terra coltivata da cui dipendeva il sostentamento della popolazione locale.
Ma lungo questo percorso si incontra anche un altro segno del trascorrere del tempo, un importante testimonianza della storia locale, una testimonianza che si perde nei secoli. E' una torre di guardia, o meglio i ruderi di una antica torre di guardia probabilmente risalente al duecento o al trecento. I possenti resti della struttura, localmente chiamata la “Casàcia”, emergono scuri e ben visibili a monte del nostro sentiero, emergono dalla folta vegetazione di latifoglie che ottobre ha colorato con le sue calde tonalità autunnali.


Ed è proprio in questo tratto del percorso, quando la mulattiera inizia a salire con una più accentuata ma sempre contenuta pendenza, che la vista si apre su di una splendida tavolozza autunnale, si dischiude sulle fiammate giallo oro, arancioni e rossastre della vegetazione ottobrina. Uno spettacolo! Un'esplosione di colori, un incantesimo che si accende nell'aria frizzane e nel silenzio di questo versante così poco trafficato non solo ora ma anche durante l'estate, durante la stagione turistica estiva. E a questo proposito va detto che il periodo più adatto per percorrere questa zona non è certamente quello estivo quando il sole, in questa zona, picchia forte durante l'intera giornata, ma è il periodo primaverile e quello autunnale che sono più freschi e paesaggisticamente molto più coinvolgenti.


Proseguendo la salita si rinvengono, di tanto in tanto, delle panchine, pochissime in verità... si incontra pure una fontana ricavata da un grosso tronco e.... inaspettata una biforcazione del sentiero dal quale si diparte una ripidissima pista che scende, attraversando la strada provinciale della Val di Pejo, fino al Forno di Novale. Una interessante alternativa per il ritorno che può consentire di raggiungere l'abitato di Fucine per altre vie, vie diverse e pure interessanti.
Più in alto, ormai prossimi al paesino di Strombiano, il panorama si apre sulle cime che chiudono la “Valeta”: Cima Vioz e Cima Taviela. Monti bellissimi ma quasi totalmente primi di neve, rocce nude, rossastre, prive di quei ghiacciai e nevai che un tempo le rivestivano anche a fine estate. Sono i ghiacciai e i nevai della mia giovinezza, scomparsi per sempre a causa di un mutamento climatico sempre più evidente, un cambiamento che non lascia alcun margine di dubbio. Ghiacciai e nevai destinati a vivere solo nel mio ricordo... a causa di politiche ambientali fallimentari... a causa dell'umana insipienza...


Ora ai bordi dell'ultimo tratto della stradina si aprono dei prati ben rasati. Sono prati che occupano i pendii non ripidissimi più prossimi all'abitato. Evidentemente qui esistono ancora dei contadini ancora attivi nonostante il radicale mutamento dell'economia locale... sono contadini che si ostinano a sfruttare almeno i terreni meno erti per ricavarvi il foraggio necessario all'allevamento del bestiame...
Sul versante opposto anche il paese di Comasine con, poco più in alto la sua isolata chiesetta di Santa Lucia e ancora più su l'antica zona mineraria da tempo abbandonata, appaiono attorniati dagli appezzamenti di prati falciabili. A conferma che in Val di Pejo, qualche cosa dell'antica attività agricola, seppure rivisitata e modernizzata, riesce ancora a sopravvivere...
Ma ormai siamo arrivati... e il viottolo sta per innestarsi su di una delle strade asfaltate del paese. Ai suoi lati sorgono i primi masi e le prime case abitate di Strombiano. Qui ha termine la salita che dal fondovalle mi ha condotto più in alto, alla periferia di questa frazioni del comune di Pejo. Frazione che, se si ha tempo, conviene visitare scoprendo le rustiche particolarità architettoniche dei suoi edifici ma soprattutto i suoi preziosi gioielli: la cappella settecentesca dedicata a Sant'Antonio da Padova e, se aperta al pubblico, la Casa Grazioli (o casa “de la Bega”), una antica casa contadina che conserva in ogni suo ambiente le testimonianze del modo di vivere di tempi ormai molto lontani... tempi dimenticati...



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