In un primissimo mattino di fine novembre, al termine di una breve sgambata, mi trovo sui prati di Novale, a Fucine, dove si apre la Val di Peio. Il paesaggio non è nel suo insieme particolarmente attraente, è opaco, spento, incolore ma l’atmosfera è comunque limpida, trasparente, il cielo è chiaro, quasi luminoso. Sulla terra domina invece l’ombra, domina ancora la rimanenza della notte soprattutto sul mio percorso, lungo l’oscura fascia boschiva, una sequenza di scheletriche sagome brune, piante e cespugli, che delimitano il percorso del fiume Noce al confine della piana prativa.
Il freddo è intenso, ma non mi
scoraggio… Avanzo lentamente e attendo. Attendo al margine del
prato spruzzato di brina, immerso in un silenzio quasi irreale, un
silenzio rotto solo dal mormorio delle acque. Attendo che il sole
inizi a rischiare la valle, che la ravvivi, che la riscaldi, che la
riporti in vita. E finalmente il sole pian piano arriva. I primi
tenui raggi raggiungono le cime, la sommità del Taviela e del Vioz,
due degli imponenti massicci che chiudono la Val di Peio. Le due
vette lentamente si illuminano, si colorano di un pallido rosa. Un
rosa che rapidamente si fa più energico assumendo tonalità sempre
più intense, sempre più rossastre.
Era questo quello che volevo
vedere, quello che mi aspettavo di vedere: il Vioz e il Taviela
interamente dipinti di rosso, e poi di rosso aranciato, a sovrastare
una vallata ancora in ombra, una valle che solo ora si sta lentamente
risvegliando. Uno spettacolo che si ripete ogni mattinata, quando il
cielo è sereno, lungo l’intero corso dell’anno, ma che nella
stagione fredda acquista una particolare suggestione per l’intensità
della sua vivida colorazione.
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Pochi giorni dopo, all’inizio di
dicembre, l’ambiente è completamente cambiato. Una nevicata è
riuscita ad imbiancare anche il fondovalle regalando al paesaggio un
aspetto tipicamente invernale, da cartolina illustrata, come
raramente, in questi ultimi anni, così avari di precipitazioni, si è
riusciti ad osservare. La neve ha coperto ogni cosa, in quantità
moderata, giusta, non eccessiva… non eccessiva come quella che,
qualche giorno dopo, avrebbe sommerso la valle creando non pochi
problemi. Una ennesima probabile conseguenza, questa, del cambiamento
climatico, causa, ormai certa, di eventi meteorologici estremi sempre
più frequenti ed intensi.
Ma torniamo a noi. Panorama tutto nuovo,
neve ovunque anche in Val di Peio, sulle alte montagne che la
racchiudono, sui suoi ripidi pendii, sulle terre alte a basse. Un
paesaggio attrattivo che decido di ammirare nella luce diffusa della
sera, nella luce diffusa da un cielo invernale, limpido e quasi
sgombro da nuvole. Eccomi quindi a camminare nuovamente sui prati di
Novale, sulla pista ciclopedonale e, più avanti, lungo le rive del
Noce. Mi accompagna la vista degli abeti e dei larici, scuri, ma ben
imbacuccati in un candido mantello, dei cespugli imbiancati con i
rami irrigiditi dal gelo rivolti verso l’alto, la vista della
distesa pianeggiante innevata, un deserto di neve che bianca non è
perché velata dall’ombra azzurrognola della sera.
Da questo
ambiente che lentamente si offusca, dove i colori iniziano a
sciogliersi fondendosi in un grigio uniforme privo di luci e di
ombre, emergono, ancora molto luminose, le cime più alte, le punte
del Vioz e del Taviela. Si innalzano ben rischiarate dagli ultimi
raggi del sole. Posate su di un guanciale di accese nubi policrome,
si staccano dagli spenti versanti rocciosi che le sorreggono e dai
pendii boscosi e prativi che degradano verso la valle. Il crepuscolo
si avvicina velocemente. La luce va calando. Il bosco si fa
tenebroso, l’azzurro del pianoro innevato si fa sempre più scuro,
si ingrigisce... Il cielo è sempre più opaco… Le cime del Vioz e
del Taviela perdono la loro lucentezza, la loro nitidezza e a poco a
poco si sciolgono nella ombrosa uniformità dell’ambiente che
sovrastano. E’ quasi buio. Solo i puntini luminosi di qualche
veicolo che attraversa la valle e le luci della case nei villaggi o
sparse sui pendii, rompono la scura uniformità di un paesaggio ormai
quasi notturno.
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