Giro settembrino, giro in buona parte “alto”, in quota, che tocca quattro malghe, le malghe Giumela, Paludei, Palù e Celentino.
Questo giro è un facile percorso ad
anello, una scarpinata adatta a tutti, anche ai giovanissimi
camminatori… Partendo dal Fontanino di Peio (m 1660) raggiungibile
in auto, si sale per una strada sterrata alla diga del Palù e si prosegue la salita fino a malga Giumela (m1950). Da qui,
tagliando in quota il versante sinistro del lago ci si porta,
seguendo una larga e comoda mulattiera, a malga Paludei (m 2130) per
poi calare su di uno scosceso sentiero fino a malga Palù (m1830).
Quindi, costeggiando il lago per la sua intera lunghezza, si arriva a
malga Celentino (m1830) e si discende per un ripido ma largo e
facile sentiero al punto di partenza.
Panoramica camminata che da
sempre replico almeno una volta l’anno, soprattutto in autunno
quando il bramito dei cervi in amore mi accompagna lungo buona parte
del tragitto ma anche in primavera quando la natura rinasce, le
vipere e le marmotte si risvegliano e spuntano i primi fiori.
Quest’anno, per poter accompagnare un amico, un “amico ritrovato”
dopo molti anni, ho anticipato questa mia consueta escursione di
alcuni giorni effettuandola prima del periodo degli amori del cervo.
Eccomi quindi al Fontanino di Peio in compagnia dell’amico
“ritrovato”. E’ ancora scuro quando, posteggiata l’auto,
imbocchiamo la strada sterrata che, in corrispondenza del chiosco
termale, sale alla diga. E’ una strada comoda, “per tutti”, ma
con alcuni tratti piuttosto ripidi. Raggiunto il lago (una ventina di
minuti) proseguiamo, sempre su strada sterrata, fino a malga Giumela
(altri venti minuti o poco più) assistendo, alle prime luci
dell’alba, all’uscita delle mucche da latte dallo stallone e alla
loro calata verso i pascoli bassi.
Da Malga Giumela proseguiamo
sulla sinistra per la larga stradina che conduce a malga Paludei
(un’ora circa). Il tracciato taglia il versante sinistro della
valle attraversando, inizialmente, una fitta selva di larici e di
abeti rossi che nasconde il lago sottostante tranne dove la “tempesta
Vaia”, abbattendo il bosco, ha aperto la vista non solo sul lago, anche sui
monti che lo sovrastano, primo tra tutti il monte Redival che domina le
vallette Pudria, Comiciolo e Montozzo. Unico “beneficio” se
così lo vogliamo ottimisticamente considerare, di una bufera che con
i suoi devastanti (e qui visibilissimi) effetti non può che farci
riflettere sulle conseguenze del cambiamento climatico in atto.
Più avanti il bosco si fa più rado, trasformandosi a tratti in
pascolo alberato dove sulle sporadiche giovani conifere dominano
degli imponenti larici secolari la cui folta e aggrovigliata chioma
sta lentamente virando verso le tinte autunnali.
Itinerario
semplice, lineare quello che da malga Giumela conduce a malga Paludei
e molto panoramico, perlomeno nel suo ultimo tratto, dove il bosco si
fa più rado dissolvendosi, a poco a poco nel pascolo della malga.
Ciò che colpisce in questa zona, prima di raggiungere i rustici
edifici dei Paludei, è la grande croce che, posta sul colmo di un
piccolo rilievo, ricorda che anche questa zona, cento e più anni fa,
fu teatro di scontri tra gli austroungarici e gli italiani. Siamo al
cospetto dell’Ercavallo, del Corno dei Tre Signori, del Passo
della Sforzellina, di Villacorna, del San Matteo… Sulle loro
creste, durante la grande guerra, erano arroccate le truppe
avversarie e Malga Paludei, molto più in basso, era adibita ad avamposto, lungo la via che
i “regnicoli” avrebbero potuto seguire scendendo dal Passo
Sforzellina verso la Val di Peio. Sì, proprio questa malga, Malga
Paludei dove approdiamo e sostiamo concedendoci una meritata pausa, durante la prima guerra mondiale fu un avamposto austroungarico di una certa importanza.
Recentemente malga Paludei è stata consolidata e
ristrutturata nella sua totalità, non solo nelle parti già adattate a bivacco. Più che di bivacco si deve però parlare di bivacchi perché, in realtà i bivacchi sono due, il primo dei due, ex casolare dei pastori, è chiuso e
riservato ai proprietari o forse ai dipendenti del Parco dello Stelvio, l’altro, ricavato nello
stallone, è aperto e a disposizione di chiunque.
Ben riposati ricordiamoo i
vecchi tempi e ci fotografiamo, ci riprendiamo seduti ad un tavolo,
seduti esattamente allo stesso tavolo e allo stesso posto dove ci sedemmo 25 anni fa (la vecchia foto
non mente...), solo che allora non eravamo soli ma in compagnia dei
nostri giovanissimi figli. Poi proseguiamo verso malga Palù,
imboccando il ripido sentiero che scende a valle accompagnati dal
tintinnare dei campanacci legati al collo delle manze che pascolano
tranquille nei dintorni.
Panoramica discesa quella che ci
porta alla prossima malga (quarantacinque minuti circa), una discesa sull’erto versante tra
pascoli, ampie radure e radi lariceti, di fronte alle scoscese pareti
micascistose dell’Ercavallo. Una discesa che portiamo a termine
rapidamente perché le nubi tempestose che si stanno addensando
attorno alle cime che ci circondano non promettono nulla di buono
anche se il sole picchia ancora sodo. Il sole picchia... ma ancora per
poco. Quando raggiungiamo il fondovalle, dove il percorso si fa più
dolce, il sole già gioca a rimpiattino con le nuvole. Più avanti,
mentre procediamo su di un sentiero ormai semipiano accompagnati dal
mormorio delle acque del torrente e dal lieve borbottare di alcuni
piccoli rivi giunti alla fine del loro tragitto, il sole scompare
definitivamente.
Ma ecco il ponte sul Noce, stabile e robusto. Lo
attraversiamo osservando il percorso delle acque che poco più a
valle si immettono nel lago. E finalmente siamo alla malga Palù. La
malga è chiusa ma con all’esterno tavoli e panche in abbondanza
tali da permetterci di godere comodamente di una rilassante pausa.
Pausa comunque breve perché già scendono i primi goccioloni ad
annunciare il temporale in arrivo... E la bufera arriva infatti di lì
a poco con vento, pioggia e una, fortunatamente breve, leggera
grandinata. Il temporale ci coglie all’inizio della strada che
costeggia il lago artificiale con lampi e tuoni continui che ci
accompagneranno fino al Fontanino (un'ora e mezza o poco meno). Ma la pioggia non ci trova
impreparati: da persone previdenti e prudenti quali siamo (o meglio
siamo diventati...), ci coglie ben avvolti nei
nostri mantelli impermeabili.
Sotto il temporale non possiamo
certo perdere tempo, attardarci in chiacchiere o fermarci ad ammirare
il panorama… ciò non toglie che, lungo il tragitto, guardando il
lago ai nostri piedi, non possiamo comunque riflettere sulla
mutazione climatica che sta rapidamente eliminando i ghiacciai e con
essi, in un futuro ormai prossimo, gran parte delle acque che
alimentano questo come altri bacini artificiali. Come non può
mancare la meraviglia per la vista che ci si presenta: il panorama di
un paesaggio decisamente insolito, ben diverso da quello
uniformemente soleggiato delle ore precedenti, un paesaggio che ha un
fascino molto speciale, fatto di acque, nubi, nebbie e luccichii
sul terreno e sulla vegetazione fradicia, il tutto nella semioscurità
rotta di tanto in tanto dai bagliori del temporale.
Ma siamo
quasi al termine del nostro itinerario. In prossimità dello
sbarramento risaliamo brevemente il versante, passiamo accanto
all’ultima malga, la piccola malga di Celentino, destinata ad
accogliere solo bestiame “asciutto” e proseguiamo sul sentiero
che discende al Fontanino di Peio. E qui la nostra escursione, l’escursione delle
“rimembranze”, del “ricordo” dei bei tempi andati, si chiude con un
“brindisi” molto paricolare, una abbondante degustazione delle due acque
ferruginose, quella del Fontanino di Celentino e quella, più
abbondante del Fontanino di Peio: proprio come ai vecchi bei tempi…
Tutte le foto in “Google Foto”
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