Fa freddo anche se non è il freddo
che ci si potrebbe aspettare all'inizio di gennaio. Fa comunque
freddo e il mio lento procedere lungo le sponde del Noce che corre
placido lungo i prati di Novale all'imbocco della Val di Peio, è
accompagnato, di tanto in tanto, dal lamento della neve gelata che si
frantuma, al contatto con la dura suola degli scarponi. Fa freddo...
ed è proprio il freddo che ha congelato la neve, quella neve che puntella il mio
procedere. Quella neve che, scesa copiosissima da tempo, scesa
inaspettatamente all'inizio di novembre, si è ammollata con la
pioggia, per poi compattarsi e indurirsi con le basse temperature del
periodo successivo.
Neve abbondante fuori stagione
seguita dalla pioggia anche alle quote più alte e poi... più nulla:
totale assenza di precipitazioni significative per un interminabile
periodo. Un ulteriore sintomo del cambiamento climatico in atto? Una
delle molteplici conseguenze del riscaldamento globale? Potrebbe
esserlo, impossibile stabilirlo... ma non sottovalutiamo
questa e tutte le altre anomalie meteorologiche che, di anno in anno,
si stanno facendo sempre più frequenti ed intense...
Ma torniamo a noi o meglio al
“racconto” della mia serale passeggiata lungo il torrente Noce (o
fiume Noce?) nella luce diffusa da un cielo invernale, limpido e
ancora luminoso.
Si dice che la sera nasconda le cose,
che quando il sole è tramontato e pian piano si avvicina il buio
della notte, il panorama si incupisce, i particolari si offuscano, i
dettagli si perdono. Non è sempre così. Quando il crepuscolo si
avvicina, può anche capitare che il paesaggio si ravvivi, che si
tinga con i colori riflessi dal cielo policromo del dopo tramonto.
Può capitare che delle ombre tenui e sfumate, figlie di una luce
molto particolare, si allunghino sulla terra donando una plastica profondità all'insieme. Così, talvolta di sera, può succedere che
si definisca al meglio l'essenza di un ambiente, che se ne percepisca
interamente la sua bellezza, che si possano cogliere appieno le
sensazioni che ci trasmette.
All'imbrunire il manto nevoso che
ricopre i prati pianeggianti nei dintorni del torrente non è
certamente quello che si vede quando vi picchia il sole del mezzodì:
una distesa piatta, uniformemente luccicante, quasi
abbagliante… La luce diffusa della sera si limita ad accarezzare il
deserto di neve. Distendendosi sulle sue dune ne illumina dolcemente
il colmo e i versanti bene esposti. I colori del cielo al tramonto
riescono solo a velare con i loro riflessi aranciati la superficie
della bianca distesa ondulata, mentre delle leggere ombre
azzurrognole si nascondono nei suoi incavi più profondi.
Sul prato innevato, all'imbrunire, i
contrasti tra le luci e le ombre si attenuano, tendono a sfumare ma
questo non accade sulla superficie del torrente dove i contrasti si
fanno invece più netti, più decisi. Dopo il tramonto l'acqua si fa
più scura, perde la trasparenza che aveva al mattino o al primo
pomeriggio quando, trafitta dai raggi diretti del sole, lasciava
intravedere il fondo sassoso su cui scorreva. Ora, il fluire
dell'acqua è impenetrabile ma sulla sua superficie balenano i
luminosi riflessi del cielo e sulle acque più calme degli slarghi si
riverberano le nubi colorate della sera. Qua e là, poi, dalla scura
corrente emergono i fregi biancastri delle acque agitate, emergono i
candidi schizzi delle acque che si incuneano tra i massi cadendo
rapide in gorghi ribollenti, delle acque che balzano, saltano e
precipitano in vivaci cascatelle.
L'ora che precede il crepuscolo è
un'ora quieta. Mentre la luce va lentamente calando anche i rumori si
attenuano, l'umana operosità va scemando e sulla valle, con il
sopraggiungere della notte, scende pian piano il silenzio. Lungo il
mio “cammino” che costeggia il torrente perdendosi nei prati di
Novale ma anche lungo la vicina stradina (la pista ciclo-pedonale
della Val di Peio) non si vede anima viva. Evidentemente, quando,
dopo il tramonto, la temperatura si abbassa, anche i turisti più
coraggiosi, anche i natalizi visitatori più curiosi e i ragazzini
più avventurosi abbandonano i dintorni del paese, le zone aperte, e
si ritirano al calduccio in ambienti chiusi e ben riscaldati.
Non così gli animali selvatici che
popolano la zona... Nella pace della sera i caprioli e i cervi
lasciano i loro rifugi nel folto del bosco e escono allo scoperto
scendendo nel fondovalle. Si muovono guardinghi e approfittando dei
sentieri battuti raggiungono le macchie di noccioli al confine con i
prati. Ma è ancora presto. A quest'ora l'incontro con un selvatico è
molto improbabile. Il sole illumina ancora la punta del Vioz e del
Taviela. C'è troppa luce... Mi riesce di osservare solo un merlo
acquaiolo. Lo vedo riprendere la pesca lungo il torrente prima del
suo riposo notturno. Si tuffa e si rituffa nelle acque gelide... Lo
vedo riemergere con delle piccole prede nel becco. Larve di
tricotteri racchiuse nel loro guscio fatto di sabbia e, forse, un
avannotto di trota.
Nella luce che si assottiglia c'è
solo il merlo acquaiolo ad attestare la vitalità del torrente. Tutto
è paralizzato, non spira un alito di vento, anche l'acqua che pur
continua a scorrere gorgogliando sembra immobile. Nella luce sempre
più incerta i contorni perdono di consistenza, gli schizzi d'acqua
sfumano gli uni negli altri, si fondono alla vista e perdendo il loro
dinamismo e la loro lucentezza.
Ma è l'intero ambiente che circonda
il torrente che lentamente si offusca. I pur tenui colori della neve
al tramonto svaniscono... il giallastro, l'azzurro e pure il bianco,
si sciolgono fondendosi in un grigio uniforme privo di luci e di
ombre. Il bosco si fa tenebroso. Le montagne sullo sfondo diventano
sagome spente che si perdono in un cielo sempre più opaco. Meglio
rientrare...
Foto sommariamente rielaborate con
Luminance HDR
|
Foto “base” in “Google Foto”
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