Brina e nevischio sulle stradine tra Novale e Comasine

 


Era una limpida mattina di metà novembre, una mattina che considerai perfetta per una passeggiata, per una lunga e panoramica camminata lungo le stradine che dalla piana prativa di Novale, nei pressi di Fucine, si inerpicano sul versante destro della Val di Peio raggiungendo il paese di Comasine. Un itinerario che, inizialmente, prevede di scegliere tra alcune stradine o meglio mulattiere e sentieri che, via via, si staccano dalla pista ciclabile sul fondovalle e, penetrando nel bosco sovrastante, vi si immergono fino a raggiungere la trattorabile che, dal minuscolo nucleo di edifici del Forno di Novale, sale fino a Comasine. 



Una mattinata perfetta... No, "perfetta" è un po’ “troppo”, sicuramente una mattinata interessante, paesaggisticamente attraente dopo la fievole nevicata della notte che ha leggermente impolverato le cime dei monti e i loro versanti fino alle quote medio basse. Un minimale approccio all’inverno, a ciò che mi e ci attende… Un evento meteorologico imprevisto e particolare che ha ravvivato il panorama tardo autunnale spruzzando di bianco l’ambrato dei larici, il verde deciso e brillante degli abeti e lo smorto verde giallastro dei prati e degli alti pascoli. 



Procedendo lentamente sui sentieri nel bosco e più avanti, verso Comasine, sulla strada bianca che sale al margine di piccoli e ripidi appezzamenti terrazzati a prato falciabile, più che dal paesaggio venivo attratto dalle piccole “cose”, dai piccoli gioielli incastonati nel nevischio caduto nella notte, fili d’erba, minuscole felci, foglie secche costellate di goccioline luccicanti al primo sole. Ma non solo, nelle vallecole più fredde e ombrose, mi attirava il tappeto di brina, mi affascinavano i suoi minuscoli cristalli sparsi ovunque sulla vegetazione rinsecchita.



Raggiunte le prime abitazioni di Comasine invertivo la marcia e iniziavo la discesa rinviando ad una più consona occasione la visita al centro abitato che ospita la casa avita di Giacomo Matteotti. Calavo rapidamente a valle camminando incontro al sole che, ormai alto e luminoso, spesso mi abbagliava con i suoi raggi, lampi accecanti, che filtravano tra le fronde degli abeti e, giocando a rimpiattino, tra le nude, scheletriche ramaglie delle latifoglie più alte... Sequela di immagini in controluce, improvvisi chiarori nella semioscurità delle vallecole più ombrose. E, più in basso, nel folto del bosco, bagliori inaspettati, sottili lame di luce che, bucando per qualche istante il tetto dell’intricata vegetazione, impattavano su di una foglia incredibilmente ancora verde, su di un giallo lichene, su di un fungo invisibile nell’oscurità... macchie di colore vivido, piccole macchie, perse nella buia uniformità del bosco tardo autunnale….


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