All’inizio di novembre è arrivata la prima neve . Neve precoce, neve che è scesa durante la tarda serata e la notte e che al mattino si è fatta trovare copiosa, distesa ovunque, sia sui fianchi della valle che sul piano.
Appena alzato, sbirciando dalla finestra della mia stanza, l’ho scoperta (con un certo disappunto), morbidamente depositata sui miei ortaggi tardivi, sulle biete, sull'indivia, sui radicchi e sugli cavoli verza del mio orto… oltre che sul fogliame in buona parte ancora caparbiamente verde degli alberi da frutta, sul noce, sui noccioli, sui susini, sui meli e sui peri del mio giardino (alberi con i rami incurvati da un carico imprevisto, fuori stagione), ma soprattutto l’ho vista imbiancare i boschi a monte dell’abitato, boschi fino a ieri coloratissimi nel loro abito autunnale.
E' questo, infatti, il tempo del cosiddetto foliage, di quel breve periodo in cui le foglie degli alberi e degli arbusti decidui, prima di cadere, cambiano colore, da verdi diventano gialle, arancioni, rosse, marroni originando una stupenda tavolozza di tonalità spesso cangianti. Un fenomeno naturale magnifico che crea paesaggi fantastici, fiabeschi e, a detta di qualcuno, pure romantici...
Curiosa situazione però quella di quest’anno: un foliage particolarmente incantevole, più vivace e colorato del solito, che ora si presente camuffato dalla neve, sepolto nel bianco... ma non solo, anche immerso in una densa foschia grigiastra, nella nebbia del mattino che fatica a diradarsi, che stenta a risalire i pendii, ad unirsi alle nubi che oscurano il cielo. Un evento meteorologico inatteso che mi ha sorpreso soprattutto nel suo intenso manifestarsi, uno spettacolo suggestivo e singolare che non poteva passare senza essere fotograficamente “immortalato”…
E l’ho fotografato, molto e a lungo, percorrendo quasi per intero (avanti e indietro) la stradina delle Pendege, che collega Fucine a Cortina di Vermiglio. Stradina che ho percorso affondando gli scarponi nella neve vergine, scarpinando a fatica lungo i tratti più erti e scivolosi aiutandomi con il mio grande ombrello da pastore chiuso, usato a mo’ di bastone da passeggio. L’ombrello? Sì, l’ombrello, che di tanto in tanto dovevo aprire per ripararmi e soprattutto riparare la reflex dal nevischio che riprendeva a scendere.
Una lunga passeggiata, una passeggiata particolare, su di un tracciato che mi è familiare, che, con il bel tempo, affronto spesso, un “cammino”che taglia il ripido versante sinistro dell’alta valle tra boschi di conifere, fitti cespuglietti di latifoglie, prati ripidi e campi terrazzati che, abbandonati dai decenni, si stanno lentamente inselvatichendo.
Ed è stato bello… E’ stato bello percorrere quella stradina, avanzare lentamente avvolto dalla nebbia e punzecchiato dai fiocchi di neve che a tratti riprendevano a scendere, fiocchi piccoli e compatti, che danzavano fitti velando il paesaggio. Bello e suggestivo camminare sulle Pendege, camminare perso in uno scenario di ombre vaporose, avanzare accanto a tronchi spettrali e a ramaglie nude, prive di foglie, immerse nel nulla... procedere pian piano tra pioppi tremuli ancora vestiti di giallo e a ciliegi selvatici ancora parzialmente vestiti di rosso, tra larici ambrati ed abeti verdissimi, tutti ammantati di bianco.
Magico osservare le tinte autunnali (non più calde e vivaci ma velate e labili) degli alberi e dei cespugli caducifoglia che sbucavano pigramente dalla nebbia, fantasmi subito pronti a ritirarsi nuovamente nella caligine, fugaci apparizioni incappucciate di bianco che sfumavano nello sfondo nebbioso, nel cielo latteo che scendeva fino ad accarezzare la stradina, fino a sfiorare e ad inglobare il fondovalle.
Impegnativo ma avvincente cercare di individuare le orme impresse nella neve, orme di caprioli, di cervi, mufloni, lepri, volpi... dei selvatici scesi a valle in cerca di cibo. Orme importanti, presagio di preziosi incontri… orme in verità rarissime, quasi assenti. Sulla neve quasi esclusivamente foglie sparse, foglie appena cadute dai pioppi e dai ciliegi. Colorati gioielli dispersi sul candido manto. Foglie improvvisamente ibernate, incapaci di diffondere, così sole e intirizzite, il tipico profumo autunnale (effluvio di muschi, funghi e lettiera marcescente) che solitamente si respira nel bosco in questo periodo.
Profumi annientati, colori offuscati, smorti, natura congelata anzitempo... Nulla di paragonabile a ciò che si poteva incontrare (vedere e percepire) solo pochissimi giorni fa. Un foliage particolare, molto diverso dal solito, ma non per questo meno interessante, bello… magico... diversamente magico... capace di destare forti emozioni… (per certi versi anche inquietanti) in un ambiente autunnale che annulla l’autunno, che annulla i suoi caldi e vivaci colori, i suoi odori, il suo caratteristico e consueto sapore...
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