Cronaca di alcune uscite di osservazione naturalistica e "caccia" fotografica nei boschi innevati dell’Alta Valle
Li avevo visti, i caprioli sulla
neve, li avevo osservati a lungo durante una delle mie quasi
quotidiane camminate nei dintorni del Fil tra Fucine e Vermiglio.
Quanti erano? Non ero riuscito a stabilirlo con esattezza.
Sicuramente tre ma forse quattro se non cinque. Si spostavano
continuamente apparendo e scomparendo tra i polloni di nocciolo di
una boscaglia a ceduo costellata da giovani abeti rossi che, con la
loro fitta ramaglia, ostacolavano la vista impedendomi
di distinguerli e quindi di contarli. Oltre a ciò, va aggiunto che la luce era scarsa, il sole era tramontato da tempo, il cielo era coperto e sulla zona iniziavano a calare le ombre della
sera.
Di un fatto ero comunque sicuro ed era un fatto per certi
versi sorprendente... sul selvoso ed erto pendio innevato, oltre al
gruppetto di caprioli, si aggirava anche un giovane cervo, un robusto fusone. Il cervo e i caprioli, nel loro
girovagare sulla neve in cerca di qualche sporadico filo d'erba secca
e di qualche residuale amento di nocciolo incrociavano le loro
faticose rotte, si sfioravano pur ignorandosi totalmente. Incuriosito da questa anomala circostanza, da questo
inconsueto comportamento, li osservai a lungo, li “studiai” fino
a quando la sopraggiunta semioscurità del crepuscolo me lo impedì.
E’
risaputo che tra cervo e capriolo c’è incompatibilità. Nei
territori colonizzati dal cervo si nota un decremento numerico nella
popolazione del capriolo. Dove pascola o ha pascolato il cervo
difficilmente si trova il capriolo che è un selvatico meno rustico,
più delicato, più esigente e selettivo nella scelta delle essenze
erbacee da brucare. Tutto questo mi è stato detto o forse l’ho
semplicemente letto da qualche parte… comunque “il tutto” è
confermato dalle mie osservazioni “sul campo”: dove pascola il
cervo non va il capriolo, dove pascola il capriolo prima o poi arriva
il cervo.
Per questo il connubio tra cervo e caprioli a cui stavo
assistendo mi meravigliava parecchio anche se andava inquadrato nella
particolare situazione meteorologica di questo inverno 2020-21,
talmente prodigo di neve da costringere i selvatici a inusuali
comportamenti, a scendere a valle in cerca di cibo, ad avvicinarsi ai
paesi e addirittura ad entrarvi abbandonando la consueta
selvatichezza e la (più che comprensibile) paura dell'homo sapiens.
La fame può tutto...
Due giorni dopo ritorno sul posto, ma, ben
edotto dalla precedente uscita, vi ritorno con il sole alto, vi
ritorno nella tarda mattinata, poco prima di mezzogiorno. Ho con me
oltre al binocolo e al monopiede, la mia vecchia ma sempre valida
Pentax k5 “armata” con l'ottimo 300 mm e in più, perché non si
sa mai, un altro obiettivo tuttofare: un volume e un peso non
indifferenti nel mio zainetto... Una piccola sfacchinata che si rivelerà del
tutto inutile.
Perlustro a lungo l'intera zona ma dei selvatici non
trovo traccia, non vedo né caprioli né cervi: una delusione. Non mi
rassegno e il giorno dopo, alla stessa ora, mi ripeto, ritorno sulla
strada della Poia e la seguo fino in fondo. Nonostante ne sia più volte tentato
evito di discostarmi dalla via ripulita dalla neve,
rinuncio a ogni azzardata diversione che potrebbe farmi sprofondare
nel candido manto e spaventare gli indeboliti
selvatici nel caso dovessi incontrli. E bene faccio perché questa
seconda mattinata si rivelerà comunque molto fruttuosa…
Raggiunto lo spiazzo del Fil scorgo, sul ripido pendio al di là
del torrente che fiancheggia la stradina, un capriolo maschio e
subito dopo una giovane femmina. I due caprioli, senza mostrarsi
particolarmente sorpresi e men che meno spaventati, mi stavano
tranquillamente osservando. Evidentemente avevano già da tempo
individuato la strana sagoma che avanzava emergendo (spalle e testa
umane?) dal muro di neve accumulato sul bordo della strada. Non
fuggono. Sembrano assuefatti alle presenze estranee, al passaggio di
tutte quelle persone (non sono pochissime) che scelgono di comminare
su questa passeggiata, l’unica, tra quelle che si addentrano nel
bosco, a venir costantemente liberata dalla neve.
Comunque, per
evitare sorprese, per evitare la sempre possibile fuga dei selvatici,
mi abbasso, mi nascondo alla loro vista dietro l’alto strato di
neve e, ben accucciato, mi preparo a fotografare: reflex sul
monopiede, tempo, apertura diaframma e sensibilità grossolanamente
predisposti. Mi alzo lentamente e… benissimo... i caprioli sono
ancora lì, vicinissimi, a trenta, massimo quaranta metri di
distanza. A loro si è aggiunto un terzo esemplare, un altro
maschietto sbucato da chissà dove. Pur essendosi accorti della mia
ricomparsa, non interrompono minimamente la loro difficoltosa
attività di ricerca del cibo. Vagano lentamente tra i cespugli di
nocciolo cercando le gemme fiorifere sui rametti che, grazie al
calore del sole, iniziano ad emergere dalla neve alta. Posso quindi
riprenderli senza preoccupazioni, senza il timore di infastidirli,
costringendoli magari ad una fuga che, indeboliti come sono a causa
di questo durissimo inverno, potrebbe essere energeticamente molto
dispendiosa.
Come non esistessi… Rimanendo sempre seminascosto,
coperto dall’alta parete di neve accumulata sul bordo della
stradina, seguo i lenti spostamenti dei tre caprioli che, per nulla
timorosi, solo raramente mi osservano e mi controllano. Totale
indifferenza… un’indifferenza nei miei riguardi che mi consente
di scattare moltissime fotografie, tante quante raramente mi è
accaduto di ottenere in altre occasioni. Sono immagini (molte postate
in Google Foto) che riguardano tutti e tre caprioli, ma in
particolare il maschietto più grande, immortalato in situazioni
diverse, alcune particolarmente interessanti, tali da essere
osservabili e soprattutto fotografabili di rado almeno così da
vicino. La soddisfazione non è mai totale, è sempre relativa…
meglio sarebbe stato filmare anziché fotografare, meglio un video
che una lunga sequenza di foto, ma tant'è… il treppiede per
stabilizzare al reflex era rimasto a casa.
Due tre giorni dopo
ritorno nuovamente in zona nella speranza di aggiungere un video o
almeno altre immagini a quelle, comunque più che appaganti, che, nel
frattempo, ho scaricato sul computer. Perlustro più volte la zona ma
dei caprioli nessuna traccia… Al ritorno, verrò a sapere che i tre
selvatici, disturbati oltremisura da alcuni chiassosi passanti, sono
stati visti fuggire più in alto e rifugiarsi nel fitto del bosco...
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