Inverno lungo le sponde del torrente Vermigliana



All'inizio di gennaio (anno 2020) il paesaggio dell'Alta Valle non offre un granché. Al contrario di quanto è accaduto molte volte durante gli ultimissimi decenni, la neve c'è ed è pure abbondante ma, essendo caduta parecchio tempo fa, all'inizio di novembre, ormai copre esclusivamente il terreno nudo e non se ne vede traccia alcuna sugli alberi e sui cespugli del bosco. Bosco che, sui versanti della valle, appare uniformemente piatto e scuro. Il panorama, nel suo insieme, ne risente decisamente non assomigliando di certo a quello degli inverni di alcuni decenni fa e ancor meno a quello (convenzionale e, se vogliamo, stereotipato) delle cartoline d'auguri natalizi del passato, quelle dei miei lontani ricordi.


L'inefficace ricerca di un qualche pittoresco percorso che possa soddisfare la mia voglia di osservare e, perché no, di fotografare mi porta, per l'ennesima volta (con un briciolo di rassegnazione), a seguire a ritroso, il corso del Vermigliana, un torrente che, pur nella complessiva monotonia del paesaggio, riserva ancora la possibilità di scoprire qualche scorcio interessante.
La mia breve passeggiata ha inizio sulla strada provinciale tra Fucine e Ossana, in corrispondenza del ponte che attraversa il torrente poco a monte (300, 400 metri) della sua confluenza con il fiume Noce. Seguo quindi all'indietro il percorso delle acque, camminando prima lungo la sua spessa arginatura artificiale sulla sinistra orografica poi per un brevissimo tratto sulla statale del Tonale e infine, superato il ponte della Poia, per circa un chilometro sulla sponda destra, lungo la stradina che porta oltre il Fil (o Spiaz dei Spini) nel freddo e stretto vallone privo di sole che sale in direzione di Vermiglio.


L'aspetto del torrente, lungo questo suo tratto finale, prossimo alla confluenza, è multiforme, dipendente com'è dalla presenza di numerose opere di sistemazione idraulica (poste a difesa dell'abitato di Fucine) che ne modificano caratteristiche e naturalità. Si tratta di numerose piccole briglie accompagnate da poderosi muri di sponda nel tratto che costeggia il paese, seguite più a monte da due colossali briglie filtranti, di recente realizzazione, con relativo bacino di deposito e, più a monte ancora, da alcune alte e massicce traverse tradizionali risalenti agli anni sessanta del secolo scorso. I tratti del torrente che mantengono la loro originaria autenticità sono ben pochi, si può dire che sostanzialmente non esistano. Ciò nonostante il torrente mantiene una sua “selvatica” attrattiva che, il susseguirsi delle opere di sistemazione addirittura accentua modificando continuamente l'ampiezza e la pendenza dell'alveo e con essa la velocità delle acque e il modo del loro procedere.


Ingredienti uniformanti dell'ambiente che mi circonda, durante questa mia breve passeggiata invernale, sono il grande silenzio rotto solo da un appena percettibile sciacquio delle acque e, soprattutto, il panorama in chiaroscuro: l'accostamento del chiaro della neve e del ghiaccio con quello scuro dei massi che emergono dall'alveo, quello degli alberi e dei cespugli nudi che attorniano le sponde congelate del torrente oltre a quello, più lontano, del bosco che riveste i versanti della vallone. In questo contesto, paesaggisticamente uniforme, il fluire irregolare delle acque in un alveo che modifica continuamente il suo aspetto rappresenta una stimolante attrattiva, sicuramente una vista accattivante.


Risalendo il primo tratto del Vermigliana, poco a valle della due grandi opere filtranti di trattenuta, si incontra una vivacissima rapida dove le acque precipitano su di un letto di roccia viva, modellata e ben levigata dallo secolare strofinio di sabbia e limo trasportati dalla corrente. Qui le acque cadono, rimbalzano e schizzano... e le gocce degli schizzi si consolidano.... dove si posano, sulle sponde, sulle rocce e sui sassi affioranti. Gli spruzzi solidificano in placche di gelo traslucide o si condensano in luminose, o in astratte sculture di cristallo che riflettono, scompongono e amplificano la piatta luce invernale. Una vivacità ghiacciata fatta di spruzzi, di gorghi spumeggianti, di inaspettati chiarori, di tenui bagliori che regalano al torrente e all'ambiente circostante una nota di gelida vivacità.


A monte della rapida le acque procedono più tranquille. Scorrono sinuose tra rocce e grandi massi confluendo e allargandosi placide nei due bacini di deposito, uno di seguito all'altro, originati dagli sbarramenti filtranti per la trattenuta del materiale più grossolano portato a valle da una eventuale piena. In questi slarghi sabbiosi, quasi pianeggianti, le acque opache del Vermigliana si ravvivano... Si ravvivano quando, nella tarda mattinata, il versante della valle rivolto a mezzogiorno, illuminato dal sole, si specchia nel torrente. Allora mille bagliori colorati iniziano a diffondersi sulla sua superficie ondulata. Sono i colori ancora parzialmente ramati dei larici, delle roverelle, delle erbe rinsecchite che, accanto al candore della neve, vibrano sull'acqua... Vibrano... riflessi dall’acqua increspata creando screziature dorate, disegnando magici grafismi che si decompongono e si ricompongono in un gioco senza fine.


Il sole che illumina il versante più fortunato del vallone non raggiunge mai, durante i mesi freddi, l'altro versante e non raggiunge mai nemmeno la stradina che si snoda sul fondovalle. Non rischiara mai il torrente, non illumina e non riscalda le sue acque... Acque che si fanno sempre più gelide, acque che, a poco a poco, iniziano a congelarsi originando lastre di ghiaccio sempre più spesse e sempre più elaborate. Ghiaccio. Acqua prigioniera dell'inverno. Sempre più ghiaccio. Ghiaccio che, via via, ricopre e ingloba i sassi e i macigni sparsi nell'alveo ma non solo... incorpora pure i cespugli di salice cresciuti nelle minuscole golene a monte delle grandi briglie nei pressi dello “Spiaz dei spini” o Fil, che dir si voglia.


Sono soprattutto due le briglie che, inevitabilmente, attraggono l'attenzione di chi risale la stradina del Fil costeggiando il torrente. Due alte e massicce briglie in muratura che serrano l'alveo, trattenendo materiale e soprattutto rallentando il rapido fluire delle acque durante le piene che, durante l'anno, non mancano mai. Ora in inverno la portata è minima e le acque gorgheggiano sottovoce, staccandosi dal coronamento e precipitando calme nel profondo catino sottostante. Dopo il salto, si riposano distendendosi tranquille in uno slargo buio e profondo scosse solo dall'improvviso zigzagare di un pesce a caccia di una illusoria preda congelata. Poi riprendono svogliatamente il loro cammino, scendendo pacatamente a valle verso la briglia successiva.


A monte delle due briglie, per un lungo tratto, l'acqua scorre quieta in un alveo regolare e poco ripido ma più avanti, ben oltre il Fil, il torrente bruscamente si impenna, si fa più erto e stretto. Qui le acque, rimbalzando tra massi e pareti scoscese, acquistano velocità e un'energia che sorprende. Qui si levano nuovamente schizzi e spruzzi, si alzano nuvole d'acqua fatte di goccioline scintillanti che posandosi sulle sponde, sui sassi e sulle rocce si condensano in vetrose, iridescenti strutture ghiacciate, in astratte sculture di cristallo.


Nella zona del Fil il freddo è pungente. Lo spesso strato di neve, che tutto riveste fin dall'inizio di novembre, è ghiacciato, omogeneo e compatto... durissimo. Sulla sua superficie, però, il sottilissimo rivestimento di neve fresca, caduta da poco, sta subendo una lenta metamorfosi dettata dal gelo. Si sta ricoprendo di piccoli cristalli, di scaglie cristalline che brillano, che riverberano la luce del sole quando, in questa zona, e solo in questa zona, verso mezzogiorno, il sole le raggiunge e le irraggia per qualche istante.


La neve scesa copiosa all'inizio di novembre, seguita non solo dalla pioggia che infradiciandola l'ha appesantita ma pure dal freddo intenso che l'ha indurita (anomali eventi di un cambiamento climatico sempre più evidente...) ha catturato cespugli e giovani conifere piegandoli e inglobandoli nella sua massa gelata e compatta. Solo l'arrivo della primavera restituirà, a queste piante ferite e contorte, la libertà. Per ora, e per lungo tempo ancora, di quelle piante che furono piante libere, di quelli che furono flessibili rami di nocciolo, elastici polloni, giovani vigorosi larici, emergono solo alcuni brandelli, gementi, piegati al suolo dal peso della neve o solo alcune scheletriche estremità rigidamente allungate nel vuoto, quasi a implorare il ritorno della bella stagione.



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1 commento:

sinforosa c ha detto...

Una meraviglia. Io vado in val di sole in estate da oltre trent’anni. Saluti belli.
sinforosa