Escursione a Maga Pozze sul monte di Termenago, Castello e Ortisé

 


Panoramica escursione a monte di Ortisé alla scoperta di Malga Pozze, una malga che mai avevo raggiunto prima d'ora. Un sgambata alquanto lunga... all'andata tutta su strada forestale, calcando una pista che sale, tra boschi e pascoli, innalzandosi di quota gradatamente... fin troppo dolcemente. Al contrario, al ritorno, un percorso che scende in buona parte su di un sentiero fin troppo ripido. Una camminata su due tragitti (salita e discesa, ambedue agevoli, particolarmente il primo), due percorsi che sommandosi compongono un bel giro ad anello. Insomma due percorsi facili, tutt'altro che brevi, ma ambedue non certo noiosi, interessanti, grazie anche alle incantevoli viste panoramiche che costantemente li ravvivano .



Ora, a seguire, la cronaca di questa mia uscita, con alcune mie personalissime valutazioni, impressioni, sensazioni... e naturalmente qualche indicazione per chi volesse seguire le mie orme, ripetere questa mia escursione che io ho portata a termine con gli amici Gianni e Franco. Quindi meglio in compagnia... per chiunque.

Raggiunto in auto il paese di Ortisé (paesino minuscolo a 1480 metri di altitudine, ma molto noto per aver dato i natali al famoso micologo Giacomo Bresadola) si prosegue sulla destra, sempre in auto, su di una strada (inizialmente asfaltata ma alquanto stretta) che salendo tra prati e boschi si dirige verso alcune delle malghe che costellano la montagna di Termenago, Castello, Ortisè e Menas, frazioni dei Comuni di Pellizzano e Mezzana.




Raggiunto un parcheggio, al termine del tratto di strada aperta al traffico automobilistico, proseguiamo a piedi evitando di imboccare la deviazione sulla destra che porta alla vicina Malga Stabli (a circa 1800 m di quota), una malga che da alcuni anni malga più non è... ristrutturata, sostanzialmente ricostruita, ora è un frequentato bar-ristorante. 




E inizia il nostro cammino. E si cammina... si cammina a lungo... Inizialmente si attraversano fitte fustaie di abete rosso e larice con un bel sottobosco di latifoglie. Più avanti i boschi di conifere si fanno meno densi fino a divenire, a poco a poco, molto radi, trasformandosi, più oltre, in pascoli alberati e quindi, ancora più in alto, in vaste praterie totalmente prive di vegetazione arborea. Ci troviamo ormai ben oltre i 2000 m di altitudine.




Un percorso, come già detto, con una pendenza moderata con ampie visuali, con viste spettacolari sui monti dell'Alta Val di Sole, monti del Gruppo della Presanella ma anche delle più distanti dolomiti di Brenta.

Notiamo come in questa zona la segnaletica sentieristica e cartellonistica informativa di qualsiasi genere, sia scarsissima per non dire quasi assente. Quello che sicuramente non manca sono i pannelli che giustamente invitano alla prudenza dettando le corrette norme di comportamento da tenere con i cani (cane da pastore di razza maremmano abruzzese) che proteggono greggi e mandrie dagli orsi e dai lupi... Ma finora non abbiamo incontrato né greggi di pecore né mandrie bovini. Dove sono?




Ma eccolo il gregge! Finalmente. Ci appare in lontananza a mò di nube, di lunga nuvola bianca distesa sul verde del pascolo. Si trova là, nei pressi dei fabbricati di Malga Monte... una malga recentemente ricostruita a metà strada tra il Lago di Celentino e la nostra Malga Pozze... Lì sicuramente ci saranno quei cani senza dubbio utili, necessari, ma aggressivi con gli estranei, che personalmente temo molto più dell'orso... per non dire del lupo (a quanto sembra del tutto innocuo per l'uomo, anche se la nonna di Cappuccetto Rosso non la pensa sicuramente così).




Ormai ci siamo... Malga Pozze è bene in vista. Ci avviciniamo ai 2200 m.

Procediamo... Manca ancora da percorrere un breve tratto di strada.

Mentre le oltre duecento manze (207 e un cavallo come ci dirà poi il conduttore dell'alpeggio) si disperdono nel pascolo sotto la malga noi ci fermiamo ai piedi di una “baita” (Baita Vegaia: anomalo edificio, tutto bianco calce, un pugno in un occhio in questo alpestre paesaggio...) per una breve pausa ristoratrice e per controllare, binocolo alla mano, la situazione (soprattutto i cani da pastore che stanno abbaiando) nei pressi di Malga Pozze che ormai dista solo pochissime centinaia di metri.




Ci avviciniamo. I due bianchi cani ci stanno controllando e abbaiano, abbaiano... Ma subito compare il malgaro che li tranquillizza e, al nostro approssimarci, li lega. Possiamo quindi raggiungere la nostra malga, la nostra meta (Malga Pozze dell'ASUC di Termenago - edifici che sembrano relativamente recenti e paesaggisticamente ben inseriti nel contesto montano) e rilassarci oltre che con la stupenda vista panoramica anche con un lungo e simpatico colloquio con il cordiale conduttore dell'alpeggio.




Ci avviamo per il rientro. Si discende, inizialmente seguendo a ritroso il percorso sulla strada sterrata fatto salendo...

Ammiriamo la maestosità delle Dolomiti di Brenta e più vicina la Cima Presanella con ciò che rimane dei suoi nevai e ghiacciai, ma non solo... anche altre vette più o meno elevate, vallecole d' altitudine separate da creste e ripidi crinali... dove in passato abbiamo talvolta arrancato. Ricordi lontani... nostalgiche rimembranze...





Ciò che mi colpisce particolarmente è la veduta d'insieme del basso versante meridionale dell'Alta Valle di Sole con la distesa continua di selve di conifere che riveste le sue pendici, i fianchi poco soleggiati, i pendii più umidi e ombrosi. Ma purtroppo... l'indecoroso sfregio ambientale e paesaggistico (architettonico e urbanistico) del villaggio in quota di Marilleva (sorto dal nulla negli anni '70, per una malintesa fame di sviluppo “turistico”) rompe con le sue chiare e surreali costruzioni l'uniformità del versante, la continuità della foresta che riveste quel versante. E più in alto, sotto e a lato del cosiddetto rifugio Orso Bruno, si distinguono chiaramente gli ultimi sfregi alla montagna: le piste ritagliate nel prezioso lariceto d'alta quota, ennesimo tributo che la valle versa ad un'economia turistica ambientalmente poco rispettosa, orientata com'è, in troppe località, solo al luna park dello sci da discesa.




Ma torniamo a noi. Più in basso, a circa 2100 m, abbandoniamo la strada forestale e imbocchiamo una pista che ci conduce rapidamente alla ricostruita Malga Vallenaia (proprietà ASUC di Castello). Bell'edificio senza dubbio, ma ben serrato... Ai suoi piedi pranziamo...




Proseguiamo su di un pianeggiante sentiero (recentemente allargato e rimaneggiato: fa parte del tracciato della “Via delle Malghe”) che conduce al Baito degli Alpini e quindi alla vicina Malga Bronzolo. Ne percorriamo solo un tratto: il tratto iniziale che taglia un ripido pendio coperto da un lussureggiante bosco di vecchi larici, il che mi fa sospettare un suo utilizzo, in un remoto passato, a pascolo nonostante l'elevata pendenza del versante.




La stanchezza si fa sentire per cui ben presto rinunciamo a proseguire su questo interessante (e mai percorso) tragitto.

Presentandosi una nuova e diversa opportunità di rientro ne approfittiamo imboccando un sentierino “scorciatoia” che scende ripidissimo a valle. Si rivelerà un tracciato che in buona parte utilizza dei vecchi canaloni di esbosco, dei “tovi” sui quali si riesce a malapena a stare i piedi. Superiamo così, rapidamente, più di trecento metri di dislivello concludendo, a poco distanza dal parcheggio, la nostra escursione a Malga Pozze.

Una escursione su du un percorso ad anello in una zona decisamente tranquilla (se non fosse per un certo timore a causa dei cani da pastore...) immersi in una ambiente che pur non essendo sicuramente del tutto naturale, non certamente vergine e incontaminato, è stato comunque antropizzato con giudizio, con accortezza, con equilibrio, inevitabilmente modificato dal lavoro secolare di quegli uomini che quassù dovevano in qualche modo campare...

In conclusione una bella escursione lontana dal caos di fine luglio che ormai nel fondovalle regna sovrano.



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Gigli selvatici in fiore: un tripudio di colore


La fioritura del Giglio Martagone e del Giglio di San Giovanni : una meraviglia che tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate trasforma alcuni dei versanti della valle, pendii incolti, boscati o tenuti a pascolo, in un vero e proprio gioiello della natura.



Durante le mie recenti passeggiate, ho avuto la fortuna di imbattermi in questi due capolavori floreali e, ovviamente, non ho potuto fare a meno di catturarne la bellezza con il mio obiettivo. Una bellezza che ora non posso non condividere su questo mio blog



Il Giglio Martagone: eleganza e mistero.

Con i suoi petali rivolti all'indietro e quel colore rosa-violaceo così particolare, punteggiato di macchie scure, il Giglio Martagone (Lilium martagon) è una vera signora dei boschi. Trovarlo è sempre un'emozione: sbuca timidamente tra l'erba alta o all'ombra degli alberi, regalando un tocco di eleganza selvaggia al paesaggio. È una pianta che incanta con la sua delicatezza e, al tempo stesso, con la sua inconfondibile presenza. Le sue fioriture sono davvero uno stupendo spettacolo.



Il Giglio di San Giovanni: un sole tra l'erba alta.

E poi c'è lui, il Giglio di San Giovanni (Lilium bulbiferum), una vera esplosione di colore! Con il suo arancione brillante e i petali che si aprono verso l'alto come piccole fiamme, è impossibile non notarlo. Il suo nome non è casuale: la sua fioritura coincide spesso con il periodo di San Giovanni Battista, tra la fine di giugno e l'inizio di luglio, tingendo di allegria alcune (poche in verità) pendici della valle. È simbolo di vitalità e calore, un vero raggio di sole che illumina le nostre escursioni in montagna.



L'incredibile biodiversità, della Val di Sole non smette mai di stupire...

Spero che le immagini qui postate facciano sognare e invoglino a venire a scoprire le meraviglie di fine primavera-inizio estate... meraviglie che sono le ultime di un periodo naturalisticamente incantevole, di una stagione, al pari di quella autunnale, policroma... multicolore e soprattutto turisticamente poco frequentata, tranquilla e quindi più che mai adatta ai “4 passi”, alle passeggiate e alle escursioni, alla scoperta di un ambiente variopinto e quindi particolarmente attraente.



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Errata corrige

Ho preso un grave abbaglio! “Qualcuno” mi ha segnalato che il giglio da me ritenuto “Di San Giovanni” (Lilium bulbiferum) non lo è affatto. Le fotografie postate riguardano con ogni probabilità in “Giglio Turco” (Hemerocallis Fulva), una specie ornamentale che fiorisce in contemporanea con il nostro Giglio di San Giovanni e che si è ormai diffusa anche sui terreni incolti.

Mi spiace. Il vero giglio di San Giovanni è quello riprodotto nella foto postata qui sotto. L'ho fotografato in un altra occasione a monte del paese di Cusiano, sulla stradina che porta ai Marégi (Il post di quella lunga passeggiata e le relative foto le trovi qui: "Salita ai Maregi"   "Foto salita" 



Fiori di maggio

 


Anche quest'anno non si cambia... si persevera in quella che ormai potrei definire una annosa consuetudine, un abituale “rito” fatto di passeggiate primaverili nei prati in fiore del fondovalle, fatto di quotidiane brevi camminate... camminate che ho già descritto più volte, in più post pubblicati negli anni scorsi.

Quindi inutile ripetermi... Nulla è cambiato, non c'è nulla di nuovo se non altre fotografie da aggiungere a quelle già postate... Mi limito quindi ad un copia incolla ripresentando quanto già scritto (appena appena aggiornato e corretto) in uno dei parecchi “articoli” di qualche anno fa.




Quattro passi, di qua e di là, sulle strade e sulle stradine che delimitano o dividono i prati di fondovalle, sulle mulattiere e sugli stretti sentieri che si inerpicano sui bassi versanti tra i terreni erbosi e i terreni boscati. Quattro passi tra l’erba ormai alta prima che il contadino la tosi per bene percorrendo le praterie pianeggianti con i suoi moderni congegni falcianti o, sui fianchi più ripidi, la rasi lentamente con gli antichi e affilati strumenti manuali.




Brevi sgambate mattutine sulle piste che delimitano i lotti erbosi e su quelle che li tagliano e li penetrano a fondo. Giretti ad anello nel verde dei prati... un verde quasi estivo, uniforme, se non fosse per la policroma molteplicità dei fiori tardo primaverili che lo punteggiano. Fiori con le corolle ben dispiegate ad asciugarsi al sole dopo gli insistenti acquazzoni di questo periodo. Giri senza meta, brevi camminate nei dintorni del paese, percorsi minimi, tracciati sinuosi che spesso si intersecano… il tutto per ammirare e talvolta fotografare un panorama variopinto, un ambiente che, purtroppo, a breve è destinato a scomparire portando con sé tutta la sua ricchezza di colore…




Ancora pochi giorni e poi l’erba verrà tagliata per essere usata come foraggio. Al sole di giugno si seccherà trasformandosi in profumatissimo fieno da impiegare per l’allevamento invernale dei bovini. E’ giusto, necessario, e quindi inevitabile che sia così... anche se un po’ dispiace. Non pensiamoci e, finché possiamo, godiamoci questo variopinto panorama, godiamoci la bellezza dei prati in fiore, una bellezza che ritornerà solo tra un anno, che rivedremo solo la prossima primavera.




I fiori che rompono la verde monotonia dell’erba sono moltissimi, sono moltissimi in una grande varietà di colori e di forme. Colori e forme che caratterizzano ognuna delle numerose specie che popolano i diversi ambienti che si incontrano sia sul piano che sui primi pendii dei versanti della valle. Sono un inno alla biodiversità di cui tanto si parla. Essenze amanti del sole o dell'ombra, dei suoli asciutti o intrisi d'acqua, fertili o sterili, argillosi o sabbiosi, ricchi o poveri di humus, acidi o basici… fiori in campo aperto e fiori nascosti tra le fronde dei cespugli e i bassi rami delle giovani conifere ai bordi dei prati, dove inizia il bosco.




Sono margherite e margheritine, campanule, tarassaco, ranuncoli tra cui il ranuncolo botton d'oro, trifogli, garofani, gerani, erba del cucco, non-ti-scordar-di-me, dente di leone, ombrellifere varie, violette, primule, acetoselle, fragole... Questi i fiori più comuni che ben conosco ma ci sono altre specie di cui non so il nome, né volgare né scientifico e che non ho alcuna intenzione di cercare sfogliando manuali e libri su libri. Anche perché il mio approccio, il mio girovagare nei prati in fiore è raramente curioso dal punto di vista botanico mentre invece, sempre lo è dal punto di vista paesaggistico... estetico se vogliamo. La conoscenza è importante ma ciò che più mi impressiona è la bellezza di ciò che osservo: composizioni, forme, colori dei fiori nel sole che va e che viene, nella luce e nell'ombra, nel folto dell'erba bagnata brulicante di mille insetti diversi.



La biodiversità costituisce un segnale: se in un prato che state attraversando ci sono molti fiori, molte api e farfalle sulle loro corolle, se le bisce strisciano tra le erbe e le allodole cantano nel cielo, potete essere certi che quel luogo è salubre, e che, per sovrappiù, contribuisce alla nostra felicità suggerendoci che l’uomo non è ancora solo nel mondo.
Giorgio Celli

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