Gigli selvatici in fiore: un tripudio di colore


La fioritura del Giglio Martagone e del Giglio di San Giovanni : una meraviglia che tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate trasforma alcuni dei versanti della valle, pendii incolti, boscati o tenuti a pascolo, in un vero e proprio gioiello della natura.



Durante le mie recenti passeggiate, ho avuto la fortuna di imbattermi in questi due capolavori floreali e, ovviamente, non ho potuto fare a meno di catturarne la bellezza con il mio obiettivo. Una bellezza che ora non posso non condividere su questo mio blog



Il Giglio Martagone: eleganza e mistero.

Con i suoi petali rivolti all'indietro e quel colore rosa-violaceo così particolare, punteggiato di macchie scure, il Giglio Martagone (Lilium martagon) è una vera signora dei boschi. Trovarlo è sempre un'emozione: sbuca timidamente tra l'erba alta o all'ombra degli alberi, regalando un tocco di eleganza selvaggia al paesaggio. È una pianta che incanta con la sua delicatezza e, al tempo stesso, con la sua inconfondibile presenza. Le sue fioriture sono davvero uno stupendo spettacolo.



Il Giglio di San Giovanni: un sole tra l'erba alta.

E poi c'è lui, il Giglio di San Giovanni (Lilium bulbiferum), una vera esplosione di colore! Con il suo arancione brillante e i petali che si aprono verso l'alto come piccole fiamme, è impossibile non notarlo. Il suo nome non è casuale: la sua fioritura coincide spesso con il periodo di San Giovanni Battista, tra la fine di giugno e l'inizio di luglio, tingendo di allegria alcune (poche in verità) pendici della valle. È simbolo di vitalità e calore, un vero raggio di sole che illumina le nostre escursioni in montagna.



L'incredibile biodiversità, della Val di Sole non smette mai di stupire...

Spero che le immagini qui postate facciano sognare e invoglino a venire a scoprire le meraviglie di fine primavera-inizio estate... meraviglie che sono le ultime di un periodo naturalisticamente incantevole, di una stagione, al pari di quella autunnale, policroma... multicolore e soprattutto turisticamente poco frequentata, tranquilla e quindi più che mai adatta ai “4 passi”, alle passeggiate e alle escursioni, alla scoperta di un ambiente variopinto e quindi particolarmente attraente.



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Errata corrige

Ho preso un grave abbaglio! “Qualcuno” mi ha segnalato che il giglio da me ritenuto “Di San Giovanni” (Lilium bulbiferum) non lo è affatto. Le fotografie postate riguardano con ogni probabilità in “Giglio Turco” (Hemerocallis Fulva), una specie ornamentale che fiorisce in contemporanea con il nostro Giglio di San Giovanni e che si è ormai diffusa anche sui terreni incolti.

Mi spiace. Il vero giglio di San Giovanni è quello riprodotto nella foto postata qui sotto. L'ho fotografato in un altra occasione a monte del paese di Cusiano, sulla stradina che porta ai Marégi (Il post di quella lunga passeggiata e le relative foto le trovi qui: "Salita ai Maregi"   "Foto salita" 



Fiori di maggio

 


Anche quest'anno non si cambia... si persevera in quella che ormai potrei definire una annosa consuetudine, un abituale “rito” fatto di passeggiate primaverili nei prati in fiore del fondovalle, fatto di quotidiane brevi camminate... camminate che ho già descritto più volte, in più post pubblicati negli anni scorsi.

Quindi inutile ripetermi... Nulla è cambiato, non c'è nulla di nuovo se non altre fotografie da aggiungere a quelle già postate... Mi limito quindi ad un copia incolla ripresentando quanto già scritto (appena appena aggiornato e corretto) in uno dei parecchi “articoli” di qualche anno fa.




Quattro passi, di qua e di là, sulle strade e sulle stradine che delimitano o dividono i prati di fondovalle, sulle mulattiere e sugli stretti sentieri che si inerpicano sui bassi versanti tra i terreni erbosi e i terreni boscati. Quattro passi tra l’erba ormai alta prima che il contadino la tosi per bene percorrendo le praterie pianeggianti con i suoi moderni congegni falcianti o, sui fianchi più ripidi, la rasi lentamente con gli antichi e affilati strumenti manuali.




Brevi sgambate mattutine sulle piste che delimitano i lotti erbosi e su quelle che li tagliano e li penetrano a fondo. Giretti ad anello nel verde dei prati... un verde quasi estivo, uniforme, se non fosse per la policroma molteplicità dei fiori tardo primaverili che lo punteggiano. Fiori con le corolle ben dispiegate ad asciugarsi al sole dopo gli insistenti acquazzoni di questo periodo. Giri senza meta, brevi camminate nei dintorni del paese, percorsi minimi, tracciati sinuosi che spesso si intersecano… il tutto per ammirare e talvolta fotografare un panorama variopinto, un ambiente che, purtroppo, a breve è destinato a scomparire portando con sé tutta la sua ricchezza di colore…




Ancora pochi giorni e poi l’erba verrà tagliata per essere usata come foraggio. Al sole di giugno si seccherà trasformandosi in profumatissimo fieno da impiegare per l’allevamento invernale dei bovini. E’ giusto, necessario, e quindi inevitabile che sia così... anche se un po’ dispiace. Non pensiamoci e, finché possiamo, godiamoci questo variopinto panorama, godiamoci la bellezza dei prati in fiore, una bellezza che ritornerà solo tra un anno, che rivedremo solo la prossima primavera.




I fiori che rompono la verde monotonia dell’erba sono moltissimi, sono moltissimi in una grande varietà di colori e di forme. Colori e forme che caratterizzano ognuna delle numerose specie che popolano i diversi ambienti che si incontrano sia sul piano che sui primi pendii dei versanti della valle. Sono un inno alla biodiversità di cui tanto si parla. Essenze amanti del sole o dell'ombra, dei suoli asciutti o intrisi d'acqua, fertili o sterili, argillosi o sabbiosi, ricchi o poveri di humus, acidi o basici… fiori in campo aperto e fiori nascosti tra le fronde dei cespugli e i bassi rami delle giovani conifere ai bordi dei prati, dove inizia il bosco.




Sono margherite e margheritine, campanule, tarassaco, ranuncoli tra cui il ranuncolo botton d'oro, trifogli, garofani, gerani, erba del cucco, non-ti-scordar-di-me, dente di leone, ombrellifere varie, violette, primule, acetoselle, fragole... Questi i fiori più comuni che ben conosco ma ci sono altre specie di cui non so il nome, né volgare né scientifico e che non ho alcuna intenzione di cercare sfogliando manuali e libri su libri. Anche perché il mio approccio, il mio girovagare nei prati in fiore è raramente curioso dal punto di vista botanico mentre invece, sempre lo è dal punto di vista paesaggistico... estetico se vogliamo. La conoscenza è importante ma ciò che più mi impressiona è la bellezza di ciò che osservo: composizioni, forme, colori dei fiori nel sole che va e che viene, nella luce e nell'ombra, nel folto dell'erba bagnata brulicante di mille insetti diversi.



La biodiversità costituisce un segnale: se in un prato che state attraversando ci sono molti fiori, molte api e farfalle sulle loro corolle, se le bisce strisciano tra le erbe e le allodole cantano nel cielo, potete essere certi che quel luogo è salubre, e che, per sovrappiù, contribuisce alla nostra felicità suggerendoci che l’uomo non è ancora solo nel mondo.
Giorgio Celli

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Scampoli di primavera



 

Le fotografie qui proposte assieme a quelle depositate in Google Foto (70) sono frutto delle mie prime uscite dopo l'inverno, al mio ritorno in Val di Sole...




...sono frammenti di natura primaverile, ritagli d'aprile, immagini di paesaggi e di ambienti silvestri o incolti più o meno estesi, di microcosmi molto diversi tra di loro... Sono “scampoli” di primavera arricchiti talvolta dalla pioggia, dal vento e dal sole. Sono immagini riprese in una stagione che, non consentendomi, vista la neve ancora bassa, “imprese” eclatanti sui monti della valle, mi ha regalato comunque, rimanendo sul fondovalle, degli aspetti panoramici e naturalistici interessanti, talora inusuali, e in ogni caso sempre apprezzabili.



Una lunga escursione in quota offre sicuramente maggiori opportunità sia fotografiche che di racconto o di cronaca, ma, per ora ci si deve accontentare... ci si deve limitare a delle passeggiate, a delle semplici e brevi passeggiate che quasi sempre donano comunque piacevoli sorprese, interessanti scoperte, in grado di coinvolgerci emotivamente. Naturalmente tutto questo solo se si riesce a guardare ciò che si incrocia con l’animo predisposto allo stupore, se si è imparato ad osservare con interesse e attenzione considerando anche le “piccole cose” che via via si incontrano sul nostro cammino.



E' bene quindi avanzare piano, lentamente, guardarsi attorno, osservare con meticolosità, fermarsi spesso... cercando di cogliere le particolarità, le inusualità offerte dall'ambiente primaverile, prestando in particolare grande attenzione alle minuzie, alle piccole cose, che, apparentemente insignificanti, nascondono in molti casi una ricchezza naturalistica (e perché no anche fotografica) davvero portentosa...



...una ricchezza impossibile da riscontrare in altri periodi dell’anno: un filo d'erba luccicante, un fiore bagnato, una farfalla che asciuga e riscalda le ali al primo sole, del muschio grondante, dalle cortecce e dai licheni fradici, delle gocce che brillano sui rami spogli, sulle gemme e sulle minuscole e tenere foglioline primaverili, il bianco gocciolante dei fiori dell’acetosella e quello più austero delle fragole, le tinte decise delle primule e delle viole nella luce che va e viene, i cespi di mirtillo non ancora fioriti, gli ultimissimi, sparuti e scoloriti anemoni triloba dove la neve si è squagliata in ritardo... e soprattutto l’infinita gamma di verdi destinata ad uniformarsi con il sopraggiungere dell’estate...



Questo ciò che la natura, che riprende a vivere dopo il letargo invernale, ci regala. Paesaggi inusuali, di breve durata, tenuemente dipinti ad acquarello... immagini inconsuete e sorprendenti dei più disparati microambienti, talvolta arricchiti dall'acqua della notte e/o risplendenti nel sole del mattino.



Immagini che ho provato ad immortalare, scatto dopo scatto, cercando di “cogliere “l'attimo”... “l'attimo giusto”, quello con la “giusta” composizione, con la “giusta” luce, con lo sfondo “giusto”... … ma non è stato sempre facile e i risultati sono stati spesso al di sotto delle aspettative. Non sempre le fotografie restituiscono la bellezza di ciò che si è visto, l'incanto dell'osservazione dal vivo, l'emozione dell'esplorazione diretta... di quello che in realtà conta veramente.



“Lascia di quanto in quanto i sentieri battuti e inoltrati per i boschi.

Troverai certo qualcosa che non hai mai visto prima.

Probabilmente si tratterà di una piccola cosa, ma non ignorarla.”

Alexander Graham Bell



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Ritorno al passato - Donald e i due armigeri della Casa del Dazio di Fucine



4 passi, o meglio 2 passi. Sì, solo due passi per le vie di Fucine di Ossana. Due passi che, gira e rigira, mi portano di fronte alla “Casa del Dazio” a quella antica casa, il “loco del dacio”, per merci transitanti da e per la Val Camonica. Un edificio di cui solo nel 1622 si ha notizia, molto più tardi delle altre due Case del Dazio solandre, quella di Vermiglio e quella di Dimaro, delle quali già si conosceva l'esistenza rispettivamente nel 1331 e nel 1387.  

 

Non è certamente la prima volta che vengo a trovarmi davanti a quell'imponente fabbricato, a quella che fu la sua torre e, ciò che più interessa, ai suoi affreschi. Affreschi realizzati nel 1671 su commissione del daziario Carlo Busetti, che ancora oggi, ben restaurati, decorano il prospetto principale: due armigeri a guardia dell'ingresso principale, una soprastante meridiana, lo stemma del principe vescovo Alfonso Thun, figure dei santi, San Carlo Borromeo, Antonio da Padova, Francesco D'Assisi...


Dicevo che non è la prima volta che passo da quelle parti, che mi soffermo davanti a quell'interessante facciata, ma, in questa occasione, oltre ad ammirarne, come sempre, i dipinti, non ho potuto evitare che la mia fantasia vagasse senza alcun controllo.

I due armigeri, un alabardiere e un picchiere, in cui nella mia mente si personificavano due dei rozzi bravi di don Rodrigo, di manzoniana memoria, subito assunsero i lineamenti di un personaggio contemporaneo, di quel potente soggetto che quotidianamente appare in ogni telegiornale, ma che io non apprezzo per nulla e che mi sento tranquillamente di etichettare (ma credo di non essere il solo) come un grande arrogante, un prepotente impulsivo, e, speriamo proprio di no, anche un pericoloso irresponsabile. Mi riferisco al novello presidente USA, che quotidianamente si dedica (a proposito del “loco del dacio”) all'imposizione di nuovi dazi, distribuiti selettivamente a più o meno a tutte le nazioni del globo terracqueo... Un presidente che, va detto, è stato comunque democraticamente eletto... eletto però, a parer mio, sull'onda di un populismo fomentato ad arte dai mass media di varia natura in grado di inibire la residuale capacità critica dell'elettore medio. Temo (o meglio spero) che quell'elettore medio debba ben presto ricredersi...  


I due bravi al servizio del signorotto locale assunsero quindi, nella mia testa, la fisionomia di Donald Trump... Due sgherri pronti ad intervenire contro chi non dovesse versare il dovuto tributo. Sicuramente una decisa retrocessione per il Presidente americano, che nel “ritorno al passato”  avrebbe, eventualmente, dovuto assumere ben altra collocazione, ben altra importanza. Avrebbe dovuto incarnarsi quantomeno nella figura di un signorotto locale (di un Don Rodrigo, di un Innominato... ma anche di più...) e non limitarsi ad impersonare la modesta figura della guardia o del gabelliere. Il ruolo che gli spettava avrebbe dovuto essere molto più importante; non gli spettava il ruolo di chi i dazi li riscuote ma di chi i dazi gli impone. Un ruolo di prestigio, quindi, incontestabile e soprattutto coerente con il "seicento", con l'andazzo di quei lontani tempi... ... ma certamente non altrettanto coerente con l'attualità, con la complessità del presente, dove, purtroppo, il nostro Donald è realmente collocato e, volenti o nolenti, opera concretamente, giorno dopo giorno creando non pochi problemi.

Ed è proprio così. Oggi, nel 2025, ci ritroviamo non alle prese con uno dei molti prepotenti signorotti del 1600, ma con un individuo potentissimo, il capo di quella che è ancora ritenuta (non si sa fino a quando) la maggiore potenza economica mondiale. Ci ritroviamo con un certo Donald che utilizza gli stessi sistemi di un feudatario di qualche secolo fa. Un Donald che impone imperterrito balzelli a destra e a manca, persistendo ad interpretare, noncurante (o inconsapevole) delle diversità epocali, il ruolo di un esoso gabelliere d'altri tempi. Il tutto con medioevale prepotenza, con grinta e risolutezza (forse solo apparente, visti i continui ripensamenti), creando caos, incertezza nel mondo economico, con esiti difficilmente prevedibili sia nella loro efficacia che nelle loro conseguenze...

Ma... ... Non è da escludere che, in realtà, tutto questo polverone creato ad arte dal nostro Donald e dai suoi sostenitori, dentro e fuori patria, non serva a mascherare manovre ben più azzardate e pericolose per l'attuale equilibrio mondiale o per quel che rimane delle nostre democrazie liberali. Ma qui mi fermo. 


In conclusione una irreale visione dalla quale non sono riuscito a sottrarmi. Tant'è vero che, completati i miei 2 passi e ritornato davanti al computer, ho deciso, un po' per passatempo, un po' per burla, un po' per alleggerire, di materializzare la mia fantasia con la realizzazione di due fotomontaggi. Fotomontaggi che non sono risultati un granché, ma tant'è... L' apparizione di fronte alla Casa del Dazio di Fucine era senza alcun dubbio meno banale nella sostanza e anche, ma direi soprattutto molto più elegante dei due lavori che giocosamente (anche se alquanto faticosamente) ho portato a termine... in qualche modo.




Anemoni nel sole di primavera


Anche quest'anno, tornato in Val di Sole dopo un lungo e tedioso inverno, ho fotografato il fiore che spunta per primo appena la neve se ne va. Non sono riuscito a farne a meno affascinato, come sempre, dalla bellezza delle chiazze vivacemente colorate spuntate improvvisamente dagli opachi tappeti di foglie secche ai piedi dei cespugli di nocciolo totalmente spogli. L’ho fatto durante uno dei miei abituali giretti mattutini, all'inizio di aprile... l'ho fatto al margine del bosco che delimita i ripidi prati di Vermiglio poco oltre il Fil o Spiaz dei Spini che dir si voglia.



Ora mi ritrovo con parecchie altre immagini di questo bel fiore che annuncia la fine della brutta stagione (anemone triloba o anemone hepatica), il fiore che, chi mi segue, ha già avuto modo di conoscere “sfogliando” il mio blog. Quindi non aggiungerò altro, mi limiterò a mostrare queste nuove fotografie (scatti alquanto particolari in controluce) accompagnandole da quanto scrissi e pubblicai qualche anno fa, in uno dei miei post.



"A volte si rimane quasi senza fiato... increduli di fronte ai sorprendenti spettacoli che la natura ci offre. Gratuitamente. Ma cosa ci incanta? Cosa ci sorprende? Senza dubbio la bellezza, lo splendore, di ciò che vediamo ma anche il senso del mistero... La percezione del mistero che pervade la natura, il mistero dei mutamenti che si susseguono nel tempo, nel corso dell'anno, manifestandosi in ogni dove......



Così, ad esempio, girovagando all'inizio della primavera, lungo le stradine che costeggiano il bosco o che vi penetrano lasciando filtrare tra gli alberi la luce e il calore di un sole ormai alto, si può assistere ad una magica esibizione ben orchestrata da madre natura. Ad un vero prodigio.



Sul terreno bruno, spoglio, ricoperto solo di foglie morte, secche o ancora umide di neve sciolta, compaiono, quasi all'improvviso, mille stelline, mille puntini vivacemente colorati di azzurro, di blu e di viola. Sono i piccoli fiori che annunciano la fine dell'inverno, l'arrivo della primavera. Sparsi in grandi chiazze dove la vegetazione arborea si fa più rada, ben protetti dai cespugli di nocciolo, animano il sottobosco con il loro sorprendente vivace colore. Rallegrano un bosco opaco, scuro, smorto, quasi volessero invitarlo a risvegliarsi dal letargo invernale, a rivestirsi di verde, del verde tenero della primavera.



Ogni fiore uno stelo e una corolla... mancano le foglie... foglie che compariranno tra qualche giorno. Foglie coriacee, trilobate. Ed è' da questa originalissima forma delle foglie che questa piantina prende il nome: “Anemone triloba” o “Anemone hepatica” (forma ma anche colore delle foglie), pianta volgarmente soprannominata “erba trinità”.



La fioritura è breve, dura una sola settimana o poco più. Di sera e al mattino di buonora o quando piove i fiori sono sempre chiusi. Gli insetti che li visitano prelevano solo polline perché sono del tutto privo di nettare. I frutti sono noccioline villose che le formiche raccolgono e diffondono nei dintorni.



Il fiore dell' “Anemone triloba” osservato da vicino è proprio bello, grazioso nelle sue forme semplici, nelle linee elementari della sua corolla... ma soprattutto ciò che più colpisce è la sua capacità di apparire all'improvviso sul terreno nudo, freddo, ancora in abito invernale, di risvegliare il sottobosco rallegrandolo con la sua estesa colorata fioritura.



Un vero miracolo della natura. Un prodigio che per certi aspetti ti può anche "mandare in crisi"... Viene infatti da chiedersi chi ha inventato e chi gestisce ogni anno questa affascinante magia.... E' impossibile trovare una risposta razionale... Resta comunque la domanda e resta l'incanto, lo stupore, la meraviglia... e la gratitudine per questo spettacolo..."



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