A metà febbraio la mia quasi
quotidiana camminata tra il paese di Fucine e la zona del Fil, sulla
stradina della Poia che fiancheggia il corso del torrente
Vermigliana, si è molto allungata, è proseguita ben oltre il
consueto. Solitamente la mia passeggiata che arriva al Fil è infatti molto breve, è un percorso che non raggiunge i due chilometri e che posso affrontare senza alcuna difficoltà anche in pieno inverno in
quanto il tracciato, una larga stradina, viene sistematicamente
ripulito dalla neve per permettere ai tecnici incaricati di
raggiungere (poco oltre il Fil) la vasca di carico con dissabbiatore
della centrale idroelettrica della Poia.
Come dicevo, le cose
sono cambiate alcuni giorni fa… Giunto al termine della comoda stradina, non
appagato dalla vista di un paesaggio fin troppo usuale, decido di
proseguire oltre, decido di tentare una camminata senza racchette sul
manto di neve inviolata che copre la mulattiera per i vicini ponte
“Disela”e maso omonimo. Inaspettatamente la neve, indurita
dal freddo dei giorni scorsi, mi sostiene, sopporta il mio peso
permettendomi di procedere senza problemi, senza
sprofondare.
Sono felicemente sorpreso. Raggiunto il ponte approfitto
della favorevole situazione per prolungare ulteriormente la mia
camminata. Vista l'ora non posso allontanarmi troppo, non posso
trasformare la mia passeggiata in una lunga escursione, ma,
comunque... almeno fino al maso del
Pio voglio proprio arrivare! Lascio
la mulattiera e superata una sottile fascia cespugliosa sbuco sui
prati che rivestono la porzione inferiore del versante destro
dell’alta valle, una vasta superficie, che in estate ancora viene falciata, una distesa prativa posta sui conoidi di deiezione del torrentello di Barco e dei
piccoli rii delle Val Orche
Il compatto strato di neve nasconde
ogni traccia dei sentierini che, durante la bella stagione, solcano la salita interrompendo la continuità dell’erba alta. Devo
procedere a casaccio, ma conoscendo bene la zona in una ventina di
minuti raggiungo comunque il ponte sul rio che scende dal lago di
Barco e quindi, appena oltre, il maso che io ho battezzato “mas del
Pio”. Ma perché "mas del Pio" il maso che nel “Dizionario
toponomastico trentino – Comuni di Ossana e Vermiglio” viene
indicato come “Mas del Pinter”? E’ subito detto. Perché il
proprietario di quel maso, o meglio della parte di maso sapientemente
ristrutturata, è il Pio, un mio compagno di classe, durante il periodo delle scuole
superiori. Si parla di tempi lontani, del secolo scorso, dei remoti
anni sessanta.
Com’era prevedibile il Pio non c'è. Si trova
sicuramente al calduccio a casa sua, nella cittadina dove risiede...
Quindi niente saluti, niente chicchere e niente caffè corretto con
il grappino...
Prima di iniziare la discesa sui prati innevati,
segnati ovunque dalle ombrose orme dei selvatici, ma luminosissimi
nel sole alto, mi concedo una pausa sulla panca del Pio, addossata al
maso e a seguire, anche se si sta avvicinando il mezzodì, un
ulteriore breve prolungamento della mia camminata. Mi avvicino al
“Maso del Loni” percorrendo un breve tratto della stradina che
dal maso del Pio scende alla “Poia di Cortina” e mi godo il
panorama. In lontananza, sullo sfondo, ho i Monticelli del Tonale,
più prossimo, sul versante sinistro della valle, il paesone di
Vermiglio e vicinissima, in primo piano, una bellissima betulla
immersa nel biancore della neve.
Ma è mezzogiorno. Stanno arrivando
i rintocchi delle campane di qualche chiesa. Devo rientrare
rapidamente per evitare che “qualcuna” vedendomi tardare non
inizi a preoccuparsi...
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